Capitolo 23

Per farmi perdonare, specialmente da Emma perchè a Raul non era fregato granché che non fossi passata, passai tutta l'ultima settimana con i miei migliori amici. Il che non incluese fare la mia piccola indagine con Alessandro.

Andammo al mare quasi tutti i pomeriggi, nonostante l'unica cosa che potessi là fare fosse giocare a carte come dei vecchietti. La settimana dopo avrebbero dovuto togliermi il gesso da entrambe le gambe, ma questo non significava sicuramente tornare a camminare fin da subito, piuttosto una lunga riabilitazione.

Forse in quell'estate ero davvero diventata vecchia, constatai.

L'unica nota positiva fu che finalmente presi un po' di colore, così avrei potuto dire ai soliti professori impiccioni di essere andata in vacanza in qualche posto esotico, magari ai Caraibi. Fu abbastanza noioso vedere tutti potersi godere gli ultimi giorni d'estate, entrando in acqua o giocando a pallavolo, mentre io potevo solo guardare e dire che non mi dispiaceva prendere un po' di sole.

I miei migliori amici venivano di tanto in tanto a farmi compagnia e dirmi quanto l'acqua fosse ideale per farsi il bagno, ma non potevo biasimarli quando andavano via dicendo che sarebbero tornati di lì a poco. Ovviamente rimanevano via per almeno una mezz'oretta. Non mi lamentai comunque, dopo quello che avevo fatto ad Emma quella doveva essere la punizione.

Passai così l'ultima settimana prima di tornare a scuola, per cominciare il mio ultimo anno. Ero abbastanza elettrizzata all'idea. Avevo cominciato il liceo solo quattro anni prima, quando anche camminare per i corridoi tra i ragazzi più grandi era un'impresa. Ricordo ancora la mia prima lezione: inglese. La professoressa era entrata in classe e aveva cominciato a parlare solo in inglese, non una parola in italiano. Inutile dire che non capii una parola. Tornai a casa piangente, dicendo che il liceo era troppo difficile. E invece ero ancora là, dopo aver passato un esame di latino piuttosto tosto e aver rischiato la sospensione più di una volta. Non sapevo cosa mi avrebbe riservato il mio ultimo anno, ma sapevo che se accanto a me avessi avuto i miei migliori amici, tutto sarebbe stato meno pesante, come lo era stato per quattro anni a quella parte.
Mentre ero sotto l'ombrellone a fare questi pensieri, Raul venne verso di me. Era a torso nudo e alcune gocce gli ricadevano lente su tutto corpo per via del bagno fatto poco prima. Nonostante fosse il mio migliore amico, non resistei ad ammirare quanto fosse scolpito come una vera e propria divinità. Io di una dea avevo solo il nome, ma lui incarna alla perfezione quel concetto: la pelle olivastra liscia e priva di qualunque imperfezione, i capelli mossi e scuri che gli ricadevano sulla fronte e il fisico scolpito da chissà quale scultore, il quale aveva dedicato tutta la vita a renderlo perfetto in ogni minimo particolare.

Mentre passava tra gli ombrelloni tutti gli occhi, soprattutto del genere femminile, si posarono su di lui famelici. La sua passeggiata sull'asse di legno che portava agli ombrelloni, era degna dei migliori modelli delle alte sfilate di moda. Rovinò tutta l'atmosfera Emma, la quale gli fece un assalto da dietro con un balzo e lo buttò quasi per terra con la faccia sulla pedana. Tutte le ragazze la guardarono invidiosa, non solo del suo rapporto così intimo con quella sorta, a parer loro, di divinità; ma anche per la sua eleganza quasi primitiva. I capelli lunghi biondi bagnati le ricadevano quasi fino al fondoschiena in modo disordinato. Aveva la sabbia su tutto il corpo, tra il costume e fino alle punte dei capelli, ma nonostante ciò aveva un'eleganza che non passava di certo inosservata. Era la tipica ragazza che sarebbe stata bene anche con solo un sacco di patate addosso, come aveva dimostrato l'incomparabile Marilyn Monroe.

Vennero verso di me sorridenti e ancora in vena di farsi i dispetti come due bambini appena usciti dall'asilo. Tutti i presenti avrebbero potuto pensare che fossero una coppia perfetta, ma solo io sapevo che quei due volevano cose troppe diverse dalla vita, tanto che li ritenevo incompatibili. Una voleva la libertà e trovava una relazione ostacolante a questa sua aspirazione, nonostante nel fondo del suo cuore ne volesse ardentemente una come quelle descritte nei romanzi rosa. L'altro invece non si curava affatto dell'aspetto amoroso, o almeno a noi non aveva mai parlato di questo desiderio, e puntava quasi tutto allo studio e al diventare qualcuno. Insomma si sarebbe potuto dire che fossero fratello e sorella, dal mio punto di vista.

Vennero verso di me, Emma ancora con il braccio attorno al suo collo, mentre cercava in ogni modo di arrivare ai suoi ricci per tirarglieli e poi svignarsela divertita Finalmente riuscì nel suo intento e la smorfia sul viso del moro fu impagabile: i suoi perfetti lineamenti si piegarono in un una posa così innaturale che stentai quasi a riconoscerlo. Risi a crepapelle, mentre Raul cominciò a correre dietro alla bionda che intanto stava scappando dalla sua vittima. Quando la raggiunse la buttò per terra e le ricoprì di sabbia da capo a piedi. Ora la mia amica sembrava uscita da delle sabbie mobili e si muoveva con un passo da pinguino che cercava di staccarsi ogni granello dalla sua pelle. Si avvicinarono entrambi verso di me, cominciando a pulirsi dalla sabbia troppo vicino a me, per i miei gusti.

"Cercate di non sporcare il gesso!"

"Tanto tra poco te lo tolgono, no?"

"Sì, ma sai cosa significa avere la sabbia tra il gesso e non potersela togliere?"

"Ragazzi se nelle prossime settimane è ancora così il tempo e Artemide riuscirà finalmente a camminare la voglio buttare in mare.", proferì la bionda.

"Non ti basta più infastidire Raul?"

"Sì, ma dopo un po' è ripetitivo. Mi acciuffa sempre in qualche modo"

Giocammo poi a carte, fino a che il sole non cominciò ad essere non più così scaldante come verso mezzogiorno.

"Ma ci pensate che tra due giorni saremo noi i più grandi della scuola? Cioè i primini ci dovranno rispetto! Non vedo l'ora!"

"Io non vedo l'ora di uscire da quella gabbia di matti. Chissà poi cosa si è inventato il preside per quella collaborazione con il Pascoli", disse in tutta risposta Raul.

Lo sguardo di Emma si spense, forse nel ricordo di Giada e del fatto che avrebbe molto probabilmente dovuto vederla più spesso. Nonostante Emma avesse detto alla commissione d'esame che Giada non era stata collaborativa come studentessa, lei era comunque riuscita a passare l'esame. Tutti immaginavano qualche mazzetta di soldi che era inavvertitamente passata sotto il banco del suo professore d'arte.

"Qualunque cosa abbia in mente, noi gli mettiamo i bastoni fra le ruote come abbiamo sempre fatto, giusto?", chiese Emma più rivolta a me che a Raul.

"Certo.", risposi io, perchè nonostante il mio rapporto con Alessandro, rimaneva il fatto che quelli del Pascoli non potessero diventare nostri amici dall'oggi al domani, come se intere generazioni d'odio non fossero mai esistite.

"Comunque potevi benissimo invitare il tuo principino al mare, eh.", disse Emma cambiando discorso.

"La vuoi finire di chiamarlo il mio principe?!"

"Non lo farà mai.", rispose per lei Raul.

"Aveva da fare.", mentì, quando la realtà era che gli avevo dato buca da tutta la settimana solo per stare con loro.

In quel preciso momento arrivò un messaggio dal mio telefono con un sonoro bip, e subito Emma si precipitò nella mia borsa da spiaggia per vedere chi fosse. Cercai di prenderglielo, ma appena lei fece un passo in più distante da me, non avevo più alcuna chance. Essere relegato su uno sdraio era straziante.

"Non vuoi più farlo, compagna di avventure?", lesse ad alta voce. Il suo tono scemò dopo ogni parola detta. Entrambi si voltarono verso di me e mi squadrarono come se fossi una sorta di animale fantastico. Arrossì per l'imbarazzo e cercai qualcosa da tirarle addosso, ma l'unica cosa che trovai furono i miei occhiali da sole, che ritenevo essere troppo costosi per una fine così ingrata.

"Non è come sembra. Ve lo posso assicurare!", cercai di difendermi, ma già vedevo l'espressione persa di Emma, immersa in chissà quale film mentale d'amore.

"Non lo facevo così diretto il ragazzo.", fu l'unico commento secco di Raul.

"Cioè, cosa siete? Scopa amici?"

"Emma toglietelo dalla testa! Siamo solo amici. E nel messaggio non si riferiva a quello!"

"A cosa si riferiva allora?", chiese lei curiosa.

"A una cosa.", risposi evasiva io.

Non si aspettava quel gener di risposta dalla sua migliore amica e le sue sopracciglia all'insù non tradirono lo stupore.

"Va bene, tieniti pure i tuoi segreti!", fu la risposta stizzita di Emma, la quale mi tirò il telefono, si tolse l'asciugamano e corse verso il mare per fare l'ultimo bagno.

La guardai allontanarsi con passo rabbioso, come se l'avessi in qualche modo ferita.

"Lasciala stare, è gelosa.", disse Raul per consolarmi.

"E di cosa sarebbe gelosa? Non siamo mica fidanzate?!"

Raul sorrise, cosa abbastanza rara per la sua persona. Prese degli occhiali da sole che coprirono le sue belle pozze blu e, dopo essersi sdraiato sullo sdraio accanto a me, mi rispose.

"Prova a capirla. Vi siete sempre dette tutto, avete sempre passato quasi ogni giorno assieme. Poi improvvisamente entra quello sconosciuto nella tua vita e ti dimentichi di lei e non le dici tutto. Sai che lei ci tiene a quest'ultima parte."

Riflettei sulle sue parole. Era vero che io con Emma ero solita condividere ogni minimo pensiero, tuttavia il segreto che mio fratello aveva nascosto, era un qualcosa di cui non riuscivo ad aprirmi con lei. Non perché non fosse la mia migliore amica, ma perché avevo paura della sua reazione. Avevo paura che ci avrebbe riso sù, come aveva sempre fatto con ogni problema che gli avevo raccontato, minimizzandolo. Era una qualità che avevo sempre apprezzato, e per quello le avevo sempre raccontato tutto: ogni cosa dal suo punto di vista sembrava più semplice, quasi non complicata.

Mio fratello e quello che mi aveva nascosto però, era qualcosa che non mi andava di minimizzare, rendere più semplice. Volevo che qualcuno mettesse in luce le contraddizioni e indizi che avevo trovato sulla questione e mi credesse, drammatizzando la cosa se necessario. E quella persona era stata Alessandro: lui era riuscito a rendere le mie preoccupazioni reali, mi aveva sostenuto in questa follia e ora voleva conoscere la verità con me. Lui aveva lasciato il segreto così complicato come io l'avevo pensato, non cercando di trovare vie più semplici o strade più ovvie.

Non dissi tutti quei pensieri a Raul, gli risposi solo che ognuno di noi aveva alcuni piccoli segreti e che Emma avrebbe dovuto accettarlo, così come io avevo accettato che non mi avesse detto nulla di Giada e che conoscesse già Alessandro.

Raul tirò giù gli occhiali da sole e mi guardò accigliato a quelle parole, come se avessero avuto un significato profondo anche per lui.

"Purtroppo alcuni sono segreti sono incodivisibili, cerca solo di non far soffrire Emma.", e detta la sua perla di saggezza del giorno, si coprì gli occhi con due lenti scure, quasi a decretare la fine della conversazione.

Alcuni segreti sono incondivisibili.

Ripensai alle sue parole e mi chiesi se anche il segreto di Apollo era incondivisibile.

Avrei violato la sua persona a cercare una risposta ad un qualcosa di cui non mi aveva mai detto nulla? Era meglio lasciare che rimanesse un segreto dell'universo, come il foglietto del diciottesimo ormai polvere in chissà quale angolo del mondo? Chi ero io per decidere che esso venisse a galla?

Tutte quelle domande cominciarono a farmi girare la testa, fino a che un bip del telefono mi riportò con i piedi per terra. Era sempre Alessandro, il quale mi scriveva che mi sarei tolta un peso. Sorrisi, perché nonostante fosse a chilometri di distanza, era come se mi avesse letto nel pensiero.

Gli risposi di venire quella sera sotto la mia finestra, verso mezzanotte, quando ormai i miei presumibilmente dovevano ormai dormire.

Dopo aver scritto quel messaggio, chiesi perdono a mio fratello, nel caso in cui non avesse mai in tutta la vita dirmi nulla.

Io però, tutta la vita con una mezza verità, non ci volevo rimanere.

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