Capitolo 22
Dea.artemide: "Hai da fare ora?"
Alessandro_desantis: "?"
Dea.artemide: "Devo parlarti."
Alessandro_desantis : "Pensavo ci fossimo già detto tutto!"
Dea.artemide: "Io ho ancora qualcosa da dirti. Incontrami al cimitero del mio paesino tra mezz'oretta."
Chiusi il telefono e lo buttai sul letto dall'ansia per quello che avevo appena fatto. Non mi sentivo ancora pronta a raccontargli tutto, ma sentivo che se lo volevo di nuovo al mio fianco avrei dovuto farlo. Come scusa per uscire, presi Apollo per portarlo a fare una passeggiata e lasciai il telefono a casa, forse per non vedere la sua risposta negativa.
Nel peggiore dei casi mi sarei fatta un giretto per almeno chiarire al meglio le idee. Arrivai davanti al cancello del cimitero quando ormai si era fatto buio e l'unico bagliore visibile era di alcuni lampioni e delle candele presenti sulle tombe.
Aspettai all'entrata, decisa che se avesse ritardato di mezz'ora mi sarei avviata verso casa. Dopo solo alcuni minuti, in cui pensieri fin troppo invasivi si stavano facendo spazio nella mia mente, un rombo di moto mi fece sussultare, facendo fare qualche capriola al mio cuore.
Potrebbe essere qualunque moto, non illuderti, proferì la vocina fastidiosa della mia mente.
Non appena però il mio cane provò a trascinarmi verso la figura in avvicinamento, capì che era Alessandro.
Nonostante tutto era venuto e io non potei altro che provare una strana sensazione al petto. La scacciai più velocemente di quanto si fosse presentata e cercai di non dare a vedere la felicità che provai nel rivederlo dopo settimane.
Più si avvicinava, più riconoscevo quel volto che a me piaceva tanto, nonostante le solite occhiaie blu sotto gli occhi e il colorito pallido come la luna quella sera. Indossava una felpa bianca e subito notò la felpa nera che stavo indossando io: la sua, ancora da quella fatidica notte.
Deglutì al solo vederla, ma il suo vacillo durò ben poco, quando Apollo gli saltò addosso leccandogli la faccia.
Gli era mancato.
Quella volta non provai gelosia nei suoi confronti, ma tenerezza nel vedere quella scena così pura. Ci impiegò un bel po' a staarsi di dosso il mio cane, il quale non era intenzionato a lasciarlo andare via così facilmente un'altra volta.
"Ciao.", dissi io timidamente.
"Ciao.", rispose lui dopo aver preso un respiro.
Ci guardammo negli occhi, come se tutte quelle settimane senza vederci fossero valse nulla in confronto a quel momento di pochi secondi.
Fu il primo a staccare lo sguardo, cominciando anche il discorso.
"La prossima volta cerca un posto meno inquietante verso la sera."
Sorrisi e gli dissi che avrei scelto una chiesa abbandonata, chiedendogli se andasse meglio.
"Forse preferisco il cimitero vicino alla strada."
"Forse.". Il silenzio calò nuovamente, quando non avevo ancora intenzione di cominciare il discorso.
"Cosa volevi farmi vedere?"
"In realtà volevo farmi perdonare."
Il suo sguardo si posò subito sul mio e lo trovai più stupito che mai da quell'affermazione.
"Ti vuoi davvero scusare o sono in un sogno?", mentre lo disse si guardò intorno per accertarsi che il posto fosse reale.
"Finiscila! Che se cominci così torno a casa."
"Con o senza Apollo? Perchè a me sembra che non voglia proprio lasciarmi andare.", disse, mentre il mio cane gli si era accocolato sulle scarpe.
"Apollo! Alzati che dobbiamo camminare."
Lui mi guardò con il suo musetto oro un po' contrariato, per poi alzarsi, ma senza lasciare il suo posto vicino al moro.
In silenzio aprì il grande cancello grigio un po' arrugginito, che non appena si mosse emise un cigolio alquanto fastidioso. Ci avviammo verso il percorso acciottolato di sassolini bianchi così piccoli che si incastravano negli incavi della carrozzina. Sbandai più di una volta per colpa loro, e mi dovetti subire le battute del moro sul fatto che si aspettava che allora avessi dovuto essere essere una guidatrice professionista di carrozzine.
Sorrisi, senza rispondere alle sue provocazioni.
Lo portai davanti alla tomba bianca di Apollo e non mi stupì di trovare altri fiordaliso blu freschi vicino alla sua foto.
"Ti presento mio fratello gemello Apollo.", gli dissi fiera, idicandogli la foto dove era sorridente con i capelli ora disordinati. Ogni volta che guardavo quella foto mi ricordavo di quanto fosse bello con quel sorriso.
Il moro guardò il tumulto bianco panna in silenzio e con gli occhi tristi per alcuni lunghi istanti. La sua felpa così candida e dello stesso colore era in sintonia. Nella mia testa quello era un segno che i due si sarebbero piaciuti e, chissà, forse avrebbero fatto amicizia.
"Artemide....io...non so cosa dire.", proferì poi lui, visibilmente a disagio.
"Non dire niente. Ascoltami e basta perchè quello che ti sto per dire è davvero difficile per me. -respirai a fondo e poi mi dissi che non avrei più trovato il coraggio e quindi cominciai.- Quella notte che sei venuto sotto casa mia non era come tutte le altre, e questo già lo sai. Quello che non sai è cosa ho passato da un anno a questa parte. Potrei dire di essermi persa, di aver perso la voglia di vivere, per un periodo anche di mangiare. Con Apollo sono cresciuta, ho fatto le scuole assieme, abbiamo fatto tutto assieme. Lui è la mia persona preferita che occupa quasi interamente il mio cuore dal bene che gli voglio....-mi fermai e capì di aver sbagliato verbo. Mandando giù un grosso groppo mi corressi.- Che gli volevo. In una sera quella parte mi è stata strappata senza nemmeno che io me ne accorgessi e da allora porto questo fardello così pesante, tutta da sola. Ti ho mandata via, perché nessuno prima di te si era mai offerto di aiutarmi a portare questo peso. Ho sempre pensato che fosse solo mio, ma ora ho capito che posso condividerlo. E quindi eccomi qua, a presentarti la mia persona preferita."
Per tutto il tempo il suo sguardo non si era minimamente spostato dall'immagine di mio fratello. Il suo corpo era rigido e nella stessa posizione da alcuni minuti. Un vento fresco, segno che l'estate era ormai arrivata al suo culmine, riempì il nostro silenzio ed fu come avesse parlato. Come un vento amico che mi aveva appena sussurrato che avevo fatto la cosa giusta. Guardai verso il cielo stellato sorridendo, come a ringraziare.
Alessandro si mosse e venne verso di me. Si abbassò alla mia altezza e mi prese le mani, dicendomi con gli occhi timidamente lucidi che gli dispiaceva.
Solo quello, non aggiunse per cosa ma per me fu sottinteso.
D'istinto lo abbracciai all'altezza della testa e quello fu uno degli abbracci più intensi della mia vita. In un solo gesto era come se ogni screzio avuto fosse sparito, ogni incomprensione. Mi sentì più leggera, come se davvero lui si fosse preso in un solo secondo un piccolo pezzo del mio dolore via dal mio cuore.
Rimanemmo in quella posizione a lungo, ma a me sembrò fin troppo poco.
"Il tuo cane sta facendo la pipì sul cancello.", disse Alessandro, il cui volto era rivolto verso l'entrata del cimitero.
Velocemente e a disagio staccammo l'abbraccio e ci sorridemmo di due sorrisi che, ero sicura, più sinceri non si potevano vedere contemporaneamente in tutto l'universo. Di nuovo il vento passò e mi scompigliò tutti i capelli, che andarono a posarsi su tutto il mio viso.
Si avvicinò e li sistemò dietro alle mie orecchie con fare premuroso, per poi andare ad accarazzare la mia guancia con la delicatezza con cui si coglie un fiore.
Mi guardò. I nostri visi così vicini, tanto che i nostri nasi con un minimo gesto si sarebbero potuti toccare.
"Mi dispiace di averti disturbata in una notte così particolare per te. Ma sono anche felice che tu abbia deciso di condividere una cosa così grande con me.", disse mentre la sua mano calda mi solleticava il mento provocandomi brividi lungo tutto il corpo. I nostri sguardi erano uniti da una sorta di filo invisibile, che nulla avrebbe potuto spezzare.
Tranne ovviamente per Apollo, che come una forbice fastidiosa tagliò il filo, saltando con fare giocoso addosso ad Alessandro.
"Non ci credo che fa così con tutti!"
"Hai ragione, lo fa solo con te.", ammisi in un moto di sincerità.
"LO SAPEVO.", urlò felice per la sua scoperta e poi andò ad abbracciare la piccola palla di pelo dispettosa.
Quanto vorresti che abbracciasse te così in questo momento?, si intromise la vocina fastidiosa della mia mente.
Non sai quanto, risposi io mentalmente e con sincerità.
Quella fu l'ultima volta che io ricordi in cui si intromise nella mia mente. Scacciarla fino ad allora non era servito a nulla, solo la verità me ne aveva liberato.
---------------------------------------------------------------------------------
Proseguimmo la serata nel parco vicino a casa mia e stemmo là per quasi tutta la notte a parlare e a ridere come due bambini che si erano conosciuti per la prima volta e stavano condividendo le carte dei pokemon.
Lui mi chiese di parlargli di Apollo. Stranamente quella richiesta mi sembrò la più facile del mondo. Con lui, diversamente con chiunque altro volevo far sapere il mio rapporto con mio fratello, e parlarne mi venne così naturale e spontaneo che ogni volta che finivo una frase mi sentivo sempre più felice e spensierata. Solitamente ricordarlo e parlare di lui al passato, non mi piaceva; mi faceva sentire tutto il dolore che da quel giorno mi aveva colpito.
Con lui invece ricordai i suoi sorrisi, tutti le sue marachelle, tutti i momenti felici che avevamo passato insieme. Gli raccontai della sua passione per la letteratura, dicendogli che loro due avrebbero potuto parlare per ore di chissà quale autore antico che aveva scritto chissà cosa. Gli raccontai di quella volta in cui corresse la professoressa alle medie, dicendole che classificare Leopardi come uno scrittore romantico non aveva senso. Disse che doveva essere studiato come un genere a sé. La professoressa non l'aveva presa troppo bene e gli diede una nota per averla interrotta. I miei genitori appessero quel foglio in cucina con tanto di cornice, dicendo che erano fieri di lui.
Gli raccontai di come gli piaceva passare il tempo in giardino a leggere su qualche albero fin troppo in alto. Risi al ricordo di mia madre che ogni volta, spaventata, gli chiedeva di scendere. E lui per tutta risposta mi chiedeva se gli potevo portare un altro libro che aveva lasciato in camera.
Dopo tutti quei bei ricordi il suo ultimo periodo riaffiorò alla mia mente. Non era quasi mai a casa, presumibilmente da Ulisse o da chi continuava a portare quei fiordaliso sulla sua tomba. Non sorrideva più come una volta, non scalava l'albero del giardino solo per irritare la mamma o leggere.
Era cambiato, e io me ne ero accorta solo a distanza di un anno, quando lui ormai non c'era più.
Alessandro notò il mio silenzio prolungato e mi chiese a cosa stessi pensando.
Decisi che ormai mi ero aperta così tanto con lui, che gli avrei detto anche quel piccolo dettaglio. Gli raccontai di Ulisse e di come grazie a lui avevo scoperto che qualcuno ogni settimana portava sulla sua tomba dei fiordaliso blu, il suo fiore preferito.
Era un dettaglio così intimo che ero sicura si trattasse di una persona molto vicina a lui, che si trattasse di un amico o forse la sua amante.
"Non potrebbero essere i suoi amici?", chiese.
"Non aveva troppi amici, e gli unici che conosco sono troppo una banda di trogloditi per fare una cosa del genere."
"Chi pensi che sia?"
"Io penso che avesse un sorta di fidanzata o comunque qualcuno con cui fosse legato sentimentalmente, sennò non si spiega nemmeno la frequenza con cui si presentano sulla sua tomba.", spiegai la mia teoria per la prima volta a qualcuno e mi sentii terribilmente stupida per averlo fatto. Ora Alessandro avrebbe potuto credere che fossi solo ossessionata e che cercavo in ogni modo di trovare segreti su mio fratello, forse perché non mi ero ancora arresa al fatto che lui se ne fosse andato. Tuttavia, il mio sesto senso mi diceva che quei fiordaliso erano importanti e che nascondevano un segreto.
"Allora dobbiamo trovare chi sia questa fantomatica o fantomatico portatore di fiordaliso."
La sua reazione così inaspettata mi stupì. Io da sola non mi ero nemmeno messa in testa di cercare questa persona, visto che per la maggior parte del tempo pensavo fosse solo una mia fantasia con nulla di concreto alla base. Invece lui non solo mi credeva, ma mi voleva anche aiutare a trovarla.
Lo guardai come a chiedergli se facesse sul serio, e lui mi rispose che se era importante per me trovare questa persona, lui mi avrebbe aiutato.
Fui così felice dalla sua risposta che ebbi l'impeto di abbracciarlo. Poi però mi ricordai come era finito l'ultimo poco prima e per l'imbarazzo mi trattenni.
"Da dove cominciamo?", chiese lui più elettrizzato di me a risolvere il mistero dei fiordaliso.
"Si potrebbe chiedere ad Ulisse se ne sa qualcosa, ma so già che mi risponderebbe nel suo modo criptico. Da quello che so mio fratello si confidava spesso con lui, ma dovrei comunque spiegargli i motivi della mia domanda."
"Si potrebbe fare. Non hai trovato nulla tra le sue cose che potesse far capire che aveva qualcuno?"
Dopo la sua domanda non risposi. Come si dice? Un silenzio che vale più di mille parole.
"Non hai mai guardato tra le sue cose?", chiese con tono stupito.
"Non è che non ho mai guardato tra le sue cose...-provai a difendermi, sapendo però che la realtà era un'altra.- È che non ho mai guardato tra le sue cose!", ammisi infine io.
Lui mi guardò ancora stupito, per poi dirmi che era arrivato il momento, che se volevo davvero andare a fondo a quella storia avrei dovuto conoscere fino in fondo mio fratello, non solo la facciata che pensavo di conoscere. E il modo più semplice era guardare tra le sue cose.
"Non è così facile. I miei genitori hanno fatto della sua stanza una sorta di santuario, solo che non ci entrano mai. E così faccio io. Abbiamo lasciato tutto com'era l'ultima volta che lui ci entrato, letto sfatto compreso. Entrarci mi sembrerebbe quasi profanare quel posto."
"Se nessuno ci entra significa che ci sarà una polvere assurda. - constatò lui.-Qualcuno deve pur cominciare."
Ragionai sulle sue parole e cercai di pensare a cosa avrebbe potuto significare entrare di nuovo in quella stanza: ricordi che mi avrebbero colpito come un treno in corsa.
Non sapevo se ero pronta ad affrontare una cosa del genere.
Guardai però Alessandro e ripensai a come poco prima mi era risultato così facile passare in rassegna il ricordo di Apollo con lui, come se fosse riuscito a rendere ricordi che fino a prima ritenevo tristi, in quanto mi ricordavano che lui ormai non c'era più, in ricordi felici. Felici perché essi non erano morti con lui, anzi continuavano a vivere attraverso di me.
Decisi che con lui al mio fianco, sarei riuscita ad entrare nella stanza senza essere travolta da uno tsunami, ma più semplicemente da una caotica tempesta.
"Ok, ma tu devi entrare con me."
"Vuoi veramente profanare quel posto con me?", chiese mettendola sul ridere. Lo ringrazia mentalmente in quanto era, in una sola frase, riuscito a smorzare la tensione.
"Sei o no il mio compagno di avventure?", gli chiesi io, sperando cogliesse l'allusione alla nostra prima avventura fatta di corse in carrozzina nei corridoi dell'ospedale.
"Fin da quando mi hai rubato il cesto di fragole."
-----------------------------------------------------
Tornai a casa più felice che mai, tanto che mia madre chiese se fossi uscita con un certo ragazzo conosciuto al corso. Ovviamente negai e lo avrei fatto fino alla morte, ma come si sa è difficile far passare una bugia ai radar di una mamma.
"Certo occhi a cuore! Comunque il tuo telefono ha continuato a suonare, forse è importante."
Andai in camera mia e controllai subito il display, ritrovandomi circa una cinquantina di chiamate persa dai miei migliori amici e altrettanti messaggi sul nostro gruppo TheMenti.
Mi ero completamente scordata della serata karaoke per festeggiare il superamento del debito.
Ero ufficialmente una pessima amica.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top