Capitolo 18
Essendo venerdì, il giorno dopo non dovetti andare a scuola, così dormii finalmente tutta la mattina del sabato. Passai il weekend a casa con i miei genitori a non fare nulla.
Divano, letto, divano. Un loop continuo.
Tenni anche il telefono spento, così nessuno avrebbe potuto obbligarmi ad andare a qualche festa. Non avevo assolutamente la testa. Lo riapri solo domenica dopo pranzo e mi stupii dalla quantità di notifiche che avevo ricevuto. Il trio Thementi era esploso e si chiedevano se fossi morta, tanto che avevano già deciso quale foto mettere sulla mia tomba.
Una notifica più di tutte però mi fece perdere un battito del cuore: alessadro_desantis aveva chiesto di seguirmi su instagram. Lo aveva fatto ancora sabato mattina.
Mentirei se dicessi che non conoscevo il suo profilo, lo sapevo a memoria: non c'era nulla da vedere. Solo una minuscola foto profilo in cui lo si vedeva a metà profilo, seduto su uno scoglio in prossimità di un mare illuminato a poco a poco da quella sembrava un'alba. Non era nemmeno taggato in nessun post. Al ragazzo piaceva fare il misterioso e lo sfuggente e a me per ora piaceva avere a poco a poco informazioni su di lui. Era come un gioco, dove entrambi sapevamo dove volevamo arrivare, ma avevamo troppa paura di quel finale che sarebbe potuto essere tutt'altro che felice. Per ora ci stuzzicavamo, per vedere fino a quando avremmo resistito.
Dopo aver letto la notifica accettai subito e aspettai una mossa da parte sua. Passarono ore, ma nessun segno che lui avesse visto la notifica. Presa da un momento di euforia aprì la sua chat e cominciai a scrivere.
Dea.artemide: Per quanto ancora vorrai fare finta di aver visto quella notifica?
La risposta non si fece attendere che qualche minuto
Alessandro_desantis: Giusto il tempo che ci hai messo te: un giorno e mezzo
Colpita e affondata con la mia stessa stupidità. Risi, ma non mi davo certo per vinta: non avrei aspettato un giorno e mezzo per ricevere un'altra risposta.
Dea.artemide: Ormai hai risposto, non vale più!
Visualizzò e non rispose.
Dea.artemide: Non mi lascerai davvero per un giorno e mezzo senza una risposta?
Per tutta risposta mi lasciò di nuovo in visualizzato.
Dea.artemide: Avevo chiuso il telefono per questo weekend. Non ti ho evitato, ho visto solo qualche ora fa la notifica.
Visuallizò e così rimase per alcuni minuti. Stavo per perdere la pazienza e lanciare il telefono sull'altro lato del letto.
Alessandro_desantis: Che fai ora?
Dea.artemide: Guardo il soffitto
Alessandro_desantis: Incontriamoci tra un'oretta al d'Annunzio
Dea.artemide: Chi ti dice che ho voglia di alzarmi da qua solo per vederti?
Alessandro_desantis: Vieni che è sicuramente più bello che guardare il tuo soffitto.
Dea.artemide : Tu non hai visto il mio bellissimo soffitto allora!
Alessandro_desantis : Dai muoviti!
Sorrisi.
La punizione era ormai finita, così chiesi a mia madre un passaggio fino a scuola. Scettica di questo mio cambio di programma per il pomeriggio, accettò di alzarsi dal divano, con la condizione che portassi anche Apollo con me. Mi lasciò davanti alla scuola e ringraziai che Alessandro non fosse ancora arrivato, sennò avrei dovuto spiegare fin troppe case a mia madre non appena tornata a casa.
Apollo saltellava qua e là pieno di felicità, dal momento che le sue passeggiate solitamente erano relegate nella nostro piccolo quartiere. Veniva raramente in città e vederlo rincorrere ogni auto che passava mi riempiva il cuore di gioia. Aspettai una decina di minuti e finalmente sentii il rombo di una moto entrare nel parcheggio adiecente alla scuola.
Indossava una maglietta bianca a manica corta e dei pantaloni semplici. Sembrava che fosse da poco uscito dal letto, dal momento che i suoi capelli erano sparati in ogni direzione possibile.
Ci venne incontro e Apollo non potè fare altro che andargli incontro saltandogli addosso, come se lo avesse conosciuto da una vita. Non lo aveva mai fatto con me, nemmeno con i miei genitori o con qualunque altra persona. Alessandro fu sorpreso, ma mai quanto me.
"Hey bello! Calma.", disse, ma la forza vitale del non ancora adulto Apollo lo buttò quasi a terra.
"Hai un cane davvero energetico!"
"Fa così con tutti!", mentì e subito mi pentì. Non capivo perchè avevo mentito su una cosa così stupida.
"Mi dispiace per tutti i bambini che ha buttato per terra, allora!"
"Ho visto bambini avere più equilibrio di te!"
"Non mi aspettavo che portassi anche il tuo cane!", si difese.
"Apollo! Vieni qua!"
"Seriamente? Hai chiamato il tuo cane Apollo?", lo disse scherzando e non potevo biasimarlo. Visto agli occhi di un estraneo doveva risultare buffa come situazione. Io che mi chiamavo come una dea e il mio cane come il suo gemello. Tuttavia c'era molto di più dietro ad un nome, proprio come mi aveva detto lui la sera che ci eravamo conosciuti, solo che lui non la sapeva.
"Sì, è una storia lunga.", liquidai io. Quello non era il momento di rivivere brutti ricordi.
"Perché volevi vedermi?"
"Ci deve per forza essere un motivo?"
"Beh se mi hai invitato qua per guardare la scuola, allora potevi dirlo subito che il soffitto stava diventando molto interessante."
Alzò gli occhi al cielo, ma un suo sorrisetto mi fece intuire che era divertito.
"Dovresti sapere che non sono così noioso dai. Ti ho quasi fatto cacciare da un ospedale!"
Quindi il nostro primo incontro non era un tabù di cui parlare?
A quanto pare però c'era un particolare alle fragole di cui entrambi non volevo affrontare l'argomento.
"Ti prego non portarmi di nuovo in quel posto che a questo giro mi fasciano la testa!"
"Spero proprio di no, non saprei come spiegare il perché tu ti possa rompere la testa. Comunque volevo semplicemente portarti in un posto."
Non capivo come il ragazzo davanti a me, dopo non avermi detto nemmeno il suo nome quando ci eravamo incontrati, ora faceva tutto l'opposto. Mi invitava ad uscire, voleva conoscermi. Era diverso dal ragazzo che non voleva farsi conoscere, e che evidentemente non voleva conoscermi. Era cambiato. Qualcosa in quei mesi era successa..
Speravo che il posto fosse vicino, anche perchè con la carrozzina sarebbe stato difficile muoversi in qualche bosco o sentiero dismesso.
"Non ti preoccupare è qua vicino.", disse come si mi avesse letto nel pensiero.
Per tutto il tragitto Apollo presa la scena e tutte le attenzioni di Alessandro. Gli correva dietro e continuava a saltellargli intorno. Allo stesso tempo il ragazzo si divertiva a farlo saltare all'altezza delle sue mani, che non appena toccava portava sempre più in alto. Praticamente la scena era il mio cane con Alessandro davanti sul marciapiede, mentre io qualche passo indietro che tiravo il guinzaglio. Ero diventata un terzo incomodo tra il mio cane e quel ragazzo tanto misterioso.
"Hai intenzione di rubarmi il cane?", chiesi quando la scena cominciava a infastidirmi. Apollo era il mio cane e con me non si era mai comportato così. Il massimo delle attenzioni che ricevevo da lui alcuni giorni era il latrato per la pappa.
Alessandro si girò e sorrise divertito.
"Se hai detto che fa così con tutti, perchè ti da fastidio?"
Era chiaro: dovevo smetterla di dire bugie, perchè sembrava proprio che questo ragazzo ascoltasse attentamente cosa dicevo. Sapeva molto bene quindi come ribattere.
Per tutta risposta richiamai il mio cane verso di me, ma lui non diede segno di avermi sentito.
Mi arresi, non vedendo l'ora di arrivare in quel posto e impossessarmi di nuovo del mio cane.
Conoscevo molto bene la città, ma per tutto il tragitto mi chiesi dove mi stesse portando. In quella direzione non c'era nulla di interessante, se non qualche parco e qualche struttura storica. Arrivammo davanti al teatro della città. Era uno degli edifici più vecchi della città, con la sua facciata decorata minuziosamente con raccordi di un rosa porpora e giallo spento.
Si fermò, facendomi capire che era proprio quello il posto in cui mi avrebbe portato.
In tutti quegli anni che avevo vissuto là non avevo mai messo piede nel teatro. Lo trovavo un posto dove facevano qualche esibizione noiosa, che piaceva a gente del calibro dei miei genitori.
"A teatro? Serio?"
"Fanno uno spettacolo sull'Eneide. L'abbiamo studiato l'altro giorno, quindi pensavo che ti sarebbe stato utile per ricordi meglio la trama per l'esame."
Non sapevo se ridere o commuovermi. Ridere perchè per uscire con me stava ancora usando la scusa del progetto scolastico o commovuermi perchè era l'unico a cui importasse della mia carenza. In quel momento nemmeno ci pensavo a saldare il debito, mentre Alessandro aveva addirittura trovato una rappresentazione teatrale di quello che avevamo studiato.
"Tu sei pazzo.", fu l'unica cosa che riuscì a dire, la quale non era proprio la cosa giusta in quel contesto. Mi guardò interrogativo.
"Intendo che...niente. Non sono mai stata a teatro."
Dopo la mia affermazione era più stupito che mai.
"Veramente? Pensavo ci fossi già stata. Non so, quel nome mi fa capire che i tuoi devono essere appassionati al mondo antico e quindi anche al teatro."
Non avendo mai menzionato che i miei erano degli archeologi fin troppo appasionati, era un ragazzo davvero perspicace.
"Penso che i miei verrebbero volentieri al posto mio. Sono due archeologi e vengono almeno una volta al mese qua. Ma io non li ho mai accompagnati."
"Allora avevo ragione."
"Sì, ma così mi fai temere che mi stalkeri."
Si innervosì e presi tutto ciò come una conferma della mia affermazione.
"Quindi entriamo? Ho già preso i biglietti."
Tirò fuori dalla tasca due biglietti per lo spettacolo dell'Eneide e si avvicinò all'entrata. Per fortuna ci lasciarono far stare Apollo all'entrata del teatro. E fu così che scoprì la mia bugia. Apollo non saltò addosso a nessuno e saltellò felice solo fino a che poteva vedere Alessandro. Lui, d'altro canto, non diede a vedere di aver capito e per questo gliene fui grata.
L'interno del teatro era qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Sembrava di essere entrati in uno spazio temporale, dove il tempo era fermo all'800. Era una struttura circolare. Al centro c'erano file di sedie rosse dai bordi dorati, mentre tutt'intorno su più livelli c'erano balconcini da cui le persone potevano osservare l'opera dall'alto. Il palco era ancora nascosto da un grande tendaggio anch'esso rosso fuoco. Rimasi così abbagliata da tanta bellezza che intralciai il passaggio di persone che entravano in platea per prendere posto. Mi stupì di quanta gente ci fosse. Avevo sempre creduto che ci andassero solo i miei genitori e qualche altro appasionato sfegatato del passato. Invece sembrava che ci fossero moltissime persone a cui piaceva vedere qualcosa di un mondo ormai morto.
Prendemmo posto in platea e un assistente del teatro mi aiutò a scendere dalla carrozzina e a sedermi sul posto a me assegnato. Alessandro aveva anche pensato a quello, prendendo un posto alla fine della fila, così che potessi anche io sedermi senza dare d'intralcio alle altre persone.
"Vieni spesso qua?"
Si girò verso di me e il suo sguardo in penombra mi fece roteare tutti gli organi all'interno del mio stomaco.
"Sì. Non nell'ultimo periodo. Ma quando ero piccolo i miei mi portavano spessissimo a teatro. Penso di aver già visto questa rappresentazione, ma devo rivederla per dirtelo."
"Quindi anche i tuoi genitori sono appassionati di mondi morti?"
Sorrise a quella mia definizione delle civiltà più antiche.
"Sì, mio padre è uno scrittore e mia madre lavora nel mondo del giornalismo. Non ti piacciono proprio i romani eh?"
"Non proprio. Penso che fossero una popolazione che ha creato delle cose assurde, quello sì. La letteratura per esempio è davvero stupenda, per non parlare delle loro opere di ingegneria. Quello che proprio detesto però è la loro lingua. Perchè si dovevano ogni volta complicare la vita per dire qualcosa di semplice? Tutti quei casi poi! Così ho preso il debito. Cioè non solo. Gli altri anni me la cavavo in un modo o nell'altro ma quest'anno è stato diverso."
"Come mai?"
Per fortuna in quel momento le luci si spensero del tutto e tutt'intorno calò un silenzio surreale, mentre piano piano il grande tendone si apriva e lasciava spazio ad un palco spoglio. Una luce si accese e illuminò il centro del palco, dove un uomo vestito con una toga bianca che era così lunga che faceva intravedere solo le punte di alcuni sandali marroni, aveva in mano un libro.
"Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris, taliam fato profugus Laviniaque venit..."
Cominciò l'uomo e finito di recitare l'incipit dell'Eneide, scomparì dietro il tendone rosso che nel mentre non mi ero accorta aveva cominciato a muoversi.
"Se è tutto in latino io prendo e vado che tanto non capirei."
"Tranquilla è solo l'incipit, per dare un po' di enfasi allo spettatore."
E fu così che uno dopo l'altro i protagonisti del poema epico fecero la loro entrata, recitando per fortuna in italiano. Quando entrò per la prima volta in scena Didone lo spettacolo ebbe tutta la mia attenzione. Da sempre quella era la storia che più mi prendeva di tutta la letteratura italiana. Forse perchè il suo amore così intenso per Enea, il quale poi la lasciò perchè in balia del fato, mi aveva sempre creato un senso di tenerezza nei suoi confronti. Lui l'aveva trattata come un passatempo, per lei lui era diventato il suo futuro. Due versioni così diverse dello stesso amore.
L'interpretazione dell'attrice era pressochè sublime, specialmente nell'ultimo spezzone di vita della povera principessa Didone, quando si tolse la vita.
Rimasi scossa da quel gesto che sapevo avrebbe fatto, ma a vederlo rappresentato era tutta un'altra cosa.
Fino a che Enea non l'abbandonò al suo destino così tragico a Cartagine, Enea tutto sommato era un personaggio che mi piaceva. Dopo aver letto per la prima volta cosa le fece però non riuscì più a guardarlo con gli stessi occhi. La stessa trama diventava più noiosa, perchè il protagonista era una persona orribile che aveva giocato con i sentimenti altrui solo per passare il tempo. Fu a quella rappresentazione teatrale infatti che vidi per la prima volta il finale del poema epico e rimasi delusa dal fatto che alla fine lui ebbe un finale felice. Tutto era andato secondo i piani, ma aveva lasciato dietro di sè così tanta rabbia e disperazione che non si poteva non avere l'amaro in bocca per quel finale felice.
Lo spettacolo finì e partirono tutti gli applausi agli attori che salivano sul palco per inchinarsi e prendersi il successo che meritavano.
L'addetto alla sicurezza del teatro non si presentò e così Alessandro mi prese tra le braccia come una bambina, per poi posarmi dolcemente sulla carrozzina. Quel gesto così intimo tra noi due mi fece scorrere un brivido per tutto il corpo, che scomparve non appena staccò il contatto, come se il mio corpo ne richiedesse di più.
E poi improvvisamente prese il comando della carrozzina per portarmi fuori da quel teatro. Lo lascai fare, nonostante sapessi che chiunque altro avesse azzardato a farlo lo avrei elegantemente investito in retro marcia. Qualcosa però mi diceva di lasciarlo fare, di farmi trattare come una principessa per una volta. E stranamente, tutto ciò mi faceva sentire bene.
La mia lingua però aveva altri programmi, ovvero rimanere l'acida di sempre.
"Sai che ora non vado più addosso alle colonne, vero?"
"Lo so."
"E la tua carrozzina dov'è l'hai lasciata?"
"Non ne ho mai avuto bisogno. Ma era più veloce per andare tra i corridoi dell'ospedale."
Uscimmo tra il fiume di persone che tornavano verso le loro case o abitazioni. Non appena Apollo ci vide ci corse incontro. O meglio corse incontro Alessandro, lasciandomi con la braccia apertamente vuote per prenderlo in braccio.
"Sei sicura che faccia così con tutti?"
Non risposi, non volevo peggiorare la mia situazione da bugiarda. Poi il mio cane decise che era giusto dare anche qualche attenzione al proprio padrone e saltò su di me, per poi accoccolarsi sulle mie gambe.
"Così si fa, cane ingrato? Mi usi come passeggino?"
I passanti che udirono si misero a ridere e io gli lanciai un'occhiata torva.
Usciti dal teatro era ormai buio e un venticello fresco mi scompigliò tutti i capelli.
"Allora, è così male il teatro?"
"Il mio orgoglio ti vorrebbe dire che non metterò più piede in quel teatro, ma la realtà è che è stato stupendo. Grazie!", dissi, andando ad abbracciarlo. Era strano abbracciarlo da quell'altezza, visto che la mia testa arrivava alla sua pancia. Lo sentì irrigidirsi per un istante, per poi abbassarsi per abbracciarmi a sua volta, rilassato. Rovinò tutto Apollo, il quale si sentì schiacciato tra i nostri corpi e decise di ululare.
Decisi che non sarebbe mai più venuto con me se mai Alessandro avesse dovuto invitarmi ancora.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top