Parte III
Olivia si guardò attorno per l'ennesima volta. Era tutto un incubo e da lì a poco si sarebbe svegliata, pensava più e più volte per farsi coraggio. Cercò la mano di Darren, le sembrava che così potesse darle la forza anche per le cose più semplici e banali, come alzarsi da terra.
«Che diavolo di posto è questo? Perché non capisco dove cazzo ci troviamo?» La pazienza della ragazza stava iniziando a terminare, odiava non avere il controllo delle cose. La faceva sentire spaesata.
Darren la strinse a sé cercando di farla calmare, non sapeva proprio come comportarsi in quelle situazioni. Cercava di dare a lei tutta la forza che aveva in corpo, ma ne aveva sicuramente bisogno anche lui.
«Credo che continuare a porci questa domanda serva a poco. Non arriverà da sé la risposta facendo così. Cerchiamo qualche indizio in giro, potrebbe aiutarci a capire meglio.» Darren stava riuscendo a mantenere un po' di razionalità, non era facile, ma c'era Olivia con lui e non poteva arrendersi.
Camminavano piano per scorgere anche solo il più piccolo dei dettagli. Per prima cosa andarono al centro di quell'enorme grotta e fecero lentamente un giro su sé stessi. Si stupirono quando notarono un piccolo particolare di tutte quelle persone: avevano tutti all'incirca la loro età.
«Quasi mi sento tra i corridoi della scuola» cercò di scherzare Darren.
«Dai, non è il caso di fare battute. Piuttosto, perché sono tutti ragazzi? E perché sembrano assenti?»
«Se lo sapessi non sarei qui, o per lo meno saprei dove ci troviamo» Darren stavolta rispose un po' spazientito. Non voleva arrabbiarsi con Olivia, ma tutte quelle domande a cui non poteva rispondere lo stavano facendo impazzire.
Mentre continuavano a osservare, spalla contro spalla, videro dei piccoli corridoi che si aprivano in maniera perpendicolare a quell'enorme spazio sotterraneo.
«Guarda, Darren. Andiamo a vedere cosa c'è lì» disse, mentre indicava col dito il corridoio di fronte a sé.
«Va bene, ti seguo.»
Olivia lo spinse davanti a sé.
«No, tu sei il maschio e tu vai avanti!»
«Ma l'hai proposto tu di andare da quella parte» Darren provò a controbattere, ma non riusciva ad andarle contro per più di qualche minuto.
Lui proseguì seguito da Olivia che, involontariamente, strinse la sua camicia tra le mani, così da non staccarsi.
Le pareti si illuminavano di una luce che doveva per forza essere artificiale, ma nessuna lampada, o torcia, era appesa su di esse. Sembrava una forza soprannaturale, quasi magica. Continuarono a camminare a passo lento, anche per via della forza fisica che pian piano andava scemando. In quel luogo la mancanza di ossigeno iniziava a pesare, speravano che seguendo quel sentiero avrebbero trovato un'uscita e, soprattutto, aria pulita.
Più proseguivano e più la luce diminuiva, fino a che non si trovarono costretti a dover avanzare verso uno spazio molto più stretto e buio.
«Non penso che questo sia il posto giusto» disse Olivia visibilmente spaventata.
«E se invece fosse la strada giusta? Dai, andiamo.» Darren non sapeva da dove aveva preso tutto quel coraggio, ma ormai era deciso a non fermarsi più.
Camminarono per qualche centinaio di metri, con la luce che diventava sempre più cupa, vedere dove mettessero i piedi era quasi impossibile. Alzarono entrambi la testa, attratti da un piccolo punto arancione che si allargava mano a mano che si avvicinavano.
«Guarda, Darren, forse lì troviamo qualcosa o qualcuno che può aiutarci» esclamò Olivia con ritrovato entusiasmo.
Darren si limitò a sorridere, era stanco e non voleva illudersi, non avrebbe accettato una delusione in quel momento. Voleva tornare a casa e stendersi sul letto della sua camera e riposare fino alla sera successiva.
Erano quasi arrivati, ma uno strano odore li investì: pungente e molto forte, gli pizzicò le narici. Sembrava proprio puzza di morte. Trattennero il respiro e fecero per superare quell'arco in pietra da cui veniva emessa quella strana luce.
Quando finirono di attraversarlo, si trovarono davanti a uno spazio ampio e incredibile. Su una specie di seduta ricavata dalla roccia stava una donna. I capelli rossi le ricadevano morbidi sulle spalle, gli occhi blu come il mare e le labbra tinte con un rossetto dal colore acceso, sembrava quasi che bruciassero. Si guardarono per qualche secondo, la giovane coppia era sempre più spaesata, ma pensarono di poter chiedere a lei se potesse indicargli una via di fuga. Era la persona più sveglia che avevano incontrato fino a quel momento. Sembrava vigile e cosciente.
«Oh, ma cosa abbiamo qui. Due anime confuse vengono al mio cospetto» esordì la donna, quando li notò.
Olivia guardò Darren ancora più spaventata di prima, avevano appena realizzato che non era stata una grande idea proseguire. Quella donna non le piaceva, e dal tono stridulo con cui aveva parlato qualcosa dentro di Olivia le suggerì che erano in pericolo.
«Il mio gatto vi ha mangiato la lingua per caso?» La donna alzò un sopracciglio, un po' spazientita.
«N-no, eravamo qui per chiedere aiuto. Non so come siamo arrivati in questo strano posto e cercavamo l'uscita.» Darren cercò di giustificarsi.
«Uscita? ̶ rise in modo sprezzante. ̶ Non avete idea di chi sia io, giusto?»
Tutti e due fecero un gesto di diniego con il capo, in modo simultaneo. Sembravano due robot telecomandati.
«Questo popolo è sempre più ignorante!» La donna alzò gli occhi al cielo, poi si alzò e si mise a camminare avanti e indietro, preparandosi per raccontare la sua storia. Non le dispiaceva affatto, anzi la faceva sentire ancora più appagata, tutti dovevano sapere quanta crudeltà le era stata inflitta.
«Ho raccontato questa storia a ogni ospite della mia grotta, ne sono rimasti tutti così affascinati da non andare più via.» Un altro sorriso soddisfatto affiorò sul suo volto.
Olivia e Darren si strinsero ancora di più l'uno vicino all'altra e non emisero neanche un fiato, nel frattempo quella misteriosa donna cominciò il suo racconto.
«Che maleducata! Non mi sono neanche presentata. Mi chiamo Freya, e abitavo in questa città già centinaia di anni fa, devo ammettere che non era per niente male. Tutto sommato la gente era brava e mi rispettava. In molti venivano da me e mi chiedevano consigli su come guarire i loro figli, o di preparare quelle stupide pozioni d'amore. Tutto ciò che utilizzavo erano le erbe curative che trovavo nel bosco, vi confesso che mi sono lasciata andare con qualche piccolo incantesimo, ma tutto a fin di bene. Andavamo proprio d'accordo. Fino a che, un giorno, qualcuno decise che ciò che facevo era cattivo, malefico, queste accuse erano state mosse proprio contro di me, che fino al giorno prima li avevo aiutati a stare meglio.» Alzò lo sguardo per vedere se stavano ancora ascoltando e poi continuò a raccontare la sua storia.
«Quel bellissimo giorno di maggio, non mi uccisero come tutte le altre, usarono dei metodi ancora più barbari, mi strapparono via mio figlio uccidendolo davanti ai miei occhi. Una pugnalata dritta al cuore. Lui era solo un ragazzino, ma era anche il mio primogenito, tutto ciò che di più caro avevo! Non aveva nessuna colpa. Ricordo ancora il suo volto innocente, la sua voce flebile che mi chiama "mamma" un'ultima volta. Lo ricordo come se fossero passati solo pochi giorni. Quei capelli neri sempre disordinati e gli stessi occhi di suo padre, verdi come degli smeraldi.» Si avvicinò a Darren e gli prese il volto tra le dita. Darren sentì sulla pelle le unghie lunghe a stiletto, laccate di nero. Freya riuscì a scrutarlo meglio da quella visuale.
«Sai, ti assomigliava molto.» Lo lasciò andare spingendolo leggermente.
Olivia sentì che le gambe le stavano per cedere un'altra volta. Non sapeva per quanto ancora avrebbe retto, forse era meglio che li uccidesse all'istante così da mettere fine a quella lenta agonia. Perché sì, secondo Olivia la fine di quella storia non poteva che essere una condanna per loro due. Non si era mai sentita così in vita sua.
«Cambiai il modo di vedere la gente di quel piccolo villaggio, sì, Glenwood era davvero piccola a quei tempi. Iniziai a dedicarmi alle arti oscure, dovevo riprendermi il mio piccolo Nicholas e nessuno me l'avrebbe impedito. Io, però, non c'entravo nulla con le piogge che si abbattevano senza tregua sui loro campi, rovinando i raccolti. Quegli stupidi non la pensavano allo stesso modo e il 12 luglio di quello stesso anno mi portarono nella pubblica piazza per bruciarmi viva. Mi chiesero quali fossero le mie ultime parole, per fortuna oserei dire. Maledissi tutti quanti e giurai di fargli vivere lo stesso dolore. Ogni dieci anni torno a prendermi uno dei loro figli, scelgo sempre i migliori.»
«Uno di loro? Quindi uno di noi?» chiese Darren abbastanza intimorito.
«Stavolta mi sono state mandate due belle anime dolci e succulente, non penso che ne farò a meno, d'altronde fortune del genere capitano una sola volta nella vita.»
Entrambi si guardarono attorno, per l'ennesima volta, quel posto a loro sconosciuto gli doveva rivelare un'altra volta una strada, la via per poter fuggire.
«Il tempo sta per scadere, sta per sorgere il sole e non posso aspettare altri dieci anni senza aver fatto la mia consueta merenda. Sarà meglio che restiate fermi, farà meno male.»
Darren prese la mano di Olivia e non ci pensò due volte. Scattò in avanti e cercò di fuggire dalla piccola apertura che si vedeva al lato opposto da dove erano arrivati.
Freya rimase ferma per qualche secondo, così da dargli un po' di vantaggio. Tutti si comportavano allo stesso stupido modo, arrivavano lì, conoscevano la sua storia e poi cercavano di fuggire.
Patetici.
Le sarebbero bastate pochissime mosse per acquisire le loro anime.
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