Parte tre.
Questa mattina ho il corpo più indolenzito di stanotte. A fatica mi alzo dal letto, guardo l'orologio e sono le dieci del mattino. Mi avvicino al bagno che è collegato alla camera di mia madre a passi lenti e faticosi e arrivo al lavandino. Mi appoggio su di esso e alzo lo sguardo sullo specchio. Il mio viso è uno straccio. Ho piccoli graffi sul viso e sul collo. Ho la frangetta e i capelli neri corti sporchi, occhiaie scurissime ancora più evidenti di sempre sotto i miei occhi verdi e ho la pelle bianca cadaverica. Mi passo un dito sulle labbra secche e osservo il mio polso. E' esile, troppo esile, più del solito. Alzo di poco il braccio e noto i lividi sulla mia pelle, macchie violacee lungo il braccio e la spalla. Mi sfilo la canottiera del pigiama, a fatica, e osservo il mio corpo. Sono ricoperta di lividi in ogni dove. Le clavicole, il collo, il petto,la spalla, le braccia, la pancia. E' stata una brutta caduta, potevo rimetterci la pelle. Mi tocco la ferita che mi sono procurata da sola sul fianco e mi mordo il labbro per il dolore. Sospiro, tornando a guardare i miei lisci capelli. Mi sciacquo il viso, piano, senza muovermi troppo e mentre prendo un asciugamano nel mobiletto sopra la lavatrice, noto degli abiti di mia madre nella cesta accanto alla vasca. Mi avvicino piano, mi abbasso e li prendo in mano. Sono i vestiti che indossava ieri e sono sporchi di sangue. Il cuore ricomincia a battermi forte nel petto ripensando alla scena vissuta qualche ora fa in quel maledetto corridoio e sospiro chiudendo gli occhi. Cosa sta succedendo? Cosa mi sta succedendo?
Ripongo i vestiti di mia madre nella cesta e mi avvicino di nuovo allo specchio guardando il mio riflesso. I lividi e i tagli che ricoprono il mio corpo ed il mio viso sembrano quasi avere lo stesso aspetto che avevano quelli sul mio cadavere nel sogno.
Ho paura, sono davvero terrorizzata, voglio andarmene da qui.
Apro il mobiletto-specchio davanti a me per prendere una spazzola, ma quando lo richiudo dietro di me rivedo quell'orribile cadavere che mista perseguitando da ieri notte.
Grido istintivamente dalla paura girandomi velocemente verso di lei, ma è sparita.
Ho il cuore in gola, il respiro irregolare e le gambe tremanti.
«Mamma?»urlo uscendo di fretta dal bagno e fregandomene altamente del mio corpo dolorante. Prendo la prima maglietta che mi capita sotto tiro dal cassetto senza neanche guardarci dentro, la indosso ed esco dalla camera affannata.
«Mamma?» ripeto avviandomi verso le scale disperatamente, tengo una mano sul fianco premendo per tenere più a bada il dolore, ma la ferita brucia da morire.
Voglio andarmene di qui, non mi piace questa casa.
«Carlos? Mamma? Dove siete?» mi affaccio dalla ringhiera delle scale e urlo guardando di sotto. Possibile che non ci sia mai nessuno?
Decido di scendere le scale e impreco per il dolore. Mi lascio scappare diversi gemiti scalino dopo scalino e stringo i denti ad ogni passo. Mi guardo il fianco alzando la maglietta e vedo del sangue sulla benda. La ferita si è riaperta. Respiro affannosamente fermandomi a metà della rampa di scale e mi abbasso leggermente, tanto quanto basta per poter avere la vista sulla cucina che però è vuota.
Dove cavolo sono?
Faccio lunghi respiri e chiudo gli occhi tenendomi la mano ferma sulla ferita.
Un tonfo proveniente dalla soffitta mi fa sobbalzare e apro gli occhi. Alzo il viso guardando sopra di me.
«Prendi quello scatolone»
E'la voce di mia madre, è lontana ma sono sicura che sia lei. Si, finalmente, è in soffitta! Starà pulendo le vecchie cianfrusaglie dei precedenti proprietari della casa.
«Mamma» dico ad alta voce per farmi sentire e risalgo lentamente le scale non sentendo più molto tatto sul lato sinistro del corpo. Mi appoggio a peso morto sulla ringhiera aiutandomi con gli ultimi scalini e arrivo finalmente in cima. Ho il cuore in gola, sono sudata e affannata. Mi tocco la fronte e mi accorgo che scotta, credo di avere la febbre. Mi avvio nel corridoio ringraziando il cielo che sia luminoso e mi appoggio alle vecchie pareti aiutandomi ad avanzare a passi più veloci. Mi fermo per qualche secondo chiudendo gli occhi e cercando di riprendere fiato. Sono stanca, non riesco più a continuare.
D'un tratto sento qualcosa tirarmi dal piede sinistro facendomi cadere a terra. Urlo d'istinto sbattendo con la testa sul pavimento e il respiro mi si ferma a causa del dolore che sento invadere ogni singolo poro del mio corpo proveniente dalla ferita sul fianco. Mi giro agitata restando stesa a terra, impaurita da ciò che potrei vedere, ma guardo il corridoio ed è vuoto.
Con le poche forze che mi sono rimaste, mi rimetto in piedi sentendo le lacrime scivolarmi sul viso dal dolore che pervade il mio corpo e mi incammino più velocemente verso la soffitta alla fine del corridoio. Arrivo alla porta, la apro e mi volto un'ultima volta dietro di me. In piedi, poco lontano da me, rivedo quella terrificante creatura. Il mio cadavere, con il viso oscurato rivolto verso di me.
«Nooo» urlo aprendo la porta che mi condurrà alla soffitta e vedo che quell'essere comincia a correre nella mia direzione. Chiudo a chiave la porta alle mie spalle, meravigliandomi di come questa possa ancora avere la chiave inserita all'interno della serratura, e salgo le scale nello stretto corridoio che mi poterà alla soffitta. Le lacrime mi scendono dal viso ininterrottamente, il cuore sembra che mi stia per scoppiare nel petto e il respiro è irregolare. Ho dolori lungo tutto il corpo, mi sento come se avessi corso per giorni interi incessantemente e la ferita sul fianco perde sempre più sangue.
Cos'è quella cosa che mi sta perseguitando? Che cosa significa tutto questo?
Inciampo su uno scalino e scivolo a terra. Mi lascio scappare un gemito di dolore e sento la porta alle mie spalle sbattere come se qualcuno dall'altro lato stesse cercando di aprirla. Ed io so di chi si tratta. Percorro qualche gradino a gattoni non avevo forze necessarie per alzarmi e tra un singhiozzo e l'altro chiamo mia madre.
«Mamma...Mamma» grido disperata alternando lo sguardo alla porta che mi porterà da lei a quella che invece mi porterà dritta a quella creatura.
Arrivata in cima alla rampa di scale, apro la porta della soffitta e me la richiudo alle spalle accasciandomi a terra in un tonfo e lasciandomi ad un pianto liberatorio. Mi porto le mani sul viso e sento un pesante silenzio vagare per questa stanza. Alzo il viso lentamente e mi rendo conto di essere sola. Mi guardo intorno in cerca di mia madre, ma tutto ciò che vedo sono scatoloni impolverati, una vecchia poltrona, uno specchio alto e tante altre cianfrusaglie. Di mia madre, neanche l'ombra.
«Non è possibile...» sussurro alzandomi in piedi e lasciando le braccia lungo i fianchi.
Ero sicura di aver sentito la voce di mia madre, ne ero certa.
Mi guardo intorno avanzando di poco e stranamente il pavimento non scricchiola. Mi tocco il fianco ferito e la mano si macchia di sangue. Abbasso così lo sguardo sulla maglietta e noto come tutti i miei vestiti si siano sporcati di rosso. Osservo il pavimento e mi accorgo della macchia di sangue creatasi dove mi ero inginocchiata prima. Sto perdendo molto sangue, gli occhi diventano sempre più pensanti e il cuore non batte più così velocemente. Guardo lo specchio davanti a me e rivedo il mio incubo. Dietro alle mie spalle, nell'oscurità, c'è quell'essere che ha le sembianze del mio cadavere. Spalanco gli occhi nel vederla e il cuore comincia a battermi nuovamente troppo velocemente.
«Ti prego... Cosa vuoi da me?» farfuglio in un pianto osservando la sua figura attraverso lo specchio. Questa alza un braccio, lentamente, indicandomi. Mi ci vogliono pochi secondi per capire tutto quanto. Mi guardo allo specchio. I lividi, i tagli, i vestiti sporchi di sangue, sono io il cadavere che ho sognato, ero io quella che ho visto nel corridoio.
Alzo lentamente lo sguardo e dura tutto pochi secondi.
Il viso di quell'essere è vicinissimo al mio, dietro di me. Ha gli occhi completamente bianchi e il viso violaceo. Emette uno stridulo assordante dalla bocca urlando e il mio cuore mi scoppia nel petto. All'improvviso smette di battere, l'ultima cosa che vedo è il sorriso di mia madre, nella mia mente. Faccio due o tre passi, per lo spavento di quell'immagine, e ciò che sento è il suono di un vetro rotto. Ho l'impressione di volare, apro a stento gli occhi e vedo la finestra della soffitta allontanarsi sempre di più, fino a quando non tocco il suolo.
«Beckyyyyy» è mia madre che urla, ho riconosciuto la sua voce.
Chiudo gli occhi e il vuoto si appropria della mia anima.
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