Parte due.
Il mattino seguente, come promesso, mi sono messa a sistemare la mia camera. Mi sono arresa all'idea di doverci vivere, tanto vale renderla piacevole.
Appena sveglia ho dato un'occhiata al resto della casa e come immaginavo, tanto grande quanto vecchia e spoglia. La cucina e il salone sono enormi e a dividerli c'è solo un muro ad archetto senza porta. Tutta la mattinata, la casa è stata piena di persone che lavorano nelle aziende di arredamenti. Hanno montato tutta la cucina e portato su tutta la nostra roba. Il divano, alcuni mobili, i quadri di mia madre. Per il resto, la casa è già arredata di suo sebbene tutto ciò che le appartiene sia orrendo. Il piano di sotto comunque è composto solo da queste due stanze più l'ingresso che ovviamente è ampio e vuoto. Al piano superiore invece ci sono quattro camere, due bagni e un altro piccolo salone, la metà di quello al piano di sotto. E poi c'è la soffitta, su in alto, che però non si apre perché qualcosa al suo interno blocca la porta.
Inserisco il cd dei Kodaline, spalanco la finestra in camera mia per far passare più aria possibile, e mi metto a pulire.
Mia madre è uscita con Carlos e sono andati a comprare alcune cose che ci mancavano, come ad esempio il mio materasso. Alzandolo ho notato delle macchie molto scure su di esso, ho deciso così di buttarlo e di volerne assolutamente uno nuovo. Con dei giornali ho coperto tutti i mobili e mi sono messa a ridipingere le pareti, alla grossa, lo ammetto. Ho scelto un argento scuro, credo sia l'unico colore che si intoni perfettamente con il resto della casa. Dopodiché, ho iniziato ad abbellire i muri con i poster dei miei gruppi preferiti: GreenDay, The Cab, Sum41, Kodaline e tanti altri. Scendo dalla scala che ho usato per poter appendere le immagini più in alto, e un tonfo proveniente dal corridoio attira la mia attenzione. Metto male il piede a terra e cado di schiena facendomi un male cane.
«Ah!» esclamo massaggiandomi il fondo della schiena con una smorfia di dolore sul viso. Alzo lo sguardo e osservo la parete davanti a me lasciandomi scappare un sorriso. Inizia a piacermi, la sento più mia.
Sento un secondo tonfo provenire dal corridoio così rivolgo nuovamente la mia attenzione da quella parte. Deglutisco leggermente spaventata e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Mi alzo e piano mi avvicino all'arco della porta. Mi affaccio nel corridoio e lo trovo vuoto. Mi inumidisco le labbra e resto affacciata nel corridoio guardando nella parte in cui ci sono le scale.
«Mamma? Carlos? Siete arrivati?» attendo risposta rimanendo con l'orecchio teso per ascoltare bene ogni singolo rumore, ma nessuno risponde. Ritorno in camera accorgendomi che lo stereo non sta suonando più a causa della fine del cd, e così lo spengo definitivamente.
Mi affaccio alla finestra e noto che la macchina di Carlos non c'è, quindi non sono ancora arrivati. Guardo fuori ed è nuvoloso come sempre e l'aria è pesante. Intorno alla casa non c'è altro che un enorme campo di erba bruciata e qualche albero qua e là. E' proprio un posto triste.
Decido di uscire e fare un giro intorno alla casa, ne approfitto perché non piove.
Appena chiusa la porta d'ingresso alle mie spalle, noto il dondolo alla mia sinistra che ondeggia leggermente. Guardo l'erba che circonda la casa notando l'assenza del vento, così rivolgo nuovamente l'attenzione al dondolo che continua ad ondeggiare. Mi avvicino e tocco le catene che lo reggono tenendolo fermo. Forse è solo arrugginito, per questo si muove anche senza vento.
Scendo gli scalini della veranda facendo un lungo sospiro e comincio la mia perlustrazione.
Intorno alla casa regna il vuoto, come avevo già notato, c'è solo una botola sul retro chiuso col lucchetto. Chissà se mia madre ne sia al corrente. Torno in casa decisa a prendere qualcosa per poterla aprire o a cercare la chiave. Così mi metto a frugare nei cassetti della cucina, nei mobili del salone e in tutti i vasi che erano già presenti in questa casa, quando ad un tratto, sento uno strano rumore provenire dal piano di sopra. Mi immobilizzo per non far alcun tipo di suono e resto in attesa di un secondo colpo che arriva subito dopo. Fisso le scale che portano al piano di sopra, lentamente torno in cucina e prendo un coltello. Mi faccio coraggio e silenziosamente mi avvio al piano di sopra. Un terzo tonfo si fa largo tra questo silenzio assordante facendomi sobbalzare e causando un aumento della velocità del battito del mio cuore. Salgo piano le scale, e una volta arrivata in cima, la scena che mi si presenta davanti mi blocca completamente gambe e braccia.
Accanto alla parete, quasi accasciata, c'è una ragazza. E' di spalle e sembra che stia cercando di camminare. Batte una mano sul muro ogni volta che cerca di fare un passo verso l'altra parte del corridoio. E' questo il tonfo che sentivo, il suo battere. Ho il respiro irregolare, il cuore lo sento in gola e ho la bocca secca.
«C..chi sei?» riesco a dire tenendo gli occhi sgranati.
Lei si ferma di scatto restando immobile per qualche momento. Stringo un pugno lungo il fianco e con l'altra mano stringo il coltello. Il vuoto si impossessa di me, la testa inizia a girarmi velocemente e perdo il controllo del mio corpo.
La ragazza si gira di scatto. Nell'oscurità, poco distante da me, c'è il mio incubo. Quel cadavere che ho sognato, ora è qui di fronte a me, in casa mia, in pelle ed ossa.
Grido a pieni polmoni spaventata, indietreggiando e cadendo dalle scale. Rotolo per tutta la rampa perdendo i sensi e ricado sul pavimento del salone d'ingresso. Poco prima di chiudere gli occhi, sento di non poter muovere un solo singolo muscolo del mio corpo e vedo qualcuno avvicinarsi a me, un'ombra, di cui non riesco a riconoscerne i tratti.
Apro lentamente gli occhi. Mi scoppia la testa, mi fa male tutto il corpo. Cerco di guardarmi intorno ruotando solamente gli occhi e capisco di essere in camera di mia madre. Guardo la finestra e fuori è notte. Giro leggermente il viso e vedo mia madre che dorme accanto a me nel letto matrimoniale. Faccio per alzarmi, ma un dolore atroce sul fianco mi tradisce impedendomi di muovermi. Mi tocco piano sul punto in cui mi fa male e sento una benda fasciarmi il busto. Cos'è successo?
«Mamma?» dico piano guardandomi intorno. Quell'immagine del mio cadavere non smette di tormentarmi, sono spaventata e voglio alzarmi da qui. Voglio sapere cosa diavolo sta succedendo in questa maledetta casa. Quanto tempo ho passato a dormire?
«Mamma?» ripeto a voce più alta, ma lei non si sveglia. Gli occhi cominciano a lacrimarmi mentre penso a quello che ho visto nel corridoio. Era reale? O era tutto frutto della mia immaginazione? Lascio che le lacrime mi righino il viso e con una mano tocco il corpo addormentato di mia madre scuotendola leggermente volendola svegliare.
«Mamma svegliati, ti prego» quasi sussurro chiudendo gli occhi e sentendole goccioline calde scivolarmi lungo il viso. Guardo il soffitto toccandomi con la mano il fianco che fa male e muovo piano le gambe ritrovando il controllo del mio esile corpo indolenzito. Ho la gola secca, vorrei bere dell'acqua se solo qualcuno fosse così gentile da darmene un bicchiere. Giro leggermente il viso verso il comodino alla mia destra e guardo l'orario: 3:00 AM.
Devo alzarmi, devo andare in bagno.
Sono caduta dalle scale e ho perso i sensi, ma perché questa fascia sul fianco?
Stringendo i denti mi metto a sedere lasciandomi scappare un gemito di dolore e stringendo la mano sul fianco.
«Becky» finalmente si è svegliata «Tesoro sei sveglia! Attenta non sforzare» si alza frettolosamente e viene dalla mia parte del letto «Come ti senti?»
«Indolenzita» rispondo con una smorfia mettendo le gambe fuori dal materasso dondolanti fuori dal letto «Cos'è successo?» chiedo.
«Quando siamo rientrati io e Carlos, eri a terra davanti le scale e non ti svegliavi» comincia a piangere e si porta una mano sulle labbra facendo una breve pausa. Le poso una mano sul braccio per tranquillizzarla.
«Avevi un coltello sul fianco e stavi perdendo sangue» dice con voce strozzata. Mi tocco il fianco, ecco perché la fascia «Cosa ci facevi con un coltello in mano tesoro?» mi chiede guardandomi e asciugandosi le lacrime.
«Io..Io avevo sentito dei rumori e per sicurezza ne ho preso uno in mano, poi credo di aver perso l'equilibrio» rispondo mordendomi il labbro inferiore e trattenendo le lacrime al pensiero di quel brutto momento. Non posso dirle cosa ho visto, non mi crederebbe. Mi chiedo se sia stato tutto frutto della mia mente, ma se così fosse, perché comincerei proprio ora a vedere queste cose?
«Beh, per fortuna stai bene» sussurra lei accennando un sorriso «Ti fa male?» mi chiede riferendosi alla ferita.
«Poco» mento «Mamma, mi prenderesti un bicchiere d'acqua?»
«Certo» si alza ed esce dalla camera. Rimango sola nel buio e guardo l'arco della porta aperta un po' impaurita al pensiero del corridoio. Sento Carlos russare, probabilmente è in una delle altre stanze. E' stato carino a permettermi di dormire nel suo posto.
Mi alzo lentamente dovendo andare in bagno, ma prima di dirigermi verso quella direzione, con coraggio e con dolore, mi affaccio sul corridoio. Ho il cuore in gola, ho paura di rivedere qualcosa di spaventoso. Resto ferma accanto all'archetto della porta e fisso il vuoto del corridoio. Tengo una mano ferma sulla fascia e deglutisco a fatica avendo la gola secca. Guardo il vuoto e il russare di Carlos, in un certo qual modo, mi tranquillizza. Alcune volte il silenzio è troppo pesante da sopportare.
Sento un rumore, uno scricchiolio del pavimento. Il cuore inizia a battermi velocemente nel petto, il respiro comincia a farsi più pesante e agitato e indietreggio di un solo passo andando a sbattere con la schiena contro lo stipite della porta. Guardo il vuoto del corridoio aspettandomi qualsiasi cosa varcare quell'oscurità, ma dura poco, perché il viso di mia madre si fa largo in quel mare di tenebra e mi sorride col bicchiere in mano.
«Cosa ci fai in piedi Becky?» si avvicina e mi porge il bicchiere «Stai bene? Sei pallida, sembra che hai visto un fantasma» mi posa un amano sulla spalla accompagnandomi nuovamente in camera. Quasi, mamma. In realtà non so cosa ho visto questa mattina, sicuramente qualcosa che assomigliasse parecchio ad un fantasma.
«Grazie» rispondo prendendo il bicchiere in mano e sospirando. Mi sono tranquillizzata, era solo mia madre, nessuna brutta immagine. Bevo l'acqua e mia madre mi accompagna e mi aiuta in bagno, dopodiché ci rimettiamo nel letto. Ho chiesto a mia madre di chiudere la porta della stanza, vedere tutto quel buio al di fuori dell'arco della camera mi spaventava.
Non riesco a dormire, ogni tanto sono costretta a riaprire gli occhi per controllare che sia tutto tranquillo e normale intorno a noi. Credo passi un'ora, più o meno, quando riesco finalmente a prendere sonno.
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