Capitolo 7
Guardo l'orologio: sono le sei.
«Livia, potrei fare una telefonata? »
«Certo».
«Voglio sentire Bruno che programmi ha per la sera». Compongo il suo numero di casa. Dopo tre squilli sento la voce di Maria. Uff, perché non è mai pronto a rispondere lui? Non sopporto dover passare per tutti i filtri,
«Maria, buonasera, sono Alba» dico con un finto tono cortese.
«Alba, ciao! Se cerchi Bruno non è a casa» E certo, chi dovrei cercare?
«Ah, sai dov'è?»
«Ha detto che andava a giocare a tennis». Riaggancio dopo aver salutato educatamente.
A tennis...
«Livia, ti andrebbe di accompagnarmi al circolo del tennis?» Livia mi guarda sorpresa.
«Da quando ti interessa il tennis?»
«Non mi interessa infatti, voglio fare una sorpresa a Bruno».
Poco dopo siamo nella sua auto.
Speriamo che stia ancora lì
Quando Livia imbocca il vialetto verso i campi da tennis, lo vedo, dietro le maglie della rete. Scendo dall'auto e mi avvicino alla parete forata. Mi aggrappo con le dita al materiale sintetico, sorrido, poi agito un braccio verso di lui. Si gira una prima volta distratto, poi si gira di nuovo e mi guarda sorpreso. La palla che gli arriva passa oltre, non l'ha vista.
Raggiunge la rete divisoria centrale per scambiare qualche parola con l'avversario.
«Vieni». Prendo Livia per mano e arriviamo all'ingresso.
«Posso entrare?» Gli grido.
Lui non risponde, si avvicina, lento. «Che sorpresa, come mai qui?» Guarda Livia «Ciao Livia». Lei lo saluta con la mano.
Gli butto le braccia al collo «Non sei contento?»
Si irrigidisce. «Certo... Ma non immaginavo».
«Se non avessi telefonato a casa tua non avrei saputo che stavi qui». Entriamo nel campo.
«Vi abbiamo interrotti?» chiedo, rivolta a entrambi.
«No, avevamo finito» risponde l'altro.
Bruno affianca il suo compagno. «Ti presento Corrado» mi dice. Gli stringiamo la mano, prima io e poi Livia.
«Piacere» dice lui.
«Mi fai fare qualche tiro?» chiedo, rivolta a Bruno.
«Ma tu non giochi a tennis» risponde divertito.
«E allora? Dai, così per gioco».
«Proviamo qualche passaggio a quattro» suggerisce Corrado. Lui lo guarda stupefatto, non crede che il suo amico possa averlo detto sul serio.
Livia sembra terrorizzata «Ma no, io non sono proprio capace».
«Ma dai! È solo per gioco» la tiro per una mano verso il centro del campo.
Ci disponiamo da un lato lei e Corrado, all'altro io e Bruno.
«Almeno sai tenere la racchetta in mano, no?» Mi guarda con scherno. Gli faccio la linguaccia.
«Dai, Livia! Stendiamoli!» grido.
Non manco mai la palla, corro a destra e a sinistra anticipando anche Bruno in velocità, una o due volte gli finisco addosso, ma tiro a casaccio e la palla va sempre in aree dove non dovrebbe andare.
«Dai, adesso basta, non si può giocare così» dice a un tratto Bruno fermando il gioco e avanzando verso la rete centrale. Lo guardo con una punta di dissenso.
«Comunque, brava» dice l'altro «hai una buona energia, se ti allenassi seriamente...»
«Non mi piace giocare seriamente a tennis».
«Ecco, infatti» interviene Bruno prima che Corrado possa replicare. «Tu invece sei proprio negata» dice quest'ultimo mentre si gira verso Livia.
«Oh, ma io vi avevo avvertiti!»
«Che facciamo? Andiamo a bere qualcosa?» suggerisco mentre avvolgo Bruno con le braccia. Lui rimane impassibile. «Devo andare a casa, farmi una doccia, cambiarmi... »
«Che lunga lista... Non hai un cambio qui?»
«Si può fare, dai» interviene Corrado.
Io e Livia aspettiamo fuori intanto che loro sono nello spogliatoio.
«Carino...» dice.
«Chi?»
Indica col mento la zona degli spogliatoi «Corrado».
«È la prima volta che lo vedo, non vengo mai qui».
«E perché oggi sì?»
Rimango in silenzio per un po'. «Non lo so, volevo provare delle cose...»
«Cosa?»
«Lo vedi come fa? Sembra quasi infastidito, anche se io so che non è così».
«Alba... Io credo che sia solo timidezza. Lo metti in imbarazzo!»
«Mi piace metterlo in imbarazzo» dico divertita.
«Eh, si vede».
Quando i ragazzi ci raggiungono Corrado chiede : «Come ci organizziamo? Possiamo andare con la mia auto e lasciare qui le altre».
Guardo Bruno e Livia. Il primo acconsente, la seconda mi sembra addirittura entusiasta. L'auto di Corrado è una Fiat Croma di colore grigio, io e Livia ci sistemiamo dietro e lasciamo davanti i due ragazzi.
«Avete qualche preferenza? Faccio io?» domanda ancora Corrado.
«Fai tu, ma non allontaniamoci troppo...» intervengo. Bruno sta seduto davanti a me. Gli accarezzo la nuca con la punta delle dita, lui scuote un po' la testa. Dallo specchietto retrovisore noto che ogni tanto Corrado mi lancia delle occhiate. Mi volto a guardare Livia e incontro i suoi occhi indagatori.
Corrado ferma l'auto nei pressi di una piazzetta dal pavimento lastricato, davanti a un bar gelateria stanno dei tavolini riparati da sei o sette ombrelloni, di quelli con la pubblicità per la coca-cola. Il sole sì è abbassato parecchio e le ombre delle sedie cominciano ad allungarsi lungo il suolo.
«Io posso prendere una granita?» chiede Livia.
«Puoi prendere quello che vuoi» risponde Corrado, ma mentre lo fa guarda me, non lei. Quelle occhiate cominciano a infastidirmi. Mi avvicino a Bruno e lo prendo per mano.
Quando ci accomodiamo ordino la stessa cosa di Bruno, un Prosecco, Livia la sua granita e Corrado un Campari. Dopo un primo momento di silenzio Corrado ci chiede in che modo trascorriamo il tempo in quel periodo estivo.
«Veramente, abbiamo ancora un esame da sostenere» risponde Livia portando il cucchiaino in bocca.
«Ah, e cosa studiate?»
«Biologia» rispondo io «vorrei specializzarmi in biologia marina» continuo.
Lui guarda in direzione di Bruno «Ah giusto, siamo in un posto di mare... Tu però, mi sembra che non sei di qui, no?» Rivolge la domanda a me.
Guardo Bruno. «No, ma ormai sono qui da molti anni e il mare è una delle mie passioni».
«E quali sono le altre passioni?» Mi studia, alza il bicchiere per bere un sorso, i muscoli del braccio si tendono sotto la manica arrotolata della camicia bianca.
Non rispondo subito, avvolgo un braccio attorno a quello di Bruno, sulle sue gambe. «A noi piace leggere, andare al cinema, teatro» rispondo con lo sguardo verso il mio ragazzo.
«Ah, ho capito... Cose culturali».
«E tu? Studi anche tu?» Fa un mezzo sorriso. «No, ho finito da un pezzo di studiare. Ho cose più complicate adesso, da affrontare».
«Ah...» mi sento in imbarazzo e non so cosa altro aggiungere, tra l'altro Bruno non spiccica parola e la povera Livia è ammutolita dal momento che lui non se la sta proprio filando.
«Forse, dovevo studiare di più e trovarmi una bella ragazza come lei e fare progetti per il futuro come avete voi, giusto Bruno? Tu che dici?»
Bruno butta fuori l'aria. «Che ti devo dire? Ognuno è artefice della propria sorte». Si guardano. Corrado piega la bocca in una risata amara «Giusto» dice, indicando con l'indice verso il suo interlocutore.
L'atmosfera è decisamente cambiata, sono pentita di aver fatto quell'improvvisata e vorrei andarmene da lì prima possibile. Quel Corrado non mi piace per niente.
Finisco l'ultimo sorso del mio drink, guardo l'orologio. «Beh, vogliamo tornare?» Mi giro a guardare Bruno che fa un cenno d'assenso e Livia che prontamente si alza dalla sedia. Raggiungiamo l'auto in silenzio e sempre in silenzio prendiamo posto.
«Allora, quand'è che parti?» è Corrado a rompere quel mutismo.
«La prossima settimana» risponde Bruno. Avverto una morsa allo stomaco.
«Riusciamo a farci un'altra partita?»
«Uhm, non lo so».
Scendiamo dall'auto appena raggiungiamo di nuovo i campi da tennis. Corrado resta seduto e ci saluta da lì. Provo sollievo nel vederlo allontanarsi.
«Mi porti tu a casa?» chiedo a Bruno.
«Certo». S'incammina verso la sua auto senza aspettarmi, io accompagno Livia alla sua Twingo. Resto qualche attimo lì, mentre prende posto alla guida, prima di salutarci.
«Fiasco totale mi sa, eh?» commento.
«Già».
«Ci vediamo domani, ciao». Le lancio un bacio con la mano.
«Ciao». Chiude lo sportello e avvia il motore.
Raggiungo l'auto di Bruno, apro la portiera e mi siedo accanto a lui. Mette subito in moto. C'è qualcosa che non va. Butto fuori l'aria.
«Che c'è?»
Riflette qualche secondo. «Non mi va che vieni lì».
«Perché?»
«Non è abbastanza chiaro?»
Qualcosa di chiaro per me lo è, ma voglio sentirlo da lui.
«Cos'è, un gioco a indovinelli?»
«Alba... Corrado ha già un figlio ed è separato e non mi è piaciuto come ti guardava».
Uuuh, non è piaciuto neanche a me.
Ecco cos'era quella sensazione. Non riesco a capire del tutto, però.
«Se non ti piace perché ci giochi insieme?»
«Che c'entra... Il gioco è solo gioco, mica esco con lui». Ancora silenzio.
Mi fa sentire mortificata perché so che un po' ha ragione. «Volevo farti una sorpresa».
Sorride. «Me l'hai fatta».
Non parliamo più fino all'arrivo a casa mia. Spegne il motore. Guardo fuori dal finestrino la sagoma della palazzina, le finestre sono aperte, mia madre è a casa. Attendo.
«È che tu fai questo effetto...»
«Quindi? Mi devo mummificare in casa?»
«No, certo che no... Però, magari evitare alcune situazioni».
«Come potevo saperlo?» Il tono mi esce irritato.
«Se me lo avessi chiesto ti avrei detto di non venire».
«Se tu mi avessi informata io te lo avrei chiesto».
Soffia fuori l'aria. Allunga un braccio e mi tira a sé.
«È così grave?» gli chiedo.
«No, non lo è».
Restiamo qualche secondo abbracciati, fino a che mi stacco.
«Vai a casa?»
Fa sì con la testa.
«A domani», mormoro, prima di uscire dall'auto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top