Capitolo 45

«Mi dispiace, Alba. Non credevo fosse accaduto tutto questo pasticcio». La voce della mia amica al telefono è sinceramente provata.

«Intanto è già qualcosa aver convinto mamma a tornare a casa, ieri sera. C'è tensione, senza alcun dubbio, ma mi sembra meno arrabbiata». Livia tace dall'altra parte. Di certo non saprà cosa dire, non si aspettava una notizia del genere. La luce rosata attraversa le tende della finestra e uno strano riflesso colora la plastica scura del cordless. «Cosa farai domani?» Torno a chiederle.

La sento esitare per qualche istante. «Andiamo a Isola delle Femmine... Il ragazzo di Clara ha una casetta lì».

Anche io esito appena. «Verrà anche Anna?»

La sua voce è quasi un sussurro. «Sì, siamo tutte lì... Alba, non ti ho detto niente perché non ci siamo più sentite in questi giorni... Sapevo che stavi con lui...»

Con una mano prendo ad arrotolare il tessuto leggero del lenzuolo sul quale sto seduta. «Sì, certo, non ti preoccupare» minimizzo, ma dentro provo una sconosciuta forma di dolore.

«Tu che farai?» mi chiede.

«Ah, non ne ho proprio idea».

Quando chiudo la telefonata mi sento cogliere da uno strano malessere. Sento il vuoto intorno a me, come se non appartenessi più a nessuno. Non faccio parte della vita di Francesco, né di quella delle mie amiche e adesso, non c'è neanche più la certezza di una famiglia.

Fino alla scorsa estate tutto era chiaro, ben definito. Papà e Massimo stavano qui, trascorrevamo le giornate al mare, Bruno spesso si univa a noi. La sera ci ritrovavamo insieme a tutti gli altri: io e Bruno, Livia, Anna, Clara e suo fratello, gli altri loro amici.

Ora, sento franare la terra sotto di me, come se una voragine stesse per inghiottirmi e, spaventata e smarrita, mi sorprendo quasi a sentire la mancanza di Bruno.

Papà viene su e bussa alla porta, riconosco i suoi passi. Gli dico che può entrare.

Sembra timido, là sulla soglia della porta aperta. «Dai, entra e chiudi» gli dico. Ha dormito di nuovo in camera di Massimo e mio fratello sul divano. Che scombussolamento.

«Vuoi venire con me a comprare il pesce?» Lo guardo un po' scettica. Non capisco che cosa gli passi per la testa, però sono contenta che richieda la mia compagnia. «Andiamo».

Lasciamo mamma in camera e Massimo in bagno; papà ha chiesto la sua auto.

«Che intenzioni hai papà?» gli chiedo mentre percorriamo la strada. Guarda fisso davanti a sé, conduce l'auto per le strade con disinvoltura, come se lo avesse fatto fino a ieri.

«Per me non cambia niente. Voi siete i miei figli e tua madre rimane mia moglie».

Come fa a essere così sicuro? «Non lo so, papà, a me non sembra che mamma la pensi allo stesso modo... Dovevi proprio dirglielo?»

«Noi ci siamo sempre detti tutto».

«Ma una cosa così...»

«Ho provato a farlo, ma come potevo guardarla negli occhi nascondendole una cosa così?»

Non so che rispondere. È difficile mettersi nei suoi panni, ma se provo a farlo riesco anche a dargli un po' di ragione. Non ho mai affrontato discorsi del genere con mio padre, anche perché ero relativamente piccola, ma adesso, mi sento all'improvviso una donna adulta. «Il punto è, perché è accaduta una cosa così?»

Fa un lungo sospiro. Si prende il tempo necessario. «Ci sono state situazioni molto critiche a Mogadiscio... In alcuni giorni non sapevo se avrei rivisto il mattino successivo e questo, a tua madre non l'ho mai detto. Quando si vive la quotidianità in bilico tra la vita e la morte accadono delle cose dentro ognuno di noi, come un bisogno primordiale a voler preservare la propria specie. Quando si è spaventati, e Lei  lo era quanto me, forse anche di più, ci si ritrova a cercare conforto. Credo sia stato questo».

Cala tra di noi un silenzio quasi religioso. Le parole di mio padre mi hanno toccata e non riesco davvero a ribadire alcunché. Quando arriviamo al mercato del pesce, mentre scendo dall'auto, riesco solo a mormorare: «Dovresti dirglielo».

Ha le idee chiare, vuole cucinare lui e preparare delle cose anche per domani. In auto, sulla strada di ritorno, è lui a rivolgere le domande a me. «E tu? Hai intenzione di dirglielo a Bruno?»

La sua domanda mi provoca disagio, ma rispondo: «Io non sono sposata con Bruno, non abbiamo una famiglia».

«Hai intenzione di continuare con questo Pasanisi?» Prosegue «non è male, sinceramente lo vedo più adatto a te».

Mi volto a guardare mio padre, sono davvero sorpresa. Lui mi strizza l'occhio.

«Papà, viaggiare con un mezzo a vela mi è piaciuto tanto, ho provato sensazioni indescrivibili. È un'esperienza che vorrei ripetere. Se decidessi di prendere la patente nautica, mi aiuteresti con i soldi?»

«Certo, non sai quanto mi fa felice questa richiesta».

La gioia che provo nel petto è talmente potente da riuscire quasi a spazzare via ogni cattivo pensiero.

                                                                                                      ***

Contro ogni aspettativa più nera la giornata è trascorsa con inusuale normalità. Credo che mio fratello si sia intrattenuto con mamma a conversare mentre io e papà eravamo fuori.

A una certa ora, papà ha raggiunto me e Massimo in soggiorno. «Ho preparato tutto, ora dovete solo convincere vostra madre».

L'abbiamo raggiunta in camera. All'inizio è stata irremovibile. «Dai, mamma, è solo una giornata al mare. Ci farà bene, pensa a noi, chissà quanto tempo passerà prima che ritorneremo a stare tutti insieme» la prego.

«Non devi per forza stare vicina a lui, stai con noi» rinforza Massimo.

Sembra un miracolo, ma siamo qui, in spiaggia. Papà ha preparato tutto lui, ha caricato ogni cosa in macchina. Io e Massimo abbiamo evitato con cura ogni argomento che potesse riaccendere una certa polemica. Mamma sta in silenzio, sembra pensierosa. Mentre mangiamo, papà racconta del suo lavoro in Somalia, dei disordini politici e di certe situazioni in cui è venuto a trovarsi. Poi si volta verso di lei. «Ti piace?» le chiede. Lei si limita a rispondere con un debole sì, ma a lui sembra bastare. A un certo punto la vediamo alzarsi, entrare in acqua e camminare lontano. Papà la segue con lo sguardo. Riprende a parlare, ma ha perso la concentrazione. Finché si alza anche lui.

«Ma dove va?» chiedo a mio fratello, dopo che mio padre si è allontanato. Restiamo entrambi a fissare la sua figura farsi sempre più piccola.

«Se la va a riprendere» mormora Massimo.

Se la va a riprendere?

«Non è lei che è scappata via» sento il bisogno di puntualizzare.

«È uguale».

Non aggiungo nient'altro perché non capisco.

Papà raggiunge mamma. La vediamo divincolarsi dalle braccia di lui.

«Ma stanno litigando?» domando preoccupata. Lui non risponde. Continuiamo a fissarli.

«Ma la sta baciando?» chiedo con sorpresa e preoccupazione.

«Sembra di sì» mormora Massimo.

Non posso credere che mio padre sia capace di un comportamento simile.

A un certo punto, mamma si ritrae, fa per allontanarsi, ma lui la raggiunge e la fa cadere in acqua, finché lei si rialza e la vediamo avanzare verso la spiaggia. Distolgo gli occhi dalla scena, incontro quelli di mio fratello. Anche lui sembra perplesso.

«Sono i nostri genitori e si comportano come due adolescenti?» sussurro. Lui non dice niente.

'Occupati della tua vita e lascia che loro facciano altrettanto.'

Che avesse ragione Francesco?

Mamma ci raggiunge in silenzio e silenziosa rimane. Il viso è bagnato, se sono lacrime non possiamo saperlo perché sempre di acqua salata si tratta. Noi fingiamo noncuranza poi, senza aver preso accordi, ci alziamo e andiamo a passeggiare.

«Che facciamo stasera?» chiede Massimo a un tratto.

Io sono ancora frastornata, non capisco la sua domanda. «Stasera?»

«Sì, andiamo da qualche parte? Io penso che gli faccia bene rimanere da soli».

Ci penso un attimo. «E dove vorresti andare?»

«Dai Pasanisi» si gira a farmi l'occhiolino. «Rosaria mi ha invitato, ieri».

Sono senza parole. «Non credo che ti troverai a tuo agio in quell'ambiente».

«Lascialo decidere a me».

Si occupa Massimo di informare i nostri genitori. Mamma non mi cerca, non ha niente da dirmi. Un po' resto male; papà, ovviamente, accoglie la notizia con gioia.

                                                                                                                   ***

Sono le otto quando arriviamo. Abbiamo portato l'anguria che aveva comprato papà. Scendo dall'auto di Massimo per suonare il citofono. Dentro, nel cortile, ci sono altre auto. Dal terrazzo arriva una musica forte, ad alto volume. Penso a mio fratello, non è il suo genere. Vedo Rosaria affacciarsi prima di aprire «È Alba!» grida verso l'interno. Il cancelletto si apre. «Aspetta», dico a Massimo, «adesso ti apriranno anche il cancello per l'auto». Io intanto entro. Mentre mi dirigo verso la scala vedo Francesco avanzare.

«Ehi, che sorpresa!» Mi abbraccia, mi bacia.

«C'è mio fratello...» gli dico indicando l'auto ancora fuori al cancello. «Ti fa piacere...»

«Certo che mi fa piacere». Mi prende per mano e intanto apre il cancello grande con il telecomando. I cani stanno immobili, in attesa di un suo segnale.

Massimo scende dall'auto con l'anguria tra le braccia. Lui gli dà una leggera pacca sulla spalla. Dal terrazzo sentiamo la voce di Rosaria. «Ciao, Massimo, ciao, Alba!» La saluto con la mano libera. Massimo invece ricambia con la voce.

«Avete fatto bene a venire» dice Francesco.

Mi sento sollevata. Temevo non avesse gradito la sorpresa. Mentre saliamo la scala gli dico con voce bassa: «Rosaria aveva invitato Massimo».

«Lo so, ma non credevo saresti venuta anche tu». Mi stringe a sé.

Di sopra la musica è davvero alta. Ci sono diverse persone, alcune le conosco già, altre non le ho mai viste. Rosaria ci viene incontro con Riccardo. Lei e Massimo si salutano con due baci sulle guance. Prendo in braccio Riccardo. «Lo guardo io, rilassati un po'» le dico. Mi ricambia con uno sguardo riconoscente.

Raggiungo Francesco che sta dietro alla penisola dell'angolo cottura. «Dai a me Riccardo, tu porta questi». Mi indica un vassoio con sopra dei calici. Con Riccardo in un braccio, afferra con l'altra mano due bottiglie dal frigorifero. Per un attimo rimango incantata davanti a quell'immagine. Sono così belli e il piccolo si aggrappa a suo zio con fierezza. Mi guarda anche lui e sembra cercare risposte nella mia espressione.

«Ancora champagne?» domando per camuffare.

«Sono le ultime due» risponde.

Quando usciamo in terrazzo ci vengono incontro Iano e Angela; lei mi saluta con affetto. Francesco affida le due bottiglie a Iano, Angela mi aiuta ad appoggiare i bicchieri sul tavolo. Giù in fondo, in un angolo accanto alla ringhiera, noto Antonella, con Giusy e un'altra ragazza. Mi distraggo per il rimbombo delle bottiglie stappate. Iano versa nei calici il contenuto.

«Dom Perignon, si tratta bene Pasanisi». La voce di Massimo arriva vicino al mio orecchio mentre ha le labbra sul bicchiere.

Sento il bisogno di giustificarlo. «Si tratta di un regalo che hanno fatto alla famiglia». Lui increspa le labbra in un sorrisetto, io, con un calice in mano, mi avvicino a Iano.

«Non è troppo aggressiva questa musica per Riccardo?» grido verso Rosaria che si è avvicinata con il bambino per mano.

«Tra poco lo porto a dormire» risponde lei con una nota di amarezza nella voce.

Scorre tanto alcol e mi auguro che non circoli altro, non so come la prenderebbe Massimo. Hanno preparato la sangria dentro l'anguria tagliata e svuotata; Antonella entra in casa per portarne una metà in terrazzo.

«Non mi presenti a tuo fratello?» chiede mentre mi passa accanto.

«Devo presentarti io? Sai farlo bene da sola». Non risponde, distende le labbra in un sorrisetto e esce.

Il tempo passa tra musica, cibo e alcol. Alcuni ballano. Nella parte opposta all'ingresso del terrazzo vedo Antonella e Giusy ballare insieme a un'altra ragazza che non ho mai visto prima.

«È Francesca», mi sussurra Angela a un orecchio. «Era con noi lo scorso inverno a Pantelleria».

Francesca... Giusy non c'era e c'era Francesca

Francesca è molto diversa da Giusy; è più simile ad Antonella: mora, seducente, appariscente. Più alta di lei. Prevedo momenti difficili per Giusy.

Mi guardo in giro a cercare Massimo. Non lo trovo.

Chiedo ad Angela. «Hai visto mio fratello?»

«L'ho visto che usciva col bambino in braccio».

«Ah...»

Esco dall'appartamento anch'io e scendo di sotto per raggiungere l'abitazione dei genitori di Rosaria. Il portoncino è chiuso e la chiave non è nella toppa.

Rimango qualche secondo perplessa.

L'avrà aiutata a portare Riccardo a nanna

Torno di sopra. Qui la chiave sta sempre nella serratura.

Dentro c'è odore di erba, birra e altri tipi di alcolici. Cerco di mettere a fuoco ogni volto. Iano e Angela stanno ballando e c'è un'altra coppia che gli fa compagnia. Giù in fondo, al gruppetto di Antonella si è unito Francesco. Parlano, ridono. Francesco e Francesca parlano, ridono. Lei ride tanto. Lo guarda.

'Se la va a riprendere'

Mi sento uno strano rimescolio nello stomaco. Avanzo a passi lenti, mi verso due mestoli di sangria in una coppa, mentre proseguo un passo dietro l'altro ne ho già bevuta metà. Finché arrivo al mio obiettivo. Mi insinuo morbida, ma decisa tra loro due e quasi mi appoggio al corpo di lui.

«Ciao, io sono Alba» dico con sfacciataggine.

«Ciao, Alba» risponde lei. I suoi occhi mi scrutano divertiti. Di lato riesco a percepire l'espressione di Antonella, in attesa di qualcosa che forse, vorrebbe accadesse. Afferro la mano di Francesco, intreccio le mie dita tra le sue e, con una volontà travestita da eleganza, lo trascino poco distante da lì e prima che lui possa aprire bocca, avvicino le mie labbra al suo viso e sussurro: «Hai dell'erba per fumare?»

È la prima volta che glielo chiedo. Mi guarda con gioia e stupore, distende le labbra in una smorfia che somiglia a un predatore affamato prima di gustarsi il banchetto.

Mi prende per mano «Vieni» e usciamo dall'appartamento. Era proprio quello che volevo: andare via da lì.

Quando siamo di sotto apre lo sportello della BMW, io sto per entrare in auto quando lui mi blocca.

«Dove vai?»

«Non stiamo uscendo?» chiedo dubbiosa.

Ride. «Sei pazza? Se mi fermano mi portano dritto in galera».

«E allora...»

Prende dal cassettino sotto al cruscotto un pacchetto avvolto da un involucro di plastica. Mi afferra di nuovo per mano e mi tira verso il gazebo. «Andiamo» dice con voce ferma.

Ci accomodiamo sulla panchina di pietra. Io appoggiata languidamente alla sua spalla mentre lui prepara lo spinello.

Lo accende. Me lo avvicina alle labbra. Aspiro una leggera boccata.

«Come mai questa richiesta?» Inizia a fumare anche lui. Il tono è divertito. Mi gira un po' la testa e faccio fatica a parlare, ma i pensieri sono lucidi.

«Sai dove sta mio fratello?» dico con lentezza.

Si gira verso di me «No».

«Di sopra, con Rosaria. Hanno tolto la chiave fuori, sul portoncino».

Soffia una risata mentre butta fuori il fumo.

«Io credo che Rosaria abbia una cotta per Massimo», continuo.

«Beh, almeno Massimo non è un mafioso».

«Perché, Corrado lo è?»

Non risponde subito. «Sì, lo è. Non devi immaginare qualcosa del tipo Il Padrino, eh... Lo è in un altro modo. Soldi illeciti, compra i politici, i funzionari pubblici...»

Il padre e la madre di Bruno sono funzionari pubblici

«Per questo nessuno gliela perdona a Rosaria?»

«È stata una stupida. A ventidue anni farsi abbindolare così».

Restiamo seduti vicini, a guardare il buio davanti a noi.

«Ne ho ventidue anche io» rifletto.

«Tu non sei come lei».

«Che ne sai? Poteva succedere anche a noi. Non mi sembra che tu ti sia posto il problema».

«Questo non è vero», sorride «Lo sapevo che prendevi dei contraccettivi».

Sono sbalordita. «Lo sapevi? E come lo sapevi?»

«Ho sbirciato nella tua cabina, la sera che ho dormito là».

Non posso crederci. «Hai sbirciato nella mia cabina?»

Mi avvento su di lui, gli afferro i capelli. Ahi, ride e butta all'indietro la testa, gli mordo il collo. Mi sistemo a cavalcioni sulle sue gambe e lo divoro di baci. Mi stringe, mi sfila la maglietta, mi slaccia il reggiseno e perdo ogni cognizione del tempo quando si avventa sui miei seni.

Come un'eco risuona più volte nel mio cervello la frase che pronunciò durante la navigazione.

'Io non metto incinta qualcuna di cui non m'importa niente'

Le mie dita accarezzano le sue spalle, le ossa delle clavicole; seguono il profilo duro della mascella, accarezzano le labbra.

Ora che il cuore batte regolare provo solo il desiderio di nascondere il viso nel suo collo.

Le sue mani mi accarezzano la schiena, la sua bocca cerca la mia, sa di vino e erba.

Gli accarezzo i capelli, passo le dita in mezzo, poi, mentre lascio piccoli delicati baci sulla pelle ruvida del viso, gli faccio la domanda.

«Che farai dopo la laurea?»

Sembra provare fatica nel rispondere. «Voglio andare in Inghilterra e avviare il progetto dei catamarani».

Continuo ad accarezzarlo dietro la nuca, gli tiro i capelli ogni tanto e poi, sussurro: «Io non so neanche se mi laureerò».

Delle voci provengono dalla scala. Lo stanno chiamando, lo stanno cercando. Lui non si muove, mi tiene stretta a sé, sento il suo alito tiepido sul collo. Gli passo una mano sul petto e la tengo ferma là, sul cuore. A ogni suo battito rispondo col mio.

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