Capitolo 44


La doccia è stata sbrigativa, ma mi ha aiutata a schiarire i pensieri. Sarà meglio tornare a casa per controllare cosa succede tra i miei, cercherò di spiegarlo a Francesco. Lui non sembra capire quello che provo.

Quando apro la porta del bagno il mio cuore perde qualche battito. Stanno tutti e due dietro al piano cottura, lei nel suo costume ridottissimo, lui a torace nudo, ma quello che mi infastidisce è la confidenza che lei usa con lui, incurante della mia presenza. Gli passa una mano davanti, gli accarezza la pelle nuda. Sembra un gesto consueto tra di loro, ma io mi sento ribollire.

Fingo indifferenza, ma devo avere un'espressione stampata in viso per niente indifferente quando i miei occhi incontrano per un attimo i suoi. Deve essersi accorto di qualcosa.

E se fosse tutto un inganno?

E se stessero a prendersi gioco di me?

Se lui avesse cambiato tattica per avvicinarmi a lei?

Esco in terrazzo e raggiungo la parte giù in fondo; mi affaccio di sotto, verso il retro della casa.

Un paio di gazze si agitano e gracchiano tra gli alberi di carrubo.

Mi viene in mente Bruno, che nelle ultime ventiquattro ore, ho relegato nell'oblio dei miei pensieri. Con Bruno non ho mai provato tensioni, sentimenti di sfiducia. Ho sempre saputo che lui c'era e c'era per me. Ma allora, perché mi sono trascinata in questa situazione?

Lui mi raggiunge, lo sento dietro le spalle. Mi passa le mani sulle braccia nude. Ho i brividi. Avvicina il suo viso al mio.

«Penso che sia meglio se torno a casa» sussurro senza guardarlo.

Mi prende per le spalle e mi gira verso di lui. Guardo in basso i nostri piedi, non ho il coraggio di confidargli quello che penso davvero.

«Adesso? Stiamo per mangiare...»

«Ma i miei non sanno niente, me ne sono andata mentre dormivano» continuo a occhi bassi.

«Telefonagli e digli che sei qui». Mi prende le mani, avverto il suo fiato caldo sulla testa.

Non rispondo. Non so come districarmi da questo momento impantanato.

Mi solleva il viso. «Che c'è?»

Dio, che rabbia che mi fa. Non lo immagina?

Non riesco a farmi un'idea della mia espressione mentre ci fissiamo. La sua manifesta domande.

Di fronte al mio silenzio si sposta e si affaccia dalla ringhiera. Io gli do le spalle.

«Alba...» mormora.

«Lo so, non dirmi niente. È meglio se adesso me ne vado».

«Ma perché?»

«Perché non mi sento a mio agio. Scusami, è un problema mio». Passano ancora alcuni secondi di silenzio. Sento la sua mano sfiorare la mia.

«Avevi detto che la zuppa ti piaceva...»

Non voglio infastidirlo, non voglio creare una spaccatura, però mi esce: «La zuppa è l'ultimo dei miei pensieri in questo momento».

Sono mortificata, glielo dico con gli occhi. Adesso si offenderà, ci resterà male. È stata una risposta indelicata, ne sono già pentita. Lui si volta di nuovo per affacciarsi.

Il sole inizia a farsi sentire forte sulla testa, adesso.

«Alba, perché non li lasci chiarire fra di loro?»

«Di chi parli?»

«Dei tuoi. Sono i tuoi genitori, non sono bambini. Occupati della tua vita e lascia che loro facciano altrettanto».

Mi sembra un concetto egoistico. Abbiamo modi diversi di vivere le relazioni familiari.

«Tu non puoi capire» mormoro e forse questa è peggio di prima.

Ci fissiamo per alcuni istanti senza parlare, ma la sento tutta la sua disapprovazione. Con un movimento languido si scosta dalla ringhiera, intuisco che voglia rientrare.

Vorrei sprofondare.

Un rumore di auto ci distrae. I cani abbaiano. Ci spostiamo sull'altro lato del terrazzo. Impiego qualche secondo per mettere a fuoco.

«È mio padre, con mio fratello», mormoro. Lui è sorpreso quanto me. La voce di Rosaria arriva fin su, la vediamo avvicinarsi al cancello per farli entrare. Francesco fischia e richiama i cani.

«Che succede?» Si avvicina Antonella, curiosa. Mi volto a guardarla e ritorno a guardare di sotto.

«Scendo giù» dico.

«È tuo padre?» La voce di Antonella mi raggiunge alle spalle.

«Sì, con mio fratello».

«Però... meglio di come l'avevo immaginato», la sento dire mentre richiudo la porta.


Massimo sta salutando Rosaria, lei le dà la mano, ma lui l'abbraccia. Papà è rimasto nell'auto, ma lo sportello è aperto. Appena mi vede esce fuori, io però raggiungo mio fratello, lo chiamo e lo stringo forte.

Mi assale un crollo emotivo. Stretta a lui vengo scossa da una serie di singhiozzi.

«Dai, Alba, non fare così».

«Mi sei mancato» gli dico tra un singhiozzo e l'altro. Quando mi scosto incontro il viso di Rosaria, ci guarda senza capire.

Massimo sdrammatizza. «Alba è molto sensibile» commenta con un sorriso. Mi giro dal lato opposto e incontro la figura di mio padre, fermo in piedi, più vicino al cancello che a noi. Assume un'espressione addolorata. Con la coda dell'occhio vedo Francesco avvicinarsi. Va da mio padre e gli porge la mano. Lui lo studia un attimo prima di ricambiare. Sono quasi alti uguali. Vederli lì vicino, uno di fronte all'altro, mi provoca strane emozioni. Poi si sposta verso di noi e saluta Massimo.

«Io mi ricordo di te» gli dice mio fratello.

«Io no, mi dispiace».

Quella strana riunione di famiglia mi provoca imbarazzo. Alzo gli occhi verso il terrazzo. Antonella è l'unica rimasta in disparte, sta affacciata con quell'espressione beffarda.

Non lascio Massimo neanche per un secondo. «Andiamo?» gli domando. Lui annuisce. Francesco è rimasto in disparte accanto a sua sorella. Cerca un contatto con me, ma io mi mostro sfuggente. Mi sembra dispiaciuto; forse, adesso comincia a capire quello che sto passando.

«Dov'è mamma?» chiedo a Massimo.

«È andata da Emilia».

Qua vicino

«Mandiamo papà a casa con lo Scarabeo e io e te andiamo da mamma».

Lui esita per qualche secondo, poi annuisce. «Lo dico a papà»». Intanto io mi avvicino al mio motorino per portarlo fuori dal cancello.

Lo sento dietro di me. «Alba, che fai, ci rivediamo?»

«Non lo so. Stiamo andando da mamma» rispondo con un filo di voce.

Mi accarezza una ciocca di capelli. «Mi dispiace. Non voglio vederti così».

Non replico niente. Distolgo lo sguardo e sblocco il motorino dal cavalletto. «Mi dispiace per la zuppa» gli rispondo prima di uscire.

Nonostante la drammaticità della situazione, io e Massimo ci mettiamo a ridere mentre osserviamo la sagoma di nostro padre allontanarsi sul motorino. Lo Scarabeo scompare sotto la sua mole.

«Te la ricordi la strada?» chiedo a Massimo.

«Sì». Allunga un braccio e mi avvicina a sé.

«E così, adesso stai con lui?» Mi aspettavo questa domanda, prima o poi. Guardo le sue mani sul volante. «Non lo so».

«Come non lo sai? Ha detto mamma che praticamente stai sempre qui da qualche settimana».

«Da qualche settimana? Solo da due...» Rivedo le immagini del catamarano, con Massimo posso esprimere per la prima volta quello che ho provato. «È stato il viaggio. Tutti quei giorni a navigare in mezzo a quella distesa d'acqua ha smosso in me delle cose. Ho avuto modo di osservarlo, conoscerlo meglio e a un certo punto ho capito che la vita che si prospettava con Bruno non è più quella che voglio».

«Navigare lo fa, a volte».

Mi scosto da lui per rimettermi dritta. Punto gli occhi verso il suo viso. «Massimo, voglio prendere la patente nautica. Chiederò a papà se mi dà i soldi».

«Addirittura! Neanche guidi l'auto ancora».

«E a che serve? Pilotare un'imbarcazione non è mica condizionata dalla patente di guida».

Ride. «Non è che finisci in Marina anche tu?»

«Non credo, io voglio essere libera» rispondo con prontezza.

Massimo prende del tempo, poi mi chiede con tono sommesso: «Con lui lo sei?»

«Sì, con lui lo sono» rispondo con una sicurezza che mi sorprende.

«Uhm, e come la metterai con Bruno? Quando tornerà?»

«Non voglio pensarci adesso. Ora pensiamo a mamma e papà».


Dal cancello della casa di Emilia scorgiamo Pippo abbaiare. È una specie di spinone di circa sei anni; Emilia lo tratta come un figlio. L'auto di mamma è parcheggiata all'interno.

Emilia ci viene incontro.

«Massimo, Alba, che bello vedervi insieme come un tempo»! Ci abbraccia con affetto.

«Mamma sta dentro»? chiedo. Lei annuisce.

«Ho saputo che vieni spesso da queste parti» sussurra vicino al mio orecchio strizzando l'occhio. Sorrido.

Rispetto a mia madre, Emilia appare più forte ed energica, non che mamma non lo sia, ma da Emilia traspare di più. Lei se ne frega della mentalità di questo paese; è separata, vive da sola, con Pippo e, con il suo ex marito ha mantenuto eccellenti rapporti. Certo, lui non è andato a fare un figlio con un'africana, che io sappia.

Troviamo mamma in cucina intenta a preparare la tavola. «Avete mangiato?» ci chiede. Entrambi facciamo no con la testa. A me torna alla memoria il profumo della zuppa di pesce.

«Dai, sedetevi con noi», ci invita Emilia. Bruno non se lo fa dire due volte, io sono un po' riluttante. Cerco l'attenzione di mia madre che non sembra volermi dare.

Finché i nostri occhi si agganciano.

«Lo sapevo che eri andata lì. Potevi lasciarmi un biglietto, fare una telefonata».

«Lo so, hai ragione. Ero fuori di me».

«Tu, eri fuori di te?»

Provo un'improvvisa rabbia per tutta la situazione che va a sommarsi a un'altra situazione di pari gravità. Provo rabbia verso loro, sì, per aver interferito, con i loro problemi, oscurando così i miei. Tra due settimane arriverà Bruno e io non so ancora come affrontarlo e loro, esordiscono così? Ho uno scatto rabbioso. «Che devo fare, mamma!» Il tono di voce alterato genera un improvviso silenzio. Tutti e tre mi guardano sorpresi. Mamma non dice niente e inizia a mangiare.

Mio fratello mi guarda con espressione ammonitrice.

«Dai, siediti» mi invita Emilia, bonariamente.

Per tutto il pranzo l'argomento 'mamma e papà' non viene toccato. Emilia riempie Massimo di domande sulla sua vita di allievo ufficiale. Io mi sento molto tesa; penso anche a papà, che dopo aver attraversato mezzo continente, se ne sta a casa tutto solo.

Finalmente ci alziamo. «Lascia, faccio io» dice Emilia a mamma in procinto di rassettare. Ci spostiamo in salotto e la padrona di casa, con arguta intelligenza, ci lascia da soli.

Mi piace tanto questo salotto, piccolo ma accogliente, arredato in vimini e pieno di piante verdi. Le finestre sono una vetrata che scorre tutt'intorno. Emilia ha la passione per la pittura e tiene anche dei corsi, qui, in casa sua.

Mamma sta seduta al centro del divano e noi due accanto, io alla sua destra e Massimo dall'altro lato. Sembra riflettere su quello che sta per dire. Fissa la fioriera a due metri davanti a lei. Poi, finalmente, la vedo schiudere le labbra, anche se non distoglie lo sguardo dritto, davanti a sé.

La sua voce è un soffio. Parla con estrema lentezza. «Io ho pensato che non ha più molto senso per me, rimanere in questa città». Alzo improvviso il collo, guardo nella sua direzione, ma lei ha il viso chino verso le sue gambe. Cerco Massimo e sento già gli occhi lucidi. Lui capisce. «Dai, mamma, mi sembra che stai correndo un po'... »

Lei si gira a parlargli, stizzita. «Correndo un po' ? Mi spieghi che ci faccio io, in questo paese, dal momento che siamo venuti qui per lui?»

«Ma nel frattempo hai costruito relazioni, intrapreso amicizie, ti sei ambientata...» Massimo cerca di farla ragionare, «e poi, non pensi ad Alba?» le chiede con gli occhi alzati su di me.

Ho il cuore a mille. Lei si gira a guardarmi. «Alba dovrà fare le sue scelte, io ho fatto abbastanza per tutti voi».

Mi sento morire.

Mi alzo e scappo a piangere fuori, in giardino. La situazione è fuori da ogni controllo e io mi sento impotente.

Massimo mi raggiunge poco dopo. «Dai, dalle tempo. Adesso sta ancora alterata».

Io non riesco a parlare, provo solo tanto dolore e non vedo alcuna soluzione.

«E poi, non è che un trasferimento si ottenga così di punto in bianco, stai serena, dai» mi incoraggia con un abbraccio.

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