Capitolo 22

«Alba, Alba!»

Mi sveglio di soprassalto. Non volevo addormentarmi, non dovevo addormentarmi! La figura di Franca mi appare come in sogno. Mi chiama con voce delicata.

«Che fai qui?»

«Ci siamo dati il cambio con Francesco... per non lasciare Mimmo da solo». Faccio uno sforzo enorme a pronunciare quel nome.

Lei sorride.

«Mi sono addormentata... e ho pure freddo». Guardo l'orologio: le 4.45. Il cielo rimanda un lieve chiarore ed è facile intuire dove sia l'Est, basta seguire la parte più illuminata. Tra pochi minuti quella palla color limone apparirà sempre lì, su quella linea di confine, ma esattamente al versante opposto.

«Dai, scendi in cabina... E cerca Francesco, per favore, mi serve su, voglio mandare Mimmo a riposare».

Non la merita la tua premura. Non sai l'essere viscido che hai accanto... O forse lo sai, e ti sta bene così.

Quando raggiungo la porta della mia cabina esito a entrare. È assurdo ma mi sembra di violare la sua intimità... Nella mia cabina!

Però, Franca ha detto di chiamarlo

Con molta pacatezza apro la porta e con altrettanta attenzione mi introduco. La prima cosa che avverto è un piacevole tepore. Mi sono freddata lì fuori. Poi, la luce delicata che penetra attraverso le ridottissime fessure trasparenti che danno all'esterno. È la prima volta che osservo questo ambiente a quest'ora. Sembra un'immagine sognante.

Lui sta disteso a pancia in giù, un braccio sotto al cuscino e l'altro lungo il corpo, a sinistra, dove è rivolto anche il viso. È rimasto vestito esattamente come l'ho lasciato. C'è il mio libro aperto e capovolto, sul letto. Lo prendo: è andato avanti nella lettura, oltre al punto che gli ho letto ieri.

Supero una iniziale timidezza e avanzo a carponi sul letto. Mi distendo accanto, alla sua sinistra. Da qui vedo la sua capigliatura, la nuca, le spalle. Il respiro è regolare, dorme profondamente, invece a me è scomparsa d'improvviso tutta la stanchezza.

«Francesco...» No, così non mi sentirà mai.

Provo un irrefrenabile desiderio di toccarlo. La mano leggera, arriva a sfiorargli i capelli intrecciati. Sono umidi anche i suoi. Vorrei tanto scioglierli e passare le dita in mezzo.

Scendo verso il collo, passo sull'orecchio, sfioro il cerchio fissato al lobo.

«Francesco!» Lo chiamo di nuovo; questa volta il tono è più alto.

Si muove, fa qualche verso, di quei mugolii all'inizio di un risveglio. Si volta, e il suo viso è proprio di fronte al mio.

Ha una prima espressione confusa. Io resto immobile, ma non stacco gli occhi dai suoi. La sua espressione cambia: sta cercando di elaborare.

«Hai dormito qui?»

«Beh, non sarebbe strano, in fondo è la mia cabina».

Si alza a sedere e si guarda intorno, frastornato.

Cerco di aiutarlo. «Ci siamo dati il cambio, stanotte, non ricordi?» Si volta a guardarmi, finalmente sembra ricordare. «Mi hai chiesto di dormire qui e io sono rimasta su, anche se...» mi blocco. No, non posso parlarne con lui.

«Che ore sono?» Non sembra averci fatto caso.

«Quasi le cinque» .

«E Mimmo?»

«C'è Franca di sopra e mi ha detto di chiamarti». Si mette in piedi e si avvicina alla porta. Si gira. «Vieni anche tu?»

Faccio sì con la testa.

Quando usciamo in piattaforma si vede la Terra davanti a noi. È davvero una sensazione strana, mai provata prima. Dopo ore e ore di solo mare, vedere quella striscia scura ti riporta alla realtà.

Franca lo saluta appena lo vede. «Oh, Francesco, buongiorno!»

«Buongiorno, quanto manca?»

«Tra meno di un'ora dovremmo essere al porto. Mi servirà il tuo aiuto, ho mandato Mimmo a dormire» .

«Hai fatto bene» .

Mi allontano verso poppa per lasciarli alle loro conversazioni tecniche, ma poco dopo lo sento raggiungermi. Io sto seduta al limite della base piatta, le gambe penzolano verso l'acqua.

«Scendo un attimo sotto. Torno subito».

Mi volto appena. «Va bene» gli dico con espressione serena.

Andrà a controllare le sue ragazze

Mi avvicino a Franca.

«Stanotte, Mimmo mi ha detto che questo è proprio il mestiere per te e che hai imparato velocemente».

«Ti ha detto così?» I suoi occhi si assottigliano in un'espressione gratificata.

«Ha detto anche che ti ha messo il timone in mano quando avevi poco più della mia età».

«Che presuntuoso» commenta, divertita.

«È da tanto che lavorate per la famiglia di Francesco?»

«Più lui che io. Ha iniziato con qualche commissione per Corrado» si gira a guardarmi «Sai chi è?»

«Sì, lo so».

Ancora lui

«Sai, quando era ancora il marito di Rosaria... Mimmo svolgeva per lui alcuni trasporti».

«Che trasporti?»

«Corrado ha un'impresa import-export, articoli vari. Io non mi sono mai interessata oltre il necessario».

«Perché?»

Mi guarda sospettosa. «Non sai chi è Corrado?»

Butto lì, a indovinare «Una famiglia potente?»

«Già...»

«Mi chiedo perché Rosaria lo abbia sposato».

«Che faceva? Non dava un padre a suo figlio? Con quella famiglia? Come avrebbe potuto? Doveva pensarci prima...»

«Forse si era semplicemente innamorata».

«Corrado è sempre stato un donnaiolo...»

Ma guarda...

Sto per aggiungere qualcosa, ma veniamo interrotte dall'arrivo di Francesco.

«Tutto bene?» Gli chiedo quando è vicino

«Sì». Ci guardiamo con intesa, Franca è concentrata a guardare davanti a lei. «Puoi iniziare a spegnere le luci» ordina a Francesco.

Lui si mette all'opera e lo vedo anche armeggiare con i vari meccanismi intorno all'albero centrale.

Io mi avvicino alla scaletta per scendere in cabina. Voglio andare a prendere il libro e continuare la lettura.

«Non rimani su?» Sento che mi dice dietro le spalle. Sono sorpresa di questa domanda perché ho avuto quasi la sensazione che mi abbia ignorata da quando si è svegliato.

«Sì, vado a prendere il libro».

Annuisce con la testa.

Una volta entrata in cabina ho quasi l'impulso a buttarmi sul letto, il sonno comincia a farsi sentire, ma il desiderio di condividere queste prime ore su in piattaforma con lui è più forte.

Tornata di sopra vado a sedermi su uno dei sedili laterali. Apro il libro, ma prima di abbassare gli occhi sulle pagine mi fermo a contemplare lo spazio tutt'intorno.

Incredibile come in poco tempo il cielo sia già tutto completamente rischiarato. Mi sporgo appena verso sotto, attratta da quel soffice suono che rimanda lo sciabordio dell'acqua infranta.

Prima di vederlo, lo sento accomodarsi alla mia sinistra.

«Stanotte ne ho letto un pezzo».

Vorrei dirgli che sì, l'ho notato , ma mi limito a un «Mhm... Dove hai letto?»

Si avvicina di più. Il lato destro del suo corpo tocca appena il mio.

Posso avvertirne il calore.

Allunga una mano per sfogliare alcune pagine e nel farlo struscia il mio braccio. Percepisco il peso del suo quando lo adagia sul libro che tengo sulle gambe. «Qui» dice, indicando un punto preciso. Inizio a leggere.

"... attraversavamo allora la parte del Mediterraneo ricca d'incidenti, dalla costa d'Algeri alle rive della Provenza. Quante navi hanno fatto naufragio, quanti bastimenti sono scomparsi! Il Mediterraneo è un lago capriccioso dai flutti mutevoli. Oggi è propizio e carezzevole per la fragile tartana che sembra cullarsi tra i due azzurri del mare e del cielo; domani, rabbioso, tormentato, turbato dai venti, spezza le più forti navi con le brevi ondate che percuotono a colpi fittissimi".

Alzo lo sguardo verso di lui. «Parla del tratto che percorreremo noi. Si comporta davvero così il Mediterraneo? Tu lo sai?»

«Ma no... Non è certo questo tratto quello più impegnativo». Sembra sicuro di sé, come se avesse provato l'esperienza chissà quante volte. La cosa mi fa sorridere.

«Che c'è, non mi credi?»

Lascio appesa la sua domanda e riprendo a leggere.

"... navigando attraverso gli strati profondi, quante reliquie vidi giacenti al suolo. Navi naufragate per una collisione o per aver preso qualche scoglio di granito. Man mano che ci si accostava allo stretto di Gibilterra il fondo del Mediterraneo era più ingombro di quei resti, laddove le coste dell'Africa e dell'Europa si restringono sono più frequenti gli scontri.

Quante esistenze disperse in questi naufragi! Chissà se le onde ne serbavano ancora il segreto!"

«Oh, beh, direi che è poco incoraggiante» soffio fuori l'aria dal naso.

«È un romanzo d'avventura, Alba, e come ogni avventura che si rispetti un po' fa paura e un po' attira. C'è la paura dell'ignoto, ma anche il desiderio di scoperta».

Quelle parole mi trafiggono l'anima perché è esattamente come mi sento io adesso: paura e desiderio.

«...e poi, si possono scoprire anche cose meravigliose» mi fa un cenno «Finisci di leggere».

"Quando il Nautilus si inoltrò rapidamente fra lo stretto passo, per un istante potei intravedere le meravigliose rovine del tempio di Ercole, sommerso, al dire di Plinio e di Aviano, con l'isola bassa che lo portava, e alcuni minuti dopo navigavamo sulle onde dell'Atlantico".

«È proprio il nostro viaggio» sussurro, nel constatare come quel passaggio, di cui non ricordo nulla della lettura passata, coincida esattamente con la nostra esperienza del momento. Leggere quelle parole mentre mi trovo a vivere di persona un'avventura simile ha un impatto decisamente diverso. Sarà difficile dimenticarlo, questa volta.

«Sembri sorpresa... Non avevi detto che la scelta di questo libro era stata oculata?»

Faccio sì con la testa, incapace di parlare ancora, tanto sono suggestionata.

«Tu credi che le Colonne d'Ercole siano esistite davvero?» Conosco la risposta, ma mi interessa il suo pensiero. Desidero sentire da lui il suo approccio verso il mistero della vita, quella parte del passato da cui tutti proveniamo, ma di cui mai conosceremo tutti i segreti.

«Non lo so se siano esistite davvero, un po' improbabile vista la difficoltà logistica, ma l'uomo del passato ha dimostrato di possedere capacità superiori a quello di oggi, quindi, tutto può essere. Quello che credo di più è il loro significato simbolico; l'obiettivo era di proibire la sete di conoscenza; mettere a tacere il desiderio di esplorare, di mettersi alla prova, di farsi male anche, ma risultarne vivi».

Lo dice con un certo trasporto, sono parole le sue, che toccano in modo particolare anche me. Anche io sto sfidando la convenzione che mi vorrebbe tranquilla a casa ad attendere diligentemente il ritorno del mio ragazzo, senza inseguire strani e rischiosi richiami. E invece, eccomi qui a navigare sul Mediterraneo, palcoscenico di infinite tragedie, presa tra il senso del dovere e il desiderio di esplorare.

«Non sei d'accordo?» La sua domanda mi riscuote.

«Sì, credo di sì» rispondo un po' imbambolata. Mi guarda curioso.

«Francesco, iniziamo ad ammainare?» Il grido di Franca interrompe quell'atmosfera surreale e riporta entrambi al senso del dovere.

Non ce ne siamo resi conto, ma il porto di Pantelleria è vicinissimo.

Seguo Francesco e mi rendo disponibile a dare una mano per quel che posso.

                                                                              ****

Il catamarano perde maestosità senza le vele spiegate, diventa come un'animale ammaestrato quando procede a motore.

Franca lo conduce mansueto dentro al porto, nella zona destinata a imbarcazioni come questa.

Sono quasi le sette.

«Alba, vai a svegliare Iano e Angela!» Mi dice Francesco mentre è ancora impegnato a sistemare.

«Io?» domando titubante.

«Sì, perché?» Mi guarda come se avessi fatto una domanda assurda. «Gli dici che siamo arrivati e che se vogliamo fare colazione tutti insieme devono spicciarsi».

Senza aggiungere altro raggiungo la loro cabina. Colpisco la porta con le nocche una prima volta. Attendo. Silenzio assoluto. Giro piano la maniglia: la porta è aperta. Con forte timore apro una piccola fessura e mi affaccio.

Mi ritrovo davanti un groviglio di corpi nudi che mi provoca uno strano rimescolio interiore. Rimango qualche istante immobile a rimirarli. Poi, ritiro la testa e con la schiena appoggiata alla porta busso di nuovo e chiamo a voce alta Angela. Quando mi risponde gli riferisco il messaggio di Francesco.

Torno di sopra. Franca, aiutata da Francesco sta fissando il catamarano alla banchina.

«Si sono svegliati?» Mi chiede lui mentre mi passa accanto.

Gli faccio cenno di sì.

«Bene, vado a chiamare le altre, poi scendiamo a terra».

Annuisco.

Franca mi guarda. «Andate voi, io resto sopra e aspetto Mimmo».

«Franca, poi ricordati quella cosa... se possibile lavare i capelli con acqua dolce».

«Sì, sì, non ti preoccupare, ci penso io».

Aspetto seduta che salgano gli altri. Non capisco perché mi abbia mandata a svegliare Iano e Angela e non le altre. Il sole scotta già. Il porto mostra già una certa vivacità, noto diversi turisti, ma le imbarcazioni private non sono tante.

Ed eccoli, ancora stropicciati dal sonno. Giusi e Antonella mi vengono incontro, mi abbracciano. Antonella mi lascia un bacio su una guancia, io la lascio fare con spensieratezza.

«Non puoi capire stanotte», la sento dire ad Angela, «dei dolori insopportabili. Credevo che sarei morta» poi, la vedo volgere lo sguardo verso di me, ha un'espressione grata.

Dopo essere scesi a terra, camminiamo oltre l'area porto verso le strade centrali. Il sole è ancora più caldo e qui c'è soltanto cemento e muratura. Procedo in gruppo insieme a loro, ma a un tratto resto indietro, mi fermo. Loro non si accorgono subito e continuano a camminare, ma io sento arrivare delle vertigini. Ho dei flash, il corpo di Mimmo aderente al mio, Antonella raggomitolata nel letto, i corpi di Iano e Angela intrecciati, il braccio di Francesco sulle mie gambe.

Sto per perdere i sensi.

Per fortuna non cado a terra perché due paia di braccia mi sostengono. Uno è di Francesco: «Sei stanca?» Mi chiede.

Mi passo una mano sul viso «Forse», rispondo.

«Cerchiamo un bar, qualcosa dove farla sedere», sento dire da Iano.

«E ci vuole pure un po' d'acqua fresca» la voce di Antonella.

«Una granita al limone!» Dice Francesco «Ti va, se la troviamo?»

Faccio sì con la testa e sorrido.

Il momento di assenza è passato, posso camminare da sola, ma sono rimasti al mio fianco e procedo aggrappata ai loro bicipidi. La sensazione è piacevole.

Finalmente troviamo un bar, fresco e ombreggiato. Ci sediamo e ordiniamo un sacco di cose. Io prendo la granita di limone con brioche.

Dico alle ragazze che forse Franca riesce a farci lavare i capelli con acqua dolce. Loro esultano.

«Perché, noi no?» Chiede Francesco con ironia.

«Se vuoi...» dico.

«Stai meglio?» Mi chiede. Per un attimo sembra concentrato soltanto su di me, come se tutti gli altri non fossero lì.

«Sì».

Sono curiosa di sapere se conoscono già quel posto. «Avete già visitato quest'isola?»

Angela fa un gesto affermativo. «Tre anni fa, mi sembra...» aggiunge.

«Due anni fa» la corregge Francesco, «Natale '92».

«Oh, siete stati qui a Natale? E a fare cosa?»

«Ci sono le terme» risponde Antonella.

«Io non c'ero», dice Giusi con le labbra increspate a fingere un broncio.

«No, tu non c'eri» le mormora Antonella.

Ho la sensazione che il silenzio che segue duri un po' troppo.

«Ci sono le terme?» Chiedo tra lo stupore e la curiosità.

«Sì» mi risponde Francesco. Devo avere un'espressione sognante perché lui mi dice «Ti piacerebbe andare?»

«Mi piacerebbe, sì» dico con voce estasiata.

«Quella volta facemmo il bagno di notte a Benikulà, ricordate?» Interviene Angela, seguita da Iano «e c'era pure la luna piena» commenta lui.

Che meraviglia sarebbe stato essere lì con loro

Lui continua a fissarmi, ma quando parla si rivolge a tutto il gruppo. «Posso provare a parlare con Mimmo e domani potremmo fare una sosta a Cala Sataria prima di proseguire per Tunisi... Tanto è di strada». Aggiunge che ci fermeremo lì al porto per tutta la giornata e stasera o domani mattina presto potremmo riprendere la navigazione fino a Cala Sataria.

Quando torniamo al porto, Franca ci aspetta al catamarano con un'espressione divertita sulle labbra.

«Dai! Andate a mettervi i costumi. Devo sciacquare la piattaforma» dice enfatizzando la frase, «ma se voi capitate in mezzo...» ci fa l'occhiolino. Capito. In preda all'euforia ci precipitiamo nelle cabine per indossare i costumi, soltanto Antonella dice che vuole restare con i ridottissimi calzoncini e il mini top che già indossa.

Ritrovarsi lì in mezzo a loro, urlanti ed eccitati, sotto il getto del tubo dell'acqua pilotato da Franca, mi invade di una strana euforia. I corpi sono vicini l'uno con l'altro; ci abbracciamo, ci tocchiamo; urliamo quando l'acqua fredda ci colpisce alcune parti più sensibili e alla fine, i capelli riusciamo a sciacquarli.

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