Capitolo 2

Siamo d'accordo con le altre di aspettarci qui davanti al locale. Sono quasi le dieci e sta arrivando un sacco di gente. L'Omnia è una discoteca soprattutto estiva perché si trova sul mare, gli spazi sono chiusi, però, una grande parete si apre su un ampio terrazzo da dove si può gustare una fantastica vista sulla costa sottostante e in estate si può ballare anche lì. Stasera stiamo all'interno, ma possiamo andare fuori in qualsiasi momento a prendere una boccata d'aria. Ho prenotato a mio nome, per quattro. Ho detto che è per un compleanno e che la torta la porteranno le mie amiche; lì, consumeremo da bere. In questa discoteca hanno buon gusto in fatto di musica ed è frequentata da diversi giovani, molti universitari.

Eccole. Rido nel vedere Livia che trascina per mano Anna, timida e perplessa. Clara si guarda intorno curiosa, sempre a caccia. Ci abbracciamo ed entriamo.

Una volta dentro, la musica mi rimbomba nel petto.

«WoW, ragazze, buttiamoci!» grida Livia in preda all'entusiasmo. Rush, dei Depeche Mode fa tremare le pareti. Adoro questo album. Ecco la sorpresa gradita, sicuramente il tema stasera riguarda questo gruppo.

Livia e Clara stanno già nella mischia a muoversi freneticamente. Io prendo posto al divanetto prenotato, ho bisogno di tempo. Anna mi segue, forse lei è anche più timorosa di me. A poco a poco, metto a fuoco la sala illuminata appena da luci soffuse tra il blu, rosa e viola. Studio l'ambiente, è da tanto tempo che non entro qui. Ricordavo la disposizione della sala diversa. I ragazzi sono tanti, qualche faccia mi sembra familiare.

A un tratto, la mia attenzione viene richiamata da un tipo in particolare. Non lo conosco, forse di vista. Balla in un modo molto personale, ha gli occhi chiusi, non si dimena, ondeggia appena e in modo sinuoso fa ruotare con lentezza le articolazioni delle spalle, il collo. Indossa una cravatta lenta, di colore scuro, che scende sul petto nudo appena coperto da un gilet completamente aperto davanti. I pantaloni a vita bassa lasciano intravedere quella particolare zona delle ossa iliache che in alcuni uomini è molto, molto sensuale, e la sua lo è. I capelli sono raccolti in tre o quattro trecce aderenti al capo che gli arrivano sotto alla nuca, sembra un'acconciatura portoricana, mi ricordano Terence Trent D'Arby, ma lui non è scuro. Ai lobi delle orecchie noto due orecchini quasi neri, a cerchio, grandi più o meno come un anello, ma non sembrano di metallo. Ondeggia il bacino, non posso evitare di ammirarlo.

Decisamente, è diverso da tutti gli altri ragazzi presenti in sala.

Adesso il pezzo è cambiato, Mercy in you. La mora che gli ballava vicino si è posizionata proprio davanti a lui, gli dà la schiena. Lui la circonda per i fianchi con una mano, la presa è morbida. L'altro braccio è rimasto libero lungo il corpo. Ondeggiano insieme.

«Hai visto chi c'è?» mi dice a voce alta vicino all'orecchio Anna. Con il mento fa un gesto a indicare lui.

«Chi c'è?» chiedo, con un finto tono distaccato. Anna mi guarda: non crede per niente alla mia ipocrita indifferenza.

«Non sai chi è? Francesco Pasanisi».

Fingo ancora di pensarci un attimo «Pasanisi Cantieri Navali?»

«Già. Bello, ricco e viziato».

Intanto la mora si strofina sempre più a lui, alza un braccio, gli avvolge il collo, gira il volto e lo strofina sul suo petto nudo. Certo, è una bella ragazza, capelli lunghi neri, frangia fin sugli occhi, labbra grandi, forse un po' volgari, trucco aggressivo. Però si muove bene, cavolo, se si muove bene.

«Tu lo conosci?» chiedo, senza smettere di osservarli.

«Chi non lo conosce, Alba? Gli muoiono tutte dietro».

Perché bisognerebbe morire dietro a un ragazzo? Certo, bello è bello, ma morirgli dietro, proprio no. La mano si sposta sulla pelle nuda della ragazza. Ha un piercing nell'ombelico. Noto, al polso di lui, una serie di braccialetti di cuoio di dimensioni diverse.

Sembrano molto intimi.

La musica cambia ancora: In Your Room. Lei continua a strusciarglisi addosso, lo accarezza lungo un braccio. Il movimento dei bacini si fa più sensuale, avanti e indietro. Cavolo, adesso esagerano. Non è più un ballo, sembra un amplesso. Lui mette una gamba tra le sue cosce e lei si poggia sopra. Adesso l'avvolge con tutte e due le braccia.

«Uuh ragazze! Fa troppo caldo là». È tornata Livia, seguita da Clara che porta una mano alla bocca per nascondere la risata.

«Ragazze, che roba!» dice.

«Che guardi, Alba?» mi chiede Livia, ironica.

«Quello che guardate voi. Dai, stanno dando spettacolo» commento con dissenso.

«E che spettacolo!» aggiunge Clara con i suoi verdi occhi strabuzzanti. La mora gli strofina la testa al petto, la chioma lo colpisce come frustate, quando la agita. Lui, da dietro, le afferra le braccia con le sue, in tutta la lunghezza. Lei alza il viso verso il suo.

Viso contro viso.

Bocca dentro bocca.

Lingua contro lingua.

È davvero troppo. Mi volto verso le mie amiche in cerca dello stesso senso di vergogna che provo io, ma loro sembrano ipnotizzate.

Hanno aumentato il volume della musica. Guardo ancora la scandalosa coppia, le mani di lui, il modo in cui la tocca. Vanno su verso il collo, lo stringono appena, poi ridiscendono davanti sul petto, indugiano sui seni, scivolano ancora sulla pancia di lei, lente, languide, lussuriose.

Ho i brividi. Per un frammento di secondo immagino quelle mani addosso a me e nel frammento di secondo successivo penso che Bruno non mi tocca mai così. Ma subito mi riprendo e cerco di ricompormi.

Avvicino la mia bocca all'orecchio di Livia. «Era questa la sorpresa?» grido. Lei butta la testa indietro, la massa di capelli corvini ondeggia sulle spalle, fa una sonora risata «Ad averlo saputo!»

«Ma la panterona chi è?»

«Chi lo sa, quello ne cambia una a settimana» mi risponde, senza staccare gli occhi di dosso da quei due. La musica sta per finire e la coppia protagonista della mia serata, a poco, a poco, si separa.

Hanno messo una musichetta leggera di sottofondo. Una pausa, credo.

«Beviamo?» Faccio un cenno alle mie compagne di serata.

« Giusto!» Livia si alza e va verso il bancone. Studio Clara e Anna, la prima sempre più incuriosita, la seconda che sembra incantata. Seguo il loro sguardo fino a un gruppo di ragazze appena entrate.
La panterona va loro incontro, le abbraccia e, a una in particolare, le schiocca un bacio sulle labbra. Mi volto verso Clara che si volta a guardare me. Ritorno a fissare la scena che ha tanto attirato la nostra attenzione. La mora sta lasciando la sala con un paio delle ragazze entrate poco fa. Francesco si sgancia dal gruppo e viene verso i divanetti e per un attimo, un impercettibile attimo, i nostri occhi si incrociano. Appena me ne rendo conto distolgo lo sguardo, imbarazzata, ma anche indignata. Non voglio dargli l'importanza a cui lui sembra essere abituato.

Ritorna Livia, dietro di lei un ragazzo porta un vassoio con i nostri drink. Livia e Clara, accaldate, tracannano velocemente gran parte del liquido dai bicchieri. Io e Anna sorseggiamo con calma. A ogni sorsata, da dietro il bordo di vetro, esploro con gli occhi lo spazio intorno. Lui è a pochi metri da noi. Sta stravaccato sul divanetto, la pelle sudata brilla sotto le luci diffuse tutt'intorno. Ha gli occhi socchiusi, un bicchiere in mano. Mi giro subito, appena lo vedo muoversi.

Livia tocca con la sua spalla la mia, mi guarda e mi fa l'occhiolino. «Ma va'» le dico, spingendola col mio braccio in un contraccolpo.

«Certo che è un bonazzo, però» commenta. Sorseggio ancora il mio drink, guardo Anna, la sua espressione smarrita, poi mi giro verso Livia e faccio un cenno in direzione della nostra amica.

« È rimasta folgorata» dice.

« Beh, davanti a certe scene... Anna è sensibile» dico io. È la più piccola tra noi, figlia unica, i genitori sono molto apprensivi e stasera hanno fatto un'eccezione a lasciarla uscire in nostra compagnia.

La musica riparte, Higher Love, la riconosco dalle prime note. Con lo sguardo invito le mie amiche ad alzarci.

È la mia serata, adesso ho voglia di ballare.

Poggio le mani sul tavolino per tirarmi su e uscire dallo spazio tra il divanetto. Un tocco impercettibile sulla mia spalla nuda.

«Vieni a ballare?» Lui è lì, accanto a me, in attesa. Non è proprio una richiesta, sembra più una mascherata imposizione. Scruto Livia, poi le altre, Anna ha un'espressione scioccata. Mi volto verso di lui.

«Stavamo and-»

Non mi fa finire la frase. Mi prende per mano e mi porta in mezzo alla sala, tra la massa di corpi vibranti e sudati. Lo seguo, ma mi irrigidisco. Le mie amiche dietro, avanzano lente in preda a un totale mutismo. Lui comincia a muoversi davanti a me, come aveva fatto con la mora poco prima. Ho un iniziale blocco. Vorrei muovermi anch'io, anzi desidero proprio farlo, quella canzone mi piace, ma non mi sento ancora sciolta. 

Mi prende una mano e se la porta al petto, all'altezza del cuore, lascia la sua sopra. È caldo. Il suo cuore batte al ritmo delle percussioni del brano musicale. Adesso anche il mio. Posso sentire i suoi muscoli vibrare sotto i polpastrelli. Con l'altra mano mi sfiora un fianco, il tocco è leggero, come lo avevo immaginato. Inizia a oscillare, disegna una specie di otto con il bacino. Lo seguo. Molleggia con le gambe e il petto, quando il ritmo si fa vivace. Le spalle vibrano. Imito il suo movimento, è piacevole e rilassante. Mi lascio andare, chiudo gli occhi come fa lui. Ondeggio la testa e mi porto dietro la massa di capelli lunghi e lisci. Cerco di allontanare la mano dal suo petto, lui non la trattiene ma la segue con la sua, percorre il braccio fino alla spalla, passa dietro la nuca.
Ci fissiamo. Ho una scossa lungo la spina dorsale. Sento la sua presa un po' più forte e in un attimo mi ritrovo girata con la schiena appoggiata a lui.

Ecco, adesso sono al posto della mora.

È il suo modo di ballare. Stessa posizione, stessa scena.
Ho quasi paura delle mie azioni.
Mi appoggio completamente a lui, il calore si espande dietro di me. Seguo il suo movimento come se i due corpi diventassero uno solo. Adesso le sue mani mi abbracciano i fianchi, le dita arrivano fin davanti. Le mie formicolano quando le alzo e le appoggio sulle sue. Sto perdendo il controllo, e questo non va bene. Continuo a stare a occhi chiusi, la testa appoggiata nell'incavo del suo collo. Sento il suo respiro in quella zona.

La musica sfuma, continuiamo a ondeggiare.

Subito dopo parte Walking in My Shoes, lui ricomincia a molleggiare e a ripetere quel movimento a otto del bacino. Quando si ripete il ritornello, lo canta in un sussurro al mio orecchio "Try walking in my shoes". I nostri bacini sono attaccati e si muovono in un'armonia unica. Io, ormai, sono totalmente persa nel mio oceano immaginario, dove la maestosità delle onde mi avvolge e travolge.

Lo sento togliere le mani e portarle sulle mie, intreccia le dita... no, non sono le sue. Apro gli occhi: la panterona sta davanti a me. Le mani di lui poggiano sulle spalle di lei, molto più bassa di me; mi trovo incastrata come in un sandwich tra loro due. Lei si avvicina molto e si struscia addosso. Ci guardiamo. Ha le labbra rimarcate con una matita nera. Gli occhi sono belli ma è eccessivamente truccata, secondo me. I capelli sono neri come la notte, colorati, penso io, e più corti dei miei. Avvicina pericolosamente la bocca al mio collo. Non glielo permetto. Mi stacco, e inizio a ballare da sola. Ormai sciolta e disinibita mi lascio andare, ondeggio i fianchi, ruoto le spalle, alzo e abbasso il petto, scuoto i capelli con un movimento morbido, seducente. Lui continua a ballare, mi osserva divertito, ma anche ammirato.

La musica cambia ancora, One caress. È la mia musica.

Raggiungo il tavolino con una serie di piroette e mi libero velocemente dei sandali. Ritorno al centro della sala. Adesso, questa è la mia danza. Sprigiono tutta me stessa in quei movimenti voluttuosi, allargo le braccia, spicco salti, giro e rigiro su me stessa e con me il manto di capelli e l'ampia gonna a pantalone.

Dieci anni di danza classica hanno impresso la loro memoria.

Non ho bisogno di pensare, il corpo si muove da solo. Le note entrano dentro e si espandono, nelle viscere, lungo le vene, sulla pelle. Mi piego, procedo indietro, corro una volta a destra, poi a sinistra, salto ancora.
Sono sola nella sala. Tutti hanno fatto cerchio intorno a me, anche loro due.

Questa è la mia serata.

La musica cessa. Apro gli occhi. Esplode un applauso. Il petto si alza e si abbassa in un ritmo accelerato. Un rivolo di sudore mi solletica la schiena.

«Tanti auguri!» gridano le mie amiche, mi accerchiano e mi soffocano in un abbraccio carico di affetto.

«Tanti auguri!» fanno eco tutti i presenti. Sorrido, le gambe mi tremano un po'.

È la mia serata.

Raggiungo il nostro divanetto, mi infilo di nuovo i sandali. Svuoto il liquido rimasto nel bicchiere. Livia, Clara e Anna mi raggiungono, posano una torta sul tavolino. Livia, alla mia sinistra, mi abbraccia e poi mi sussurra :«Brava, gli hai dato una bella lezione». Il ragazzo di prima si avvicina, ha delle bottiglie in mano, le poggia sul tavolo. «Per voi» dice. Lo guardo perplessa, poi mi giro su Livia con espressione curiosa. Lei ne prende una, la osserva, sgrana gli occhi «È champagne!» grida senza contegno. Clara e Anna mostrano un'aria sorpresa in viso, le vedo guardare dietro di me. Mi volto anch'io.

«Buon compleanno, Alba». Ha un calice in mano, lo alza in segno di un brindisi. Come fa a sapere il mio nome?

«Grazie» mormoro appena, intimorita. Mi volto a cercare lo sguardo di Livia. «Livia, io penso-»

«Ma certo!» m'interrompe lei, «Ragazzi dai, venite ad assaggiare un po' di torta» grida verso il divanetto dove stava seduto Francesco con i suoi amici. Lui si accomoda subito accanto a me. Qualcun altro rimane lì ad amoreggiare con la ragazza, un altro paio di ragazzi spostano le poltroncine e le avvicinano a noi. Abbiamo formato un grosso cerchio di sedute.

«Chi ha un accendino? Per le candeline, dai!» sempre Livia.

«Io non fumo, mi dispiace» lo sento dire. Che strano, avrei creduto il contrario.

«No dai, le candeline no» mi lamento.

«Scherzi?» mi ringhia Livia.

Mi imbarazza vedere il numero 22 rosa luccicante, sistemato al centro della torta. Una mano si allunga con la fiamma pronta: è della panterona. Lei fuma, dunque. Ci guardiamo, prima lei a me e dopo io. Iniziano a cantare Tanti auguri a te.

«No, dai, pure la canzoncina» protesto, piena di imbarazzo. Lui invece canta, divertito. Spengo le candeline e finalmente metto fine a questo circo. Penso a Bruno e mi sento a disagio, tutto questo non sarebbe mai accaduto con lui presente.

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