Capitolo 18
Mimmo, Franca e Francesco si sono occupati di tutte le operazioni necessarie per il proseguimento del viaggio: rifornimento di acqua dolce, ricarica elettrica, verifica della rotta ecc.
Abbiamo fatto un po' di spesa, acquistato frutta e cibo confezionato, panini per il pranzo. Ho sentito Francesco dire a Mimmo di spostarci verso la spiaggia di Cala rossa, lì il tramonto è fantastico, hanno detto.
Si consultano. «Andiamo a motore?» chiede Mimmo.
«Accendiamo solo per prendere il largo, là arriveremo a vela» gli risponde lui. Mimmo sorride, china la testa e la scuote in segno di scherno, ma non dice nulla ed esegue.
Il vento è quasi assente, c'è solo una lieve brezza, quella tipica, che si può avvertire sulla superficie del mare. Però, con la spinta del motore, le vele spiegate catturano anche quel poco alito di vento e appena Mimmo spegne tutto, con suo stesso stupore, sentiamo il fondo dell'imbarcazione scivolare sull'acqua, come una tavola da surf.
Mi accorgo delle occhiate che si passano lui e Francesco, quest'ultimo visibilmente tronfio.
Sono le quattro, quando dall'imbarcazione si intravede l'insenatura della nostra meta. Nel frattempo, la brezza è aumentata e il catamarano ha aumentato di velocità.
Il panorama è spettacolare, con quei muraglioni di tufo che dominano tutta la baia e il contrasto tra la roccia chiara e a tratti rossiccia con il turchese dell'acqua.
Il sole è ancora alto, ma ha già imboccato la traiettoria verso ovest.
C'è qualche altra imbarcazione ancorata, ma nessuna come la nostra. Alcune sono a vela, ma solo noi occupiamo un catamarano e attiriamo l'attenzione degli altri naviganti.
In silenzio, Mimmo lo guida fin quasi alla riva, più vicino di tutti gli altri. Come un gigante docile, il nostro mezzo sfiora la superficie dell'acqua in una carezza delicata. Il pescaggio* ridotto consente di navigare sui fondali più bassi, che altre imbarcazioni non possono raggiungere.
Impartisce comandi a Franca e a Francesco. Con gesti sincronizzati, come la coreografia di una danza, ammainano le vele, legano, bloccano con nodi speciali le corde; agganciano e, dopo aver verificato che ogni operazione sia stata eseguita con cura, getta l'ancora e ci fermiamo.
È un'emozione singolare quella che mi attraversa. Fin'ora, questa operazione l'avevo sempre vista in TV, in qualche film o documentario, o letta in qualche libro, ma vivere da vicino la sequenza di azioni necessarie alla guida di un'imbarcazione come questa, sollecita tutto un altro interesse. Se Franca ha acquisito le competenze necessarie, potrei farlo anche io ed è forse più interessante che guidare un'automobile.
Si respira eccitazione nell'aria, i ragazzi si preparano per tuffarsi. Antonella, Giusi e Angela si spogliano rapidamente fino a rimanere con i soli slip addosso poi, si calano in acqua seguite da Iano e Francesco.
Rimango seduta a guardare il gruppo di amici che schiamazzano, agitano l'acqua intorno a loro, gridano, ridono.
Si baciano.
«Tu non vai, Alba?» sento la voce di Franca alle mie spalle. Sono completamente vestita.
Angela circonda Iano con braccia e gambe; Antonella sale sulle spalle di Francesco che la porta a nuoto verso riva e Giusi le nuota accanto e ogni tanto sfiora con le labbra quelle dell'amica.
Faccio no con la testa. «Caso mai in un altro momento».
«Ma sì, quando vuoi, tanto ci fermiamo qui per ora».
Mi alzo e muovo qualche passo fino al limite della zona di poppa. Mi sdraio a pancia in giù, il legno umido fa aderire gli indumenti alla pelle; allungo un braccio fino a sfiorare con le dita la superficie dell'acqua, a qualche decina di centimetri da me.
Posso ammirare tutto il fondale chiaro, l'acqua è trasparente. Alcune concrezioni coralligene affiorano appena, sparse qua e là; abbarbicato a esse, un mondo vegetale oscilla morbido al fluttuare della marea: alghe marroncine e rossicce, alcune dalla consistenza coriacea, simili a un arbusto terrestre, altre più morbide, flessibili e mucillaginose.
Piccoli banchi di pesciolini colorati saettano veloci da un fondo all'altro, intenti a pascolare in mezzo a quelle ramificazioni variegate.
In tutti questi anni ho appreso una gran quantità di conoscenza sul mondo marino. Quello che per noi consumatori rappresenta una risorsa, per la vita qua sotto è invece un servizio.
Il mare è pieno di indicatori bio-ecologici.
Le Ascidie, col corpo a forma di otre, capaci di incamerare una certa quantità di sostanza tossica; i molluschi bivalvi, vere e proprie sentinelle dell'inquinamento marino; vengono appositamente allevate in siti più sospetti e poi prelevati e analizzati per misurarne il livello – motivo per cui ho vietato a mia madre di cucinare vongole, cozze, telline e altro. Oppure, la Gorgonia gialla, questo complesso animale marino è capace di orientare le sue ramificazioni a seconda di dove scorre la corrente ricca di plancton.
Posso notare, sotto di me, intere praterie di Coda di pavone, che qui chiamano 'imbutino di mare'; colonizza il fondo duro e fornisce ossigeno prezioso alla vita marina, oltre ad abbellire i fondali.
Purtroppo, l'animale uomo si sente ancora in diritto di depredare tutto ciò e farne trofei da esibire all'interno delle proprie mura domestiche, ignorando il fragile equilibrio che tiene insieme tutto ciò, compreso se stesso.
Franca si avvicina, devo farle tenerezza, forse perché mi vede qui, da sola.
Mi rimetto seduta, le gambe penzolano giù, verso l'acqua. Sistemo una parte di capelli scesa sul viso. «Se volete tuffarvi anche voi, resto io sopra, senza problemi» le dico.
Noto che si guardano, lei e Mimmo, con una strana complicità. «Più tardi» dice Franca, con gli occhi che formano dei solchi sorridenti agli angoli.
«Sei mai stata qui?» Mi chiede ancora.
«No».
«Hai parlato con tua madre, ieri? Era tranquilla?»
«Sì, sì, era tranquilla».
A parte il dissenso mostrato per la telefonata con Bruno.
«Ho sentito che vi siete trasferiti qui per il lavoro di tuo padre, cosa fa?»
«È ingegnere idraulico. Ha lavorato per otto anni all'ampliamento del porto nuovo poi, l'impresa per cui lavora l'ha mandato in Somalia. Un porto anche lì». Piego le labbra in un sorriso amaro.
«Capisco... Quindi, con tua madre stanno spesso lontani».
In realtà anche con noi figli, ma comprendo che Franca non lo possa percepire, non essendo madre.
Come a leggermi nel pensiero dice :«È per questo che non ho voluto una famiglia. Qualcuno sarebbe dovuto rimanere a casa e, indovina un po'?» Si volta verso Mimmo, assorto a leggere una carta «Non sarebbe di certo toccato a lui».
«Voi lavorate sempre insieme?»
«Quasi. Se accettiamo viaggi lunghi, sì. Per tratte brevi ci separiamo, ma non durano mai oltre quarantotto ore. Sono state le mie condizioni».
«Le tue condizioni?» Chiedo sorpresa.
«Sì, quando ho sposato Mimmo».
Ci fissiamo per qualche secondo. Sembra quasi un celato ammonimento, quello di Franca.
Lei, così delicata, ha quei lineamenti sottili, il viso piccolo, le mani da bambina, ma dentro, è una donna dal forte temperamento e osservando Mimmo, mi viene da considerare che se non avesse sua moglie a fianco, forse si smarrirebbe tra un porto e l'altro.
E mi colpisce il pensiero di mio padre, come sarà per lui? È un marito fedele? Mamma sì, lo so, la vedo tutti i giorni, si dedica al lavoro e alla casa, e a me. Raramente si concede una frivolezza.
Mi assale un dubbio.
Anche lei formulerà gli stessi pensieri? Quei momenti a cui accenna talvolta, saranno alimentati proprio da questo?
E penso a me, a questa ingarbugliata inquietudine che mi prende e mi conduce verso strani rimuginii e insoliti moti dell'anima e non mi fa più essere sicura di niente.
La fedeltà è una virtù difficile da mantenere.
Qualche Berta si tuffa in mare a caccia di cibo per poi rialzarsi e decollare verso le rocce di tufo.
Seguo con lo sguardo il loro volo, avranno sicuramente nidificato da quelle parti.
Perché in tanti anni vissuti qui non siamo mai venuti in questa meraviglia?
Gli impegni di lavoro, gli impegni di studio, se era libera mamma non lo era papà e poi, la partenza di Massimo... E Bruno?
Perché non abbiamo mai fatto una gita così? Con oltre mille chilometri di costa ci siamo mossi sempre dalle stesse parti. Cefalù perché c'erano i nonni e su, a monte Caputo, alla casa in collina dove però si poteva andare solo quando c'erano i suoi, che poi, non sono più andati da quando si sono spaventati per l'incendio.
Con mamma e papà abbiamo esplorato un po' durante le vacanze natalizie: Agrigento, Siracusa... Ma un viaggio così, in totale immersione in natura, mai.
Avrei tanto desiderato farlo con Bruno, ma lui non era mai a proprio agio senza le sue comodità.
*distanza tra la linea di galleggiamento e l'estremità inferiore dello scafo
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