Capitolo 12

Ho accostato le persiane, il risultato è una camera in penombra, ma l'aria dentro resta tiepida, la tipica atmosfera dei pigri pomeriggi estivi. Ho tirato fuori da un ripiano della libreria un piccolo album di foto dove ho riposto le immagini della scorsa estate. Avevamo fatto una gita, io e Bruno, Clara, suo fratello e altri due loro amici. Avevamo cercato un po' di frescura presso le Gole di Tiberio, nel parco delle Madonie. Clara ci aveva scattato tante foto senza che ce ne accorgessimo.

Ecco, questa è quella che mi è sempre piaciuta di più. Lo avevo schizzato di acqua gelida, lui aveva emesso un urlo esagerato, allora, presa da un gran senso di colpa, ero corsa ad abbracciarlo 'Ti scaldo io'  gli avevo detto mortificata. Lui si era lasciato abbracciare però, aveva mormorato, serio, 'Non farlo più' e Clara aveva scattato la foto proprio nel momento dell'abbraccio, con i nostri volti attaccati e la bocca di lui che sembrava volermi mordere vicina all'orecchio, invece, mi ammoniva.

Resto a guardare quell'immagine per qualche istante di troppo. Non so quali collegamenti cognitivi faccia il mio cervello in quel momento. Esco dalla camera e scendo in cucina. Mamma è in camera sua, dove si è chiusa dopo il silenzio calato tra di noi. Forse dorme.

Prendo la borsa, lascio un biglietto sul tavolo 'Torno subito', le chiavi e raggiungo fuori il motorino.

Se telefono a quest'ora del pomeriggio rischio di non trovarlo in casa, meglio provare al cantiere. Domani è venerdì, se devo dirgli questa cosa devo farlo prima possibile, sabato è dopodomani. Mi sembra una follia, ma al tempo stesso ho l'adrenalina a mille per l'emozione e la paura. Fino a pochi minuti fa ero pronta a rinunciare, ma subito dopo, ho provato l'impulso a tentare.

Ripercorro la stessa strada di due giorni fa, quando ci siamo incrociati con il motorino fuori uso. Per fortuna il meccanico ha detto che posso stare tranquilla, che ha sistemato tutto.

Sto per svoltare sull'ultima curva, prima della via dove risiedono i Cantieri Pasanisi e vedo, a qualche centinaio di metri, un'auto grigia che mi sembra di conoscere. Rosaria sta fuori, dal lato opposto al conducente e sta dicendo qualcosa verso l'interno. Avanzo con molta prudenza; quando la macchina parte e mi passa accanto, ci guardiamo un attimo. Noto Riccardo seduto dietro, nel seggiolino.

Ora lo riconosco, è Corrado! Spero che con il casco non mi abbia riconosciuta, anche se, con questi capelli, ne sono poco convinta.

Ma che ci fa qui?

Raggiungo Rosaria, mi tolgo il casco. «Ciao».

«Ciao, Alba». Mi sembra provata, ha un'espressione sofferente. Non le dico niente.

«Devi vedere Francesco?»

«Sì, è qui?»

«Sì, sta alla darsena con Mimmo. Vieni, porta dentro il motorino».

Entro in silenzio. Chiedo dove posso parcheggiare senza creare fastidio. Lei mi indica un angolo, vicino agli uffici.

«Sai come arrivarci?» mi chiede.

«Sì, sì, sono già stata qui l'altro ieri». Mi guarda incuriosita, poi annuisce.

Mi imbarazza un po' trovarmi qui, so che una parte della sua famiglia sarà lì, dentro l'ufficio, sua madre, forse. Ripenso all'immagine di prima, Corrado e Riccardo in quella Fiat Croma. Quindi, Corrado è il padre del bambino? Spero non mi abbia riconosciuta.

Avanzo con timore, ho paura di disturbare, se Francesco avesse voluto vedermi qui me lo avrebbe detto senza problemi, invece mi ha lasciato il recapito telefonico, che io non ho utilizzato. Sono spaventata all'idea di dovergli riferire dell'invito di mia madre, che assurdità! Mi considererà una ragazzina!

Ecco il catamarano; sono di spalle lui e l'altro. Ha una bandana scura sulla testa, l'altro è vestito con una maglietta bianca e pantaloni scuri. Francesco al solito, canottiera e jeans.

Resto imbambolata sul bordo del pontile, in attesa, non voglio intromettermi nel loro lavoro. Poi, l'uomo vestito di blu e bianco alza il capo e mi vede. Borbotta qualcosa a Francesco che si volta per capire a cosa il marinaio si stia riferendo. In un primo momento ha bisogno di mettere a fuoco, poi sembra sorpreso e successivamente mi viene incontro sorridente. Ha tutti i capelli che escono disordinati dalla stoffa che gli copre il capo. Con quei cerchi alle orecchie sembra un pirata.

«Alba...» allunga un braccio per prendermi una mano e aiutarmi a salire.

«Ciao, scusa se ti disturbo».

«Ma non disturbi, dai, vieni». Avanziamo di qualche passo. «Ti presento Mimmo, il nostro uomo del mare». È un bell'uomo, avrà l'età di mia madre, forse qualcosa di meno. Ha una pelle abbronzata e un corpo asciutto.

Allungo una mano verso di lui «Piacere, Alba».

Allarga le labbra in un sorriso cordiale. «Mimmo, ma questo già lo sai», ride.

Rido anch'io, poi guardo Francesco, vorrei tanto spiegargli il motivo per cui mi trovo lì. Mi guardo intorno, imbarazzata.

«Mimmo e sua moglie si occuperanno della navigazione», interviene lui.

«Ah» non riesco a dire altro, sono concentrata sulle parole da scegliere, ma si intuisce bene che sto sulle spine. «Sono venuta per parlarti di quella cosa» dico con voce tremante. Lui mi guarda con interesse. A un tratto è Mimmo a parlare. «Vado a controllare quei documenti, ci vediamo dopo».

Perspicace e delicato.

Francesco fa un cenno di assenso, ma non distoglie lo sguardo da me.

«Hai sciolto le treccine» gli dico per prendere tempo.

«Non ho incontrato Antonella».

«Ah, è lei che te le fa?» Annuisce e piega la testa in segno affermativo, ma sta in evidente attesa che gli dica il motivo per cui mi trovo lì.

«Senti, mi trovo molto in difficoltà per questa cosa» dico, intanto che gli do le spalle e mi sposto verso la coda dell'imbarcazione.

«Che succede?» Sento la sua voce dietro di me.

Mi volto verso di lui. Seria. «Ho parlato con mia madre della tua proposta... Sai, noi due abbiamo un bel rapporto, io non posso fare una cosa così senza parlargliene» parlo a raffica.

«Siediti» mi invita gentilmente. Lungo i lati lunghi, nella parte dove ci troviamo, ci sono come due ampi sedili. Lui si siede, mi siedo anche io.

Riprendo a parlare, guardo davanti a me, Dio, vorrei fuggire adesso! «Mia madre sarebbe anche d'accordo, ma vuole parlarti... Sabato... A pranzo». Non ho il coraggio di voltarmi, ho la sensazione di stare a tremare e il suo silenzio non aiuta. Quando mi giro, lui ha quell'espressione sorniona e divertita, vorrei morire. «Scusa, è una sciocchezza, mi vergogno tanto». Sto per alzarmi.

«Verrò» lo sento dire.

«Come?»

«Accetto l'invito di tua madre».

«Parli sul serio?»

«Sì, sono serio».

«Non mi ritieni una sciocca ragazzina?»

Butta fuori un soffio leggero dal naso «Non sei una ragazzina, tanto meno sciocca». Mi sento lusingata dalle sue parole.

«Ma non trovi assurda la richiesta di mia madre?»

«No, hai appena spiegato che il vostro è un bel rapporto, leale». Non posso credere che uno come lui accetti una cosa del genere. Sono sbalordita, ma anche felice per come si stiano mettendo le cose. Spero solo che mia madre non lo faccia scappare e rinunciare all'idea di volermi con loro. Dimentico tutta la conversazione del giorno prima, Adele, i miei timori nei confronti di Bruno. Sento questo richiamo che non riesco a dominare.

Adesso che la tensione è calata un po', gli dico: «Mi mostreresti altre cose di questo catamarano? Ho letto un po' in giro e vorrei farti delle domande». Lui mi guarda compiaciuto.

Ci spostiamo verso la zona di manovra. «Cosa vorresti sapere?»

Facciamo di nuovo un giro completo, mi mostra la mia ipotetica cabina, già mi immagino là dentro immersa nella lettura, circondata dall'immensità marina. Gli chiedo, curiosa, come funziona la navigazione. Mi spiega che leggeranno le carte nautiche e seguiranno la bussola, ma Mimmo conosce la rotta perché ha già navigato con altre imbarcazioni. Gli chiedo se procederemo esclusivamente a vela e lui mi informa che l'intenzione è questa, per verificare la vera funzione di un mezzo come quello, ma che in ogni caso, hanno installato un motore, sia per le manovre, che per supplire a condizioni sfavorevoli. Poi, l'angolo cucina e con evidente orgoglio mi dice: «Guarda, c'è anche l'attacco per l'impianto stereo. Potremo portare un lettore cd e sentire la musica».

«Dove prenderemo energia elettrica?» Leggo un velo di ammirazione nei suoi occhi.

Mi mostra il blocco batterie e mi spiega che faremo ricarica elettrica in ogni punto di attracco, ma lo vedo guardare in alto e indicarmi un piccolo aggeggio metallico. «Abbiamo installato anche un piccolo impianto eolico, così potremo ottenere sempre una minima riserva di fonte energetica. È questo il futuro, Alba» mi dice con enfasi. Sono sempre più affascinata da lui.

«È sicuro? Questa sarà la preoccupazione principale di mia madre».

«È sicuro» mi risponde, con un tono che mi mette pace.

Forse, sono io a perdere sicurezza per la situazione in cui sto per mettermi.

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