Capitolo Trentacinque
Pov. Jessica
Non riesco a toglierle gli occhi di dosso mentre racconta. Cerco di studiare le sue espressioni, per capire quando sia il caso di fermarla.
Non dev'essere facile per lei raccontare questa parte del suo passato.
"Come ti ho raccontato sabato sera, ho avuto due relazioni. La prima fu con Joy. Fu il mio primo ragazzo serio, la mia prima volta. Era un ragazzo a posto. Ci siamo lasciati dopo sei mesi in comune accordo, le cose non andavano più molto bene. Dopo un paio di mesi ho conosciuto questo ragazzo, Dwight" mi guarda, poi riprende
"Era tedesco, era ad Anharra per uno scambio culturale. Aveva due anni in più di me. All'epoca ne avevo quattordici anni. Mi ha conquistata da subito: con i suoi occhi chiari, capelli biondi e le lentiggini. Sembrava davvero un ragazzo a posto. Insieme stavamo bene, ridevamo, ci divertivamo. Mi ha chiesto di diventare la sua ragazza circa due mesi dopo esserci conosciuti, ed io ho accettato subito. Se solo avessi saputo.." sospira.
Rimango senza fiato. Immagino una piccola Sarah felice, entusiasta del suo nuovo fidanzato, trepidante di iniziare a costruire qualcosa con lui.
Attendo con ansia che riprenda
"Cominciammo la nostra relazione serenamente. Uscivamo con i miei amici, perché lui non ne aveva. Già, avrei dovuto pormi qualche domanda sul perché dopo due mesi fosse ancora solo, ma ho semplicemente pensato fosse un ragazzo timido, un po' come me. Allora ho cercato di integrarlo nel mio gruppo. Peccato che lui, lentamente, stava attuando il suo piano" sono confusa.
"Con il passare del tempo, vedevo sempre meno i miei amici. C'era solo lui per me. Mi ha manipolata, raggirata per mesi. Mi ha allontanata da tutti, perché lui era solo e sola dovevo essere anche io. Dovevo avere solo lui, in modo che nessuno potesse portarmi via. Nel frattempo, ci siamo spinti sempre più in là nella nostra intimità, finché non mi sono concessa a lui" si blocca un attimo, gli occhi sono lucidi
"Se vuoi possiamo fermarci" le dico, anche se vorrei disperatamente che continuasse.
"No" prende un profondo respiro, butta indietro la testa. Lascia passare cinque secondi e riprende "Concedermi completamente a lui è stato il mio errore più grande. Da quel momento ha capito di avere il pieno controllo su di me. Controllava ogni aspetto della mia vita: con chi dovessi uscire, per quanto tempo, come dovessi vestirmi e soprattutto quando dovevamo fare sesso" si ferma un attimo "E se non ne avevo voglia, lui mi costringeva, oppure mi.." si alza in piedi, avvicinandosi alla finestra.
Posso vedere il suo petto muoversi velocemente
"Mi picchiava. Schiaffi, pugni. Tutto perché non volevo andare a letto con lui" mi sento svenire.
Immagino Sarah rannicchiata in un angolo della stanza, in preda alla furia cieca di quel mostro.
"Sono così iniziati gli attacchi di panico, le notti insonne. Una notte, in preda alla tristezza ed alla disperazione ho pensato che se mi fossi resa brutta.. Lui non mi avrebbe più voluta. Così mi sono scagliata contro me stessa. Qui, qui e.. qui" indica prima la pancia, poi le braccia ed infine il retro delle cosce.
Non capisco.
"Ho cominciato a farmi del male, in modo che la sua percezione di me cambiasse. In modo che il suo desiderio di avermi.. sparisse" le allungo la mano e la tiro verso di me.
Sono seduta sul bordo del letto, lei è in mezzo alle mie gambe. Mi porge le braccia, ma a parte qualche piccola cicatrice non vedo molto altro.
Mi osserva, terrorizzata dalla mia reazione. Si alza leggermente la maglia e in quella piccola striscia di pelle scoperta posso intravedere tutto il suo dolore. Cicatrici su cicatrici.
Alcune sono piccole, altre invece vere e proprie voragini sulla pelle.
Mi si blocca il respiro. Sto male, mi sento opprimere da queste quattro mura. Mi manca l'aria.
Mi si annebbia la vista, piccole gocce mi cadono sulle gambe. Tira giù la maglia e mi prende il viso tra le mani
"Scusami, forse.. avrei dovuto aspettare per farti vedere questo"
"No, voglio vedere ogni cosa. L'hai detto tu, dobbiamo iniziare e finire questo discorso, in modo da non tirarlo più fuori. Posso vedere..?" indico le cosce.
Lei si blocca. Inspira profondamente, poi abbassa i pantaloni.
Ciò che mi si presenta davanti non è nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che avrei mai potuto pensare. La pelle è quasi completamente ricoperta di cicatrici.
"Posso..?" chiedo, allungando di nuovo la mano verso di lei.
Annuisce leggermente ed io faccio scivolare la mano sulla pelle ruvida. Mi sento la pelle bruciare al contatto con quelle ferite, che sono più di semplici ferite sulla pelle. Sono le ferite che ogni evento che Sarah ha vissuto, ha provocato alla sua anima.
Mi viene da piangere. Non riesco a credere che possa aver pensato di farsi del male, per colpa di una persona che non è stata in grado di apprezzarla. Stringo i pugni.
Le mi guarda, in attesa che dica qualcosa. È spaventata, sull'orlo di una crisi di pianto.
L'unica cosa che riesco a fare e avvicinarla a me, a baciare ognuna di quelle ferite, come se i miei baci fossero l'antidoto al veleno che le scorre dentro.
Le passo poi i pantaloni e l'aiuto a rimetterli. Dopo essermi calmata aggiungo
"Se te la senti, puoi continuare" tira quasi un sospiro di sollievo, si siede davanti a me.
Le prendo una mano tra le mie e la stringo forte. Mi sorride leggermente ed ho come il presentimento che il peggio di tutta questa storia debba ancora arrivare
"Ho cominciato così, martoriandomi il corpo. Ogni ferita era un po' come punirmi per non essere in grado di allontanarlo da me" stringo l'altra mano in un pugno
"Nel frattempo siamo arrivati al nostro ottavo mese insieme. Mancava ormai poco al suo ritorno in Germania, ed io tenevo il conto dei giorni che mancavano alla sua partenza. Ma ogni giorno che passavo accanto a lui mi spegnevo sempre di più. Ho cominciato a bere e a fumare. Lo facevo quasi ogni giorno, come a voler scappare da quell'orribile realtà che stavo vivendo. Un giorno litigammo violentemente: mi aveva vista parlare con un mio compagno di classe e quando uscimmo da scuola mi trascinò da lui, in quella piccola stanza messa a disposizione dalla scuola dove alloggiava, e mi picchiò di nuovo. Mi madre non sapeva molto della mia storia con lui, spendevo centinaia di euro al mese in trucchi per coprire i lividi, passavo ore sotto la doccia dopo il sesso affinché tutto ciò che avevo di suo sul mio corpo sparisse. Quella fu la nostra ultima litigata" mi guarda, e so che il peggio sta arrivando proprio ora
Mi sento soffocare
"Una volta tornata a casa, dopo aver passato più di mezz'ora a coprire i lividi, sono andata dritta in camera mia. Ho passato la serata sul mio letto, in attesa che l'oscurità spegnesse il mondo. La mattina seguente mi sono finta malata, ho aspettato che mia madre ed i miei fratelli uscissero di casa e sono andata in bagno, ho aperto l'armadietto delle medicine. Ho preso probabilmente una quindicina di pillole, e le ho buttate giù. Mi ricordo benissimo di aver disposto le pillole in fila, perfettamente allineate e di averle divise in cinque gruppi. L'effetto è stato immediato. Ho barcollato fino al mio letto, dove ho aspettato che le pillole facessero effetto, nella speranza di non risvegliarmi più"
Non posso credere che la ragazza che ho qui davanti abbia davvero voluto porre fine, volontariamente, alla sua vita. Nella mia testa vedo una Sarah barcollante, in preda all'effetto narcotico delle pillole che si accascia sul letto, aspettando che l'angelo della morte la porti via da noi.
Da me.
Mi immagino come sarebbe stata la mia vita se il suo assurdo piano avesse funzionato: sarei ancora una ragazza vuota, senza sentimenti.
Sento le lacrime risalire, e bagnare il mio volto. Lei sgrana gli occhi e mi si avvicina, cautamente, come per analizzare la mia reazione.
Lascio che le sue piccole manine mi asciughino le lacrime.
"Scusami, io.." balbetto "Dio, se solo ti fosse successo qualcosa" stringo i pugni
"Sono stata stupida, lo so. Ma ero solo una ragazzina" scuote la testa
Non pensavo fosse arrivata a tanto
"E poi?" chiedo, asciugandomi le ultime lacrime
"Ciò che è successo nei mesi successivi è molto confuso. Non ricordo molto. Ho passato qualche settimana all'ospedale, tra un reparto e l'altro, e poi sono stato sballottata da uno strizzacervelli ad un altro"
"E lui?"
"Mia madre l'ha denunciato. È stato accusato di violenze sia fisiche che.. sessuali su una minorenne e per istigazione al suicidio. Non saprei dirti ora che fine abbia fatto. Se sia in carcere qui, oppure in Germania. Se si sia ucciso per i sensi di colpa e se sia ancora vivo scontando la sua pena convinto di aver fatto la cosa giusta. Non lo so e nemmeno mi interessa. Dopo il mio ricovero non è più uscito fuori il suo nome, nessuno ha mai più provato a fare riferimento a lui. Il mio percorso di riabilitazione è durato anni. Il mio tentato suicidio ha provocato effetti disastrosi sulla mia vita sociale. Tutti a scuola mi guardavano in modo diverso, ero diventata quella.. strana. Ma devo dire che all'epoca non mi interessava. Ero così vuota e priva di ogni mia entità. Ho frequentato per anni, e tutt'ora frequento uno psicologo che è stato letteralmente il mio angelo custode. È riuscito a farmi risalire dal baratro in un modo che non ritenevo possibile"
Si alza, e si posiziona davanti alla finestra. La giornata è triste e nuvolosa. Il sole è nascosto dietro alle nuvole, incapace di fare capolino. Le fronde ormai quasi completamente spoglie sono mosse da un vento freddo e si vedono le foglie cadere lentamente, creando una triste coreografia nell'aria fredda di novembre.
La osservo: è così piccola all'interno di quel pigiamone di flanella. Sembra una bimba che indossa gli abiti della mamma.
Guarda fuori, in silenzio. Mi sento confusa e disorientata.
Forse vuole rimanere in silenzio. O forse vuole che dica qualcosa?
Questo sembra uno di questi silenzi in cui non è necessario aggiungere nulla, perché ogni frase, ogni parola sarebbe superflua.
Così decido semplicemente di alzarmi dal letto e raggiungerla.
La cingo da dietro, chiudendola in un abbraccio che vorrei durasse in eterno.
Pov. Sarah
Affrontare quei ricordi è stato doloroso, più di quanto mi aspettassi. Più di tutto è stato doloroso ricordare il dolore causato alle persone che avevo intorno: ricordare i pianti di mia madre quando pensava che ormai dormissi, i pianti di Joe ogni volta che mi vedeva.
Ripercorrere tutta la mia vita, dall'incontro con Dwight al giorno in cui ho rischiato di morire è stato terribile ma ora mi sento come se fossi più leggera.
Mi sento bene ora che lei sa ogni cosa su di me, ogni singola cosa orribile che ho fatto.
Ora spetta a lei decidere se voler continuare o meno la nostra storia.
Mi sembra tutto opprimente in questo silenzio. Mi alzo e vado vicino alla finestra. Guardo gli altri studenti muoversi veloci nel campus, ridendo e scherzando, ignari del fatto che una ragazza si è appena concessa, con tutte le sue debolezze, ad una meravigliosa ragazza dai capelli grigi.
Ciò che abbiamo appena fatto è stato più intimo del sesso. Mi sono esposta completamente con lei.
Ora spetta solo ed unicamente a Jess decidere se restare accanto a questa bomba ad orologeria pronta ad esplodere oppure scappare. Scappare il più lontano possibile prima di essere colpita dalla sua onda d'urto.
Ho paura, davvero, che possa scegliere di scappare via da me, spaventata da ciò che sono stata e da ciò che potrei essere.
Ma poi lei si alza e sempre in silenzio, mi raggiunge. Mi cinge da dietro, stringendomi in un abbraccio confortante.
Mi lascia un piccolo bacio sul collo ed ispira profondamente il mio profumo.
"Sono.. Sono senza parole" aggiunge subito "Sapevo che fossi diversa da tutte le altre ragazze, ma non avrei mai immaginato che potesse essere questo il motivo"
"Di certe realtà si parla ancora troppo poco" scuoto la testa "Ho deluso molte persone con il mio gesto" abbasso lo sguardo
"Ehi, ehi" mi tira su il viso "Non è vero, tu non hai deluso nessuno. È stato un periodo così difficile per te, ma è passato ormai, no?" annuisco
"Non ricapiterà più, lo prometto. Non andare via" scoppio a piangere tra le sue braccia e l'unica cosa che riesce a fare e stringermi in un abbraccio.
Lascia che mi sfoghi contro di lei, bagnandole la maglietta. La stringo forte, con la paura che possa essere la mia ultima opportunità di farlo.
"Mi sto innamorando di te Sarah" dice tutto d'un fiato.
Rimango senza parole. I miei singhiozzi si interrompono e la guardo sconvolta
"Cosa?" sussurro
"Forse è ancora presto per dirlo, ma dio Sarah, mi sto innamorando di te. Sta succedendo così velocemente che non riesco star dietro ai miei stessi sentimenti ed il fatto che tu ti sia così aperta con me, su un argomento così.. personale, so che non è stato per niente facile per te, ma l'hai fatto e ciò che mi fa capire quanta fiducia tu riponga in me. Non voglio deluderti Sarah. Voglio stare con te perché ne vali la pena" mi guarda fisso negli occhi
"Lo so, lo so che non so la persona adatta a te, che ti farò soffrire, ma giuro che non mi permetterò mai di alzare contro di te nemmeno un dito. Voglio prendermi cura di te Sarah, perché meriti di essere amata più di quanto credi"
"Io.." sussurro. Sento il cuore battere all'impazzata, non capisco più niente.
Le ho appena confessato di essere una malata mentale con manie suicide, e lei in tutta risposta si dichiara a me?
"Voglio farti felice, voglio renderti felice. Voglio farti conoscere la felicità e voglio darti la possibilità di fidarti di nuovo di qualcuno"
"Penso di raggiungere la felicità ogni volta che sto con te. Non sono mai stata così felice come quando sto con te" le si illuminano gli occhi
"Allora Sarah Davis, vuole venire con me a conoscere la felicità?" mi porge la mano, le lacrime agli occhi.
Annuisco semplicemente, le lacrime che mi rigano il viso.
Mi tira a sé chiudendomi in un abbraccio che mi toglie il respiro, poi mi bacia delicatamente.
E sento come se stessi per raggiungere quel posto lontano chiamato Felicità.
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