Capitolo Settantuno
Jessica Thompson
Quando il preside mi chiese di scrivere un tema di tre pagine sul perché dovessi ancora rimanere qui, alzai gli occhi al cielo, lo ammetto.
Un tema? Già me lo immaginavo sul fondo di un cassetto, senza nemmeno essere letto, come testimonianza del mio passaggio in questo luogo.
Poi però pensai che forse poteva essere davvero la mia occasione per essere ascoltata, per raccontare una Jessica diversa, che in pochi conoscono.
Una Jessica che va oltre il suo orrendo curriculum scolastico.
Quando arrivai qui, ero una persona diversa. Completamente disinteressata a tutto ciò che succedeva intorno a me.
Non mi importava di nulla, se non di me stessa. Cercavo ogni modo possibile per stare bene, più o meno moralmente corretto che fosse.
Odiavo il mondo perché due delle persone a cui tenevo di più, quelle che ritenevo fondamentali per me, mi avevano tradita.
Sentivo di avere tutto contro di me, non avevo un vero motivo per comportarmi bene.
Per non parlare di quei maledetti lavori socialmente utili: ore della mia vita a raccogliere spazzatura lungo le strade di Thiggy Town o a pulire le mura della città dai graffiti.
Odiavo la mia vita, e probabilmente anche lei odiava me. Effettivamente in quel periodo ero davvero cattiva.
Quando cominciai a seguire le lezioni, ero disinteressata. Non mi interessava nemmeno più finire il college.
Il mio unico obbiettivo era allontanarmi dalla mia città, dalla mia famiglia. Mi sentivo così rifiutata da tutti, volevo solo scappare.
Il signor Birder fu il primo a farmi aprire gli occhi. Con le sue lezioni strampalate ed i suoi comportamenti così irriverenti nei miei confronti furono il mio campanello d'allarme.
Era ora di tornare alla realtà.
Lui fu uno dei pochi a capire il disagio che stavo vivendo. Lo ascoltò quando fui pronta a parlarne e mi aiutò quando poté farlo.
Nel frattempo mi iscrissi al corso di kick boxig. Se quel sacco potesse parlare, ora mi denuncerebbe per tentato omicidio. Quanti pugni tirati, nei momenti di sconforto più assoluto.
Ogni volta che lasciavo la palestra, mi sentivo più libera. Come se un peso fosse rimasto là su quel dannato sacco da boxe.
Il tempo passava ed io continuavo ad utilizzare le persone come antidepressivo.
Il vuoto che avevo nel petto era sempre lì, non passava mai. Solo durante le lezioni del Signor Birder riuscivo ad avvertilo un po' meno.
Poi un giorno tutto cambiò. È stato il giorno in cui l'ho incontrata.
Entrò in classe, preceduta dalla sua esuberante amica, ma io la notai subito.
Da quel momento la mia vita ha ripreso, giorno dopo giorno, ad avere un significato.
Sì perché se da un lato mi avvicinavo di nuovo all'umanità ed all'intimità con un'altra persona, dall'altro grazie al signor Birder mi avvicinavo alla psicologia.
Grazie a lui ho capito cosa voglio fare nella mia vita. Voglio poter aiutare i ragazzi come me, che per un motivo o per un altro, si sentono persi.
Voglio poter guardare quei ragazzi negli occhi e dirgli "Sì puoi uscirne, io ne sono la testimonianza".
Quindi, tornando al motivo principale per cui sono qui a scrivere tutto questo.. Perché dovrei rimanere ancora qui?
Qualsiasi cosa io dica, potrebbe sembrare un inutile arrampicata sugli specchi ma ci proviamo lo stesso.
Dovrei restare perché sono molto di più di una ragazza accusata di spaccio di hashish.
Non sono una spacciatrice, sono semplicemente una ragazza che si è trovata nel posto giusto al momento giusto. Sì, dico giusto, perché in fondo so di aver fatto la cosa giusta togliendo la droga dalle mani della mia compagna.
So bene cosa vuol dire trovarsi in difficoltà e sentire l'esigenza di scappare via. Molto spesso non è possibile farlo e per questo si ricorre alla droga. Ti permette di viaggiare senza nemmeno alzarti dal tuo letto.
Dovrei rimanere perché è qui che ho capito cosa voglia dire amare una persona. Qui è dove ho incontrato lei, il mio nuovo inizio. Dove una nuova Jessica è nata e dove una nuova Jessica vuole farsi strada nel mondo.
Perché qui è dove ho capito, per la prima volta nella mia vita, cosa voglio fare da grande.
Dico da grande perché so che in fondo c'è ancora tanta strada da fare.
So di essere ancora un'immatura ragazza di diciassette anni, che pensa di sapere tutto della vita solo perché ha passato un paio di notti in galera.
Arrivando qui ho scoperto invece che non sapevo proprio nulla.
Non sapevo prendermi cura di un'altra persona che non fossi io.
Non sapevo fare l'amica, perché dopo essere stata tradita in un modo così brutale dal mio migliore amico, non credevo più alla parola amicizia.
Questo campus mi ha insegnato che oltre alla droga ed ai guai c'è molto di più. C'è l'amore, l'amicizia, l'ambizione e la soddisfazione personale.
Ricordo ancora il primo volto del sig. Birder.
C.
Quanto lo odiai. Ero convinta di essere preparata, davvero. Quella 'C' è stata un duro colpo.
Così presi in mano quel dannato libro e studiai come una matta, passai pomeriggi interi a ripassare quei capitoli. Il voto seguente fu una 'A'.
Era così orgoglioso di me, ed anch'io lo ero.
Dopo tanto tempo avevo fatto qualcosa di buono.
Quando i miei figli mi chiederanno cosa ricordo di più del college gli risponderò le notti passate abbracciate a lei, le mattine passate a scaldarci al sole in attesa dell'inizio delle lezioni. Oppure i pomeriggi passati con le ragazze a fantasticare una vita lontana da qui non sapendo che in realtà la nostra vita è proprio qui che sta cominciando.
Questo posto che tanto odiamo, in questo momento così delicato, è uno dei pochi posti sicuri che ho.
Forse per voi le mie sono solo parole dette da una ragazzina che cerca di salvarsi da un'imminente espulsione, ma per me sono molto di più.
Con questo tema mi sono messa a nudo, davanti a chiunque leggerà questo testo.
Spero che possiate capire il mio pentimento e soprattutto il desiderio che ho di continuare questo percorso, perché so che grazie a questo campus posso davvero diventare qualcuno.
Questo college rappresenta per me, in ogni sua sfaccettatura, un punto di partenza da cui partire per raggiungere una nuova me.
Una nuova Jessica. Più amorevole, meno indifferente.
Una versione migliore di me.
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