Capitolo Quattro
La prima settimana al campus è passata.
Ormai stiamo imparando a muoverci, ma non per questo abbiamo perso i contatti con quei tre imbecilli del secondo anno.
Ogni mattina ci troviamo puntuali al bar del campus per fare colazione, quando le pause pranzo coincidono abbiamo il posto fisso in mensa tutti insieme e tutte le sere ci troviamo vicino alla fontana centrale per parlare un po'.
Le cose con Dj stanno andando bene, mi sento meno a disagio sotto le sue attenzioni.
"Piccola rossa" mi sorride, mettendomi un braccio intorno sulla spalla
"Capellone" gli passo quotidianamente una mano tra i suoi capelli afro
"Che ne dici se stasera andiamo al cinese? Solo io e te, s'intende"
"Cosa?" rimango spiazzata dalla sua proposta
"Sì hai capito bene timidona. Io, te e tanti involtini plimavela. Tu capile?" mi prende in giro
"Scemo" gli tiro uno schiaffo sul petto muscoloso "Io.."
"Bene grazie. Ti passo a prendere alle sette" mi posa un bacio sulla guancia
Scoppio a ridere, senza rispondere.
So che Dj è un bravo ragazzo, una persona per bene ma stare sola con lui mi agita.
Mi accompagna fino in camera dove trovo Laureen con una maschera sul viso intenta a smaltarsi le unghie dei piedi
"Che cosa?" urla "Ti ha chiesto di uscire?"
"Non urlare" rido "Sì. Alle sette, stasera. Ristorante cinese"
"Oh mio dio, cenetta romantica dal cinese! Io lo sapevo, ti ha messo gli occhi addosso dal primo giorno!"
"Sì ma Lauren.. Io.."
"Non fare la timidona ora! Dj è uno dei ragazzi più belli che abbia mai visto. Qual è il problema?"
"È una lunga storia lili.. Complicata"
"Non sarai mica lesbica?" non riesco a trattenere una risata
"No, semplicemente non amo le.. relazioni" ripenso all'enorme periodo nero che sono stati gli anni del liceo. Scuoto la testa
"Oh, capisco" si limita a dire, ma la curiosità la sta divorando.
Non mi va di parlarle di quella fase della mia vita.
Ciò che è successo prima del college non deve entrare qui dentro. Non ho intenzione di vedere di nuovo lo stesso sguardo compassione che vedevo nei corridoi del mio liceo.
"Non ti preoccupare Sarah. A Dj piaci proprio per quello che sei. Non dovrai comportarti in modo diverso, sii semplicemente te stessa e vedrai che andrà a gonfie vele" mi sorride
"Non ho nulla da mettermi"
"Per quello non c'è problema. Ti ricordo che sono arrivata qui con ben sette valigie, ripeto, sette valigie! Qualcosa troveremo" mi sorride "Vieni qui, forza"
Prima che possa ribattere, mi trovo seduta sul letto, con una strana poltiglia sul viso
"Non parlare o la maschera non farà effetto. Dovrai tenerla mezz'ora"
Mi prende le mani e ci stende dello smalto lilla, molto grazioso.
Vorrei controbattere che trovo tutto questo esagerato, per una semplice uscita tra amici, ma la maschera si è seccata, indurendomi la pelle.
Non riesco a muovere la faccia, ed il risultato è un insieme di versi sgraziati e senza senso.
Decido di accantonare le mie lamentele per quando questa poltiglia disgustosa sarà stata tolta dal mio viso.
****
Dopo un lungo pomeriggio immerse nei preparativi, sono pronta.
Mi guardo allo specchio: i lunghi capelli rossi mi cadono sulle spalle, incorniciandomi il viso.
Gli occhi sono delineati da una matita nera, e le ciglia ispessite da passate di mascara.
Mi sono categoricamente rifiutata di mettermi un vestito, e Laureen si è dovuta accontentare di un paio di jeans chiari e un top lilla.
"Sei bellissima!" mi abbraccia "Oh, fai attenzione ai capelli" me li aggiusta
"Dici?"
"Dj rimarrà senza parole" batte le mani per l'entusiasmo "A proposito, è già qui fuori!"
"Che cosa?" balbetto
"Sì! Guarda!" sposta la tendina che dà sul giardino.
Dj ha in mano il cellulare, sembra indeciso su cosa fare. Si guarda nervosamente attorno, mentre si passa il telefono da una mano all'altra
"Anche lui sembra piuttosto agitato. Forza, vai vai! Poi appena torni mi racconti tutto!"
Laureen mi trascina fuori dalla stanza, chiudendomi la porta in faccia.
Sono nel panico. Ho provato più di una volta a dire a Laureen che non volevo essere troppo attraente ma non ha voluto sentire ragioni.
Ed ora mi sento totalmente vulnerabile, anche se il mio corpo è coperto per il 90%.
Tranquilla Sarah, va tutto bene, va tutto bene. Non tutti gli uomini sono dei mostri.
Per esempio il dott. McHellen. Lui non è un mostro, è più un angelo custode. Mi ha preso sotto la sua ala, quando non riuscivo più nemmeno a guardare le persone in faccia e con il suo amore e le sue cure mi ha aiutata a guarire dal buco nero che ero diventata.
So che Dj è un bravo ragazzo, ma non sono mai rimasta sola con lui, se non per brevi periodi, giusto il tempo di accompagnarmi fino al mio dormitorio.
Cammino nervosamente verso Dj, che mi sta aspettando contro un albero
"Ehi" lo saluto
"Ehi" mi rivolge un enorme sorriso appena mi vede "Sei fantastica!" mi fa fare una giravolta
"Grazie mille" le guance diventano bordeaux "Anche tu non stai male"
"Tutto qui? 'Anche tu non stai male'? Ah, lo sapevo, avrei dovuto mettere la camicia hawaiana. Le ragazze non possono resisterle" scoppio a ridere fragorosamente.
Camminiamo verso il ristorante, con un po' di imbarazzo iniziale: nonostante lui sia un gran chiacchierone, sembra un po' impacciato.
Mi apre la porta, facendomi passare davanti. Lo ringrazio e poi mi accompagna al tavolo prenotato per due.
Panico.
Mi siedo davanti a lui ed inizio a muovere nervosamente le gambe sotto al tavolo.
Il mio sguardo inizia a ad analizzare il locale, pur di non incrociare gli occhi di Dj: le pareti sono coperte da una spessa carta da parati rossa decorata con piccoli disegni cinesi color oro e al posto delle lampade graziose lanterne cinesi.
Come sottofondo, una canzoncina dai toni orientali.
L'atmosfera è terribilmente romantica.
Provo a chiudere gli occhi, lasciandomi tranquillizzare dalla dolce melodia.
Tiro un lungo respiro
"C'è per caso un terremoto?" mi deride Dj: la mia gamba si sta muovendo nervosamente sotto il tavolo, facendo tremare tutto quello che c'è sopra
"Scusa, sono un po' nervosa" gioco nervosamente con le dita
"Un po'? Questo è un terremoto di grado otto della scala Richter"
"Riesci contemporaneamente a mettermi a disagio ma farmi ridere come nessun altro" rido
"Buon segno no?" mi fa l'occhiolino, e le guance si colorano ancora "Tranne per il fatto che ti metto a disagio.." ride nervosamente
"Sicuramente un buon segno, anche se mi metti a disagio" gli sorrido leggermente. I miei occhi incrociano i suoi per un attimo, e mi si chiude lo stomaco.
Un cameriere dall'aria indaffarata ci raggiunge, tenendo in mano un taccuino.
Dj ordina anche per me, visto che non riesco a decidermi e poi inizia a parlarmi della sua passione per la musica e della band avuto fino all'anno scorso.
Mi racconta anche dei suoi concerti nei locali, e che pensava di lasciare il college per potersi dedicare interamente alla musica.
Lo ascolto raccontare della sua vita, finché lui non mi chiede di parlare di me.
"Avanti, sono sicuro che ci sia molto da dire su di te. Sei fantastica" le mie guance si colorano
"Grazie" sorrido "Ma non c'è nulla da dire"
"Non ci credo, non può esserci nulla da dire" mi prende in giro "Ogni volta che ti guardo negli occhi, mi convinco che tu abbia una sorta di segreto. Un segreto che custodisci, che non vuoi che si sappia"
Abbasso lo sguardo
"Ma cosa dici" rido nervosa
"Hai abbassato lo sguardo" mi fa notare "Ma ci conosciamo da poco, capisco che tu non voglia parlarmene. Quando ti sentirai pronta potrai farlo quando vuoi" mi sorride "Ma adesso parlami del liceo"
Proprio il discorso che volevo evitare. Provo a raccontare quegli anni senza lasciar trapelare il senso di inquietudine che mi chiude lo stomaco ogni volta che ripenso a quegli anni.
Racconto i pochi momenti belli che ho vissuto: le giornate con gli amici, le figure imbarazzanti, il mio lavoro come scrittrice per il giornale della scuola. Qualsiasi cosa che mi riporti lontano dal 14 aprile di tre anni fa.
Passiamo la serata così, tra due chiacchiere e degli involtini primavera, finché non mi accompagna in stanza.
Quando torno, Laureen dorme sul suo letto, gli auricolari nelle orecchie e il pc sulle gambe.
Delicatamente glieli tolgo, e poi mi metto a letto.
Dj è riuscito a cogliere la mia inquietudine, a cogliere il fatto che sia qualcosa che mi tormenta l'anima.
È un ottimo osservatore, ma non posso pensare di raccontargli la verità, perché non voglio che il suo sguardo allegro e curioso si trasformi in uno sguardo di compassione proprio come quello delle persone che frequentavano il Public Institute.
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