PROLOGO

Come hai potuto non accorgerti di nulla Arianna?

"Perché mi dai le colpe di tutto? Me lo spieghi?"

Urla. Urla e solo Urla. Erano queste ciò che sentivo ormai da settimane. I miei genitori che continuavano a litigare per colpa mia. Se non avessi cercato di farmi del male, forse tutto ciò non sarebbe mai accaduto.

"Forse perché io sono sempre a lavoro, lo sai benissimo che non è colpa mia se sono lontano da casa. Vorrei star più vicino a nostro figlio, ma questo caso mi sta distruggendo e non riesci a capirmi. Non posso pensare che nostro figlio abbia tentato di togliersi la vita e io non c'ero per fermarlo. Questo lo capisci? Si o no ?"  Papà non era mai arrabbiato, non lo avevo mai sentito urlare, o tantomeno alzare il tono di voce. Era sempre stato un uomo pacato.

Mio padre è sempre stato molto severo, alle volte mi sentivo molto a disagio con lui, forse perché non lo vedevo mai, essendo avvocato, era sempre fuori per qualche nuovo caso da risolvere e ogni qual volta che tornava a casa, per me era come se si fosse presentato alla porta di casa un completo estraneo.

"Mi dispiace Leonardo, va bene? Non pensavo che Mattia potesse essere afflitto da problemi così gravi." La voce di mamma era così flebile, forse lei stessa non lo riconosceva più.

"Certooo...mi sembra ovvio, passi le giornate dal parrucchiere, dall'estetista oppure a passare inutili ore a prendere il thé con quelle gattemorte delle tue amiche" Volevo trovare giustificazioni nel comportamento di mamma, ma purtroppo non le trovavo. Ero sempre da solo, lei non c'era mai, quelle poche volte che era a casa, era impegnata nel spettegolare con le sue amiche del quartiere

Mi faceva male sentire la mia famiglia litigare in questo modo, ma dall'altra parte ero anche contento. Si. Contento perché per la prima volta stavo capendo che mio padre tenesse veramente a me, che anche se eravamo lontani molto spesso, io ero sempre nei suoi pensieri. Mi dispiace aver pensato che non mi volesse bene.

"È finita Arianna. Basta. Mattia verrà via con me, non lo lascerò qui a morire. Non permetterò che la vita di mio figlio si distrugga. A breve lo porterò via con me e ti manderò le carte del divorzio e dell'affidamento esclusivo."  Papà non è mai riuscito ad ammettere a sé stesso che il suo matrimonio era finito già da molto, altrimenti non avrebbe iniziato a conoscere da alcuni mesi un'altra donna.

"No. Non puoi farmi questo Leonardo. Non puoi portarmi via mio figlio!"

"Si che posso. Ci pensavi prima alla vita di tuo figlio, se ci tenevi così tanto. Ora è troppo tardi e Mattia verrà via con me. "

Mi dispiaceva andare via da mia madre, ma forse mi avrebbe fatto solo bene sparire da questo clima tossico. Lei era sempre fuori, non pensava mai a me, ogni volta che avevo bisogno di lei non c'era. Stare con papà mi avrebbe sicuramente fatto bene. Mi dispiaceva allontanarmi da mamma, ma io non potevo difenderla, perché quello che aveva detto papà era vero.

"Leonardo sappiamo entrambi, che Mattia non è l'unica motivazione per cui tu te ne stai andando, ne abbiamo consapevolezza entrambi. "

"Non cambiare discorso. Questo non c'entra nulla. Ora l'unica cosa importante è che io porti via mio figlio da questo ambiente sporco, cattivo e malsano."

4 mesi dopo

Ero in macchina ormai da molte ore. Non avevo fatto altro che ascoltare musica e isolarmi nel mio mondo personale.
Pensavo. Pensare mi riusciva molto bene, anzi forse anche un po troppo. Papà guidava da molto, il suo sguardo era fisso sulla strada e anche se io non potevo guardarlo fisso negli occhi, potevo accorgermene che erano occhi di un papà deluso da se stesso. Mi sentivo estremamente in colpa nel fatto che mio padre potesse pensare che quello che ho fatto è colpa sua o che se avesse notato qualcosa avrebbe cercato di non farmi mai raggiungere tanto l'oblio.

"Mattia siamo quasi arrivati, vuoi toglierti un po' quelle cuffie?" Aveva ragione, lui aveva cercato più volte durante il tragitto di approcciare una conversazione ma io lo avevo completamente ignorato.

"Scusa papà..." seppi pronunciare solo queste parole

Lo avevo fatto preoccupare tanto, ero riuscito a pensare che lui non mi volesse bene, che gli importasse più il suo lavoro che me. In realtà era tutto il contrario. Mi dispiaceva tanto aver pensato tutto ciò di lui, averlo trattato anche male nei piccoli momenti in cui eravamo insieme. Forse questa era una seconda possibilità di creare un rapporto con lui.

Dopo un altra mezz'ora di viaggio, finalmente arrivammo, scesi dalla macchina e davanti a me mi ritrovai  uno splendore. Come al solito papà aveva scelto il meglio. Era una casa a tre piani con enormi finestre. Era circondata da un enorme giardino. Davanti a me si estendeva un piccolo vialetto cicordato da luci da giardino, fiori e piante. Sembrava quasi mi trovassi in un giardino botanico.

"Papà ma non avrai esagerato?" dissi ridendo sotto i baffi

"No perché? È una casa normale come tutte le altre" Papà aprì la porta di casa, l'intero non poté che stupirmi

"Se per te una casa a tre piani assomiglia ad un hotel, in più dovremmo starci solo noi due. Inoltre guarda le altre case del quartiere, massimo sono a due piani, dì la verità che hai voluto un pò strafare come al solito." Posai le valigie all'entrata e iniziai a esplorare un po' la casa

"La tua stanza è all'ultimo piano. Così avrai tutti gli spazi." Urlò papà cercando di farmi sentire

Non aspettai un minuto di più e andai a vedere la mia nuova stanza. Appena aprii la porta, rimasi incantato.

La stanza era immensa, grandissima. Era tutta sui toni del bianco, del grigio e alcune spruzzate di giallo. Era perfetta. Il letto era ad una piazza e mezza. Difronte al letto si estendeva una grandiosa libreria con una scrivania. C'era tutto. Era la mia stanza perfetta
Sentii aprire la porta ed era papà

"Spero ti piaccia, non conosco molto i tuoi gusti ma diciamo che mi sono fatto aiutare dal mio istinto." Era imbarazzato, penso che lo rendesse triste il fatto che non conoscesse molto di suo figlio. Ma una seconda opportunità si dà a tutti no?

"E il tuo istinto non ha fatto cilecca. Anzi, ha colpito in pieno. Va benissimo, è perfetta. Tranquillo papà." Gli diedi una pacca sulla spalla e d'un tratto inaspettatamente mi strinse forte in un abbraccio

"Mi rendi felice, sapendo che stai iniziando a sentirti bene qui. Ma promettimi che quello che hai fatto non succederà più, hai capito?" Non avevo mai notato l'intensità degli occhi di mio padre. Non li avevo mai visti da così vicino, ma trasudavano di una forza immensa.

"Te lo prometto, non capiterà più." Mi dispiaceva avergli inflitto così tanto dolore, ma mi sentivo così perso, così solo.

"Mattia, ho già parlato con la preside, domani ti aspetta per iniziare l'orario scolastico, gli ho detto che avresti bisogno di alcuni giorni per riprenderti da tutto, però lei ha insistito che l'anno è già iniziato e non puoi perdere altre lezioni, mi dispiace."  Papà si preoccupava anche per questo. Ero proprio un cretino a credere che gli fossi indifferente.

"Tranquillo pa, ci vado, non c'è nessun problema." Lo tranquillizzai, aveva bisogno di questo. Non era il caso di tartassarlo con i miei film mentali

IL GIORNO DOPO

Erano le sette del mattino e io ero già pronto, lavato, vestito, avevo finito la colazione e preparato la borsa. Ero così in ansia che mi ero svegliato due ore prima. Si ero in piedi dalle cinque del mattino.
Forse sarò pazzo. Forse lo sono. Ma cosa ci posso fare? Mi saltavano alla mente tanti brutti ricordi e mi facevo film mentali come mio solito. 

Il tempo non passava mai, ero inchiodato sulla poltrona nella mia camera a fissare il cielo al di fuori della mia finestra. All'improvviso sento la porta aprirsi ed era papà alquanto sorpreso

"Ero venuto a svegliarti. Tra un ora dobbiamo andare, ma vedo che sei già pronto. Allora scendi che c'è la colazione giù." Era da molto tempo che non vedevo mio padre sorridere, forse questo allontanamento da casa era stato di aiuto anche a lui.

"In realtà ho anche mangiato. Sono sveglio dalle cinque papà. " mio padre a quelle parole si fermò

"Come dalle cinque? Perché?!" Era alquanto sconvolto

"Ansia papà. Ho paura. E se trovassi le stesse persone che c'erano a Bari?"  Volevo dirgli la verità, volevo essere sincero, gli avevo nascosto troppe cose in questi anni, era l'unica famiglia che avevo.

"Ma, Matti. Come puoi pensare una cosa del genere? Ancora non le conosci queste persone, non pensare subito negativo, vedrai che avrai persone accoglienti." Mi mise una mano sulla spalla per rassicurarmi, volevo credergli.

Arrivai a scuola, io e la preside ci dirigemmo verso quella che da lì a poco sarebbe stata la mia classe.
Quando la preside bussò alla porta a mi cominciò una taticardia assurda.

Appena entrai, notai subito tutti gli occhi dei miei futuri compagni di classe squadrarmi dalla testa ai piedi e io tra tutti notai due occhi marroni di un ragazzo, occhi che non avevo mai visto. Avevano un qualcosa che non avevo mai visto. Erano di un intensità mai vista e a differenza degli altri, quel ragazzo mi osservava come se gia mi conoscesse.

"Allora ragazzi, buongiorno a tutti. Mi scuso per aver interrotto la vostra lezione ma vorrei darvi una bella novità. Da oggi avrete un nuovo compagno di classe. Dategli il benvenuto. " la preside con fare amichevole mi mise una mano sulla spalla

"Come ti chiami?" Chiese la professoressa che stava facendo lezione prima della mia entrata in scena

"Mattia, Mattia Gori." Appena dissi il mio nome, come già mi aspettavo, si alzò un brusio di voci, quel silenzio così agghiacciante era scomparso, tutto grazie ad un semplice cognome.

Mio padre era un avvocato, rinomato ormai in tutto il paese grazie alla sua straordinaria caparbietà, forza nel mandare molti criminali della mafia organizzata in galera. Ormai il suo nome era su tutti i giornali. Tutti ormai conoscevano Leonardo Gori.

"Va bene Mattia, siediti dove vuoi." Io senza esitare scelsi un banco singolo in fondo.

"Il figlio di papà, vuole stare da solo, ragazzi siamo dei plebei, non siamo alla sua altezza." Tutti iniziarono a ridere, ma ormai sapevo benissimo questo tipo di iniziative, il solito coglione che voleva attirare l'attenzione su di sé. Ma da quando sono partito mi sono ripromesso di una cosa, di non farmi calpestare più e a quanto pare dovevo iniziare subito a mettere in pratica. Mi girai di scatto, e i miei occhi avvelenati centrarono quelli del coglione che aveva sparato aria dalla bocca.

Sogghignai

"Tu saresti il coglione di turno? Piacere. Io non sono nessuno. A quanto vedo ci sono 3 banchi vuoti e io posso sedermi dove voglio, non lo decidi tu, se poi ti senti inferiore per non so quale tua paranoia, non è un mio problema." Dissi ridendogli in faccia, sedendomi al mio posto, a quanto pare il brusio era finito. Mi sa che avevo fatto colpo.

Dopo essermi seduto, sentii una strana sensazione di essere osservato e non appena mi girai verso sinistra, per far finta di prendere qualcosa dalla borsa, notai gli stessi occhi di prima. Ma non erano più come prima, erano per lo più indagatori, erano sospettosi. Mi sa che avevo colpito il suo amico. Va be non me ne frega nulla. Non è colpa mia se quel tizio ha una testa di merda.

Dopo finita la lezione, iniziò una breve pausa, tutti parlavano tra di loro, io presi le mie cuffiette, accesi la musica e iniziai a scarabocchiare sul mio taccuino

Mi sentivo strano. Si. Non riuscivo a capire dove avevo tirato tutta quella forza e sputarla fuori rispondendo a quel ragazzo. Mi ero promesso di non farmi calpestare più, ma non ero neanche certo se c'è l'avrei fatta. Forse però potevo.

Assorto nei miei pensieri, non mi accorsi che qualcuno mi aveva tolto una cuffia dell'orecchio, solo quando iniziò a parlare, me ne accorsi e mi venne un colpo.

"Amo anche io le canzoni di Ultimo. Sono così profonde, belle." Una ragazza bionda si era presa una mia cuffia e io non me ne ero neanche reso conto.
Scattai di botto, mi aveva preso di soprassalto

"Oddio scusami. Non volevo." Replicò facendo un sorriso invidiabile, porgendomi la cuffia

"Non ti preoccupare." risposi educatamente riprendendo la cuffia

"Comunque piacere Eugenia." Mi porse la mano, io la guardai per un momento interdetto, poi gliela strinsi

Era la prima volta che una persona di sua spontanea volontà era venuta per conoscermi.

"Che dici se vieni vicino a me? Dai tanto sono sola, mi dispiace che tu stia qua tutto solo, sei anche nuovo. Mi dispiace per la brutta accoglienza dei mie compagni, qui pochi conoscono ancora le buone maniere" Replicò alzando il tono della voce, guardando il gruppetto in fondo, facendogli capire che c'è l'avesse con loro

"Ma no tranquilla, sto bene qui, per oggi vorrei stare un po' da solo se non ti dispiace."

Non era per oggi. Io volevo rimanere sempre solo. Speravo che rimanessi inosservato, non volevo essere al centro dell'attenzione, volevo che tutti mi ignorassero.

"Va bene, ma sei hai qualche problema vieni da me. Non esitare." rispose andando al suo posto

// spazio autore

Ciao Ragazzi.
Benvenuti in questa nuova storia. Questo è il prologo, si un po' lungo, ma per la prima volta volevo che fosse così.
Spero vi piaccia, ditemi cosa ne pensate e lasciate una stellina.
Un bacio
Biagio 🤍💛

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