Resilienza
"Tu sarai amato, il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza senza che l'altro se ne serva per affermare la sua forza."
CESARE PAVESE
Vorrebbe poter dormire per riuscire a trovare quella pace anelata da sveglia. Il suo respiro s'infrange sul vetro dell'auto di Sean Rogers, un alone che le impedisce di osservare il riflesso del suo volto spento.
La mano è intrecciata a quella di Meredith, seduta tra lei e sua madre. Non un suono è fuoriuscito dalle labbra di Maggie, le lacrime non hanno mai smesso di rigarle il volto e tra le pieghe del sorriso forzato Trisha scorge l'inquietudine dei sensi di colpa.
Un viaggio silente che condurrà la ragazza in un luogo da dove era fuggita, sfiancata dai tradimenti e dalle delusioni.
Vecchie ferite e nuove cicatrici, grondanti di sangue e marciume, sono impresse indelebilmente sulla pelle, sebbene lei voglia celarle agli occhi del mondo.
Ha supplicato, invano, i suoi compagni di viaggio affinché la verità non fosse svelata ad Austin. Una richiesta negata dal padre del ragazzo giacché ha palesato l'intenzione di rivolgersi ai migliori avvocati per sollecitare l'inizio di un processo, nonostante le condizioni di Cody.
«Sei pronta?» la voce di Meredith interrompe il flusso sconnesso dei suoi pensieri. Distratta, non aveva notato villa Rogers ergersi dinanzi ai suoi occhi.
È pronta? Riuscirà a varcare la soglia e affrontare il nero delle sue giornate? È scappata credendo di guarire, è tornata sapendo di esser stata rotta irrimediabilmente.
«No, non sono pronta. Devo farlo, però. Andiamo!» non attende i commenti di chi ha condiviso con lei l'abitacolo di una vettura silenziosa, compie un piccolo balzo e i piedi toccano la ghiaia del viale, i suoi occhi inchiodano la finestra dove le notti erano sature di amore e il corpo era scosso dal desiderio e non dalla paura.
Un corteo di anime provate sfila al suo fianco, Annie è la prima a dirigersi verso casa, la mano tremante riesce, a fatica, ad aprire l'uscio.
Trisha segue i suoi passi, varca la soglia mentre il ricordo del giorno in cui abbandonò la casa si annida negli anfratti della mente. Stringeva una valigia colma di speranza come unico bagaglio, tramutato, ora, in un fardello troppo pesante da portare.
Osserva ogni dettaglio della casa che aveva lasciato alle spalle pochi mesi prima: il grande tavolo di cristallo circondato dalle enormi sedie di legno che lei faticava a spostare, la credenza su cui spiccano i numerosi suppellettili acquistati con orgoglio da Annie, il camino colmo unicamente di cenere, esatto riflesso della sua vita, e il divano dove un corpo, visibilmente stanco, è intento a trovare ristoro.
Ha gli occhi rivolti al soffitto e una sigaretta consumata a metà che penzola dalle labbra, inconsapevole di avere l'attenzione di Trisha su sé.
«Quante volte devo dirti di non fumare in casa? A esser precisi, non dovresti fumare in nessun luogo!» lui non accenna a voltarsi nella loro direzione neppure nell'udire la voce contrita di sua madre.
«Mamma...» inclina la testa e sposta lo sguardo verso la porta, le palpebre si schiudono lente, batte ripetutamente le ciglia tra loro, quasi a voler sincerarsi della visione cui stenta a credere. Balza in piedi e spegne la sigaretta nel posacenere appoggiato sul tavolino dinanzi a sé. I suoi occhi tradiscono lo stupore per la presenza di Trisha, pochi attimi prima di tramutarsi in sgomento quando nota le ecchimosi che segnano il volto della ragazza.
Le pupille cercano quelle di Trisha, prova a muovere le labbra, eppure è incapace di sussurrare qualsiasi parola. Trisha sfugge al suo sguardo penetrante, abbassa la testa e stritola con possanza e disperazione la mano di Meredith.
«Cosa... cosa è successo?» c'è silenzio intorno a loro, nessuno è in grado di trovare le parole per spezzarlo.
«Sono pronta, adesso posso andare. A presto, Austin.»
Resilienza.
La capacità di superare un evento traumatico. C'è un altro urto da assorbire, un graffio che lacera una ferita già aperta. Ancora! Una ragazza dai corti capelli corvini sosta sull'ultimo gradino della scala che conduce al piano superiore, la mano agguanta il corrimano, mentre i tacchi picchiettano il marmo bianco.
«Austin!»
«Non è come credi, mamma. Non è come credi! Questa pazza si è intrufolata in camera mia, io sono venuto giù intimandole di andar via. Beth, vattene prima di farmi perdere la pazienza per davvero.» un suono gutturale, che rasenta la disperazione, esce dalle sue labbra, il braccio si muove per indicare alla sconosciuta ragazza la porta da imboccare, non la guarda poiché i suoi occhi sono fissi su Trisha.
«Io vado in camera mia. Meredith, vieni?» ha i palmi sudati, il sangue pulsa frenetico nelle sue vene, chiude con vigore le palpebre per trattenere quella lacrima che non vuole saperne di fermarsi.
«Non vai da nessuna parte, qualcuno vuole spiegarmi cosa è successo?»
«Austin, non ora.»
«Quando, mamma? Quando?» la tensione gratta le sue corde vocali, emette un urlo smorzato dal timore per quello che vede sul viso della ragazza, mentre le mani si chiudono a pugno.
Trisha fugge via, giovando del loro alterco, passa accanto alla ragazza, urtandola di proposito, con Meredith che segue ogni suo movimento.
Una mano ferma avvolge il suo braccio quando, ormai, ha raggiunto il secondo piano, stringe i denti per il dolore avvertito e si volta furibonda verso colui che la trattiene. «Non mi toccare! Non mi devi toccare!» Austin lascia andare l'arto con la foga di chi si è ustionato con un tocco di legno ardente.
«Non ti azzardare mai più a toccarla. Stavolta, è con me che dovrai vedertela.» le parole di Meredith sfuggono alle orecchie di Austin, intento a osservare la manica della camicia azzurra, laddove la sua mano si è posata, zuppa di sangue.
Circonda con delicatezza il polso di Trisha e solleva il suo braccio, l'altra mano scosta l'indumento che riveste e nasconde la pelle della ragazza; le sue iridi sono ottenebrate da quello che osserva, il volto è increspato dallo sgomento. Numera ogni cicatrice, lacerazione, abrasione e i polpastrelli ruvidi carezzano ogni ferita.
«Cos'è che non ti è chiaro di "Non toccarla"?»
«Meredith, ti prego. Camera mia è la seconda porta a destra. Aspettami lì.» provata, sfinita, esausta, Trisha si assume l'onere della verità.
«Trisha ...»
«Meredith, per favore.»
L'amica annuisce incerta, muove il capo in cenno di appoggio e scompare oltre la porta della camera di Trisha.
Austin è ancora lì, il braccio di Trisha è sempre tra le sue mani che lo accarezzano con accortezza. Il sangue fuoriuscito dalla ferita si mescola a lacrime che non sono quelle della ragazza. Trisha ha implorato gli altri di tacere quando, ora, è lei a voler vomitare il veleno, annidato in ogni cellula del suo corpo, sul ragazzo dinanzi a sé.
«È stato Cody.» Trisha cattura l'attenzione di Austin, sfilando il braccio dalle sue mani che restano a mezz'aria.
«Abbiamo iniziato a frequentarci poco più di un mese fa, dopo aver atteso, invano, che qualcuno venisse a spiegarsi. Una relazione che mi ha incatenato, sin da subito, in una prigione di violenza fino all'altra sera ...»
«Che cosa è successo l'altra sera?» la sclera dei suoi bulbi è colorata di rosso, striature di sangue infettano gli occhi e l'anima.
«Ha a... abusato di me.» Austin la strattona per riuscire a oltrepassarla, poi il tonfo della porta del bagno e i suoi conati spezzano il silenzio di questo piano.
Resilienza.
La capacità di superare un evento traumatico, che adesso condividono in due.
Spazio autrice
Mi scuso per il ritardo ma la scena dell'incontro mi era particolarmente cara e necessitavo di maggior tempo per scriverla.
Trisha è diventata un po' cattivella?
Era ora!
Beth è diventata più opprimente di Caroline.
Credete alla versione di Austin sulla presenza della ragazza in casa?
Austin. Un tormento da dividere in due.
A presto.
Baci
Mariarosaria
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