La Scelta

È solo una lastra di vetro a tenere separati i loro corpi, eppure migliaia di iarde sembrano dividerli per Trisha. L'odore di Austin non arriva alle sue narici, i palmi non si accarezzano, i respiri non si fondono, le unghie grattano solo il cristallo freddo.

È un tormento che dura, ormai, da due giorni, nessuno può varcare il confine della camera sterile dove è rinchiuso il ragazzo. La chemioterapia ha debilitato il suo organismo, ogni contatto con coloro che sono aldilà del vetro lo esporrebbe al contagio di qualche virus. Un'infezione, anche la più banale, potrebbe essergli fatale nelle condizioni in cui versa ora.

Necessita quanto prima del trapianto, deve, però, stabilizzarsi prima. Estraniata dal mondo intero, sono, ormai, due giorni che lei vive fuori da questa porta e che inspira l'aria asfissiante dell'ospedale, sono pochi gli attimi in cui si allontana: esigue ore notturne dove va a stendersi su qualche poltrona della sala d'attesa, sforzandosi di dormire, e docce lampo a villa Rogers. I raggi del sole non si poggiano più sulla sua pelle, non ha più varcato il cancello della scuola, non ha più aperto i libri e lascia il telefono squillare senza che lei risponda, soprattutto a Luke, al quale ha spiegato cosa fosse successo con un breve messaggio. Austin fatica ad alzarsi in piedi e, appena vi riesce, muove passi traballanti verso il vetro che li separa, le loro mani si congiungono attraverso il divisore in cristallo e le labbra di entrambi mimano parole colme d'amore.

«Signorina Hall, mi spiace disturbarla, ma dovrebbe seguirmi. Il dottor Sanchez le ha prescritto una serie di esami da eseguire. Vogliamo accertarci che sia in ottime condizioni per il trapianto. Non possiamo perdere altro tempo, appena il signor Rogers si sarà stabilizzato vorremmo procedere con l'intervento», l'infermiera di turno la distrae dalle sue elucubrazioni e lei annuisce incerta, volgendo lo sguardo su Austin: un sonno agitato scuote il suo corpo e rantoli di sofferenza fuoriescono dalla sua bocca.

Trascorre la mezz'ora successiva in diversi laboratori, prelevano il suo sangue e la obbligano a far pipì in un contenitore sterile.

Potrei sopportare le peggiori torture pur di veder spuntare ancora un sorriso sulle tue labbra, sfiorare la fossetta che s'increspa l'angolo destro della tua bocca, accarezzare la ruga che incide la tua fronte quando un vortice di emozioni affollano la mente, perdermi in quelle iridi cangianti, che passano dall'essere dello stesso colore del mare a quello del cielo in tempesta quando il dolore si annida tra le pareti dell'anima. Potrei sopportare le peggiori torture pur di non sentire il vuoto che solo i tuoi baci potrebbero riempire ora.

A passi svelti, si dirige, appena terminato i controlli, verso la camera di Austin.

«Trisha, aspetta!» la ragazza arresta la sua avanzata al suono della voce di Luke, resta lì ferma senza voltarsi. Il senso di colpa, dovuto in questa circostanza, non la investe. Le uniche emozioni che si affacciano dentro di lei sono tutte per il ragazzo che ha scoperto di amare.

La presa forte di Luke riesce a farla voltare, il suo volto è modellato in una smorfia di disprezzo, «Perché non rispondi alle mie telefonate?»

Lei china il capo per non incrociare i suoi occhi dove potrebbe leggervi risentimento, Luke poggia due dita alla base del suo mento, costringendola a innalzare il volto. «Guardami, Trisha!»

La giovane esegue quello che sembra un ordine, fissa gli occhi nei suoi e li osserva ottenebrarsi, mentre la rabbia repressa anima ogni azione di quello che è, ancora, il suo ragazzo.

«Scusami, Luke, so di doverti delle spiegazioni. È il caso di uscire da qui, possiamo parlarne fuori? Ho bisogno di un po' d'aria.»

Lui un muove il capo a mo' di accettazione e tenta, invano, di agguantare la sua mano, inarca le sopracciglia per esprimere disappunto, ma non chiede alcuna spiegazione, non ancora.

Lì, fuori la porta dell'ospedale, l'aria torna a essere respirabile e priva del sapore di disperazione, Trisha serra le palpebre, raccoglie i pensieri e cerca le parole per spiegare quello che sente.

«Sto aspettando le tue spiegazioni, anche se non essendo uno stupido, posso benissimo immaginarle», la voce stentorea del suo interlocutore e il tono di gelido distacco che giunge alle orecchie la inducono a parlare.

«Mi dispiace, Luke, credo di aver corso un po' troppo con te. Non sono pronta ad avere una relazione così impegnativa ora.»

«Diciamo che non sei pronta ad avere una relazione impegnativa con me!» gli angoli della sua bocca di Luke si alzano per formare un ghigno beffardo.

«Luke...» invoca il suo nome, ma le parole muoiono sulle sue labbra quando la mano del ragazzo strattona il suo braccio con vigore.

«Ascoltami bene, ingenua Trisha, nella mia vita ho perso una sola volta. Non succederà più, non permetterò più a nessuno di portarsi via ciò che è mio. È tu sei mia!» non accenna ad allentare la presa, neppure quando vede smorfie di dolore disegnarsi sul volto di Trisha mentre i lineamenti del suo, solitamente delicati, divengono marcati.

«Luke, per favore! Mi stai facendo male», il braccio di Trisha ricade lungo il fianco e quella stessa mano, che poc'anzi la stringeva, si posa lieve sulla guancia per raccogliere le lacrime versate senza che se ne accorgesse.

«Va' via, non vorrai mica far aspettare il tuo amico? Noi due ci rivedremo prima di quanto immagini», le sue labbra avanzano leste verso quelle della spaventata ragazza, un gesto sufficiente per destarla dallo stato di offuscamento in cui versa. Fulminea, lei scansa la sua figura e arranca per giungere, quanto prima, l'interno dell'ospedale.

Si convince di non poter andare da Austin nello stato in cui è, avanzerebbe ogni tipo d'ipotesi fino ad arrivare a Luke. Trova un bagno e si fionda al suo interno, si avvicina allo specchio del lavandino e l'immagine riflessa dallo stesso è quella di una ragazza smarrita: le pupille sono sgranate, il colorito è spento e le labbra tremano, sono i segni della paura avvertita. Ha avuto timore, Luke era animato da prepotenza e arroganza, un'altra persona si è palesata innanzi a lei. Sfila la maglietta per controllare il braccio, i segni della sua stretta sono già ben visibili sulla candida pelle.

Cerca di ricomporsi al meglio per evitare che Austin si accorga del turbamento provato. Non c'è giustificazione che tenga per nessun tipo di violenza, ma non può evitare di pensare che, se avesse capito prima i suoi sentimenti, non avrebbe mai illuso Luke.

A passo lento, attraversa i corridoi bianchi dell'ospedale. Ogni porta ha il battente più piccolo in vetro, dal quale s'intravedono alcuni letti occupati da uomini di ogni età, dai più anziani ai più piccoli. Nonostante possa sembrare indelicata, si sofferma a osservare, sul loro volto, il dolore che sembra esser diventato parte di esso. Un dolore simile è impresso sul viso del ragazzo che ama, i battiti del cuore si smarriscono, i ricordi affiorano dagli anfratti della sua mente e una consapevolezza si fa strada dentro lei: estirpare quella sofferenza a ogni costo.

Non indugia ancora, un sorriso modella le sue labbra, le iridi si riempiono di lui, corre verso la sua camera urtando più di una persona. Vuole perdersi nello sguardo di Austin prima di urlargli la sua scelta. Ha scelto lui! Ha scelto Austin con tutte le sue imperfezioni, con i suoi tormenti, con i suoi sogni mancati, con le sue paure e, soprattutto, con le sue speranze.

Dinanzi a quel divisore, il sorriso, nato al pensiero di vederlo, muore lesto, i polsi vibrano mentre il terrore appanna gli occhi della giovane innamorata quando una scena surreale si manifesta in tutta la sua crudeltà.

Austin è riverso a terra, trema, rivoli di sudore colano dalle sue tempie e porta le mani sul collo per cercare quell'aria che sembra mancargli.

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