La Mia Condanna

Austin

Allontana con possanza il corpo nudo di Caroline da sé, le sue mani sono fredde come il ghiaccio e un conato di disgusto e avvilimento sale dallo stomaco e arriva fino alla gola, sin dall'attimo in cui le dita si sono dovute posare sul corpo della ragazza, amplificandosi quando ha udito i sussulti di disperazione della sua Trisha. Procede a grandi passi verso il bagno che è in camera, s'inginocchia accanto al water e getta fuori la mortificazione che lo invade.

Vorrebbe poter buttare via anche il dolore, il fallimento, l'angoscia. Se si sofferma a riflettere, realizza che lui merita tutto questo dolore ma lei non doveva essere sfiorata da alcun tribolo.

Trisha ha un'anima pura, tale da meritare solo gioia a riempire il suo cuore. Austin sa, invece, di averlo martoriato, ancora una volta. Si accorge di piangere nell'attimo in cui le lacrime toccano le labbra, che, fino a poche ore prima, avevano assaggiato il sapore della sua Trisha. Il sapore dell'amore.

Rientra in camera e, per sua sventura, vi trova ancora Caroline, ha avuto almeno la decenza di rivestirsi. «Va via!» Austin ringhia a labbra strette, sputandole addosso il suo disprezzo quando prova ad avvicinarsi.

«Caro, ricorda che sono io a dettare legge.»

«Ho fatto quello che mi hai chiesto. Ci ha visto e, ormai, non vorrà sapere più nulla di me. In pubblico saremo una coppia come desideri, nulla più di questo. Scordati che possa tornare con te, la nostra è solo una farsa.»

«Tesoro, è esattamente quello che voglio! Dovrà tornare tutto come prima...»

Non la lascia neppure terminare di parlare, le agguanta un braccio e la accompagna alla porta, «Che razza di donna può voler stare con un uomo costringendolo. Non hai un minimo di rispetto per te stessa? Il disprezzo che provo per te è quasi della stessa intensità dell'amore che sento per Trisha».

«Parleremo della nostra relazione appena avrai avuto il tempo di metabolizzare la situazione. Tornerà tutto come prima, tesoro mio.»

«Non illuderti, non accadrà mai. Dopo aver provato, sulla mia pelle, le sensazioni che può regalarti solo una vera donna, non crederai davvero che possa accontentarmi di una come te?»

Appena è fuori dall'uscio, le sbatte la porta in faccia senza disturbarsi di scortarla fino all'ingresso, conosce la strada e non può tollerare di posare le pupille sul suo viso un solo minuto in più.

Si appoggia alla porta e scivola lentamente verso il basso, porta le mani sulla fronte cercando di reprimere il bisogno di correre da Trisha per lenire il dolore di entrambi.

Sembra tutto irreale, fino la mattina nulla poteva scalfire la sua felicità. Si è innamorato di Trisha improvvisamente, senza neppure accorgersene. Un attimo prima era lì a prendersi gioco di lei, quello dopo era in ginocchio, ai suoi piedi, implorando il suo amore.

Probabilmente, l'ha sempre amata, senza saperlo. Trisha gli è entrata nella pelle e non riuscirà a cacciarla mai dalla mente. La sua voce, il suo odore, il suo sapore, il rumore dei battiti del suo cuore quando assapora ogni centimetro del suo corpo, è lei la vera dipendenza di cui non può fare a meno.

Se, solo, l'avesse intuito qualche anno fa, tutto questo schifo non sarebbe mai successo e sarebbero insieme ora, avrebbe il suo cuore.

Quel cuore, che oggi, avrà perso troppi battiti per colpa del ricatto a cui deve soccombere, per proteggere quel che resta di loro.

I suoi pensieri viaggiano veloci come la luce, non impiega molto tempo ad arrivare alla conclusione che Luke né approfitterà come un avvoltoio.

Annebbiato da questa consapevolezza, scatta in piedi e mosso dalla rabbia si avventa, con tutta la potenza che non credeva di possedere ancora, su ogni oggetto presente nella camera. La sedia, posta davanti alla scrivania, è la prima vittima della sua furia, seguono i libri, i trofei, i quadri, le lenzuola del letto, la poltrona. Sono unicamente le foto che ritraggono Trisha a salvarsi dall'impeto di distruzione.

«Posso sapere cosa diavolo sta succedendo?» la voce dura della madre non riesce a placare la sua ira. La donna è costretta a strattonarlo per un braccio e lui arresta la folle demolizione, accasciandosi sul letto.

«Austin, sono ritornata da un po' e nel viale ho incontrato Caroline che mi ha raccontato la vostra riappacificazione, con dovizia di particolari. Sono salita solo ora perché avevo bisogno di calmarmi. Adesso dimmi che si è inventata tutto!»

Il veleno che vorrebbe sputare su Caroline muore sulle sue labbra, fissa il soffitto senza vederlo realmente e ascolta Annie non riuscendo a udirla davvero.

«Dov'è Trisha? Ne abbiamo parlato stamattina, Austin! Ricordi? Ti avevo chiesto di non farle del male e tu mi avevi assicurato di amarla. Come hai potuto?»

Il disgusto nelle parole della madre amplifica il disprezzo che prova per se stesso. Cerca nei meandri della mente una scusa plausibile per giustificare il suo comportamento. Potrebbe dirle di aver capito di amare Caroline, mai, però, tali parole usciranno dalla sua bocca, neppure per finzione.

«Non posso obbligarti ad amare nessuna, ma sappi che qualsiasi cosa vorrai fare con quella lì, la farai fuori da casa mia! L'ho sempre sopportata malvolentieri, adesso la sua vista mi provoca solo ribrezzo.»

"Sapessi cosa provoca in me, mamma!"

Annie Rogers si allontana, stizzita, dalla camera del figlio, dopo aver vomitato altre offese nei confronti della ragazza che, in un solo pomeriggio, ha distrutto più vite.

Austin resta, inerme, disteso su di un letto sfatto, questa volta, dall'odio e non dall'amore, come successo quella stessa mattina. È il giaciglio che era stato scenario di tutti gli attimi in cui si è perso in Trisha, con la consapevolezza di sapere che non riuscirà a ritrovar più pace.

Trascorre l'intero pomeriggio e oltre in camera sua, evitando finanche la cena. Solo a notte fonda, dopo aver compreso che, nonostante lo sfinimento, il sonno non arriverà per cancellare lo squallore di questa giornata, si alza dal letto e inizia a girovagare per casa. Vorrebbe uscire e sfogare ancora un po' la sua rabbia, i suoi piedi, però, non concordano e, come mossi da sentimenti a sé stanti, si dirigono verso il secondo piano della villa.

Si ritrova, così, fuori la porta della camera di Trisha, convincendosi di ammirarla dormire un'ultima volta. La guarderà per una manciata di secondi e andrà via, ma si accorge, dal pianto ininterrotto che oltrepassa le mura e la porta, che la ragazza è ancora sveglia e sta dando libero sfogo alla sua disperazione. Austin, con la fronte appoggiata al battente di legno, sente il rumore del suo cuore mentre va in frantumi. Lo stesso rumore che ha udito oggi quando, alla vista di Trisha sulla soglia della sua camera, è stato il cuore del ragazzo a disintegrarsi.

Per tutta la notte, resta immobile nella medesima posizione fin quando si accorge che la stanchezza ha vinto sulla disperazione di Trisha.

Non ode più il suo pianto e, mosso dal desiderio di vederla, apre la porta evitando ogni possibile rumore.

Davanti alle pupille si presenta lo stesso scenario che caratterizza la sua camera ora: oggetti sparsi per tutta la stanza. Sussulta alla visita delle cornici, scelte con particolare attenzione dalla ragazza per abbellire le foto di loro due insieme, scaraventate a terra. Il vetro è incrinato nel mezzo taglia in due i loro corpi, separandoli per sempre.

Avvicinandosi, con passo furtivo, nota che si è addormentata ancora vestita; indossa i jeans chiari, i preferiti di Austin, che le modellano il fondo schiena perfetto, la camicia azzurra, dell'identico colore dei suoi occhi, senza maniche e annodata sulla vita, che lascia intravedere un lembo della candida pelle, è macchiata dalle lacrime. I capelli, madidi di sudore, le circondano il viso e le guance sono rigate dal nero del mascara colato insieme al patimento.

Si perde, un'ultima volta, ad ammirare l'unica ragione della sua esistenza. L'unica ragazza che ha mai amato e che potrà mai desiderare.

Ad accompagnare la sua ritirata è l'amarezza per averla persa, per sempre.

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