Quel che non si dice


Le notti insonni che abbiamo passato a cercarci, trovarci, guardarci negli occhi.

Il tuo tatuaggio minuscolo, che trovavi solo se sapevi dove guardare.

Il mio nascosto, che tu conoscevi bene e ridisegnavi con le tue dita ogni volta.

I miei piedi freddi.

Le tue mani calde.

I tuoi capelli arrabbiati.

La cicatrice sotto il mio mento.

Il neo sopra la mia guancia, che accarezzavi ogni mattina e ogni sera.

Naso contro naso.

Non ci guardavamo, ci sorridevamo imbarazzati e felici.

Il mondo scompariva, c'eravamo solo noi.

Il caffè carino e semivuoto dove mi hai portata la prima volta. Mi raccontavi di te, mi chiedevi di me.

Le mattine in cui non volevamo alzarci da letto, le coperte erano così calde e noi stavamo così bene stretti stretti, attaccati l'uno all'altra, con le gambe intrecciate e le mie mani che ti sfioravano il petto e le tue che mi accarezzavano il viso. Fuori faceva freddo e ce ne stavamo insieme rintanati sotto piumoni più pesanti di noi e ridevamo, ridevamo come solo gli innamorati sanno fare.

I giorni in cui mi trascinavi a correre. Sapevi che odiavo farlo, ma con te tutto diventava divertente, diventava nuovo, diventava bello. Correvi veloce e io ti guardavo e avevo un tuffo al cuore ogni volta che ti vedevo sorridere. Ti fermavi e mi aspettavi. Mi prendevi in giro e finivamo col rincorrerci come bambini.

Quando stavo male, mi portavi da mangiare e ti assicuravi che prendessi le medicine; ero pallida e brutta ma volevi baciarmi lo stesso e ti infilavi nel mio letto e lasciavi che mi addormentassi tra le tue braccia.

L'odore del caffè la mattina, il profumo del cioccolato quando non c'era più niente da mangiare.

Le passeggiate interminabili.

Il respiro affannato.

Ma eravamo solo noi.

Ci abbracciavamo nel cuore della notte, mi stringevi spazzando via tutte le mie paure, mi baciavi piano il viso, ti tenevo forte.

Quante volte ho pensato che quella notte sarebbe stata l'ultima notte, che quelle braccia che conoscevo mi sarebbero diventate presto estranee, che quegli occhi che amavo non li avrei più visti.

Ma mi dicevi che ci saremmo stati sempre, che ci sarebbero state tante altre notti ancora, che ci saremmo guardati negli occhi per molto tempo.

Avevi ragione.

Avevo ragione.

Avevamo torto.

Ci sono state tante altre notti, tanti altri sguardi, tante altre battaglie coi cuscini e furti di coperte dal tuo lato al mio durante la notte. Tante altre risate, tanti altri sorrisi, tanto altro amore.

Ma le risate sfumano.

I sorrisi sbiadiscono.

L'amore finisce.

Le braccia che conoscevo non mi sfioravano più.

Gli occhi in cui mi perdevo ogni volta diventarono presto estranei. Li incrociavo di sfuggita, lungo una strada trafficata, con persone in movimento non sincronizzato con noi. Cercavo di non guardarti, ma non riuscivo ad evitare di vederti. Sentivo ancora quel tuffo al cuore ogni volta, e mi nascondevo in una sciarpa più pesante, in un cappotto più grande, in un paio di occhiali da sole più scuri.

Quante volte avrei voluto fermarmi, fermarti, dirti che era stato uno sbaglio, che ci sarebbero stati altri momenti, altra vita.

Ma non l'ho mai fatto.

Pensavo solo che non avesse senso.

Avevi ragione a dirmi che ci sarebbe stata un'altra notte ancora.

Avevo ragione a dirti che quella sarebbe stata l'ultima.

Avevamo torto a lasciarci andare.

Avremmo dovuto tenerci, non lasciarci trascinare dal vento che cominciava a soffiare sulla città, su di noi.

Il sole tramontava presto, il buio arrivava all'improvviso, come il verde ad un semaforo.

Le notti passavano, ero sola, eri solo, eravamo soli.

Le mie mani diventavano sempre più fredde, avrei dovuto, voluto, stringerle nelle tue.

Ero sola. Avevo smesso di nuovo di dormire. Fissavo il soffitto nel buio della notte, in una casa che non somigliava più alla mia senza la tua ombra di fianco a me.

Avrei voluto sapere se anche tu eri solo e fissavi il soffitto e abbracciavi lo spazio che prima era riempito dal mio corpo.

Non te l'ho mai chiesto.

Non me l'hai mai chiesto.

Sudavo nel fissare il vuoto, nel pensare troppo, nell'addormentarmi all'improvviso e svegliarmi al minimo rumore, impaurita mi voltavo verso di te ma non c'eri.

Quando ero con te, non mi svegliavo mai di notte. Sapevo che eri lì, ti alzavi al posto mio per controllare cos'era quel rumore, mi stringevi se tremavo, mi sorridevi se avevo paura.

Ma adesso non c'eri. E io non avevo nessuno che mi tranquillizzare.

Fissavo la sveglia sul comodino.

Pensavo a quando fingevo di essere offesa in seguito a qualcosa che avevi detto. Mi tiravi a te per farti perdonare e non ce n'era bisogno.

Mi facevi il solletico.

Ti facevo ridere.

Guardavamo film nel cuore della notte.

Facevo la doccia nel tuo bagno, dormivi nel mio letto.

Per il mio compleanno mi regalavi lunghe giornate al mare, e io ti regalavo una torta fatta con le mie mani.

Mi hai insegnato ad amare.

Mi hai insegnato a tenerti la mano, a lasciarmi abbracciare, a sentirmi dire che va tutto bene.

Con te non avevo più bisogno di sentirmi inadeguata, acida e cinica.

Avevamo imparato a conoscerci, a soddisfarci, a bastarci.
Ma c'è sempre qualcosa che non si conosce.

E all'improvviso è finito.

Riesco ancora a sentire la tua voce, la tua risata, il tuo profumo. Se chiudo gli occhi sono quasi sicura di poter sentire la tua mano che mi sfiora il viso.

A volte vado a correre sperando di incontrarti, ma ho paura di vederti accanto ad un'altra, ho paura di vederti sorridere a lei come sorridevi a me, vederti aspettare lei e poi rincorrerla come facevi con me e cambio strada.
Vorrei vederti in metropolitana, al parco, incrociare di nuovo il tuo sguardo. Poi però la mia fermata arriva e io scendo e anche stavolta non ti ho incontrato, il parco è vuoto e desolato, è di nuovo inverno, le giostre sono deserte.

Il quel caffè non ci sono più andata. Non voglio dover entrare, far finta che quello non fosse il nostro posto, sedermi ad un tavolo qualsiasi e aspettare e sperare di vederti entrare dalla porta.

Ci sono tante cose che sogno ancora di fare con te e non lo sai.

Ma siamo rimasti soli.

Senza me, senza te, senza noi.

E la vita continua.

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