Capitolo 4
Non è cambiato di una virgola. Ha ancora l'aspetto di un diaciassettene con più muscoli e più alto. Non ha la barba, neanche la traccia della barba. È rimasto quello di sempre.
Dovrei nascondermi, mi potrebbe vedere. Ma non ce la faccio, si è bloccato il tempo. Per una volta dopo tanto tempo non sto più sentendo quel senso di vuoto che si manifestava ogni volta che sentivo il suo nome o al suo solo pensiero. È bellissimo, come sempre. Riesco a percepire la morbidezza dei suoi capelli da qui, mi piacerebbe così tanto accarezzarglieli e sfiorargli la guancia con il pollice.
Si gira, mi vede. Non riesco a muovermi, sono paralizzata. Mi guarda curvando le sopracciglia ed esce dal cancello per viene da me.
Dovrei scappare? Sarebbe inutile, mi avrà già riconosciuta. Lo saluto solamente e vado via. Non lo devo vedere più.
Più si avvicina e più i miei battiti aumentano. Perché? Lo vedo sorridere, ma non un sorriso qualunque, no. Ha il suo sorriso furbo. Sento di nuovo il suo profumo di proibito. Ha quell'odore che hanno i diavoli. Ma Dio, quando ha sorriso si sono aperte le porte del paradiso.
-Buongiorno, le serve qualcosa signora? Perché stava lì a guardare, non è carino!-
Non ci posso credere, non mi ha riconosciuta. Sarà per via della coda di cavallo, prima non legavo mai i capelli. Beh, c'è anche da dire che non mi vede da dieci anni. Noto che però la sua arroganza è quella di sempre. La sua voce è più virile, più da adulto. Ma ha sempre quella dolcezza infantile. Sorrido della sua sbadataggine, lui lo nota subito. Dovrei essere al settimo cielo per questo incontro, eppure, mi sento malinconica. Si è pure dimenticato di me. Sicuramente ormai sarà un magnifico papà, con una bellissima sposa. Io non conto nulla, non ho mai contato nulla per lui. Chissà quanto tempo è durata la sua storia con Shiho. Forse settimane, magari mesi, oppure anni. Poi è finito tutto, lui avrà conosciuto una donna a Tokyo e l'avrà sposata. Forse ha una bambina con la sua arguzia, i suoi occhi, il suo ciuffo. Potrebbe anche avere un bambino che assomigli moltissimo alla madre e lui lo adora soprattutto perché ha il viso della donna che ama.
Noi non siamo nati per stare insieme, eravamo soltanto un errore. Sonoko mi ha detto che lui non tornava qui da circa dieci anni pure. Sorrido malinconica, è un sorriso ferito che fa male. Sono sicura che se restassi di più inizierei a sentire le lacrime. Perché proprio oggi? Forse torna una volta al mese e non si fa vedere da nessuno. Verrà a controllare la casa e poi andrà di nuovo via. Se vado via adesso probabilmente non si ricorderà mai di me.
-Mi scusi, ho sbagliato casa-
-Stia tranquilla, adesso devo salutarla. Un mio caro parente ha avuto un incidente, devo andare all'ospedale di Beika-
Papà! Sicuramente è tornato perché è venuto a sapere dell'incidente di papà! Perché ha detto un mio parente? Forse perché da piccolo lo chiamava "zietto". E come ha saputo dell'incidente? Che io sappia i giornali locali non ne hanno parlato. Lo vedo allontanarsi e vado via pure io. Sta andando dai miei genitori dopo essere sparito per dieci anni. Si è scordato di me, ma non di loro. Sicuramente pensa che io non andrò lì, penserà che non voglio piu tornare in questa città.
No, non può essere. Dovrebbe sapere che correrei in capo al mondo a qualunque costo se i miei genitori stessero male. Però forse non ricorda manco più come sono fatta. I miei genitori mi hanno raccontato che il giorno dopo la mia partenza lui mi è venuto a cercare, mi doveva parlare. Loro gli dissero che ero partita con Haru e che non sapevano dove fossi andata. Ovviamente non era così, ma lui non doveva trovarmi.
Adesso l'unico problema è che c'è Haru lì, lo riconoscerà...forse. Io non voglio vederlo più, non devo. Già oggi è stato un errore. Sicuramente lui sarà già lì, io andrò fra un'ora. Lui dovrebbe essere già andato via, di nuovo.
Queste parole fanno male. Ricordo ancora la sofferenza che provavo quando pensavo che lui fosse lontano da me a risolvere i suoi casi, invece mi era sempre stato accanto. A quel punto, per come è andata a finire, forse sarebbe stato meglio continuare a credere che dovesse risolvere dei casi. Forse non avrei sofferto in questo modo. Adesso però è meglio tornare a casa.
Percorro la strada per andare a casa mia lentamente, cogliendo ogni cosa che vedo e trovando le differenze di dieci anni. Il Poirot è sempre lo stesso. Andrò a salutare Azusa dopo. Salgo su e apro la porta dell'agenzia investigativa. Non è cambiato nulla, c'è pure lo stesso disordine. L'unica cosa diversa è la televisione: adesso è più moderna. Tocco i divani, la scrivania, il resto dei mobili. È tutto così familiare. Chiudo la porta e salgo al piano di sopra. Anche qui sembra tutto uguale. A differenza del piano inferiore, qui, è tutto molto ordinato. Passo in tutte quante le stanza. Non è cambiato nulla apparte qualche libro in più nella libreria o delle tovaglie nuove. Insomma, cose banali. Entro finalmente nella mia stanza. La trovo esattamente come l'ho lasciata. Non è stato spostato nulla, non è stato cambiato nulla, nemmeno le coperte inutilizzate.
Sopra la scrivania quella fotografia. La fotografia che ha dormito con me due notti prima che io partissi per sempre. Risale al giorno passato a Tropical Land, il giorno che rovinò tutto, esattamente dodici anni fa.
Eravamo così tranquilli, ingenui. Ogni tanto mi chiedo come sarebbe finita se quel giorno non fosse successo nulla.
Guardo l'orologio e noto che è quasi mezzogiorno. Vado in cucina e preparo il pranzo. Lo metto in un contenitore per portarlo caldo ad Haru. Poi prendo dei pigiami a papà, lo spazzolino per i denti e tutto ciò che gli servirà in questi giorni all'ospedale. Mi faccio una doccia anche io. Metto un paio di jeans, una camicia, sciolgo i capelli e mi trucco.
Neanche io sono cambiata molto. I miei capelli sono lunghi come prima, forse uno o due centimentri in meno. Ho un viso più da donna e adesso metto un po' di lucida labbra e del mascara.
Cavolo! È tardissimo! Sono le tredici e quindici, devo sbrigarmi! Mamma mi ha lasciato le chiavi della macchina di papà.
Ebbene si, dopo anni e anni è riuscito a comprarsi una macchina tutta sua. Salgo in macchina e vado all'ospedale.
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