VI. Uomo o bestia
A giudicare dal dolore lancinante che sentiva ad ogni respiro, Ezlyn doveva avere almeno due costole incrinate. La ferita che aveva sulla fronte pulsava allo stesso ritmo del suo battito cardiaco, il taglio sul palmo che si era fatta da sola si era riaperto e aveva macchiato il fazzoletto che Ruel le aveva legato alla mano. Era in pessime condizioni, perfino il mezzo pekim aveva trovato impossibile non notare il modo in cui incespicava mentre saliva le scale. Saliva...sì, perché dopo i primi due gradini in discesa la scalinata verso l'ultimo piano era diventata ripida come il pendio di una montagna.
«Accidenti- si lamentò il giovane incantatore- non si arriva più!»
«Dobbiamo andare più veloci» commentò Ezlyn, costringendolo a non fermarsi.
Ruel si morse le labbra per non lasciarsi sfuggire un lamento.
Ezlyn era divisa tra dolore e rabbia in quel momento. Le pareti di roccia fredda della caverna sembravano stringersi sempre di più su di loro. A ogni gradino che salivano nuove ombre oscure serpeggiavano agli angoli della sua visuale e sussurravano alle sue orecchie, intimandole di tornare indietro. A quel punto era abbastanza chiaro che la torre non li voleva lì, non voleva che raggiungessero quell'ultimo livello, ecco perché quella scalinata sembrava infinta.
Così non va!
Di quel passo avrebbero fatto la fine dei demoni di cui aveva parlato Ruel, si sarebbero persi in quel labirinto di salite e discese o, peggio ancora, sarebbero finiti soffocati dalle pareti.
Ezlyn si fermò d'improvviso, Ruel quasi andò a sbatterle contro, ma riuscì a fermarsi in tempo aggrappandosi alla parete.
«Che c'è?»chiese, agitato.
«Fa' silenzio»mormorò chiudendo gli occhi sotto la maschera.
Sentiva delle voci, tante, troppe voci...
Sentiva le grida dei bambini, la risata acuta di una donna, il parlottare animato di una folla e...un sibilo. Era simile al fischio del vento che soffiava sulla scogliera a Zeltos, il paese in cui aveva vissuto con gli altri dispersi del mondo e il maestro Tayan. Quel sibilo le diede un profondo senso di nostalgia e, allo stesso modo, la confuse. Dovevano essere sottoterra, centinaia e centinaia di metri infossati nella roccia, come poteva esserci del vento? E da dove venivano quelle voci?
Ezlyn si concentrò, fece sparire tutto il resto: il mormorio delle ombre, il respiro pesante di Ruel e perfino il battito furioso del suo cuore. Fissò la mente e le orecchie sulle voci estranee e, alla fine, comprese la loro direzione: erano sotto di loro. La ragazza abbassò lo sguardo alla scalinata sotto ai suoi piedi e Ruel seguì il suo esempio.
«Cosa stiamo guardando?»
«È lì giù», disse Ezlyn.
«Che cosa?»
Ruel la fissò confuso, ma la giovane continuava a guardarsi intensamente gli scarponi impolverati.
«Il sesto livello.»
«Scherzi?!»
Ezlyn scosse la testa. Si abbassò sulle ginocchia e toccò il suolo con il dorso della mano sana. Era freddo come una lastra di ghiaccio e tremava leggermente ogni volta che le voci si facevano più intense.
Almeno non è spesso.
«O è il sesto livello o lì sotto c'è una festa clandestina»rise senza alcun umorismo.
Il baccano era ben udibile, ora che Ezlyn l'aveva fatto notare anche Ruel riusciva a sentire il chiacchiericcio.
«Come facciamo a scendere? Le scale continuano a salire», si lamentò il mezzo pekim.
«Ho un'idea- rispose lei- ma non ti piacerà.»
L'idea era, nel complesso, molto semplice. Non c'era un passaggio per arrivare lì giù, quindi dovevano crearlo. Teoricamente facile, praticamente una sfida. Bai e Heyse non potevano aprire un buco nel pavimento largo abbastanza da farli passare entrambi, ed Ezlyn dubitava che la roccia avrebbe ceduto se avesse iniziato a ballarci sopra. Insomma, restava solo una cosa che potevano fare. Si infilò una mano nella tasca interna del mantello e rovistò finché non ritrovò ciò che le serviva: un piccolo esplosivo.
«No- gridò Ruel- vuoi farci saltare in aria?»
«Hai un piano migliore?»
Il giovane incantatore borbottò frasi sconnesse, atterrito, poi guardò Ezlyn dritto negli occhi.
«Mi prometti che non moriremo?»
Ezlyn sorrise sotta la maschera, anche se Ruel non poteva vederla.
«Sai che non faccio promesse che non posso mantenere.»
L'aria si fece fredda d'improvviso, le ombre iniziarono a turbinare impazzite intorno a loro, come se avessero intuito le sue intenzioni.
"Andate via!"
«Fermatemi» le invitò Ezlyn e l'esplosivo lasciò la sua mano.
Gettò la piccola bomba qualche grandino più in giù e nell'istante in cui toccò terra lo scoppio invase le scale. Il pavimento tremò sotto i loro piedi mentre la struttura dei gradini cedeva. Ezlyn e Ruel barcollarono instabili, il giovane incantatore si aggrappò al suo mantello con le mani tremanti, ma la roccia stava crollando, la polvere si alzava e il pavimento collassava sotto di loro. Si aprì una voragine sulla scalinata e i due caddero, precipitarono insieme alle macerie in una sala sommersa dalla luce.
Ezlyn chiuse gli occhi, dolorante. C'era tanta, troppa luce. Erano finiti in un bagno di sole e le sue pupille bruciavano non appena provava ad aprire le palpebre. Grossi lacrimoni si raggrupparono sulle sue ciglia scure e lei le scacciò via ancora e ancora, finché non riuscì a mettere a fuoco il posto in cui erano finiti. La ragazza era atterrata sul ginocchio sinistro, Ruel era al suo fianco, steso supino, e borbottava sottovoce qualcosa sul suo piede e su quanto la odiava.
A quel punto Ezlyn vide. Vide la stanza, no, l'immensa sala in cui erano precipitati e il respiro le rimase incastrato in gola, fermo a metà tra un rantolo di sorpresa e un grugnito di dolore.
Merda!
Quel posto brulicava di demoni e loro due erano finiti proprio nel mezzo. La sala si estendeva a vista d'occhio, Ezlyn non riusciva a vederne i confini, continuava e continuava ancora e ovunque posava lo sguardo c'erano demoni su demoni. Le pareti erano altissime e lisce, dipinte di un'ocra lussureggiante, e dal soffitto pendevano enormi lampadari d'oro e d'avorio. Il pavimento era un grandissimo mosaico di cristalli colorati che formavano un disegno, uno stemma... lo stemma reale del Gran Khejr.
No, no, no...
Quello non era solo il sesto livello, no, era anche la dannata sala del trono e in quel momento era in corso una festa. La musica sfrigolava in sottofondo, sensuale e carezzevole, accompagnando la danza di demoni pekim e nity che volteggiavano in mezzo alla stanza.
«Giusto in tempo per il dolce.»
Nell'aria echeggiò una voce profonda e tra i demoni piombò d'improvviso il silenzio. La musica si spense, la sala cadde nel gelo e la folla si divise in due metà ben distinte, lasciando libero un passaggio centrale. Il trono emergeva dal suolo come se fosse una sua estensione, il cristallo in cui era scavato era del colore della notte e gli spuntoni che costituivano lo schienale si innalzavano quasi a sfiorare il soffitto.
Seduto su di essa, un uomo sorrideva meschino.
Ezlyn spinse via le macerie con il pomolo di Heyse, si mise in piedi, fissando lo sguardo sul Gran Khejr.
Lui non era un Ellshir, e nemmeno uno Yoshan o un Titas, lui-
«È un umano.»
Ruel diede voce ai suoi pensieri.
Con una cascata di riccioli castani a incorniciarli il viso, il Gran Khejr aveva l'aspetto di un animale feroce, ma era... umano. I suoi occhi avevano un taglio ferino e la profondità di un abisso, il suo volto era cesellato in maniera divina, le sue labbra sottili tirate in un ghigno serafico.
Era umano, sì, ma Ezlyn vedeva in lui una bestia spaventosa, qualcosa di ben più macabro del Ceyos.
«Non aspettavamo altri ospiti, ma siete arrivati giusto in tempo», disse facendo un veloce cenno alla sua destra.
Una schiera di soldati comparve al suo fianco, capeggiati da una donna, una Ellshir dai capelli spumeggianti che indossava un'armatura e impugnava una lancia.
Ezlyn si mise in guardia, ma prima che potesse sfoderare le katane, Ruel le diede una leggera gomitata.
«Ricorda- mormorò il mezzo pekim al suo orecchio- siamo qui per la lettera, non per morire.»
La ragazza prese un respiro profondo, cercò di rilassare le spalle, ma c'era un brivido freddo che le correva sulla pelle. Sentiva il pericolo scoppiettare nell'aria, lo stesso pericolo che li aveva avvolti in una coperta mortifera nell'esatto istante in cui il Gran Khejr aveva posato gli occhi su di loro.
Si guardò intorno... non avevano vie di fuga.
«Non sono qui per combattere.»
La sua voce risuonò fredda e pacata nella sala e qualcuno nella platea ridacchiò.
«Ah no?»
Ezlyn mantenne il mento in alto, ricambiando lo sguardo dell'uomo che, per come la fissava, sembrava quasi potesse vedere sotto la sua maschera.
Non le piaceva, lui non le piaceva!
La sua presenza era ingombrante, soffocava l'aria che respiravano più del veleno demoniaco, e i suoi occhi la guardavano in un modo che accendeva le sue fiamme. Il fuoco scalpitava nella sua anima... voleva bruciarlo, voleva renderlo cenere prima che fosse lui a distruggere lei.
«Ho una lettera per voi... maestà- quella parola pesò come un macigno sulla sua lingua- sono solo una messaggera.»
Il Gran Khejr si sporse dallo schienale, quasi a volerla osservare meglio, e alzò di nuovo la mano. Tutte le guardie, tranne la Ellshir, si ritirarono all'istante alle sue spalle.
«Chi la manda?»
«Questo non posso dirvelo», rispose lei atona.
Maliah le aveva fatto promettere di non rivelare il suo nome, le motivazioni non le aveva spiegate, ma Ezlyn sapeva che farle domande non avrebbe portato a nessuna risposta. Si limitava a seguire le sue direttive, perché glielo doveva e perché le era sembrata fin troppo disperata quando le aveva assegnato quel compito.
«E se non volessi accettarla?» disse, ma dietro a quella sua voce tranquilla, si nascondeva una crudele ilarità.
L'uomo si alzò dal trono, i sottili anelli d'oro incastonati nella sua veste nera tintinnarono non appena mosse il primo passo. La sua figura si stagliava come la vetta di una montagna in mezzo alla sala, gli sguardi adoranti dei presenti lo seguirono con attenzione. Circondato dalla folla di demoni devoti quel Gran Khejr umano aveva l'aspetto di un Dio.
«Il mio compito mi impone di lasciarla a voi maestà, che la leggiate o la bruciate...»
Ezlyn infilò una mano nella tasca interna del suo mantello, l'altra la lasciò su Heyse, pronta a estrarre la katana in qualsiasi momento. Ripescò la lettera nera e la porse in avanti senza troppe cerimonie. Un borbottio si espanse tra i presenti, qualcuno sussurrò "trappola" nella platea, ma la ragazza finse di non averli sentiti. Che pensassero quel che volevano loro, l'unico a doverle credere era il Gran Khejr e se anche lui non le credeva allora sarebbe morta, ma non prima di aver trascinato qualche stupido demone con lei.
L'uomo si dondolò sui talloni come un bambino, poi piegò la testa sporgendosi verso la Ellshir al suo fianco.
«Kirin, portamela»disse e la donna aggrottò le sopracciglia scurissime.
Il demone strinse la presa sulla lancia d'ossidiana, il terzo occhio che le splendeva sulla fronte era di un intenso indaco e la pupilla dal taglio verticale trafisse Ezlyn con un gelo inumano. La Ellshir le si avvicinò, la sua espressione feroce, e la rabbia con cui le strappò via la lettera fece infiammare Ezlyn di un calore che le risalì su per la gola.
Non disse nulla, anche se il suo pugno si chiuse su Heyse fino a sentire le unghie conficcarsi nel palmo.
Ruel, al suo fianco, si strinse contro la sua spalla, con una mano le tirò un lembo del mantello per richiamare la sua attenzione.
«C'è qualcosa di strano qui», sussurrò il mezzo pekim.
Ezlyn annuì. In quella stanza piena di demoni, sotto allo sguardo di un Gran Khejr umano, l'aria iniziava a odorare di morte e... fiori di garofano.
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Sogno di poter scrivere del Gran Kehjr da così tanto che non mi sembra vero! Che impressione vi ha dato lui? Ve lo aspettavate umano?
~Snow White ❄️
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