La cittá dove tutto può cadere
Nella città in cui tutto può accadere, Isacco Nuovoton é un guerriero di oggi, uno di quelli che s'alza presto la mattina per addormentarsi sul campo di battaglia.
Primo di sei fratelli, vive coi genitori, con cui fa colazione prima di bardarsi con l'armatura di poliestere, prima di salire sul suo piccolo destriero metallico nutrito con costoso oro nero, prima di sfrecciare lungo le strade che portano alla sua guerra sperando di non rimanerci secco.
Tortuose sono le strade che portano al campo di battaglia, piene di semafori e di guerrieri intenti a non arrivare tardi per non perdere il lavoro, per non perdere la faccia, per non perdere l'equilibrio.
Per ogni guerriero, il nemico é il consumista, ma essendo un po' tutti consumisti, i guerrieri sono spesso nemici di loro stessi.
Isacco dorme sul campo di battaglia perché abituato alla sua solita guerra: apparecchiare, servire e sparecchiare guerrieri in pausa pranzo, controllato dagli occhi severi del suo capitano.
Un capitano il cui ruolo pare gli sia capitato: non coltiva, sfrutta; non costruisce, demolisce.
Apparecchia, servi, sparecchia, e apparecchia e servi e sparecchia.
Isacco pensa alla sua sua vita, ai suoi amori a cui volentieri apparecchiò e servì per poi tristemente sparecchiare.
Isacco si sente stanco, ma se in guerra dorme, cosa lo affatica così tanto?
Nel suo unico giorno di riposo, Isacco sosta all'ombra d'un semaforo malfunzionante.
Guarda i guerrieri districarsi nello strano equilibrio del traffico, si schivano, s'insultano, arrivano al loro campo di battaglia e fanno la loro guerra.
Guerreggiano stanchi morti, l'unica condizione inevitabile per non venire uccisi.
Uomini morti ma stanchi.
Paradossi deambulanti.
Il suo strologare sulla stanchezza viene a mancare quando il semaforo gli sfiora la testa, piombando dritto dritto sull'asfalto, spargendo cocci un po' ovunque.
Isacco, constatato il colpo di culo, si chiede se anche quel semaforo, ormai a pezzi, fosse caduto perché stanco di fare il semaforo.
Come se si fosse lasciato andare, schiacciato dal peso della sua guerra, quella di funzionare sempre e comunque, un peso che dopo anni di onorata carriera, infine, l'ha distrutto.
Isacco alza le spalle e, passando sopra quel cadavere di semaforo, si allontana ricominciando a pensare.
Camminando, Isacco si sente più pesante del solito.
Non ha zaino, eppure lo sente sulle spalle.
Passo dopo passo, sempre più appesantito, Isacco si siede per terra.
Si leva la maglietta, ma niente.
Si leva i pantaloni, e sente un leggero sollievo.
Prova poi con le calze e, infine, con le mutande.
La città in cui tutto può accadere lo ignora, perché la guerra va comunque avanti, mentre Isacco, più leggero, spicca il volo.
Un volo dritto orizzontale, né troppo alto né rasoterra.
Da lassù Isacco vede i guerrieri versarsi addosso amori, insulti, fallimenti, rancori, vendette, vizi, caffé, barricati nelle loro armature di poliestere.
Si lanciano addosso tonnellate d'inferno come fosse il peso necessario per stare in equilibrio.
Sotto Isacco non esiste la città in cui tutto può accadere, ma la città in cui tutto può cadere.
E viverci o esserne un guerriero non ha più alcun senso per Isacco, libero dal peso della guerra, degli amori e degli odi, lasciati giù accanto alle mutande.
E nessuno lo nota, e chi lo guarda più il cielo?
Isacco vola per tutto il mondo, accoppando qualche anatra giusto per soddisfare l'appetito.
Così Isacco invecchia, sempre più rugoso e canuto, passa per l'ennesima volta sopra la città in cui tutto può cadere.
Curioso la scruta per vederne i cambiamenti, ma i guerrieri, vecchi e giovani, continuano la routine a cui sono abituati, incollati al terreno dalla gravità di pesi inventati.
Isacco pensa "Strana invenzione la gravità..." e poi si assopisce con il sorriso, spegnendosi qualche attimo dopo.
Ma a differenza di tutto ciò che accade nella città in cui tutto cade, il corpo di Isacco continua a volare.
Gli anni passano e nella città in cui tutto può accadere trovano uno scheletro galleggiante, accanto a una ventina di palloncini imprigionati dalla grossa cupola d'una galleria.
Con una corda, i guerrieri domano i piedi d'osso di Isacco portandolo giù.
Ma lo scheletro continua a stare sospeso nell'aria.
Le sue spoglie volanti vengono vendute, tenute per due generazioni a galleggiare legate accanto a una scrivania.
Viene spostato poi in un museo, tenuto a galleggiare in una bacheca.
E il teschio d'Isacco sorride, come fosse sicuro che, nella cittá in cui tutto può cadere, nessuno gli fará mettere più i piedi per terra.
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