3.PENSIERI

Quella sera ci scambiammo il numero di telefono. Sono passati ormai due giorni da sabato.

Due giorni in cui la mia mente non fa altro che pensare a lui.

Non so cosa mi stia prendendo. Per un attimo il mondo intorno sparisce e Riccardo anche. Quei sorrisi e quegli sguardi mi hanno fatto sentire una strana scossa al corpo e all'anima.

Sono in pausa.

I bambini sono in mensa e io riprendo a lavorare alle due e mezza. Dovrei studiare, ma non ne ho voglia. Amo il mio lavoro, amo essere maestra ma la voglia di mettermi sui libri mi ha abbandonato ormai da un bel pezzo. Non trovo lo stimolo giusto e ultimamente m'accorgo che non ne ho per molte cose. Mi affaccio dalla finestra dell'aula insegnanti e mi siedo sul calorifero. Ripenso al mio percorso universitario. Sono iscritta dal 2005 eppure ho dato solo due esami: non mi riconosco. Sto lasciando crollare il mio sogno di diventare maestra; senza l'abilitazione posso mettermi l'anima in pace e andare a fare la segretaria, sempre se tutto va bene. Tra le mani stringo il telefono. Vengo distratta dalla porta che si apre.

"Stai aspettando una chiamata?" dice Ines, la mia collega di classe quinta.

"No no...hai bisogno?Stavo solo guardando fuori dalla finestra e pensavo all'università!"

Dico continuando a guardare fuori e portandomi il telefono vicino al petto. Bè, forse, a dirla tutta, una chiamata la sto aspettando veramente. Non so cosa mi stia prendendo ma ho una strana voglia di sentire Mattia, di ascoltare il suono della sua risata, in fondo quando ride non è poi così male...anzi.

"Devo solo fare delle fotocopie...e...se non ti telefona...fallo tu!" Ines ride. Sembra mi abbia appena letto nel pensiero.

Già. Ha ragione. Reagisco istintivamente. Entro nei messaggi e comincio a scrivere:

«Ciao come stai??» e invio.

Due minuti dopo la sua risposta. Ho paura di leggere insulti strani tipo "chi ti ha dato il permesso di scrivermi? che cazzo vuoi..?" e cose così. Prendo fiato. Mi batte il cuore forte e non capisco il perché. Sudo e ho le mani ghiacciate. Cosa mi prende? È solo un messaggio, che tra l'altro non ho ancora letto, devo stare calma.

«Bene e tu?».

«Bene grazie, sono a scuola in pausa, tu che fai?».

«Sono in pausa, mangio un panino prima della prossima consegna poi torno».

«Buon appetito, ci vediamo stasera».

«Ok a dopo».

Non mi ha insultata, abbiamo avuto una conversazione civile, breve. Non so perché ma, la sua arroganza mi mette un po' di timore, eppure quando ride tutto scompare.

La giornata prosegue pensando a Mattia e rileggendo quei brevi messaggi. Solo verso l'ora di cena mi accorgo che oggi non ho proprio sentito Riccardo. Lo chiamo ma, come al solito, il telefono squilla a vuoto: figuriamoci non ha mai la suoneria.

Mangio velocemente un piatto di pasta per non stare troppo a tavola con i miei che mi assillano di domande sull'università e mi sgridano per non fare nulla. Che palle le paternali dei genitori!

"Ti rendi conto che paghiamo una retta e tu non fai nulla?".

"Hai dato solo due esami, il prossimo quando lo dai?".

Tra mia mamma e mio papà mi sembra di essere in un interrogatorio poliziesco. Mi fanno sentire un po' in colpa per il mio mancato impegno ma cerco di non pensarci. Rispondo semplicemente: "Non sono stimolata, non riesco a studiare, non so cosa mi prende". Mi alzo dal tavolo , sbatto i pugni e vado in cameretta. Guardo il cellulare e ho un messaggio. Sicuramente sarà Riccardo che finalmente ha visto il telefono. Apro la cartella dei messaggi e sorpresa: Mattia.

«Mi fai la mail».

«Si dammi un secondo e te la faccio».

Il cuore batte all'impazzata, per due stupide conversazioni dove mi chiede di fargli una mail. Apro il portatile, entro in internet e compilo i campi di libero. Ecco mail creata. Invio un messaggio con tutti i suoi dati e la password.

«Provo a scriverti, mandami la tua e-mail»
In un secondo rispondo al suo messaggio. Cosa mi scriverà? Apro la mia mail di libero e attendo.

Sulla mail scrive solo un semplice ciao, in effetti cosa mi aspettavo? Una dichiarazione d'amore?

Gli scrivo per messaggio che l'ho ricevuta e che gli funziona tutto perfettamente. Un po' delusa lo saluto. Vado a farmi la doccia e nel frattempo scrivo a Riccardo se stasera esce. Ricevere i suoi messaggi non mi fa provare lo stesso brivido di quelli di Mattia. Certo, io e lui siamo fidanzati, probabilmente sono abituata a riceverli da sei anni a questa parte. Riccardo ovviamente risponde mezz'ora dopo sostenendo di essere stanco, che ha dormito tutto pomeriggio e che se anche non ci vediamo non succede nulla. Bene. Rispondo che io devo uscire per forza perché mi devo vedere con Mattia, o meglio devo curare Mattia perché Ludovica stasera è fuori con l'altro. Mi risponde di passare una buona serata. Certo che si fida proprio tanto di me, in effetti io non lo tradirei mai, anche se Mattia mi mette i brividi.

Io e Riccardo ci siamo fidanzati quasi sei anni fa. Avevo 16 anni e lui 18. Eravamo due giovani adolescenti. Lo conobbi in montagna. Mi colpì la sua dolcezza e la sua tranquillità, tutto quello di cui io avevo bisogno. Stavo passando un periodo brutto, persa tra alcol, droga, anoressia. Avevo perso la voglia di essere felice e per farlo bevevo e mi drogavo. Non studiavo più, venni anche bocciata. Tutto per un ragazzo che mi strappò per sempre una parte di cuore, lasciando una grande ferita. Riccardo abita in un paesello vicino al mio disperso in mezzo ai campi, Sozzago, da casa sua a Romentino saranno circa 10 chilometri, una strada dritta, con a lato campi di granoturco e risaie. Finita la vacanza, cominciammo a frequentarci di sovente, fino a fidanzarci. Mi riportò sulla retta via, facendomi tornare la ragazza sognatrice, responsabile e seria di sempre. Scoprimmo, in realtà, di conoscerci da sempre. Da piccoli capitava spesso di incontrarci nella palazzina di sua zia, dove tutte le domeniche andavo con mia mamma a trovare una sua amica che viveva nell'appartamento del piano di sopra.
Essendo molto giovani quando ci siamo messi insieme, decidemmo di basare la nostra storia principalmente sull'amicizia più che sull'amore, cosí, se un domani le cose sarebbero andate male, avremmo continuato a coltivare il nostro rapporto.
Inizialmente la nostra storia andava a gonfie vele, passavamo ore e ore a chiacchierare, a coccolarci e poi a fare l'amore. Io fui la sua prima volta. Per me purtroppo no. La verginità la persi a soli 15 anni con quel ragazzo che mi strappò quel pezzo dal cuore. Riccardo sognava con me, amava leggere, studiava, si iscrisse in università, ma l'abbandonò quasi subito. Calcolatore, programmatore, nulla lasciato al caso. Era perfetto e anche fisicamente lo era: alto, con un fisico da modello, capelli castani corti, occhi verdi, carnagione olivastra. Ma ad un tratto tutta questa perfezione cominciò a starmi stretta. Il nostro rapporto stava scivolando nella monotonia della ripetizione, ogni giorno solite cose, tutto era sempre uguale, non c'era mai niente fuori posto, tranne noi.

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