Capitolo42- Mi piaci
Giugno arriva in un battito di ciglia, aprile e maggio sono stati due mesi infernali tra le lezioni al MIT e il lavoro sul progetto che porterò alla fine di questo dottorato accelerato. Certamente sono avvantaggiata dalle mie conoscenze avanzate, dalla mia esperienza sul campo e dalle mie innate capacità intellettive ma comunque sono umana come tutti gli altri: mangio, dormo, mi innamoro e soprattutto soffro proprio come loro. Soffro perché mi manca casa, perché devo soddisfare delle aspettative su un progetto che i miei colleghi preparano in quattro anni e non in soli dodici mesi, soffro perché il MIT mi sta stretto, perché voglio essere in pista con la mia squadra, voglio sporcarmi le mani ma, più di ogni altra cosa, soffro perché con Charles non è cambiato nulla. I miei amici mi avevano avvisato, lo so, dovevo aspettarmelo ma loro non hanno vissuto quello che ho vissuto io con il monegasco, io li ho guardati quegli occhi, io l'ho letta l'emozione in quelle iridi verdi.
<< Terra chiama Ellie >>.
La mano piena di anelli di Javier invade il mio campo visivo destandomi dal mio stato di trance.
<< Mh? >> domando confusa.
<< Avevi lo sguardo perso e la gente inizia a fissarti >> ridacchia.
<< Ero... Stavo pensando... >> balbetto.
<< Stavi pensando al principino >>.
<< No, io...>>
<< Mi offendi se non credi che ormai tu sia un libro aperto per me >>.
<< Hai ragione >> sospiro sconfitta e mi accascio contro la spalliera della mia sedia.
È una bellissima giornata qui a Boston e Javi ed io abbiamo deciso di lavorare ai nostri progetti nel cortile del dipartimento di meccanica così da poter godere del piacevole sole di metà giugno. Porto le mani dietro la nuca e chiudo gli occhi cercando di concentrarmi solo sul calore dei raggi che colpiscono la mia pelle ma il mio migliore amico oggi ha deciso di non volermi dare pace.
<< Ellie, bimba >> mi richiama.
<< Che c'è? >> domando aprendo un solo occhio per metà.
<< Per favore metti giù quelle braccia che le tue tette qui stanno per causare un infarto a più di qualcuno >>.
Mi ricompongo alla velocità della luce imbarazzata come non mai quando vedo lo sguardo di due ragazzi al tavolo di fronte che non mi molla nemmeno per un istante.
<< Che esagerazione, ho una semplicissima canotta >> borbotto anche un po' offesa.
<< Tesoro, non è colpa del tuo abbigliamento ma della tua devastante bellezza che farebbe risvegliare persino il mio amichetto omosessuale qui sotto >> spiega divertito lo spagnolo ed io avvampo come se non ci fosse un domani.
<< Ti odio >> nascondo il viso tra le mani.
<< Dico solo la verità >> scrolla le spalle lui.
<< Esagerato >>.
<< Vuoi che chieda a uno dei due ragazzi con una evidente erezione? >>.
<< Oddio ti prego basta >> lo prego.
<< Andiamo, ti porto a prendere un gelato >> cambia discorso guadagnandosi tutta la mia gratitudine.
Raccogliamo le nostre cose con molta clama e ci avviamo sottobraccio verso la gelateria più vicina, che poi chiamare gelato quella roba che fanno mi sembra un insulto ma è il meglio che si possa trovare in America al momento. Ci sediamo sull'erba di un piccolo spazio pubblico in riva all'oceano pochi minuti dopo con i nostri gelati tra le mani, Javi riceve una chiamata da Jack facendomi alzare gli occhi al cielo e decido di ammazzare il tempo facendo un giro su twitter. Ieri c'è stato il GP del Canada e tutta la mia timeline ancora esulta per la super vittoria di Seb, quest'anno ci sta regalando delle performance strepitose ed io vorrei essere li con lui e tutto il team a contribuire a questa scalata verso il mondiale. Ad ogni foto o commento che vedo mi sale il magone così decido di spostarmi su Instagram quando la mia attenzione viene attirata dalla foto dell'ultimo tweet in basso sullo schermo: Charles e Giada che passeggiano mano nella mano sul lungomare di Monaco. La mia vista comincia ad appannarsi, le lacrime bussano prepotenti ai miei occhi e non riesco a trattenerle, lascio che cadano silenziose lungo le mie guance. Javier si rende conto del mio stato d'animo e saluta il suo ragazzo in fretta.
<< Ehi che succede? >> domanda preoccupato.
Non riesco a parlare, ho un groppo in gola, non mi esce la voce così mi limito a mostrargli il telefono.
<< Ma non era in Canada? >> domanda.
<< C'è scritto che è della scorsa settimana, prima che partisse >>.
<< Quel bastardo >> ringhia.
<< Mi aveva detto di non aver avuto il tempo di parlarle, di non averla vista... Certo >> dico sarcastica strappando un filo d'erba con rabbia.
<< Il telefono è stato inventato apposta per queste occasioni >> precisa lui.
<< Diceva di non volerla lasciare così, che sarebbe da stronzi dopo tutto questo tempo >>.
<< Ti ha scopata per la miseria! Questo non è da stronzi? >> quasi urla.
<< Sono una stupida >>.
<< Ma no tesoro, sei solo innamorata e l'amore fa fare cose stupide >> cerca di consolarmi.
Il mio cellulare vibra nella mia mano, lo giro per leggere il nome del mittente sullo schermo e mi sfugge una risata quando vedo la scritta: Red.
<< Parli del diavolo >>.
<< Ci parlo io >>.
<< No, nessuno parla con nessuno >> dico e chiudo la chiamata.
<< Prima o poi dovrai affrontarlo >>.
<< Lo so, ma non adesso, ho bisogno di tempo >> sospiro e lo abbraccio, in questo momento ho soltanto bisogno di non sentirmi sola.
<< Ti va di stare con me e Jack questa sera? >> propone Javi accarezzandomi la schiena.
<< E' la cena per festeggiare i tre mesi di fidanzamento, non se ne parla >> rifiuto.
<< A lui non darà fastidio, lo sai, ci piace stare con te >> riprova.
<< E a me piace stare con voi, sai che ho rivalutato Jack e che gli voglio un mondo di bene ma questa è la vostra serata, io starò bene >> sorrido asciugandomi le lacrime e mettendomi in piedi << Forza pigrone, andiamo a cercare il regalo perfetto per il tuo perfetto ragazzo >>.
Javier si tira su senza staccare i suoi occhi preoccupati da me che cerco di nascondere quanto io stia morendo dentro. Il mio cellulare continua a vibrare ininterrottamente per un paio d'ore ma poi resta silente fino a quando, arrivata sera, saluto il mio migliore amico che si avvia verso casa del suo ragazzo.
<< Sei sicura che non vuoi che ti accompagni? >> domanda.
<< Figurati, sono cinque isolati Javi, mi fermo da Taco Bell a prendere qualcosa da mangiare e torno a casa, tranquillo >>.
Javi mi lancia un ultimo sguardo preoccupato e si decide a lasciarmi andare non prima di avermi abbracciata stretta. Percorro la strada a passo lento, non ho nemmeno voglia di ascoltare la musica questa sera, ho bisogno di pensare a me, a Charles e a cosa voglia farne della mia vita. Charles sta provando a chiamarmi di nuovo, tentenno con il dito tremante sullo schermo ma alla fine resto forte e chiudo la chiamata, non ho ancora voglia di parlargli. Entro nel fast food con un mare di pensieri in testa, ordino cibo spazzatura a volontà e aspetto di essere servita quando una voce alla mia destra mi riporta alla realtà.
<< Ciao secchiona >>.
<< Ciao Josh >> alzo gli occhi al cielo, ci mancava solo lui oggi << Dove hai lasciato i tuoi amichetti? >>
<< Mi aspettano a casa >> risponde.
<< Non volevo realmente una risposta >> sorrido falsa.
<< Sempre simpatica vedo >>.
La ragazza alla cassa mi consegna il pacchetto con il cibo che aspettavo e tiro un sospiro di sollievo, non ho proprio voglia di litigare stasera.
<< Come mai tutta sola? >>
Speravo di essermi liberata di lui ma a quanto pare dovrò sopportarlo per altri tre isolati.
<< Non sono affari tuoi >>.
<< Andiamo, Elisabetta non essere così scontrosa >>.
<< Ah adesso ti ricordi come mi chiamo? Credevo conoscessi solo la parola secchiona o arrivista o com'era l'ultima? Ah si... Zoccola >>.
<< Non ti ho mai chiamata così >>
<< Tu forse no ma i tuoi amici sì e non hai mai detto niente, quindi per me è come se lo avessi fatto >> spiego arrabbiata ed accelero il passo, non voglio che mi veda piangere.
<< Mi dispiace, non penso queste cose di te, tu mi piaci tanto, sei intelligente, forte e sei bellissima >>.
Lo guardo un attimo e non posso fare a meno di scoppiare a ridere più forte che posso.
<< Perché ridi? >> domanda quasi offeso.
<< Sul serio me lo chiedi? >> alzo un sopracciglio e mi fermo, siamo quasi davanti al portone del nostro palazzo << Mi hai trattato come la merda che si attacca sotto le scarpe da quando sono arrivata, tu e i tuoi amici avete fatto di tutto per impedirmi di fare un buon lavoro e ti aspetti che io creda di piacerti? >>
<< E' una guerra il MIT e lo sai anche tu, senza alleati non andrei da nessuna parte >>.
<< Questo non giustifica il bullismo, perché si caro mio, abbiamo vent'anni ma sempre di bullismo si parla >> rispondo rabbiosa.
<< Mi dispiace >>.
<< Non mi interessa, vai via e lasciami in pace >> sospiro stanca.
<< Non posso, mi piaci troppo >> insiste e mi segue verso la parte del marciapiedi illuminata dalle luci all'ingresso del nostro palazzo.
<< Josh ho detto vai via >> mi volto per entrare ma una figura fin troppo familiare attira la mia attenzione spiazzandomi.
<< E tu che ci fai qui? >> chiedo sentendo di nuovo le lacrime bagnare i miei occhi.
<< E' tutto il giorno che ti chiamo >> spiega e lancia poi uno sguardo verso il mio collega.
<< Non cambi mai, ora ti scopi anche Leclerc >> dice quasi schifato Josh << Hanno ragione gli altri a dire che sei una zoccola >>.
<< Come l'hai chiamata? >> scatta subito Charles in mia difesa ma mi metto in mezzo tra i loro corpi, so cavarmela da sola.
<< Cambi velocemente idea, vedo, fino a due secondi fa avresti voluto infilarmi la lingua in gola >> lo denigro << Torna dai tuoi amichetti o ti denuncio >>.
Josh cuor di leone alla parola denuncia sbianca ed entra nel palazzo con la coda tra le gambe. Rimasti soli prendo un respiro profondo e mi volto verso Charles, è il momento di chiarire.
NOTE DELL'AUTRICE:
Sono tornata dopo millenni, lo so e mi dispiaceeeee. So che non pubblico spesso come avevo promesso ma amo questa storia, manca pochissimo alla fine e non ho il coraggio di scriverla, so che non è una giustificazione ma spero possiate capirmi e abbiate pazienza. Ammetto di non essere super soddisfatta di questo capitolo ma era necessario e spero che a voi piaccia. Prometto di aggiornare presto.
Grazie di tutto
A presto
Baci
SCHEGGIA<3
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