Prima costellazione

Prima di lasciarvi al capitolo, ringrazio KiraKing666 che mi permette di pubblicare i suoi disegni! Vedrete sempre i suoi disegni come copertine, sappiatelo. Ora vi lascio al primo capitolo.

Andrzej's pov.
Piansi estremamente tanto.
Mi avevano appena ripudiato i miei stessi genitori.
Il mio branco.
La mia casa.
Sotto la pioggia, mi sedetti su una panchina di un parco.
Cercai di coprirmi le orecchie e la coda il meglio possibile.
Quasi impossibile, visti gli stracci che indossavo.
Cominciò a piovere anche da un'altra prospettiva, molto più doloroso e libero rispetto alla prima pioggerellina.
La sensazione di distruzione pervase il mio cuore quel giorno, permettendomi di rimanere privo di sentimenti per un po'.
Meno sofferenza, pensavo.
Poi il cuore cominciò a farsi più pesante, il pianto più forte ed i piccoli spasmi sempre più frequenti.
Non ero mai stato un bambino solare e le braccia marchiate lo dimostravano.
Ma non importavano a nessuno i miei sentimenti, sennò perché mai sarei fuggito dalla mia accogliente casa?

Decisi di far fuoriuscire quel liquido cremisi dal mio corpo, velocemente pulito dalla forte pioggia.
Quella sera potevo anche morire, non avevo più interesse nel vivere.
Ma una mano mi accarezzò la spalla, coprendomi dalla pioggia con il suo ombrello.
I suoi occhi si allargarono spaventati, ma dopo poco si addolcirono, con pietà.
Mi porse la mano ma non la presi, ero spaventato dagli umani.
Non mi piaceva, dopo quello che era successo.
Ma vidi del sangue pure nella sua maglietta, comprendendo che avevamo la stessa sorte. Sentii subito un tenero calore e provai immensa sicurezza soltanto avendolo vicino. Non lo conoscevo, non sapevo che cosa facesse nella sua vita, ma qualcosa mi diceva che potevo fidarmi ciecamente, senza spaventarmi neanche un momento. Il mio cuore stava urlando fortemente, ma io ero testardo per rendermene conto. Nonostante la mia testa mi dicesse di stare lontano, che non dovevo fidarmi di uno sconosciuto, poggiai la mia mano sulla sua, sentendo le sue soffici dita sfiorare la mia pelle bagnata, e mi fece alzare, senza dire una parola, come se il silenzio riuscisse meglio a distruggere le nostre barriere.
Camminammo non so per quanto, non ci tenevo a sapere dove mi stesse portando.
Ero così arreso alla morte, che anche essere rapito ed ucciso mi intrigava.
Ma la curiosità prese il sopravvento e volevo davvero chiedergli per quanto avremmo camminato, visto il dolore crescente che stavo cominciando a provare per l'asfalto, ma di certo non potevo. Per quanto io lo desiderassi, non potevo proprio.
Prese lui la parola per primo e mi chiese "come ti chiami?".
Era molto schietto, vuoto.
Volevo rispondergli ma come sempre nessun suono uscì dalla mia bocca.
Toccai la sua spalla e gli mimai se avesse qualcosa dove scrivere.
Mi passò il suo telefono e scrissi il mio nome 'Andrzej'.
Arrivammo dopo 10 minuti di silenzio, in cui mi Bagnai totalmente la coda.
È una sensazione orribile, soprattutto per noi gatti.
Ma comunque, ci dovevo fare l'abitudine. Ero un randagio ormai.

Aprì una porta, presumibilmente di casa sua.
Mi fece mettere i piedi su una tovaglia a terra e, solo in quel momento, mi accorsi di aver camminato senza scarpe né calze. Così compresi il motivo del dolore.
Il sangue usciva copiosamente e bruciava, ma non mi diede fastidio.
Beh, a me.
A quello strano uomo si.
Infatti nei suoi occhi vidi un senso di pietà di nuovo. Quel giorno ero proprio penoso.
Mi pulì le ferite e mi medicò, passando poi alle braccia.
Quelle erano colpa mia, ma non fece domande, troppo preso dal pulirle.
Salì al piano di sopra, lasciandomi lì, mezzo nudo ad aspettare il suo ritorno. Quest'ultimo avvenne molto presto, infatti scese e mi vestì. Era una felpa rosa ed un pantalone molto largo, ma io ero felicissimo, quasi le lacrime minacciavano di uscire.
"Scusami se sono molto grandi, ma sono i più piccoli che ho qui.. a casa con gli altri ti avrei dato quelli di Jimin" sussurrò l'ultimo pezzo, ma essendo un gatto ed avendo le orecchie sollevate, lo sentii comunque.

Ma fui interrotto da delle voci fuori dalla porta e, successivamente, il suono del campanello rimbombare per la stanza.
Quel ragazzo si alzò velocemente da terra dove mi stava aiutando ed aprì la porta, rivelando delle persone particolarmente vivaci.
"YOOOO" urlò uno di loro, facendomi sobbalzare. Mi feci piccolo piccolo nella tovaglia, terrorizzato da quelle persone.

Si zittirono appena mi videro. Quell'uomo dalle spalle larghe tossì per richiamare la loro attenzione.
"Jin-hyung, chi è questo...gattino?"
Alzai lo sguardo. 'Quindi quello strano tizio si chiama Jin?' Pensai per poi essere assalito da 4 ragazzi.
Mi toccarono la coda e la tirarono con forza, facendomi sussultare e soffiare.
'Jin' mi prese velocemente, appoggiandomi al suo petto.
"Smettetela subito! Non è un giocattolo! È ferito." Disse,con rabbia.
Questo mi fece calare le orecchie, spaventato all'improvviso cambio di voce.
'Dov'è la voce di prima? Ed il suo tocco gentile?'.
Probabilmente se ne accorse e decise di accarezzare delicatamente le orecchie, massaggiandole.
Il mio punto debole.
Cominciai a fare le fusa e si fermò per lo stupore, per poi ricominciare contento.
La calma durò poco, i ragazzi irrequieti cominciarono a lamentarsi.
"Jin-hyung abbiamo fame, Namjoon-hyung ci vuole uccidere! Quando torni a stare con noi?"
Chiese uno, dai capelli rossastri e molto velocemente.
Notai come non gli interessasse più di tanto la mia presenza e dedussi che era la fame a non farli ragionare.
"Per ora ho bisogno di un po' di pace, lo sai.. sono successe alcune cose." Marcò la parola 'cose' con tristezza e delusione.
Lo notai ed il mio istinto da gatto prese controllo di me.
Mi strusciai sul suo petto e gli diedi qualche leccata.
Diciamo che non era proprio gradevole,avendo la lingua liscia come ogni essere umano.
Però lo apprezzò, accarezzandomi.
"Beh, ormai siete qui. Che volete mangiare?"
Urlarono vari cibi e Jin scelse il Kimchi.
Mi misi sulle mie gambe e cominciai a strizzarmi la coda, mentre i 4 ragazzi mi fissavano.
Mentre cercavo di asciugarmi al meglio, un poco di sangue uscì dai miei piedi nuovamente, ma non mi preoccupai, ormai abituato al calore del liquido.
Però i bambini troppo cresciuti si preoccuparono per me.
Perciò, presero ad urlare come se stessi morendo, e Jin, con il grembiule rosa per cucinare, corse da noi.
Poi sospirò sollevato e fece cenno a quello rosso di seguirlo.
Sussurrarono delle cose che non riuscii a sentire, mentre uno con i denti a coniglio mi guardava curioso.
Potevo benissimo dire che, se fosse stato un ibrido, si sarebbe divertito a mangiare carote di svariato genere.
Piccolo passivo.

O forse mi sbagliavo.
L'altro bruno gli diede una spinta, cercando di convincerlo a parlarmi. Ma il coniglietto non ne rimase contento, assolutamente no.
Vidi come sottomise altri due ragazzi e mi spaventai.
Mi misi in mezzo, non volevo litigassero e strusciai la faccia sulle braccia del mangiatore di carote.
Fu un gesto inaspettato che però ebbe successo.
Si concentrarono su di me e non battibeccarono più.
Mi feci tirare le orecchie e la coda, pur di non tornare al punto di partenza.
Però toccarono una grossa ferita che non avevo notato e sobbalzai dal dolore.
Se ne accorsero e controllarono con delicatezza, circa.
"Hai un grosso taglio nella coda.. JIIIIINNN-HYUUUUNNNGGGG DOVE SONO LE BENDE"
"ACCANTO A TE"
"ah". Risero leggermente, per poi pulirmi la ferita.
Non era il coniglio, ma uno con i capelli rosa.
Era quasi carino, ma non potevo fidarmi così ciecamente, nonostante provassi ancora più forte la sensazione di calore al petto.
Cercai di allontanarmi, ma mi bloccarono. Cercai di emettere qualche suono, ma non ci riuscii. Così piansi con la bocca aperta, sperando che Jin mi salvasse.
E fortunatamente mi aiutò subito scacciando le manacce delle pesti.
Mi fasciò con delicatezza e le 3 pesti si lamentarono, come se non avessero fatto niente di male.
Certo, non mi avete martoriato la coda. NO NO.

Jin mise a tavola il cibo.
Aveva un odore delizioso, paradisiaco, oltre l'aspetto stupendo.
Lo guardai e quasi un po' di bava colò dalla mia bocca, per poi avere una fitta allo stomaco.
Guardai il piatto e poi Jin. Mi impanicai, volevo esprimere la mia voce, ma non ci riuscii.
Jin mi comprese però e prese il telefono in mano, porgendomelo.
Scrissi velocemente 'devo andare in bagno' e mi indicò una porta nelle vicinanze.
Corsi velocemente, chiusi la porta e vomitai.
Era sangue, ma non era una novità. Capitava sempre, appena avevo del cibo davanti. Avevo sempre sofferto di disturbi alimentari e, con tutto che sembrava realmente buonissimo, non riuscivo a non essere nauseato.
Quel giorno avevo perso veramente tanto sangue, così cominciai a sentirmi debole.
Non ci feci molto caso e feci sparire tutte le tracce.
Tornai da loro e mi sedetti, guardando i miei piedi fasciati.
Si accorsero del mio comportamento ovviamente.
Il ragazzo-coniglio richiamò l'attenzione del mio salvatore.
"Hyung, ma come si chiama?"
"Andrzej. L'ho trovato sotto la pioggia, non potevo lasciarlo lì"

Prese del tempo e poi chiese quello che non volevo sentire.
"Andrzej, puoi parlare?"

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