Epilogo

Il teatro era gremito di spettatori.
I pesanti tendaggi di colore rosso celavano le quinte, i ballerini eccitati, pezzi di sceneggiatura che venivano montanti e smontati in base alle esigenze delle varie esibizioni.

Diversi uomini e donne si aggiravano correndo da una parte all'altra, restando silenziosi e precisi in ogni gesto, assicurando che tutto procedesse secondo il programma della serata.

In sala, si potevano ammirare i membri dell'orchestra, elegantissimi, intenti a prepararsi per il successivo brano da eseguire.

Gli spettatori avevano delle espressioni entusiaste, sembravano stregati, affascinati da tutto quel tripudio di bellezza ed eleganza.

Alessio trattenne un risolino, captando immediatamente la figura di Guido tra la folla.

Aveva trovato un angolino dal quale poteva comodamente spiare il teatro senza essere visto.

Il suo ex era abbastanza ridicolo in mezzo a tutte quelle persone dai volti puliti, perfettamente in ordine, con quella sua inconfondibile cresta da punk; nonostante avesse indossato un raffinato completo nero, risaltava agli occhi come se qualcuno gli tenesse una freccia puntata sul capo.

La cosa non gli dispiaceva più di tanto: in quel modo, proprio grazie al tatuatore -ormai divenuto uno tra i suoi più cari amici-, poteva individuare, facilmente, il gruppetto del suo seguito composto da Mattia, i ragazzi della pizzeria, il suo amato Carlo e l'anziana madre di quest'ultimo.

Alessio arrossì, ricordando l'incontro con la donna, avvenuto un paio di giorni prima.

Il pizzaiolo aveva condotto entrambi i suoi compagni in casa della madre, con l'intenzione di presentarle gli amici con i quali avrebbe preso a convivere in un appartamento, di lì a qualche settimana. Dovevano solo sistemare le ultime faccende burocratiche prima del trasloco.

Il giovane ci avrebbe scommesso: erano stati attenti a ogni più piccolo gesto, a ogni parola, sguardo, sorriso. Eppure, era certo che la madre di Carlo li avesse sgamati dopo poco più di dieci minuti, lasciando ai tre la presunzione di averla scampata, mentre lei, con il suo sguardo pieno di amore, registrava tutto accettando i tempi del figlio, in paziente attesa di sentirsi rivelare la verità sul rapporto che lo legava a quei due.

Scosse la testa, mentre un sorrisino gli si allargava sulle labbra e tornò a gettare sguardi furtivi nella sala.

Adorava quei momenti tra un'esibizione e l'altra, mentre il pubblico stava lì a gustarsi i lasciti delle emozioni che lo aveva sorpreso e sconvolto, in fremente attesa del successivo spettacolo, saturo di aspettativa.

I suoi allievi si erano da poco esibiti: non tutto era filato liscio e qualche calzamaglia si era sfilata all'ultimo secondo, un paio di giovani si erano trovati a dover rammendare in fredda e furia i nastri delle loro scarpette. Un paio di ragazzi avevano preso a sudare talmente tanto a causa della tensione, che si erano trovati, a fine numero, con i volti impiastricciati di trucco. Persino lo chignon della prima ballerina si era un po' allentato, tra una piroetta e l'altra, mentre un paio di forcine erano impudentemente volate via dall'acconciatura, finendo sul palcoscenico.

Kalisa era andata su tutte le furie.
Tanto che aveva minacciato di espellere alcuni studenti dalla sua scuola.

Ma... in realtà, la loro esibizione non si era rivelata un vero e proprio disastro: lo chignon della première danseuse aveva retto, nonostante tutto; i nastri, alla fine, avevano tenuto bene; i buchi erano stati celati tingendo la pelle con del cerone mentre il trucco sciolto, aveva conferito a quei malcapitati ballerini, un'espressione ancora più tetra, riempiendo la loro esibizione di ulteriore pàthos.

Almeno, così la vedeva Alessio.

Anche se, doveva ammettere, iniziava a percepire una tensione sempre maggiore, consapevole di quanto, ormai, poco mancasse all'esibizione da solista del suo Javier.

Deglutì un paio di volte, facendo un passo indietro ed andando a sbattere contro qualcuno.

Sussultò mentre gli veniva tappata la bocca con una mano, evitando che si lasciasse scappare un urletto.

-Sono io- mormorò Javier contro la sua nuca, lasciandolo andare subito dopo.

Alessio sospirò di sollievo, voltandosi nella sua direzione. Gli sorrise e gli baciò le labbra, mentre Kalisa si affiancava ai due con espressione torva.

-Siete ancora qui?- domandò glaciale.
-Mancano un paio di minuti all'esibizione- le fece presente l'ispanico.

La donna incrociò le braccia sul petto, prendendo a picchiettarsi la pelle con un dito, sempre più furiosa.
Era livida in viso, così tesa che la sua pelle sembrava essersi fatta più sottile sugli zigomi e le guance. Le labbra vermiglie erano strette in una smorfia.

-Siete pronti?- chiese poco dopo, compiendo un evidente sforzo per evitare di urlare.
-Perché continui a parlare al plurale?- le domandò di rimando Alessio, aggrottando la fronte.
-Non gliel'hai ancora detto!- tuonò la donna. Qualcuno tra gli addetti ai lavori si volse nella sua direzione, mentre uno di loro le rivolse un'occhiataccia, portandosi un dito davanti alle labbra, intimandole di fare silenzio.

Kalisa non gradì quell'ammonimento, e si limitò ad alzare il dito medio nella direzione del povero malcapitato.

Alessio sgranò gli occhi, stupito da quel suo gesto tanto volgare e serrò le labbra con forza, consapevole di non voler essere vittima della rabbia della sua mentore.

-Non mi importa un fico secco! Dopo la figuraccia fatta con i vostri stupidi allievi, mi aspetto la miglior esibizione del mondo. La colpa è vostra, rimediate e muovetevi! Il tempo che passa, è come musica che stona! E non voglio più vedere note stonate, questa sera!- disse, prima di voltare loro le spalle, lasciandoli soli.

-Javier Fernandez, un minuto.- lo avvisò una donna e il ballerino le rispose con un cenno del capo.

Prese Alessio per un gomito, lo avvicinò maggiormente a sé, tornando ad appropriarsi delle sue labbra, stavolta con maggior ardore, soffocando ogni sua domanda.

Si staccarono che Alessio sentiva la testa girargli, era confuso: non gli dispiacevano quelle attenzioni da parte del compagno, ma sentiva che ci fosse qualcosa di strano in lui, una certa tensione, che nulla aveva a che vedere con la sua prossima esibizione.

Javier iniziò a dirigersi verso il centro del palcoscenico per prendere posizione, prima che i tendaggi venissero scostati e la musica iniziasse a riempire l'aria dando il via allo spettacolo.

Fece uno strano movimento, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa... e corse nuovamente da lui, afferrandolo per una mano e trascinandolo al centro del palco.

-Che?!- domandò incredulo Alessio.
-Pas de deux- sussurrò Javier con il cuore in gola.

Il suo compagno sgranò gli occhi per la sorpresa e prese a scuotere piano la testa, quasi come se si trovasse sotto shock.

-Non ho il costume... non mi sono truccato... si vedrà il tatuaggio... non mi sono preparato...- iniziò a borbottare, sentendo le palme delle mani iniziare a sudare.

-Lo Schiaccianoci, atto secondo. Lo conosci bene, l'hai già eseguito in passato- continuò l'altro, totalmente sordo alle proteste del compagno.
-Non esiste-
-Stanno aprendo i tendaggi- gli fece notare, mentre il palcoscenico veniva illuminato ed i musicisti dell'orchestra iniziavano a blandire le prime note.

-Javier! Lasciami! Cosa cazzo dovrei fare? La Fata Confetto?! Siamo due uomini!- protestò il giovane.
-L'aspetto da fatina ce l'hai...- ribatté divertito l'altro, afferrandolo per i fianchi, obbligandolo ad assumere la posizione di partenza, rivolgendosi verso il pubblico.

-Javier...!- mormorò disperato Alessio, prima di rivolgere il proprio sguardo alla sala.

Deglutì.

Incontrò gli occhi di Carlo, lo vide annuire mentre un sorriso gli incurvava le labbra, quasi a illuminargli il volto.

Il cuore prese a martellare nel petto.

L'adrenalina sembrò incendigliargli il sangue nelle vene.

La sua vita stava per essere stravolta, ancora una volta.

Non sarebbe più stato solo.

Era diventato consapevole di essere prezioso.

Il suo cuore era pieno d'amore.

Strinse la mano di Javier nella propria senza distogliere gli occhi da quelli di Carlo.

E lo spettacolo ebbe inizio.

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