9
Il suono insistente del campanello che veniva molestato da qualcuno, destò Javier dai suoi sogni.
Il ragazzo aprì gli occhi nella semioscurità della sua camera da letto cercando di aiutarsi a dare risposte alle domande insistenti del suo cervello: dove si trovava? Che ore erano? Era vivo?
Odiava alzarsi presto al mattino, soprattutto se, la notte antecedente, si era concesso svaghi sino alle prime luci dell'alba.
Il suo cervello non connetteva bene, aveva un disperato bisogno di caffè e, sicuramente, dalla sensazione di palloncini tra i pensieri, intuì di non essere riuscito a dormire granché.
Scese dal letto passandosi le mani tra i lunghi capelli, grattandosi appena la cute e sbadigliando sonoramente.
Si diresse verso la porta d'ingresso pronto a tirare un pugno a chiunque si fosse deciso di importunarlo quella domenica mattina, rimanendo attaccato al campanello di casa sua.
-Ma chi cazzo è?!- urlò furioso aprendo la porta d'ingresso.
Dall'altro lato trovò... Carlo: il pollice ancora premuto contro il campanello, la sigaretta tra le dita tremanti della mano sinistra e gli occhi scuri e furiosi.
Si portò la sigaretta alla bocca, inspirò ed espirò il fumo direttamente in faccia all'altro: Javier tossì infastidito.
-Sei impazzito?- gli domandò portandosi una mano davanti al naso: -Sempre con ste cazzo di sigarette!-
-Hai qualcosa da ridire pure su questo?- gli chiese Carlo con tono sprezzante.
Javier aggrottò la fronte:
-Di che diavolo stai parlando?- gli domandò a sua volta:
-Non lo so, dimmelo tu. Raccontami la tua versione dei fatti. Sentiamo un po'... da uno a dieci: quanto pensi che io sia abbastanza cretino da poter essere raggirato dalle tue cazzate?-
Il ragazzo sgranò gli occhi e sentì un nodo stringergli la gola: non aveva idea di come avesse fatto... o forse sì, fatto stava che, Javier, solo su di una cosa aveva mentito spudoratamente a Carlo, quell'unica cosa che aveva cercato di tacere per non farsi odiare da lui.
Sapeva di aver commesso un errore madornale, ed aveva cercato di nasconderlo proprio per non perderlo, per non ferirlo, per non farsi odiare dall'uomo di cui era innamorato.
Javier era fatto così: tanti buoni sentimenti, tante paranoie e... tante cazzate.
Scosse appena la testa facendosi da parte ed invitando l'uomo ad entrare in casa sua.
Carlo spense la sigaretta nel posacenere che Javier teneva di fianco la porta d'ingresso, sul pavimento: odiava il fumo, non lo sopportava proprio e non permetteva a nessuno di fumare in casa sua. L'uomo fece il suo ingresso con passo marziale all'interno dell'appartamento che conosceva bene, dirigendosi direttamente nel balconcino che si affacciava sul soggiorno.
Una volta arrivato lì, si accese l'ennesima sigaretta.
Javier lo seguì titubante e rimase alle sue spalle a guardarlo mentre poggiava i gomiti sulla balaustra e rimaneva in silenzio ad osservare il panorama che si poteva godere da lì.
Sentiva chiara la rabbia dell'altro, quasi come se avesse un'aura propria e questa gli scivolasse sulla pelle facendolo rabbrividire.
Di tutte le stronzate che avrebbe potuto fare, aveva messo in pratica la più grande di tutte.
Sospirò e gli si fece vicino sfiorandogli una spalla con la punta delle dita. Carlo sobbalzò appena, ma rimase fermò lì dov'era, senza degnare l'altro di uno sguardo, decidendo di averne abbastanza persino di sigarette: getto la cicca nel vuoto e recuperò un chewingam dal pacchetto che teneva nella tasca posteriore dei jeans, e prese a masticare sentendo l'aroma alla mente rinfrescargli di colpo la bocca.
Per le sue papille gustative fu quasi uno shock, masticò nervosamente per un po' nella speranza che quella spiacevole sensazione passasse ma, alla fine, si spazientì e si liberò anche della gomma da masticare.
Sospirò frustato sentendo la mano di Javier aprirsi sulla pelle della sua spalla ed il calore di quel tocco trapassare il tessuto sottile della maglietta a maniche lunghe che indossava.
Aveva dimenticato la giacca nell'appartamento di Alessio, vagato senza meta per un po', senza più sentire stanchezza, senza più percepire il tempo dilatarsi, restringersi, scorrere in qualche modo... e si era ritrovato con un sole grigio alto nel cielo, l'aria mattutina gelida e piena di umidità ad intorpidirgli i pensieri.
Infine, come un automa, aveva preso a camminare per scaldarsi un po' e si era trovato sotto casa di Javier.
Esausto, infreddolito, arrabbiato, deluso da se stesso e furioso con la vita ed i casini che aveva deciso di presentargli tutti in un unico conto.
Sospirò nuovamente e sentì il viso di Javier poggiarsi sulla sua schiena, mentre le sue braccia gli cingevano la vita: forse così, senza guardarsi negli occhi, sarebbe stato più facile tentare di parlare e chiarirsi:
-Alessio mi ha raccontato un po' di cose- esordì Carlo e sentì il ragazzo tremare contro la sua pelle: -Perché non me l'hai detto?-
-A cosa ti riferisci?- mormorò Javier.
-Ai tuoi sentimenti, tanto per incominciare...- il ragazzo si staccò di colpo da Carlo come se avesse toccato una fiamma viva, ma rimase alle sue spalle e l'altro si irrigidì obbligandosi a non voltarsi nella sua direzione.
-Perché te l'ha detto?- chiese piano, ma con una punta di rabbia a colorare le note della sua voce:
-Javier... entrambi vi state comportando da ragazzini e nel mezzo ci sono io: mi avevi detto di non essere andato a letto con lui, invece l'hai fatto. Ti avevo detto di essere innamorato di Alessio e mi hai nascosto di provare qualcosa per me: tutto ciò è sbagliato, non siamo più bambini. Avremmo dovuto parlarne, confrontarci, anziché finire per ferirci l'un l'altro in questo modo-
Javier rimase con gli occhi fissi sul pavimento e fece qualche passo indietro rincasando. Carlo aveva ragione, ma non aveva mai nutrito speranza di vedere i suoi sentimenti ricambiati: si conoscevano da anni e mai aveva intravisto la più piccola possibilità che le cose tra di loro potessero portarli ad essere molto più che semplici amici.
Erano due persone totalmente diverse ed estranee: come amici andavano bene, si completavano e si sopportavano a vicenda... anche quando non riuscivano a capirsi.
Ma non c'era complicità, litigavano troppo spesso, così come capitavano spesso di quei periodi di distanza l'un dall'altro, dove non si vedevano né si sentivano per mesi e sembrava quasi che, a nessuno dei due, pesasse la lontananza dell'altro.
La verità era che entrambi adoravano la propria solitudine, quella vita che si erano ritagliati a propria misura e che calzavano talmente bene da credere di non avere bisogno di altro...
Anche quando faceva "freddo", ma si ritrovavano senza alcunché con cui mitigare quel particolare tipo di freddo e lottavano strenuamente per convincersi di non avere bisogno di nulla, di nessuno.
Carlo si rese conto, poco alla volta, riflettendo sul loro rapporto, quanto fosse diventato sadico quel gioco tra di loro, quel gioco fatto di corse verso l'altro, ripensamenti, allontanamenti forzati... per poi corrersi ancora incontro.
Non aveva idea di cosa significasse davvero tutto ciò e, nella confusione di quella situazione, aveva finito per compiere gesti insensati, rifiutando persino Alessio, correndo da Javier senza un apparente, valido, motivo.
Era tutto un gran casino, ma pensò che fosse anche arrivato il momento di smetterla di rimuginare su quei perché assurdi e di agire cercando di mettere chiarezza nel suo cuore.
Si volse verso Javier, gli si fece vicino fermandosi ad un paio di passi da lui ed allungò una mano nella sua direzione scostandogli i capelli dal viso.
L'altro alzò gli occhi su di lui e rimasero a guardarsi per un tempo indefinito... prima che Javier decidesse di spingersi oltre ogni limite che si era imposto sino a quel momento: andasse come doveva andare, era stanco di restare appeso a quel filo.
Si sarebbe spezzato una volta per tutte?
"Non ha più importanza" pensò, prima di decidersi a baciarlo.
A differenza di come era stato con Alessio, Carlo non percepì alcun panico: magari era colpa della stanchezza fisica, della confusione che intercorreva tra cuore e testa, della mancanza di tormenti che lo avevano accompagnato per troppo tempo irrigidendolo nella sua idea di essersi rassegnato a non essere contraccambiato dal giovane.
Però, con Javier... sentì che tutto sarebbe stato più facile: si conoscevano da anni, non c'erano mai state delle vere e proprie tensioni tra di loro e tutti i litigi che li avevano visti coinvolti, erano stati risolti e dimenticati nel corso del tempo.
Rimaneva la questione della bugia di Javier e dei possibili sentimenti romantici che questi sembrava provare per lui, eppure... nulla di tutto ciò gli impedì di contraccambiare il suo bacio.
L'altro si sentì confortato dalla reazione di Carlo e prese a far vagare le mani su quel corpo che aveva desiderato ardentemente e tanto a lungo. Aveva paura che tutto stesse per complicarsi, ma decise di spegnere la mente e lasciarsi guidare dall'istinto.
Sentì Carlo ricambiare le sue carezze e non era titubante ed incerto come si sarebbe aspettato: sembrava conoscere i punti giusti dove stimolarlo, toccarlo, corteggiare il suo corpo accendendo il desiderio.
Presero a muoversi e rifugiarsi dentro il soggiorno, finirono sul divano lasciandosi alle spalle timori e vestiti.
Javier percepì il suo cuore prendere a battere furiosamente e, solo per un attimo, temette che l'altro potesse tirarsi indietro all'ultimo minuto, ebbe paura di spaventarlo, di sbagliare qualcosa, tremò al pensiero che potesse ripensarci e fuggire via quando si sarebbe reso conto che, tra le sue braccia, c'era il corpo di un uomo e non quello di una donna.
Ma anche gli ultimi rimasugli di incertezza vennero scacciati via quando Carlo prese ad accarezzargli l'interno coscia salendo verso il suo inguine e gli morse il labbro inferiore facendolo tendere verso di lui in uno spasmo di piacere.
Completamente nudi, si ritrovarono pelle contro pelle, occhi dentro gli occhi e Javier, con tremante pazienza, guidò Carlo nei gesti necessari e si concesse totalmente a lui, al suo desiderio ed alla sua voglia di scoprire il corpo dell'altro.
Carlo prese a baciargli il collo ridisegnando la curva sinuosa sino a giungere sulla spalla sinistra e moderne la pelle tesa sopra il muscolo.
Il corpo di Javier era un fascio di nervi, di muscoli sottili, ma ben cesellati, le gambe lunghe si avvolsero intorno alla sua vita e sentì le loro erezioni entrare in contatto.
Non era così ignorante sul sesso omosessuale: Guido non era mai stato un tipo timido e sempre si erano scambiati confidenze di quel genere.
Aveva paura di sbagliare? No.
Aveva paura di fare del male al suo amante? Forse.
Javier prese a massaggiargli il membro con una mano e fece scivolare due dita dentro la sua bocca spezzandogli un gemito, accarezzandogli sensualmente la lingua.
Uscì le dita e prese a preparsi da solo mentre gli occhi di Carlo vagavano sul suo corpo avido di scoprirne ogni centimetro. L'altro se ne accorse e si sentì avvampare mentre si esibiva in quell'intimo spettacolo per l'uomo che amava.
Carlo tornò a fissarlo negli occhi e prese a depositargli morbidi baci sul viso, sul collo, sul petto e sentì la mano di Javier stringersi intorno al suo membro ed ansimò sconvolto dalle sensazioni strabilianti che stava provando grazie a lui.
L'altro smise di masturbarsi ed aiutò il suo amante ad entrargli dentro: sentì la pelle bruciare intorno al membro di Carlo e si irrigidì appena, cercando di riprendere fiato.
L'altro se ne accorse e prese a baciargli le labbra, accarezzandone sensualmente i contorni, prima di stabilire un nuovo ritmo per il loro bacio rendendolo un crescendo di insistenti carezze tra le loro lingue.
Prese a massaggiargli il membro nello stesso momento in cui iniziò a spingersi dentro di lui.
Javier si trovò costretto ad interrompere il loro bacio e si inarcò accogliendo in profondità il suo amante e gemendo a piena voce.
Carlo non avrebbe mai potuto immaginare una cosa più incredibile di quella che gli stava accadendo: ogni più piccola fibra del suo corpo sembrava essersi accesa, il suo cuore batteva forte, la testa era completamente priva di pensieri e non esisteva cosa più bella al mondo di Javier, dei suoi occhi languidi, del suo corpo caldo, dei suoi lunghi capelli a scivolargli contro la pelle delle braccia, delle sue carezze sensuali.
Sentì qualcosa farsi strada dentro di lui e cercò di ignorarlo per concentrarsi nella loro unione, anche se sembrava che, quel qualcosa, fosse intenzionato a venire fuori proprio in quel momento... ma non ebbe tempo: Carlo diede un'ultima spinta dentro il corpo del suo amante che assecondò il suo movimento riversando il proprio piacere tra di loro, mentre anche l'altro veniva sconvolto dal proprio piacere ed i suoi sensi si intorpidovano azzerando ogni cosa all'infuori di loro due.
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