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Con un sospiro di sollievo, Carlo chiuse il catenaccio con un colpo secco e girò la chiave nella serratura ponendo fine a quei gesti meccanici ed automatici a cui era abituato ormai da anni, e che lo accompagnavano sempre a chiusura della sua giornata di lavoro.
Si volse verso il gruppetto sul marciapiede e prese a salutare i suoi dipendenti che, poco alla volta, si allontanarono ognuno per la propria strada.
L'uomo rimase fermo qualche secondo davanti Alessio, rimasto indietro rispetto gli altri, con le braccia incrociate sul petto ed una strana espressione dipinta sul viso:
-Buonanotte- disse ancora una volta Carlo e fece per allontanarsi da lui: ma Alessio lo fermò stringendogli una mano intorno ad un gomito.
-Che c'è?-
-Ho bisogno di parlarti- rispose il ragazzo e l'altro scosse appena la testa:
-Sono stanco, Ale, non mi va di parlare adesso-
-È importante- insistette il giovane.
Carlo lo fissò ancora per qualche secondo: erano passati diversi giorni da quell'unica volta in cui erano usciti insieme. Una piacevole serata tra amici in discoteca... ma poi Alessio avevo finito per fare sesso con qualcuno e lui, in modo del tutto irrazionale, si era arrabbiato talmente tanto da ridurre al minimo indispensabile le chiacchiere tra di loro durante la settimana appena trascorsa.
Ormai aveva compreso di essersi innamorato dell'altro, ma era anche geloso e sapeva di non avere diritto alcuno di esserlo. Questo, però, non lo aiutava a trovare un equilibrio tale da poter continuare ad avere un rapporto professionale e sereno con lui.
Quindi... aveva finito per allontanarlo.
Non gli sembrava il caso di affrontare quell'argomento proprio in quel momento, dopo un sabato d'inferno, con la stanchezza che la faceva da padrone. Ma Alessio non sembrava intenzionato a demordere:
-Per favore- disse e Carlo scosse nuovamente la testa cercando di non farsi incantare dagli occhi dell'altro:
-Va bene... ma facciamo presto che sono davvero stanco-
-Potresti venire da me, abito qui dietro l'angolo, lo sai. Ti offro un caffè-
Carlo deglutì sentendo la sua mente iniziare come ad urlare parole di aiuto ed ordini di fuga istantanea da quel luogo e dall'invito dell'altro:
-Va bene- disse e si morse il labbro inferiore maledicendosi mentalmente.
Poco dopo si trovò dentro l'appartamento di Alessio: piccolo, minimale, emblema del disordine che faceva a pugni con alcune parti della stanza, in cui si trovava, dove l'ordine era quasi maniacale. Così si trovò ad osservare il divano stracolmo di biancheria da stirare, il tavolino in vetro, posto davanti a questo, reso quasi invisibile dalle decine di riviste che vi erano state appoggiate sopra.
La scrivania in un angolo della stanza perfettamente ordinata, con lo schermo del computer rivolto verso lo schienale della sedia che vi stava dietro, quattro matite, sistemate in ordine di grandezza, tutte perfettamente temperate, che affiancavano un quaderno dalla copertina rigida e posto al centro della scrivania.
La piccola libreria con tutti i volumi che contendeva ordinati in ordine alfabetico e suddivisi per genere letterario.
Era esattamente come se la immaginava, caotica ed incoerente così come lo era Alessio.
-Cos'hai così importante da dirmi?- gli domandò l'uomo, rimanendo nel punto in cui stava, timoroso di muoversi da lì.
Alessio gli sorrise e si volse nella sua direzione con gesti che gli sembrarono estranei, titubanti e brevi, come se avesse perso di colpo tutta la sua innata armonia.
-Ti preparo il caffè, prima...- incominciò col dire, ma Carlo lo interruppe subito con un gesto della mano:
-Sono davvero stanco, Ale. Dimmi quello che vuoi dirmi così potrò tornare a casa e dormire-
Il giovane arrossì furiosamente ed iniziò a mordicchiarsi le labbra. Si avvicinò all'altro fermandosi solo quando si ritrovò ad un passo da lui.
Carlo ricambiò il suo sguardo ed aggrottò le sopracciglia percependo la tensione che intercorreva tra di loro, come qualcosa di palpabile e vivo.
C'era un che di strano e sospetto in tutta quella situazione, nell'espressione dell'altro, nel modo in cui l'aveva invitato in casa sua come se fosse una cosa casuale, anche se lui sembrava comportarsi come mosso da pensieri ben precisi.
Alessio poggiò le mani sugli avambracci dell'altro e strinse di colpo la presa sulla sua pelle prima di fiondarsi sulle sue labbra.
Carlo sgranò appena gli occhi e rimase pietrificato, mentre le mani di Alessio salivano sulle sue braccia, gli accarezzavano le spalle e serravano la presa sui capelli della sua nuca.
Le labbra premettero forte ed iniziarono ad accarezzarlo senza tentennamenti, le mani scivolarono lungo il suo collo e le dita accarezzano i contorni del colletto della giacca mentre sembravano corteggiarla invitandola a scivolare via.
Carlo sentì i muscoli irrigidirsi e la lingua di Alessio prese a tracciare il contorno delle sue labbra, quasi supplicandolo di approfondire il loro bacio.
Perché rimaneva paralizzato ed ostinato a non contraccambiare? Il ragazzo di cui era innamorato gli era praticamente saltato addosso e lui... sembrava che lo stesse rifiutando.
Alessio si accorse della rigidità dell'altro e fermò la scoperta della sua pelle che aveva intrapreso a fare infilandogli le mani sotto la t-shirt che indossava, fermandosi con i palmi aperti su i fianchi di Carlo.
Si allontanò da lui di qualche centimetro cercando di comprendere per quale motivo l'altro non rispondesse alle sue avances: lo stava rifiutando?
Sentì l'imbarazzo scaldargli le guance e sussultò pronto ad allontanarsi da lui, ma Carlo gli bloccò le mani sotto la sua t-shirt ed iniziò a fissarlo negli occhi come se fosse tornato vigile solo in quel momento:
-Che significa?- gli domandò ed il rossore sulle guance di Alessio si accentuò:
-A te cosa sembra?- balbettò l'altro sentendosi mortificato dalla reazione dell'uomo.
Sapeva che Carlo era stato sposato con una donna, sapeva che l'aveva sempre visto e considerato come un amico ma, nell'ultima settimana, gli era anche sembrato che le cose tra di loro fossero mutate, che l'uomo avesse incominciato a ricambiare i suoi sguardi mettendoci dentro sentimenti e paure simili alle sue.
Non aveva mai osato sperare che tra di loro potesse nascere qualcosa e gli era sempre parso evidente dalle continue provocazioni di cui l'aveva reso oggetto ed alle quali Carlo aveva risposto sempre abbastanza freddamente.
Sino alla settimana prima.
Negli ultimi giorni, da quando gli aveva detto di aver fatto sesso con qualcuno, l'atteggiamento di Carlo nei suoi confronti sembrava effettivamente essere mutato: lo beccava ad osservarlo incantato, poi gli lanciava occhiatacce furiose senza un apparente motivo. Quando si sfioravano arrossiva, rifiutava i suoi abbracci balbettando scuse assurde e poi tornava ad osservarlo in quel modo unico, che lo faceva sentire come una specie di divinità.
Aveva frainteso tutto?
Alessio distolse gli occhi dall'altro consapevole del fatto che, se avesse continuato ad attendere una sua risposta costretto a sostenere il suo sguardo, si sarebbe sentito umiliato ancora di più finendo per sciogliersi in lacrime.
-A me sembra che tu ti stia prendendo gioco di me- ribatté con astio Carlo, allontanando dal suo corpo le mani dell'altro.
La rabbia iniziò a prendere il posto di ogni altro sentimento ed Alessio sentì gli occhi asciugarsi di colpo:
-Come puoi pensare una cosa del genere?!- gli domandò incredulo:
-Dimmelo tu. La settimana scorsa sei stato a letto con uno e, dopo un anno di astinenza, ti sei talmente riacceso da non fregartene più di chi è la persona a cui stai saltando addosso-
Carlo si pentì immediatamente delle sue parole e la rabbia e la gelosia defluirono velocemente dal suo petto nel momento in cui si rese conto di aver ferito il ragazzo che amava; ma non ebbe modo di rimediare, perché Alessio urlò spingendolo lontano da sé.
-Tu non sai un cazzo di me! Ogni volta che provo a manifestare i miei sentimenti, finisco per essere etichettato come una puttana! Lo faceva Daniele, sempre!, ed adesso tu! Ma chi cazzo vi credete di essere?!- urlò ancora e Carlo impallidì nel sentirsi paragonato da Alessio ad un uomo come Daniele.
Ma aveva ragione: il ragazzo non aveva idea di che fine avesse fatto il suo ex, tutti coloro che sapevano la verità avevano deciso di tacerla per evitargli l'ennesimo dispiacere, ma non cambiava il fatto che Alessio conoscesse bene il suo ex, sapeva quanto fosse stronzo e crudele, anche se nessuno gli aveva detto che lo era effettivamente molto più di quanto immaginasse.
-Mi dispiace... non volevo insinuare nulla del genere- mormorò Carlo ed Alessio si asciugò malamente le lacrime rabbiose che avevano preso a rigargli le guance:
-Certo, prima pugnalate e poi correte a chiedere scusa! Siete tutti uguali, dannazione! Sono stato uno stupido a farmi consigliare da te, un idiota ch'è stato solo con una persona in tutta la sua vita e dalla quale ha pure divorziato! Bel consulente sentimentale che mi sono scelto, davvero! E poi... seguo i tuoi consigli e divento una puttana. Benissimo. Io e te non eravamo niente, che t'importa se ho fatto sesso con Javier? Mi ha aiutato a capire tante cose, come quella che stavo cercando di spiegarti e tu...!-
-Aspetta!- lo interruppe Carlo afferrandolo per le spalle e scuotendolo un po'. Alessio tentò di liberarsi dalla presa dell'altro con scarsi risultati: -Hai fatto sesso con Javier?- gli domandò incredulo ed Alessio urlò nuovamente facendo forza con entrambe le mani sul petto dell'altro:
-Di tutto quello che ti ho detto, ti interessa solo quello?!- domandò incredulo e Carlo scosse la testa liberandolo.
-Perché non me l'hai detto?- gli chiese Carlo ignorando completamente l'ultima domanda dell'altro.
Alessio rimase immobile a fissarlo sentendo le lacrime asciugarsi sulle guance: davvero, di tutto ciò che gli aveva detto, a Carlo interessava solo quel particolare, come se il resto delle sue parole non avessero avuto alcun significato per lui.
Sentì la delusione farsi spazio nel suo petto e comprese di essere stato rifiutato:
-Perché ti interessa tanto saperlo? Sei innamorato di lui?- gli domandò a bruciapelo e Carlo sussultò sgranando gli occhi:
-No... non è questo...- mormorò, ma Alessio lo interruppe lasciandosi andare ad una risata amara.
-Assurdo! Ho fatto sesso con un tizio che ha una cotta per l'uomo di cui sono innamorato, ed adesso scopro che i due si ricambiano! Grandioso... che genio incompreso che sono!- esclamò sarcastico e Carlo aggrottò la fronte cercando di dare un senso alle sue parole.
-Così sembrerebbe che Javier...-
-Oh, sì- lo interruppe Alessio: -Non te l'ha detto? Mi aveva fatto capire che l'avrebbe fatto. L'ho incontrato stamattina alla mia vecchia scuola di danza, a quanto pare, adesso lavora lì. Così passerò da te a lui e sarò sempre perseguitato da questa storia. Perché sono così... tanto coglione da mischiare sempre sentimenti e...-
-Di che diavolo stai parlando?- tuonò Carlo ed Alessio sussultò ponendo fine al suo fiume di parole.
Strinse le mani, l'una con l'altra, dietro la schiena e ricambiò lo sguardo dell'altro rassegnato all'idea di stare solo: sì, molto meglio solo che catapultato all'interno di casini come quello. Sembrava proprio che non fosse destinato ad una relazione d'amore, di quelle fatte di gesti semplici di cui gioire anche nella banalità delle piccole cose.
Le sue relazioni passate si erano sempre rivelate un gran casino e l'ultima aveva proprio toccato l'apice dell'incredibile. Ovviamente, su quella scia, si ritrovava a provare dei sentimenti romantici per Carlo ed una forte tensione sessuale nei confronti di Javier e prima ancora che riuscisse a fare davvero chiarezza dentro di sé, tutto era già andato in malora e lui era rimasto nuovamente indietro... e solo.
-Javier è innamorato di te. Ed io torno ad insegnare danza, mi licenzio dalla pizzeria.- disse e lasciò che quelle sue stesse parole si depisitassero tra di loro quasi a separarli definitivamente.
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