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La strada, a quell'ora tarda della notte, si presentava silenziosa e deserta: auto posteggiate a ridosso dei due marciapiedi che la fiancheggiavano, i lampioni ancora accesi.
Carlo adorava rincasare a quell'ora: tutto sembrava così surreale ed impregnato di silenzio.
I profili delle case, le automobili, la strada, persino l'aria ed il cielo, sembrava che tutto stesse lì a trattenere persino il respiro pur di non emettere il più piccolo suono.
L'uomo si avvicinò ad un palazzo dalla facciata giallognola e resa quasi grigia in alcuni punti a causa di polvere e smog: elementi che finivano per diventare testimonianze visive del tempo trascorso dalla sua edificazione.
Aprì il portone e non accese la luce della scala dirigendosi alla sua sinistra ed aprendo una delle due porte che si affacciavano nel disimpegno che seguiva l'ingresso del palazzo.
Entrò in casa continuando a camminare e muoversi nel silenzio e nel buio...
-Sei tornato- disse una voce e la stanza venne illuminata di colpo.
Carlo si schermò gli occhi con una mano cercando di aiutare i suoi occhi a prendersi il tempo necessario per riabituarsi alla luce, decisamente più "violenta" rispetto quella che l'aveva accompagnato per strada durante il suo rientro a casa.
-Che ci fai ancora sveglia?- domandò l'uomo abbassando la mano e sbattendo le palpebre un paio di volte:
-Sono tua madre!- esclamò la donna, come se ciò spiegasse tutto. Carlo scosse appena la testa e le si avvicinò il tempo di baciarle una tempia e poi proseguire verso la sua stanza da letto.
-Allora? Non mi racconti nulla?- gli domandò sua madre inseguendolo lungo il corridoio.
-Ma'... sono le quattro del mattino. Sono esausto e ho quasi cinquant'anni...-
-Quarantasette, per essere precisi, e non capisco cosa c'entri con il mio interesse su ciò che hai fatto oggi-
Carlo si volse nella sua direzione sollevando un sopracciglio:
-Non sono più un adolescente, sai?- le domandò sarcastico mentre la donna incrociava le braccia sotto ai seni:
-Sei sempre mio figlio e mi preoccupo per te. E poi, abiti in questa casa, quindi, non vedo per cui non mi debba interessare a ciò che fai-
-Momentaneamente!- sottolineò Carlo.
-Cosa?-
-Sai benissimo cosa- ribatté l'uomo e sua madre alzò gli occhi al cielo:
-Momentaneamente abiti qui. Sì, lo so. Quando te ne andrai, probabilmente, mai...-
-Ma'!- la interruppe il figlio: -Devo solo trovare un altro appartamento!-
-E come lo troverai non cercandolo?- Carlo le lanciò l'ennesima occhiataccia prima di togliersi le scarpe e buttarsi sfinito sul letto.
-Sono stato molto impegnato. Appena ho un momento lo cerco e ti lascio in pace- disse l'uomo e l'altra percepì chiara la nota di tristezza dietro le sue parole.
Gli si fece vicino e si sedette sul bordo del letto poggiando una mano sopra quella che il figlio teneva abbandonata sulla pancia:
-Tu non mi disturbi, tesoro. Puoi rimanere qui quanto vuoi, ma non voglio che tu smetta di avere speranza per colpa di...-
-Non è colpa di nessuno- la interruppe Carlo sfilando la mano da sotto quella della madre per poi ripiegare il braccio dietro la testa.
La donna addolcì lo sguardo incantandosi ad osservare il profilo del figlio:
-Il mondo è pieno di pesci- disse e Carlo scosse appena la testa:
-Io non sono mai stato un grande pescatore- ribatté senza riuscire a ricambiare il suo sguardo.
-Suvvia, figliolo. Quando una storia finisce non è detto che non si ci debba innamorare più- l'uomo aggrottò la fronte indispettito da quelle parole:
-Disse colei che rimase vedova a trentacinque anni e mai più frequentò un uomo in vita sua- ribatté e la madre gli diede uno schiaffetto sulla gamba.
-Tuo padre era un uomo meraviglioso, nessuno mai avrebbe potuto reggere il confronto. Perché mai avrei dovuto accontentarmi o costringere un povero uomo a cercare di essere all'altezza del ricordo di un amore con il quale non avrebbe mai potuto competere?-
-Quindi... io mi dovrei accoppiare di nuovo perché...?-
-Perché quell'oca che hai sposato e che ti ha lasciato ormai da due anni, non valeva neanche un'unghia di quanto vali tu-
Carlo si mise a sedere sul letto riuscendo, finalmente, a ricambiare lo sguardo della madre. Poggiò la schiena contro la parete e sorrise:
-Non ci amavamo più da anni quando abbiamo divorziato. Questo non cambia che sia stato difficile.- la donna annuì:
-Lo so, me lo ricordo bene. Ma adesso è finita... e per davvero. Si è risposata, no?- Carlo sbuffò:
-Non m'importa, mamma, davvero. Non sto così perché penso ancora alla mia ex-
-Ed allora... perché stai così?-
L'uomo distolse lo sguardo dalla madre e prese a guardare qualcosa di imprecisato fuori dalla finestra che dava sulla strada.
Rifletté attentamente sulla domanda dell'altra prima di tentare di darle una risposta.
Era di nuovo innamorato?
Quello che provava per Alessio... era amore?
Stava confondendo l'affetto con qualcosa di molto più grande di quello che era realmente?
Conosceva Alessio da anni, da prima che divorziasse dalla sua ex moglie: era stato il compagno, per tre anni, di Guido e lui ed il tatuatore si conoscevano dai tempi in cui Guido frequentava il liceo e Carlo, di fronte quel liceo, lavorava in un panificio dove molto studenti erano clienti affezionati.
Non aveva mai visto Alessio sotto una luce diversa da quella del compagno di uno dei suoi migliori amici: almeno... sino a qualche settimana prima non gli era mai accaduto.
Poi, però, Guido, Alessio e Daniele si erano lasciati; Alessio aveva preso a lavorare per lui, avevano incominciato ad avere una frequentazione inevitabilmente più costante... si era affezionato al ragazzo, aveva imparato a conoscerlo, ne era rimasto stregato.
Nel frattempo si era anche reso conto che Alessio era un ragazzo... non che non lo avesse mai notato prima, ma gli era diventato improvvisamente molto più "evidente" nel momento stesso in cui aveva compreso di provare qualcosa per lui.
Sì, ma cosa?
Era una bella domanda a cui sapeva di poter dare un altrettanto bella risposta, il problema era trovare il coraggio per farlo.
Sospirò sentendosi confuso e sconfitto, rassegnato da una situazione che mai sarebbe potuta cambiare e donargli serenità.
A parte il fatto che era una persona del suo stesso sesso (e se sua madre lo avesse saputo, le sarebbe venuto un infarto), restava di fatto che Alessio aveva più della metà dei suoi anni, era frizzante, allegro, dolce... appartenevano a due mondi completamente diversi.
-Sto così...- mormorò l'uomo sentendo le proprie labbra articolare le parole a fatica: -... perché penso di aver trovato il mio amore, mamma. Hai presente? Uno come quello che papà era per te- disse tornando a guardarla in viso:
-E perché mettere il muso anziché esserne felice?- domandò stranita la donna.
Carlo si lasciò andare ad una mezza risatina:
-Perché sto proprio scemo, ma'. Mi sono innamorato di una persona che manco mi considera in quel senso-
-Forse perché non ti ci sei mostrato per bene- ribatté l'altra ed il figlio scosse ancora una volta la testa:
-Ci sono troppe cose che non potrebbero andare...-
-Sei stai pensando a me, fregatene. Ormai sono vecchia, io, Carlo, che ho settantasei anni, io sono vecchia, non tu. Tu puoi ancora abbandonarti all'amore e puoi farlo senza stare a guardare alle conseguenze. Non sei più un ragazzino fragile, un adolescente alle porte della sua vita, ma questo è un bene. Sei un uomo ben posato e costruito, non devi più niente a nessuno. Soltanto a te stesso-
Detto questo la donna si alzò dal letto battendogli ancora una volta la gamba con una mano e Carlo si affrettò a stringere quella mano nella sua.
Sua madre si volse nella sua direzione con sguardo interrogativo:
-Grazie- disse l'uomo e sua madre gli sorrise, si chinò su di lui depositandogli un bacio leggero sulla fronte:
-Buonanotte, tesoro- e così dicendo gli accarezzò leggera una guancia ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e lasciando il figlio da solo con i suoi pensieri.
Carlo sentì il cellulare vibrare nella tasca ed alzò gli occhi al cielo: poteva trattarsi soltanto di uno dei suoi dipendenti e, solitamente, quando lo contattavano a quell'ora, i motivi potevano essere solo due e nessuno dei due lo faceva impazzire di gioia.
Qualcuno stava per dargli buca per l'indomani o lo stava contattando per inportunarlo con qualche cazzata di cui avrebbero potuto discutere tranquillamente anche l'indomani.
Ops... quella sera stessa, dato che si trovava già a "domani".
Carlo afferrò il cellulare ed illuminò il display trovandovi un messaggio su WhatsApp... da parte di Javier.
Aggrottò la fronte e prese a leggere quanto l'amico gli aveva scritto:
"Ciao. Hai finito di lavorare? Ti va se ci andiamo a prendere qualcosa? Ho bisogno di parlarti di una cosa importante."
L'uomo sbuffò passandosi una mano sul viso e sentì la stanchezza venire insidiata da un sentimento ruggente e quasi fuori luogo: perché ce l'aveva tanto con Javier?
Probabilmente, perché...
"Sono già a casa, non ho voglia di uscire di nuovo"
Rispose e fece per posare il cellulare sul comodino accanto al letto quando questo prese a vibrare nuovamente:
"È davvero importante... posso, almeno, telefonarti?"
"Penso di sapere già cosa tu voglia dirmi, non ce n'è bisogno."
"Ah... quindi, sei incazzato con me?"
Carlo lanciò il cellulare sulle coperte e si strinse la testa tra le mani: la rabbia sembrava aver scacciato ogni rimasuglio di stanchezza.
Si alzò di colpo dal letto e prese a saltare sul posto nel tentativo di distendere i muscoli e rilassarsi.
Non funzionò: riprese il cellulare e rispose al messaggio di Javier lasciandosi guidare dalle strane emozioni che lo stavano sconvolgendo:
"Non che sia di mia proprietà o chissà che altro. Ma sono confuso, tu sei mio amico e pensavo mi avessi capito. Pensavo che avessi capito meglio di me quello che stavo passando. Mi ci è voluto del tempo e non so se quello che sto scrivendo ha un minimo di senso. Però, adesso lo so: sono innamorato di Alessio e mi fa incazzare che tu ci sia andato a letto, soprattutto, dopo che mi avevi lasciato intendere che non l'avresti fatto."
Inviò e lanciò di nuovo il cellulare sul letto, ma subito distese la fronte che era rimasta aggrottata mentre scriveva il messaggio, si batté le mani sul viso e corse a recuperare il cellulare con l'intenzione di cancellare il messaggio... ma era già stato consegnato e visualizzato.
Carlo si maledì mentalmente e prese a sentire l'ansia montargli in petto mentre non riusciva a staccare gli occhi sulla microscopica frase che gli comunicava che, Javier, stava scrivendo una risposta al suo messaggio.
Contrasse la mandibola e vide il messaggio comparire sullo schermo: chiuse gli occhi, inspirò ed espirò piano.
Riaprì gli occhi e lesse il messaggio:
"Ah... in realtà, no, non era di questo che volevo parlarti. Anche perché, io non ho fatto sesso con Alessio".
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