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Carlo sbirciò ancora una volta in direzione di Alessio: il ragazzo stava dietro il bancone della cassa, canticchiava un motivetto senza senso con un sorrisino strano stampato sulle labbra mentre, come al solito, cercava di mettere ordine in quel caos perenne.

Era strano: rilassato, allegro, con quel sorrisetto... qualcosa non gli tornava.

Era giunto in pizzeria con quell'aria trasognata e l'aveva mantenuta intatta per tutto il tempo: alcune ricevute sembravano essere andate perdute, avevano cancellato all'ultimo minuto un tavolo da quasi trenta persone, Dario era arrivato in ritardo ed Alessio e Tiziano avevano dovuto incominciare a sistemare la sala al posto suo. Tante piccole cose che rientravano nella quotidianità della gestione di un'attività come quella, con l'unica differenza che, proprio quel giorno, il suo braccio destro non era andato in escandescenza ad ogni minima stronzata.

E la cosa lo insospettiva.

-Tutto okay?- gli domandò facendosi vicino ed Alessio sollevò gli occhi su di lui sobbalzando appena, come se fosse stato troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi della presenza dell'altro, finché questi non aveva parlato.

-Ho trovato le ricevute- disse aggrottando appena la fronte, ma subito dopo si riprese e scrollò appena le spalle continuando a spostare cose da una parte per poi poggiare da un'altra parte: Carlo non era sicuro che quello fosse il giusto modo di mettere ordine.

-Bene- disse l'uomo e reclinò la testa da un lato cercando di captare le note della melodia che Alessio aveva ripreso a canticchiare a bocca chiusa.

-Stai canticchiando Crazy Little Thing Called Love? Sul serio?!- esclamò stupito Carlo ed Alessio sobbalzò nuovamente ricambiando il suo sguardo:
-Che c'è di strano?-
-Una sola uscita in discoteca e stai già innamorato?-

Alessio sbuffò uscendo da dietro la cassa ed allontanandosi dal pizzaiolo con il proposito di impegnarsi con qualcosa che fosse inerente al suo ruolo lì dentro: non gli andava proprio, in quel momento, di mettersi ad analizzare minuziosamente ciò che era accaduto la notte precedente.

Si recò in magazzino senza riuscire a sbarazzarsi del suo capo che continuava a tallonarlo, risoluto a scoprire che diavolo stesse succedendo.

Alessio fece per chiudere la porta alle proprie spalle, ma Carlo la strinse con una mano spalancandola nuovamente ed entrando anch'egli in magazzino.

Il ragazzo prese a guardarsi intorno, batté le mani sui fianchi e poi corse verso uno scaffale a caso e si mise a spostare le cassette di birra:
-Che diavolo stai facendo?- gli domandò l'altro sempre più stupito dal suo comportamento.

-Metto ordine- tagliò corto Alessio:
-Cosa dovresti mettere ordine qui dentro se, sino a meno di tre giorni fa, tu e Tiziano eravate qui a sistemare la merce-
-Sistemare, non mettere in ordine-
-Non sono sinonimi?-
-No, non penso. Non lo so!- sbottò Alessio arrossendo: -Abbiamo solo sistemato le cose che sono arrivate, adesso le metto in ordine mettendo avanti le cose che scadono prima e le altre dietro e...-

Carlo gli si fece vicino e gli sfilò dalle mani una cassetta per poi appoggiarla di fianco ai suoi piedi sul pavimento: prima che il ragazzo potesse scappare, gli poggiò entrambe le mani sulle spalle bloccandolo sul posto:
-Che cosa mi stai nascondendo?-

Alessio prese a torturarsi le dita delle mani sentendo l'imbarazzo incominciare a sopraffare tutte le altre emozioni. Dirglielo o meno? Cosa ci sarebbe stato di male nel farlo? Dopotutto, Carlo non lo aveva invitato ad uscire con lui proprio con quello scopo?

Sì, ma allora... perché era scappato via senza salutarlo?

Alessio aveva riflettuto a lungo su quel particolare evento che si era unito agli altri accaduti la sera prima: aveva incontrato Javier, aveva ballato con lui, si era divertito... talmente tanto da finire con il ballare un po' con chiunque ed era una cosa che non si concedeva da parecchio. Aveva ballato con Tiziano e Carlo era sparito.

Il "resto" aveva reso quella serata grandiosa, ma se non fosse andata così com'era finita? Cosa avrebbe fatto Alessio senza Carlo? E perché porsi una tale domanda senza alcun motivo apparente?

Davvero, visto com'erano andate le cose, perché gli importava se il suo amico non era rimasto lì con lui?

Alessio non aveva idea del perché, ma quella cosa gli aveva dato parecchio fastidio e gli si era piantata in testa come un tarlo e lì era rimasta prima che decidesse di lasciarsi andare e lì era tornata dopo la conclusione di quella piacevole parentesi.

Perché?

-Perché mi hai lasciato solo ieri sera?- gli domandò il ragazzo e Carlo staccò le mani da lui come se si fosse scottato. Arrossì appena un po' e distolse gli occhi da lui cercando di non fargli leggere le emozioni che sapeva rincorrersi sul suo viso: era fatto così, non sapeva mentire.

-Oh beh... ti stavi divertendo molto con Tiziano e Javier, non vedo perché sarei dovuto rimanere- Alessio aggrottò la fronte:
-Perché eri uscito con me! Hai organizzato tu la nostra serata, no?-
-Ed allora? Non si può sapere come le cose andranno a finire. Anche se iniziano in un modo, nessuno può pretendere che finiscano allo stesso modo-

Le rughe sulla fronte di Alessio si fecero più profonde: sapeva che aveva ragione, ma ugualmente non riusciva ad accettarlo. Non aveva senso, se Carlo non si fosse congedato anticipatamente, forse, nulla di ciò che poi era accaduto sarebbe successo. O forse, sì?

Come che fosse o sarebbe stato... Alessio comprese di essere arrabbiato con l'altro:
-Mi hai mollato senza neanche salutarmi!- protestò battendogli entrambe le mani sul petto e spingendolo un po' più lontano da sé.

Carlo rimase a debita distanza cercando di capire come diavolo si erano ritrovati a litigare... perché, stavano litigando, giusto? In realtà, non ne aveva idea.

-Ti ho solo chiesto come mai sei così allegro, non capisco cosa c'entri tutto questo discorso!- protestò l'uomo. Alessio alzò le mani al cielo e batté un piede a terra con fare decisamente melodrammatico e l'altro non poté fare a meno di reprimere un sorriso. Il ragazzo se ne accorse e sollevò un sopracciglio con un'espressione che sembrava oscillare tra offesa ed incredulità.

-Dico! Dovrei essere io quello offeso!- protestò Alessio con un tono di voce che poco si sposava con il contenuto della sua frase. Gli diede le spalle e si morse il labbro inferiore per evitare di farsi scappare una risatina: era bello parlare con Carlo.

Litigare.

Offendersi con l'altro.

Fare pace.

Non comprendersi.

Litigare ancora e poi... fare di nuovo pace.

Gli era capitato spesso negli ultimi tempi e sempre avevano litigato per cose che, in realtà, poco avevano a che vedere con loro due per davvero: capitava spesso che accadesse per via degli ex di Alessio, soprattutto per colpa di Guido.

Quella, probabilmente, era la prima volta che litigavano per una "vera" colpa da poter attribuire all'altro.

Carlo scosse appena la testa:
-Facciamo un patto. Dato che la serata l'ho organizzata io e dato che sono stato il primo tra i due ad intavolare questo discorso, prima vuoti il sacco tu e poi lo farò anch'io-

Alessio, a quelle parole, si voltò nuovamente nella direzione dell'altro riducendo gli occhi a due fessure: se fosse stato qualcun altro, quell'espressione sarebbe persino potuta diventare quasi minacciosa. In faccia ad Alessio... no.

Carlo sentì le labbra tremargli per lo sforzo abnorme che stava facendo per trattenersi dal ridere. Alessio sbuffò ancora una volta:
-Com'è che finisci sempre per vincere tu?- gli domandò abbassando gli occhi sul pavimento. L'uomo tornò serio e gli si fece vicino: davvero sarebbe stato sincero con lui? Davvero gli avrebbe rivelato il motivo per cui si era ritrovato costretto a fuggire dalla discoteca?

Non lo aveva ammesso, ancora, neanche a se stesso: sapeva che stava tutto lì in fondo alla sua testa. Tutto pronto per saltare allo scoperto e dare la giusta forma a ciò che la mente ed il cuore già sapevano.

Carlo non riusciva ad accettarlo: sapeva che avrebbe sofferto, sapeva che i ruoli si sarebbero invertiti e che lui si sarebbe trovato a prendere il posto di Alessio con l'unica differenza che, l' "amico" non avrebbe potuto aiutarlo così come l'uomo aveva fatto nell'ultimo anno con lui. Come avrebbe potuto se, protagonista di quei sentimenti, era proprio...?

-Perché ho ragione!- esclamò Carlo cercando di rendere il suo tono di voce più festante di quello che effettivamente si sentiva di essere.

Alessio gli diede un pugnetto sulla spalla destra emettendo un mezzo suono con la bocca che sapeva tanto di un "ma che dici!".
-Comunque... - iniziò col dire il ragazzo fuggendo dallo sguardo dell'altro.

Carlo lo sapeva: non avrebbe avuto il coraggio di dirgli un bel niente. La verità era che si era rassegnato...

-... stanotte ho fatto sesso- mormorò Alessio ed i pensieri di Carlo sembrarono spegnersi di colpo.

Assimilò lentamente le parole dell'altro, deglutì e si ripeté quella frase un paio di volte nella mente senza più riuscire a guardare l'altro in viso.

Si era rassegnato... no?

Perché stava reagendo in quel modo?

-Davvero?- sussurrò ed Alessio sorrise radioso buttandogli le braccia al collo:
-Oh, sì! È stato grandioso!- esclamò. Strinse l'amico tra le braccia e poi si separò da lui facendogli scivolare le braccia sulle spalle e rimanendo così, agganciato a lui ma, in qualche modo distante.

Alessio cercò di catturare gli occhi di Carlo con i suoi, l'altro tentò ancora una volta di sfuggirgli ma, alla fine, dovette cedere e sollevò gli occhi sul suo viso:
-Ho capito che non li amo più- disse il ragazzo e l'altro riuscì ad abbozzare un sorriso.

-E così... ce l'hai fatta- disse Carlo ed Alessio annuì:
-Tutto merito tuo!- esclamò con un risolino imbarazzato ad accompagnare le sue parole.

Carlo strinse le mani intorno ai suoi polsi e sciolse la presa dell'altro intorno al suo collo portando le loro mani tra di loro, intrecciate, con i pollici di Carlo che accarezzavano piano i dorsi delle mani dell'altro.

-Hai fatto tutto da solo: sei un ragazzo fantastico ed io sono contento che tu sia riuscito a riprenderti la tua vita- disse l'uomo ed Alessio gli strinse forte le mani:
-Anch'io!-

Carlo si morse un labbro nel tentativo di frenare la sua curiosità, sapeva che non gli avrebbe fatto bene, così come sapeva di conoscere già la risposta. Eppure... alla fine, cedette:
-E chi è il fortunato?- gli domandò con voce malferma, ma Alessio sembrava essere così entusiasta per avergli rivelato di aver fatto sesso con qualcuno, che sembrò non accorgersi di nulla.

Ed era strano... se era tanto felice, perché nasconderglielo? Perché negarsi e litigare?

I suoi pensieri vennero interrotti di colpo da Dario che fece irruzione in magazzino:
-Ehi, capo! Ci sono clienti!- disse il nuovo arrivato ed i due sciolsero la presa sulle mani l'un dell'altro.

Si guardarono con po' d'imbarazzo:
-Te lo dico dopo- disse Alessio e con un cenno della testa gli indicò la porta prima di voltargli le spalle e precederlo fuori dal magazzino.

Carlo rimase qualche secondo con gli occhi fissi nel punto in cui, sino a pochi secondi prima, stava Alessio: batté le palpebre un paio di volte e si passò una mano tra i capelli. Sospirò: "Sono troppo vecchio per l'amore", pensò, prima di seguire gli altri due fuori dal magazzino.

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