27
Recarsi in casa del suo ex, da solo, ad Alessio, sin dal principio, non era parsa una grande idea.
Purtroppo, era altresì convinto, di quanto sarebbe stato controproducente andare lì, spalleggiato da qualcuno. Era certo che Tiziano non avrebbe gradito quell'intrusione.
Ma il giovane credeva di non poterne fare a meno; se voleva poter costruire qualcosa nel suo futuro, doveva chiudere definitivamente anche quel capitolo della sua vita.
Gli dispiaceva essersi approfittato dei sentimenti dell'altro pur di non restare da solo, anche se non pensava che ciò, giustificasse i modi violenti con cui l'uomo aveva cercato di "punirlo" e "amarlo".
Era spaventato ed indeciso, ma, alla fine, suonò al suo campanello di casa.
Tiziano venne ad aprire pochi istanti dopo: era evidentemente stupito di trovarlo lì, e non fece nulla per nascondere il suo disprezzo, rivolgendogli uno sguardo saturo d'odio.
L'altro deglutì un paio di volte, prima di riuscire a salutarlo con voce incerta.
-Che vuoi?- gli domandò Tiziano, ed Alessio non fu in grado di impedirsi di compiere un passo, allontanandosi un po' di più da lui.
-Sono venuto... per le chiavi del mio appartamento- mormorò in risposta e l'uomo scosse la testa, incurvando le labbra in uno strano sorrisino.
-Ancora con questa storia? Pensavo che avessi, finalmente, capito e che ti fossi pentito-
Alessio aggrottò la fronte.
-Di cosa stai parlando?- gli chiese, e l'altro si fece, improvvisamente, scuro in viso.
-Di noi due. Ma, a quanto pare, non ci sei ancora arrivato- rispose con voce atona, per poi compiere un passo verso di lui.
Il giovane sussultò e si allontanò ulteriormente dal suo ex, sempre più teso, mentre i muscoli di collo e spalle si irrigidivano e la pelle si copriva di brividi spinosi.
-Tra noi è finita- disse.
Strinse con una mano la grata della gabbia dell'ascensore al suo fianco, aggrappandosi disperatamente a quel metallo freddo, solido, come se fosse un'àncora.
Non voleva scappare, non voleva rischiare qualche movimento improvviso, ma era terrorizzato e sapeva che, se Tiziano avesse deciso di aggredirlo, difficilmente sarebbe potuto fuggire via da lì, quando quello si trovava ad ostruirgli l'unica via di fuga.
Sarebbe potuto scappare correndo verso i piani superiori del palazzo, ma era certo che prima o poi lo avrebbe raggiunto.
-Eppure... sei qui- ribatté l'uomo.
-Perché rivoglio indietro le chiavi-
Tiziano scosse la testa tornando a sorridere.
-Sei qui per me, lo so-
-Ti sbagli... adesso, sto con qualcun altro-
A quelle parole, l'uomo si irrigidì e rimase immobile, stringendo le labbra in una linea sottile. I lineamenti del suo viso parvero farsi più affilati, mentre la tensione tra di loro diveniva quasi palpabile, soffocante.
-E chi sarebbe la persona con cui mi stai tradendo?- gli chiese.
-Io non ti sto tradendo. Non stiamo più insieme, Tiziano, già da un po'.-
Quelle parole non piacquero affatto al suo ex.
Con un piccolo salto gli fu vicino, troppo vicino, ed Alessio sentì il cuore balzargli in gola.
Gli strinse il viso con forza, piantandogli le unghia nella pelle morbida delle guance. Il giovane prese a tremare, impossibilitato a qualsiasi azione. Le nocche della mano, stretta ancora alla grata, sbiancarono e non fu più in grado di celare la sua paura.
-Chi è?!- urlò Tiziano. Alessio cercò di scuotere la testa, fuggendo dai suoi occhi, ma l'altro rinsaldò la presa, lacerandogli la pelle di una guancia.
-Sto con Javier... e Carlo- sussurrò infine, tanto piano che temette di non essere riuscito a farsi udire dall'altro.
Perché glielo aveva detto?
E se fosse corso a far loro del male?
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
Tiziano mollò di colpo la presa. Tornò in casa percorrendo il tragitto a grandi passi, sparì alla vista del ragazzo per qualche secondo, per poi tornare indietro come una furia e lanciargli addosso qualcosa.
Si sentì quel qualcosa tintennare, prima che giungesse a colpirlo sul viso, procurandogli dolore nell'impatto.
Cadde ai suoi piedi, producendo un suono secco.
Alessio abbandonò lo sguardo furioso dell'altro, riconoscendo, in quell'oggetto, le sue chiavi di casa; le stesse che l'altro aveva preteso per sé quando si era trasferito da lui.
Si chinò a recuperarle, stando attento a non compiere gesti troppo repentini, terrorizzato dall'idea che le sue gambe potessero cedere da un momento all'altro.
-Sei una puttana. E con quelli come te, non voglio averci a che fare. Mi fai schifo- sibilò Tiziano.
Alessio serrò gli occhi, rimanendo chino sul pavimento del pianerottolo, afferrò le chiavi, sentendone i denti metallici piantarsi contro la pelle del palmo della mano, cercando di concentrare tutte le sue paure in quel punto del suo corpo, scacciando ogni altra sensazione in favore di quel dolore auto-inflitto.
Non aggiunse nulla alle parole dell'altro, non tentò di contraddirlo né di spiegargli le sue ragioni: non gli importava.
Se il suo amore aveva il potere di disgustare Tiziano così tanto da cancellarlo dalla sua vita, non sarebbe, di certo, stato lui a tentare di fargli cambiare idea su quella situazione.
Per quel che riguardava, poteva benissimo restare inchiodato all'interno del suo piccolo mondo fatto di odio e pregiudizi.
Ciò che l'altro poteva pensare di lui, non sarebbe stato un suo problema, se si fosse deciso a lasciarlo in pace.
Sentì la porta di casa di Tiziano richiudersi con violento tonfo.
Si alzò da terra, aprì gli occhi.
Era solo.
Trasse un lungo respiro tremulo e si avviò verso la rampa di scale che lo avrebbe condotto fuori di lì.
Si appoggiò alla parete, scendendo ogni gradino con gran fatica, mentre la tensione abbandonava il suo corpo poco alla volta, rendendolo sempre più instabile.
Quando, finalmente, fu fuori di lì, tirò un sospiro di sollievo; si terse le guance con il dorso di una mano, asciugando le sue lacrime ribelli, allontanandosi da quel luogo.
Si fermò poco più avanti; si sedette sulla panchina di una fermata per autobus.
Recuperò il cellulare dalla tasca, componendo velocemente il numero di Javier.
-Tesoro... dove sei?- gli domandò il ballerino, ed Alessio sentì il suo cuore come fare una piccola capriola, riempiendosi di un'emozione dolcissima nel sentirsi chiamare a quel modo. Si morse il labbro inferiore, trattenendo un sorriso.
-Dovevo... avevo delle cose da sbrigare. Voi?-
-Siamo ancora qui. Ho letto il tuo biglietto. Quello che hai lasciato sul tavolo della cucina prima di uscire-
-Carlo... dorme ancora?- gli chiese.
-No, si è svegliato. Poco prima che uscissi-
-Non me ne ero accorto...- sussurrò il giovane, desiderando più che mai, la possibilità di teletrasportarsi a casa sua, per poter raggiungere i due il prima possibile.
-Lui, sì- disse Javier interrompendo i suoi pensieri.
-Cosa?- domandò il giovane, senza riuscire a trattenersi dal tirare su con il naso.
-Stai piangendo?- gli chiese di rimando l'altro, preoccupato dai suoni che captava attraverso il microfono del cellulare.
-Non sto piangendo- si affrettò a dire Alessio, sgranando gli occhi.
-Bugiardo- disse Carlo ed il ragazzo sussultò spaventato.
Si voltò, trovando alle proprie spalle il suo amante.
Lasciò scivolare il cellulare lungo la guancia, dimenticandosi di concludere la conversazione con l'altro, con un saluto, riponendo l'apparecchio in tasca senza neanche rendersene conto.
-Che ci fai qui?- gli chiese e Carlo scosse la testa avvicinandosi maggiormente a lui.
Poggiò le mani sulla spalliera della panchina e si chinò su di lui, per depositargli un bacio sulla fronte.
-Non mi piacciono i segreti, ragazzino, dovresti saperlo- rispose. Fece il giro della panchina per andarsi a sedere al fianco del giovane. Allungò un braccio cingendogli le spalle: Alessio cercò di darsi un contegno, ma cedette presto, gettandosi sul suo petto, aggrappandosi alla giacca che l'altro indossava, nascondendo il viso e le lacrime che tornarono a rigargli il viso.
-Mi dispiace- mormorò e Carlo non disse nulla, limitandosi a stringerlo ancora di più a sé.
Poi ci ripensò, rendendosi conto di quanto fosse stupido non parlare, non manifestare apertamente i propri sentimenti, soprattutto nel trovarsi a confrontarsi con una persona tanto cara.
Perché nascondersi?
Perché limitarsi a restare in silenzio quando si poteva essere chiari?
Perché rischiare ulteriori fraintendimenti, quando tutto sembrava aver trovato la sua strada?
Non riusciva a darsi risposte soddisfacenti a tali domande: era circondato da tante persone che proseguivano indaffarate nelle proprie vite, automobili che sfrecciavano a pochi passi da loro, suoni, odori, colori di un giorno qualsiasi di fine novembre.
Eppure... lo sapeva, stava per diventare un giorno importante, uno di quelli di cui avrebbe conservato il ricordo per il resto della sua vita.
Alessio aveva smesso di piangere da poco.
Carlo avvicinò le labbra a un orecchio del giovane, ne accarezzò piano i contorni con fare sensuale.
-Ti amo- sussurrò e sentì il suo cuore riempirsi di gioia.
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