23
-Potresti rallentare il passo?-
-No-
-Alessio!- a sentir urlare il suo nome, il giovane si voltò per un breve istante in direzione di Javier, rivolgendogli un'occhiataccia. L'altro si bloccò di colpo e serrò le labbra in una linea sottile. Il ragazzo gli diede le spalle e riprese la sua folle corsa.
L'ispanico sbuffò alzando gli occhi al cielo, e riprese a seguirlo subito dopo.
Sapeva dove erano diretti, e la cosa non lo faceva impazzire di gioia.
Si bloccarono di colpo davanti la saracinesca mezza abbassata della pizzeria di Carlo; nella parte inferiore si intravedeva una porzione della porta d'ingresso, una calda luce dorata ad avvolgere ogni cosa, e rumori ovattati dalla distanza, che provenivano dall'interno.
Bussò violentemente contro la superficie metallica.
Javier sobbalzò, Alessio bussò nuovamente con ancora più violenza, sentendo qualcuno, da dentro il locale, imprecare.
La saracinesca venne alzata e, poco alla volta, videro il corpo di un individuo di sesso maschile palesarsi davanti a loro: l'apertura era ancora incompleta, ma nello scorgere i fianchi dell'uomo, Alessio non ebbe dubbi su chi fosse.
Si abbassò ed entrò spingendo Carlo ad allontanarsi ed arrestarsi nel proseguire nell'apertura, mentre Javier seguiva il suo amante dentro la pizzeria con il cuore in gola.
-Che diavolo...- mormorò il pizzaiolo, e il giovane gli sorrise serafico.
-Capo, tutto okay?- domandò una ragazza con espressione dubbiosa dipinta in volto.
Alessio le lanciò uno sguardo fugace, senza riconoscerla, la ignorò completamente e corse al bancone della cassa. Si issò sul ripiano e prese a camminarci sopra, scostando con i piedi bollette, menù, foglietti, ... gettando tutto sul pavimento.
-Che cazzo stai combinando?!- urlò Carlo, richiamando l'attenzione degli altri dipendenti che si recarono di corsa in sala, per vedere cosa stava succedendo.
-Alessio?- domandò incredula Sophia, inarcando le sopracciglia per lo stupore, e trattenendo a stento un risolino nel vedere il casino che stava combinando il suo ex collega.
-Che cavolo ci fai qui?- domandò Dario, e Alessio si fermò di colpo nel suo procedere, voltandosi nella direzione del giovane.
-Sono un ballerino, sto dando spettacolo. Sovershenny ed incantevole! Non trovi?- domandò sarcastico, continuando a rivolgere loro quel suo dannato sorrisino, ma con gli occhi carichi di una rabbia così rovente, da far impallidire quasi tutti i presenti.
-Sove... che?!- mormorò Dario e Javier scosse la testa, rivolgendogli un gesto con la mano che poteva significare tutto e niente.
-Scendi da lì, Ale. Potresti farti male...- lo invitò Sara, e il ragazzo scosse la testa incrociando le braccia sul petto, rivolgendo la propria attenzione su Carlo.
-Sei pregato di invitare qui il caro, vecchio Guido- disse.
-Che?!- esclamò Carlo allargando le braccia e scuotendo la testa. Rivolse l'attenzione su Javier, ma l'altro fuggì dal suo sguardo accusatore, grattandosi una tempia e rimanendo ostinatamente in silenzio.
-Non mi muovo da qui finché non avrai fatto venire Guido-
-Sei impazzito? Tra meno di un'ora apriamo ai clienti!-
-Perfetto... allora, non perdere tempo e chiamalo-
Carlo cercò di chiudere la bocca, rimasta aperta per lo stupore. Javier tentò di sfiorargli una spalla per confortarlo, ma l'altro se lo scrollò di dosso facilmente, fulminandolo con lo sguardo.
-Io lo chiamo, ma tu scendi da lì- sussurrò lapidario il pizzaiolo, e Alessio rise sguaitamente scuotendo la testa.
-Non mi muovo da qui finché non vedo Guido varcare quella porta. Non mi farò "calmare" da nessuno finché non avrò ottenuto ciò che voglio-
-E cosa diavolo vuoi?- tuonò l'uomo infastidito dal quel ridicolo spettacolo.
Alessio si picchettò il mento con un dito, alzando gli occhi al soffitto, fingendo di stare a pensare ad una risposta. Ma sapeva bene cosa voleva.
-Innanzitutto... voi due- rispose. A quelle parole, vi furono diverse reazioni da parte dei presenti: i "due" arrossirono, Dario iniziò a ridere, Sara sbuffo divertita mentre Sophia scuoteva la testa. La nuova dipendente di Carlo spostava lo sguardo tra tutti loro non capendo cosa stesse succedendo, raccogliendo così tante reazioni contrastanti, da sentirsi confusa e in imbarazzo: era evidente che fosse fuori posto e all'oscuro di ciò che stava accadendo. Venne "salvata" dalle sue colleghe, che la presero per mano lasciando la sala tallonate da Dario.
-Nel senso...- iniziò col dire Carlo, ma Alessio lo interruppe subito con le sue parole:
-Scopatemi, odiatemi, disprezzatemi. Ma smettetela di tagliarmi fuori dalla vostra vita. Preferisco essere il vostro cazzo di giocattolino, che perdervi per davvero!-
-Non hai capito un cazzo!- mormorò Javier, celando il volto dietro le palme delle mani.
-Se continuate con questo tira e molla e non parlate, e non mi dite che intenzioni avete con me...!-
-È evidente quello che sta succedendo!- protestò il suo amante, riportando la propria attenzione sull'altro.
-Oh... ma davvero?!- tuonò il pizzaiolo: -Dato che siete così lucidi ed empatici, vedete di mettere al corrente anche questo vecchio rincoglionito, che non ci sto capendo più niente!-
Alessio prese a ridere, ma presto le sue risate isteriche si trasformarono in singhiozzi.
-Scendi da lì- lo implorò l'ispanico, allungando una mano nella sua direzione.
Il giovane si stringe le mani sul petto e scosse la testa.
-Voglio prima vedere Guido-
-Perché?- gli domando Carlo con voce meno rabbiosa, preoccupato da quella sua reazione isterica.
-Perché voglio la verità. Perché voglio sapere, da voi tutti, cosa ci sia di così incredibilmente divertente nel prendersi gioco di me- mormorò il ragazzo.
Carlo rimase a rimuginare sulle sue parole per un po'. Più quella sceneggiata prendeva forma, meno aveva chiare le idee su quello che stava accadendo per davvero, e su che tipo di significato avrebbe dovuto attribuirgli.
Li voleva entrambi? Era possibile una cosa di quel tipo?
Sarebbe stato in grado di accettare... anche quello?
L'uomo fece vagare lo sguardo sugli altri due, soffermandosi sommariamente a registrare i lineamenti dei loro volti, l'espressioni che gli animavano gli occhi, le curve dei loro corpi.
Doveva pensare a una soluzione, ma non gliene veniva nessuna di pratica e attuabile nell'immediato.
"Che sia proprio questo a rendermi tanto confuso?" Pensò, cercando di abbattere dentro di sé tutti i limiti mentali che si auto-infliggeva.
Per Carlo era tutto più difficile: trovarsi nel bel mezzo di quel cataclisma di sentimenti e novità relazionali, non sarebbe stato facile a prescindere, molto di più lo era per lui, dato che non pensava di essere più un confuso ragazzino alla scoperta del mondo, dell'amore e di se stesso.
Eppure... era proprio così che si sentiva in quel momento.
Rischiare?
O perdere tutto?
Perché gli era ormai divenuto evidente che se si fosse tirato indietro, avrebbe perso qualcosa che sì, non aveva mai preventivato né messo in conto all'interno della sua vita, ma che gli si stava rivelando davvero troppo prezioso per decidere così precipitosamente di rinunciarvi.
Sospirò mesto poggiando le mani sui fianchi, e scosse la testa.
-Benissimo. Chiamiamo Guido- mormorò e ripescò il cellulare dalla tasca dei jeans, voltando le spalle a entrambi, dirigendosi fuori dalla pizzeria.
-Dove vai?- gli domandò Javier, stupito.
-Secondo te?!- gli chiese di rimando l'altro con voce adirata.
-A fumare!- esclamò Alessio, sedendosi sui talloni.
Javier aggrottò la fronte, il suo compagno uscì fuori dal locale, ed egli rivolse la propria attenzione al suo giovane amante.
-Scendi da lì- ripeté e l'altro tornò a ridere, rimanendo ostinatamente dove si trovava.
-Perché tutta questa messinscena?- gli domandò poco dopo.
Alessio si morse un labbro, fuggendo dal suo sguardo indagatore.
-Perché... voglio che mi vediate. Che lo facciate davvero.-
-Ah... stai cercando di attirare l'attenzione? È questo?- il ragazzo sentì la pelle delle guance scaldarsi a causa dell'imbarazzo. Nascose il viso poggiando la fronte sulle braccia che teneva incrociate sulle ginocchia.
Si stava rendendo ridicolo?
-Credo... di essermi innamorato di te... e di Carlo- disse piano, e la sua voce giunse all'altro attutita, tanto che quello si domandò se non stesse fraintendendo le sue parole. Non ebbe tempo di ribattere, poiché Carlo tornò dentro la pizzeria come una furia.
-Guido sta arrivando- esordì: -Con Mattia. Ed è incazzato-
Alessio sollevò il viso verso di lui, ma rimase pietrificato nel vedere entrare un terzo uomo all'interno del locale.
Scese dal bancone, allontanandosi di qualche passo, indeciso se scappare o restare lì nel disperato tentativo di concludere quella faccenda.
-Sapevo che ti avrei trovato qui!- tuonò Tiziano, attirrando gli sguardi degli altri due su di sé.
-Bella faccia tosta che hai!- ringhiò Javier: -Non ti vergogni neanche a mettere piede qui dentro?!-
Alessio sussultò: sembrava una belva pronta a balzare al collo dell'altro. Un leone pronto a marcare il proprio territorio e sbranare il suo avversario. Non lo aveva mai visto tanto furioso.
La tensione era palpabile: Carlo non aveva idea degli sviluppi che vi erano stati all'interno della relazione tra i suoi due ex dipendenti, certo era che neanche lui poteva più soffrire Tiziano. Men che mai da quando aveva saputo che era tornato con Alessio; e non gli piacque quella sua improvvisa intrusione.
Non aveva fatto altro che ripetere di non capire che diavolo stesse succedendo all'interno della sua pizzeria, ma era certo che, di qualunque cosa si trattasse, l'arrivo di Tiziano non era contemplato, e non voleva che ciò provocasse un arresto improvviso a tutti quei nodi che sembravano, finalmente, pronti a sciogliersi.
E stava ancora lì a scervellarsi, a cercare di capire come buttare fuori quello che vedeva come un intruso, quando venne soccorso dall'arrivo del suo migliore amico.
-Che bella riunione di famiglia- esordì Guido entrando nel locale, attirando gli sguardi di tutti su di sé e il suo conpagno: Mattia non gradì quelle improvvise attenzioni concentrate su di loro, e un brivido gelido gli corse lungo la schiena, facendogli desiderare di scappare immediatamente via da lì.
Ma Guido... era Guido. Era stronzo, menefreghista, ma aveva anche un suo codice d'onore: non avrebbe mai abbandonato un amico nel momento del bisogno, men che mai si sarebbe tirato indietro quella volta; non quando era ormai divenuto evidente che ben tre delle persone a cui era più affezionato, sembrava avessero schecherato per bene i propri cervelli riducendoli in pappetta, riversandoli all'interno di immaginari bicchieri, dove avevano finito per miscelare un micidiale veleno fatto di sentimenti e ragione, tracannandoli neanche fossero shot.
E, alla fine, stavano tutti lì, a rischiare seriamente di farsi avvelenare dai loro stessi casini di cuore.
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