21

Sembrava che il pianerottolo davanti casa di Alessio fosse diventato, nell'ultimo periodo, luogo d'incontro di troppe persone che fondamentalmente, poco avevano a che spartire con il giovane proprietario di casa.

Alessio rimase qualche secondo a fissare la figura di Javier, che riuscì a scorgere oltre lo spioncino della porta, un po' deformata dalla lente, ma inconfondibile.

"Mattia! Sara, Dario... adesso anche Javier. Mancano soltanto Guido e Daniele e questa settimana di visite, potrebbe entrare nel Guiness Word Records delle assurdità!" Pensò il ragazzo, scuotendo appena la testa, e premendo la fronte contro la superficie lignea della porta.

Aprire... o no?

Javier non poteva sapere se Alessio fosse o meno in casa, e il giovane valutò la possibilità di non aprirgli fingendo di essere altrove.

Eppure, anche se stava lì, immobile, separato dall'altro dal legno spesso, gli occhi chiusi e i respiri lenti, nel tentativo di non produrre alcun rumore, non poteva far altro che ammettere di riuscire a "sentire" Javier: una presenza vera, tangibile, come se stesse lì a poggiare le palme delle mani e la fronte direttamente sul suo petto.

Vi era quel tum-tum costante, quasi assordante... come se potesse sentire il cuore dell'altro battere, ma sapeva benissimo che non era affatto come credeva: era il suo di cuore a battere furioso, spaventato, ma anche desideroso di aprire quella porta e buttargli le braccia al collo, aggrapparsi a lui e riempirsi i polmoni del profumo della sua pelle.

Alessio sobbalzò a quei pensieri, si staccò dalla porta come se si fosse scottato, sgranò gli occhi e fece un passo indietro, nello stesso momento in cui Javier premette nuovamente il pulsante del campanello.

Le mani del ragazzo presero a tremare, era sempre più propenso a farlo entrare in casa sua, ma sembrava aver perso la capacità di compiere il più piccolo movimento.

"Ti stai facendo problemi inutili. Sicuramente, è venuto qui a cazziarti per non essere andato a lezione, per averlo lasciato in asso senza preavviso" pensò.

Come se tu fossi così indispensabile, come se lui non fosse in grado di svolgere il suo lavoro senza di te!

"Non volevo insinuare questo..."

Ti dai un'importanza che non hai.

"È solo lavoro... sarebbe stato giusto avvisarlo. Mi arrabbiavo sempre con Carlo quando si comportava così in pizzeria."

Non si sarà neanche accorto della tua assenza.

Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

Era inutile continuare quel "discorso" con la sua coscienza: sapeva bene da quale parte risiedesse la ragione... e non era di certo dalla sua.

Si passò velocemente la manica della t-shirt che indossava sugli occhi, asciugandoli malamente; trasse un lungo respiro, cercando di calmarsi.

Si schiarì la gola e aprì la porta.

Javier sussultò, come se si fosse spaventato: probabilmente, aveva smesso di sperare che Alessio fosse in casa.

Il giovane aggrottò la fronte e incrociò le braccia sul petto, nel tentativo di darsi un contegno.

-Ciao- lo salutò, e si maledì mentalmente per non essere stato in grado di celare del tutto l'angoscia che gli scuoteva il petto e la voce.

Javier rimase immobile senza ricambiare il suo saluto. Prese a studiarlo attentamente, facendo scorrere lo sguardo su ogni angolo del viso dell'altro, cercando qualsiasi cosa potesse rivelarsi una conferma, o una smentita ai suoi sospetti.

Non trovò nulla di particolare: il livido sullo zigomo si era fatto giallognolo, ma per il resto, sembrava che Alessio stesse bene. Forse, appariva appena un po' insicuro, titubante... spaventato? O stava incominciando a vedere cose che non esistevano?

Scosse appena la testa e abbassò gli occhi sul pavimento: voleva essere il suo cavaliere senza macchia e senza paura, pronto a salvarlo da... cosa? Perché diavolo aveva deciso di recarsi lì?

Che gli importava di Alessio?

"Stupido Carlo!" Pensò mentre l'altro si irrigidiva, infastidito da quel suo prolungato silenzio.

Alessio afferrò la porta con una mano, e si voltò verso l'interno del suo appartamento, come se fosse pronto a congedarsi dall'altro, stanco di attendere una qualche parola che sembrava non volesse arrivare.

Javier frappose il piede tra lo stipite e la porta, impedendo all'altro di richiuderla. Smise di pensare e agì d'impulso facendo irruzione in casa sua.

Era... arrabbiato, e non sapeva spiegarsene il motivo.

-Che diavolo vuoi?!- tuonò Alessio, e lo spinse malamente allontanando da sé.

Il suo collega fece un paio di passi indietro, alzando le braccia nel tentativo di non perdere l'equilibrio, e si fermò a debita distanza senza però, accennare ad andarsene.

Il giovane chiuse la porta sbattendola furiosamente... e l'altro gli fu subito addosso.

Gli cinse i fianchi con le mani, portandolo ad aderire con la schiena contro una parete: il ragazzo fece perno contro il suo petto nel tentativo di allontanarlo ancora una volta, ma Javier riuscì a far entrare in contatto i loro corpi e percepì Alessio tremare.

Non voleva spaventarlo e non aveva idea del perché avesse agito con una tale violenza, ma quando alzò gli occhi, titubante e mortificato, a incontrare quelli dell'altro, trovò sul suo viso un'espressione così intensa da mozzargli il respiro.

Alessio era arrossito, si mordeva le labbra nervosamente, e i suoi occhi erano così luminosi, lucidi di rabbia... e desiderio.

Lo abbracciò, stringendolo forte a sé mentre l'altro si lasciava andare alla consapevolezza di non avere alcuna intenzione di cacciarlo via.

Lui appartiene a Carlo.

Tornò a tormentarlo la sua coscienza: "Credi davvero che mi importi? Sai quanto amo Carlo?! Tanto quanto amo Javier!" Avrebbe voluto urlare, vomitare tutti i suoi sentimenti e liberarsi di quel peso enorme che gli gravava sul cuore.

Il fatto che entrambi gli uomini di cui si era innamorato non lo volessero, non affievoliva il suo senso di colpa.

Alessio si strinse maggiormente all'altro, affondando il naso nell'incavo del collo di Javier e, finalmente, poté bearsi del profumo della sua pelle... e percepì quell'abbraccio, quell'odore calmarlo lentamente.

Non gli importava: avevano deciso di punirlo? Guido, Daniele, il Destino, Carlo, Javier, l'Amore... persino Tiziano.

Non meritava di essere amato?

Benissimo... avrebbe smesso di dire di no; avrebbe smesso di ragionare e "fare il bravo": si sarebbe preso ogni singola cosa la vita gli offrisse, senza più scervellarsi sulle conseguenze.

Carlo si sarebbe arrabbiato? Avrebbe lasciato Javier a causa sua? Stava per diventare il loro terzo incomodo?

Tiziano sarebbe diventato furioso. Gliela avrebbe fatta pagare... e ad Alessio scappò un risolino isterico.

-Che succede?- gli domandò l'altro con voce morbida, e il giovane sollevò gli occhi cercando i suoi.

-Non ha importanza- rispose in un sussurro.
-Di cosa stai parlan...- ma il ballerino non ebbe tempo di concludere la sua domanda: Alessio lo baciò.

Prese a saggiare la sua bocca, a esplorarla e assaporarla come se gli fosse totalmente sconosciuta.

Che pensassero di lui quello che volevano! Si stava comportando da puttana? Da affamato d'amore?

Probabilmente lo era.

Avrebbe dovuto morigerarsi, tornare sulla retta via? La stessa che lo aveva ferito così profondamente, innumerevoli volte, lasciandogli il cuore a pezzi e le mani vuote?

A chi doveva dar conto e ragione di quello che faceva?

Era la sua vita e ne avrebbe fatto quello che ne voleva.

E, in quel momento, lui voleva solo Javier.

Prese a far vagare le mani sulla schiena dell'altro, sentendo sotto le dita le linee dei muscoli tesi, e desiderando un contatto più profondo e vero.

Percepì Javier tentare di separare le loro labbra, ma gli strinse una mano sulla nuca approfondendo il loro bacio, sentendo i polmoni iniziare a bruciare, schiacciando ogni suggerimento della mente.

Intrufolò le mani sotto i vestiti dell'altro e Javier ne approfittò per interrompere il loro bacio, respirando pesantemente, reclinando la testa all'indietro, insicuro su ciò che stava facendo.

Alessio gli morse la pelle del collo e l'uomo si fece scappare un gemito stupito.

Lo spinse lontano da sé e si inginocchiò davanti a lui prendendo a slacciargli la cinta dei pantaloni, abbassò la cerniera e prese ad accarezzarlo attraverso la sottile stoffa dei boxer.

Javier era sempre più stupito e lo fissava dall'alto guardandolo con sgomento, incredulo su quanto stava accadendo, quasi non riconoscendo Alessio in quel giovane così intraprendente.

La sua mente si spense di colpo nel sentire le labbra calde del ragazzo intorno al suo membro. Prese a stuzzicato, baciarlo, leccarlo, lasciando scivolare la lingua sapientemente, accompagnandolo dentro la sua bocca.

Javier lo afferrò per le spalle e lo fece alzare da terra; affondò la lingua nella sua bocca riprendendo a baciarlo, sentendo quella vocina insistente come urlare in lontananza un supplica, invitandolo disperatamente a fermarsi e non rovinare ogni cosa anche con Carlo.

Ma sapeva ciò che il suo compagno provava ancora per Alessio: "L'unico scemo che non vuole ancora accettarlo... sono io" pensò e quella nuova consapevolezza gli fece muovere qualcosa nel petto, portandolo ad abbandonare ogni dubbio su quanto stava accadendo.

Avrebbero dovuto parlarne, avrebbero dovuto confrontarsi a cuore aperto su quella loro strana situazione... anziché continuare a scappare.

Era evidente: avevano fatto di tutto per negarlo, ma l'Amore se la stava ridendo alla grande, gustandosi sulla lingua il sapore dolce della vittoria.

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