20

Gli ultimi studenti si affrettarono a lasciare l'aula esausti, ma sorridenti.

Javier li salutò distrattamente sollevando una mano nella loro direzione; raccolse le sue cose, spense lo stereo e le luci dell'aula, trovandosi improvvisamente al buio.

Riaccese le luci: non si era reso conto di quanto il tempo fosse mutato, di come il giorno sembrava aver ceduto il posto alla sera tanto prematuramente.

Erano le tre del pomeriggio, eppure sembrava molto più tardi. Aggrottò la fronte e uscì dall'aula per recarsi negli spogliatoi.

Si lavò velocemente e si rivestì altrettanto di corsa nel tentativo di arrivare in tempo per passare a prendere Carlo.

Non credeva di avere l'umore giusto per incontrare il suo compagno, ma avevano concordato il loro appuntamento il giorno prima, e gli sembrava di cattivo gusto disdirlo all'ultimo momento.

Il problema... rimaneva Alessio.

Non si era presentato a lezione, non aveva chiamato nessuno per informare della sua assenza per quella lezione. I loro studenti erano in fibrillazione per l'evento di dicembre, erano tutti intenti a lavorare sodo. Tutti... tranne Alessio.

Al di là del fatto che lui non si sarebbe esibito, Javier trovava poco professionale il suo atteggiamento.

Durante il tragitto che compì in auto diretto verso casa di Carlo, il giovane rimuginò a lungo sul comportamento del suo collega, trovandolo insensato.

C'era qualcosa che sembrava sfuggirgli, la sentiva scivolare via dai propri pensieri prima ancora che riuscisse ad afferrarla e questo lo irritava.

Giunse a destinazione senza essere stato in grado di godere del tragitto, senza aver registrato nulla di ciò che lo circondava, come se avesse guidato inserendo un pilota automatico.

Vide Carlo uscire di casa, per poi entrare nell'abitacolo dell'auto: chiuse violentemente lo sportello e Javier sobbalzò a quel rumore come se fosse stato in grado di scuoterlo.

Aggrottò la fronte.
-Ciao, eh...- disse risentito; l'altro scosse la testa prima di rispondergli:
-Scusami- e si chinò su di lui per depositargli un fugace bacio sulle labbra: -Oggi non è giornata- continuò, tornando al suo posto.

-Cosa è successo?- gli domandò Javier, incrociando le braccia sul volante. Poggiò una guancia contro il dorso di una delle sue mani, mentre i lunghi capelli si aprivano sulla schiena e le spalle, sfiorandogli la pelle come un'effimera carezza.

Carlo rimase a fissarlo per qualche secondo, incantato, stregato e il suo compagno trattenne un risolino per non indispettirlo. L'uomo gli scostò una ciocca di capelli da davanti il viso e rimasero a fissarsi per un po', preferendo il silenzio alle parole.

-Nulla che abbia più importanza quando sono con te- mormorò Carlo e Javier sollevò la testa di scatto sentendo il cuore come balzargli in gola.

Le sue parole gli mossero dentro un'emozione indescrivibile, un desiderio in grado di soverchiare ogni altra cosa.
Si protese verso di lui prendedogli il viso tra le mani, poggiando la fronte contro quella dell'altro, senza impedire a un sorriso di incurvargli le labbra.

Carlo prese a baciargli il viso delicatamente: uno zigomo, la punta del naso, le labbra. Javier ricambiò il bacio, accarezzando piano le labbra del suo amante, senza alcun desiderio di bruciare le tappe. Voleva godersi ogni singolo istante, ogni più impercettibile tocco, gustarlo sino in fondo, renderlo un ricordo indelebile.

L'uomo sembrò comprendere le intenzioni dell'altro, e approfondì il loro bacio senza alcuna fretta: Carlo fece scivolare le proprie mani sui fianchi del suo amante, intrufolò le dita sotto la giaccia, sotto il maglioncino leggero che indossava, finendo per accarezzargli la pelle con piccoli e brevi tocchi, solo con i polpastrelli.

Lo sentì tremare tra le sue braccia, mentre le mani del ballerino scivolavano tra le ciocche dei suoi capelli, scendevano sulle tempie, sembrarono ridisegnargli i contorni degli zigomi, della mandibola, sino ad arrestare la propria scoperta sulle spalle, dove rimasero, a palme aperte,  ferme, in cerca di un appiglio.

Sentì la pelle di Javier ricoprirsi di brividi, e iniziò a congedarsi dalla sua bocca, interrompendo il loro bacio prima che divenisse qualcosa di imbarazzante, qualcosa che li privasse della ragione.

Tornarono fronte contro fronte, così vicini da vedere sfocati gli occhi dell'altro.

E il senso di colpa tornò a rovinare quel momento perfetto: chissà perché, la mente di Javier corse verso Alessio, e si trovò a sussultare tra le braccia di Carlo.

-Cosa c'è?- gli domandò il pizzaiolo e l'altro scosse la testa allontanandosi da lui.
-Nulla- rispose fuggendo dai suoi occhi.
-Non mi piacciono le bugie- ribatté Carlo e Javier tremò visibilmente.

-Sono... in pensiero- ammise alla fine, mentre l'altro sollevava un sopracciglio stupito.
-Credevo che, tra i due, fossi io quello che si poneva più problemi nel fare certe cose in pubblico- borbottò in evidente imbarazzo.

Javier assottigliò lo sguardo cercando di capire a che cosa si riferisse il suo compagno. Lo fissò per qualche secondo, prima di sgranare gli occhi e sbuffare sonoramente battendosi le palme delle mani sulle cosce.

-Ancora?! Sul serio?- gli domandò stupito e l'altro aggrottò la fronte.
-Ti ho baciato in pieno giorno all'interno della tua auto, davanti casa di mia madre- protestò l'uomo indispettito da quelle parole.

Javier si morse un labbro, rendendosi conto di aver esagerato.
-Scusami, non volevo essere così insensibile. So che per te è stato difficile accettare questa situazione.-
Carlo, alle parole del suo amante, si strinse nelle spalle.
-Ormai... com'è andata, è andata. Non me l'aspettavo, è vero, ma non tornerei mai indietro. Anche se di certe cose mi pentirò, forse, per sempre, di altre rimarrò orgoglioso e soddisfatto di me stesso. Una di queste... sei sicuramente tu-

Javier tornò a mordersi un labbro, mentre l'emozione lo faceva arrossire: era ciò che aveva sempre desiderato. Quelle parole... erano proprio ciò che aveva sempre sognato di sentirsi dire da Carlo.

Perché... non erano abbastanza?

-Ti devo parlare di una cosa...- mormorò abbassando gli occhi sulle mani che aveva poggiato in grembo, strette l'una con l'altra quasi con violenza.
-Mi stai lasciando?- domandò stupito l'uomo e Javier sobbalzò nuovamente, tornando a guardarlo negli occhi scuri.

-Stai scherzando? Ti amo da tipo... quattro anni! Come potrei mai lasciarti?- urlò senza riuscire a tenere a freno la lingua. Sgranò gli occhi e arrossì furiosamente, mentre il suo compagno sorrideva cercando di non offenderlo con la sua improvvisa ilarità.

Le parole di Javier l'avevano fatto imbarazzare e il suo inconscio stava reagendo in un modo totalmente estraneo a ciò che lui sentiva, come se stesse adottando una qualche strategia di difesa preventiva.

-Perdonami... sono uno sciocco- disse e l'altro scosse la testa ancora un po' risentito da quella sua insinuazione: -Cosa ti preoccupa?- gli domandò qualche istante dopo e Javier si fece di colpo serio.

Aveva bisogno... del suo unico amico e sperò che Carlo riuscisse a consigliarlo come tale.

-Si tratta di Alessio...- mormorò, sospirando mestamente.

Carlo si irrigidì appena, ma subito distolse gli occhi dal suo compagno per evitare che leggesse sul suo viso qualcosa che lo avrebbe potuto turbare.
-Perché?- gli domandò con voce atona e Javier riprese a fissarsi le mani: anche lui aveva timore di leggere le espressioni del suo amante, così come temeva cosa l'altro avrebbe potuto leggere sul suo viso.

-Non lo so... è strano, triste. Solo.-
-Da ciò che mi ha detto Sara, ha ripreso a uscire con Tiziano- sussurrò Carlo, sentendo un nodo stringergli la gola.
-Credi che sia la persona giusta per lui?- gli domandò e il pizzaiolo si stupì di quella domanda.

Senza rendersene conto, si trovarono a cercare gli occhi dell'altro; finirono per legarsi in quello scambio di sguardi che avevano tentato di evitare sino a quel momento.

Fuori faceva abbastanza freddo, il cielo era grigio e carico di pioggia. I lampioni che costeggiavano la carreggiata erano già stati accesi. Non vi era molta gente in quella strada di periferia; poche auto di passaggio.

Eppure... dentro l'abitacolo dell'automobile di Javier, sembrò che la temperatura si abbassasse ulteriormente, mentre i due uomini sembrarono ottenere quel codice speciale che li rendeva in grado di leggere dentro l'altro senza proferire parola.

-Ho paura... che stia facendo qualche cazzata- sussurrò Javier senza riuscire a distogliere gli occhi da quelli di Carlo.

La tensione era quasi palpabile: erano come pietrificati ma, al contempo, pronti a scattare al minimo segnale.

-Forse... dovresti parlargli. Ti sembrerà assurdo, ma... tu sei ciò che più di vicino a un amico gli sia rimasto.- continuò e Carlo si trovò a scuotere la testa davanti quelle parole.

-Ti sbagli- disse: -Io e lui non siamo amici. Forse non lo siamo mai stati-
-Però... provi ancora qualcosa per lui- mormorò Javier e l'altro tornò a irrigidirsi, cercando disperatamente di non cedere al peso dei propri sentimenti.

-Adesso sto con te- ribatté e questa volta toccò al ballerino scuotere la testa.
-Ciò non cambia le parole del cuore- gli rispose.

Carlo non fu in grado di aggiungere null'altro e il suo compagno pensò di aver centrato il punto.
-Mi dispiace- aggiunse poco dopo: -Sarò anche incoerente, però... io non ce la faccio a distogliere gli occhi e procedere come se nulla fosse. Sono preoccupato per lui, e ho bisogno di sapere cosa ci sia dietro la sua facciata di indifferenza. Anche se questo potrebbe darti fastidio, visti i trascorsi tra me e lui. Non ti nasconderò che, se fossi tu al posto mio, anche a me, penso, darebbe fastidio...-

-Ne sei assolutamente sicuro?- lo interruppe Carlo e Javier si volse verso di lui stupito da quella domanda.
-Che intendi dire?- gli domandò e l'altro si lasciò scappare una mezza, amara risatina prima di rispondergli:
-Non mi da affatto fastidio. È assurdo, sicuramente... ma sono felice che ci sia qualcuno a preoccuparsi per lui al di fuori di me. Ho come la sensazione che abbia iniziato ad odiarmi, ma anch'io mi preoccupo e sono felice che, quel qualcuno in pena per Alessio... sia proprio tu-

-Forse... sarebbe meglio se andassi da lui. Se lo andassi a trovare a casa. Oggi non è venuto a lezione. Ho provato a chiamarlo diverse volte prima che arrivassero i nostri studenti, ma non mi ha risposto-
-Sì, credo che faresti meglio ad andare da Alessio per assicurarti che stia bene... adesso- disse Carlo allungando una mano verso di lui, sfiorandogli una guancia dolcemente.

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