15
Le grandi finestre che si aprivano sul prospetto dell'edificio riflettevano lame di luce sulla strada, sul marciapiede, sulle automobili e, se non si prestava attenzione, colpivano anche gli occhi del malcapitato di turno annebbiandogli la vista per qualche secondo.
La scuola di danza appariva severa ed imponente, come a voler escludere il resto del mondo da tutto ciò che si muoveva dentro di sé tracciando un confine sociale e culturale.
Sembrava essere stata costruita proprio per porre un divario tra sé e ciò che la circondava: la zona in cui era situata era caotica, piena di negozi e di persone che correvano da una parte all'altra a qualsiasi ora del giorno mentre quella pareva restare composta e distaccata.
Carlo rimase ad osservarne la grande porta d'ingresso che si camuffava bene con le finestre che si aprivano al pianterreno: pochi minuti e Javier sarebbe uscito da lì.
Javier faceva parte di quel mondo: i suoi modi di fare, di parlare, di gesticolare erano sempre ben studiati. Gli zigomi alti e gli occhi scuri, i capelli lunghi e morbidi come la più impalpabile carezza di seta. Altero ed elegante.
Perché aveva scelto di stare con lui?
Perché si accontentava di uno come lui?
Carlo scosse la testa: se qualcuno gli avesse domandato per quale motivo avesse deciso di intrattenere una relazione proprio con Javier, sapeva che non sarebbe stato in grado di fornire una risposta soddisfacente.
Cosa che, di fatto, era accaduta proprio qualche giorno prima con Guido: non aveva mai realmente litigato con il suo migliore amico e mai per questioni di cuore.
Avevano sempre avuto un rapporto aperto, si rispettavano e condividevano in buona parte la stessa visione della vita.
Eppure... a causa di Javier, avevano litigato.
E, se si domandava perché il ballerino avesse deciso di stare con lui, si sentiva ancora più confuso.
Si accese una sigaretta: detestava tutta quella situazione. Detestava quelle emozioni strane ed incomprensibili che lo guidavano senza lasciargli scampo di capirsi davvero.
Ed i suoi sentimenti per Alessio? Che fine avevano fatto?!
Scosse nuovamente la testa: era tutto fin troppo assurdo.
Alla sua età avrebbe già dovuto raggiungere una certa stabilità... eppure, si trovava a che fare con cose che lo facevano sentire come se fosse tornato ad essere un adolescente.
Inspirò ed espirò soffiando una nuvoletta di fumo bianca che si dissolse velocemente nell'aria.
Alzò gli occhi ancora una volta nella direzione della porta d'ingresso e... rimase pietrificato.
La sigaretta gli scivolo tra le dita finendo sul marciapiede, sentì i muscoli irrigidirsi, la pelle ricoprirsi di brividi e le labbra come incollarsi tra di loro mentre la saliva sembrava azzerarsi lasciandogli la bocca asciutta. Il cuore prese come a martellargli nel petto rimbombandogli nelle orecchie e gli occhi si sgranarono appena nel tentativo di riempirsi il più possibile dell'immagine di... lui.
Alessio.
Che non vedeva da un paio di settimane.
Alessio.
Con i capelli scuri legati in una corta e bassa coda, la frangia umida leggermente incollata alla fronte. Gli occhi dall'espressione stupita, limpidi e chiarissimi.
Alessio.
E più si ripeteva il suo nome nella mente, più sembrava che il suo cuore battesse forte, quasi a voler balzare fuori dal petto.
"Sto per avere un infarto" pensò: "Non c'è altra spiegazione..."
Il ragazzo sorrise timido e sollevò una mano nella sua direzione in segno di saluto ed a Carlo parve di stare per avere davvero un infarto: di colpo, il suo cuore sembrò perdere un battito per poi tornare a battere come un forsennato in disperata ricerca di attenzioni.
Poteva essere davvero così facile?
Gli sarebbe davvero bastato...
-Ehi- mormorò e tornò a sgranare gli occhi rendendosi conto di aver lasciato il punto sul marciapiede che aveva occupato sino a quel momento, trovandosi improvvisamente al fianco di Alessio senza neanche essersi reso conto di aver camminato, di essersi avvicinato a lui.
-Come va?- gli domandò il giovane titubante, mentre l'imbarazzo gli rendeva la voce appena un po' tremula.
Carlo si strinse nelle spalle e deglutì un paio di volte:
-A lavoro è un po' un casino senza di te, ma... sono contento che tu abbia ripreso a ballare-
Alessio si portò una ribelle ciocca di capelli dietro un orecchio ed incrociò le braccia sul petto:
-Vedrai che troverete di nuovo il vostro ritmo-
-Difficile. Dovremmo trovarne uno totalmente nuovo: quello vecchio non si adatta più a ciò ch'è diventata la pizzeria nell'ultimo anno e quello ch'era diventato routine con te, da soli non siamo in grado di sostenerlo-
Il ragazzo si morse un labbro prima di scuotere appena un po' la testa:
-La tua attività andava molto bene già prima che arrivassi io...-
-Io non stavo bene, prima che arrivassi tu- lo interruppe Carlo e resosi conto delle parole che aveva appena pronunciato, sospirò mestamente premendo due dita sugli occhi che chiuse sentendoli come bruciare sotto le palpebre.
Riaprì gli occhi e trovò Alessio a fissarlo con un'espressione a dir poco furiosa:
-Credo che sia troppo tardi per discorsi di questo tipo. Sai bene che non avrei mai potuto continuare a lavorare per te dopo che ho finito per umiliarmi in quel modo- la rabbia sembrò scemare parola dopo parola mentre il tono di voce si affievoliva trasformandosi, alla fine, in un triste sussurro.
-Non volevo farti del male- disse Carlo e fece per allungare una mano nella sua direzione, ma Alessio si irrigidì ed arretrò di un passo scostandosi bruscamente da quel possibile contatto:
-Non poteva andare diversamente. So che non l'hai fatto con cattiveria, ci sono già passato: non si può obbligare qualcuno a ricambiare i nostri sentimenti- mormorò il ragazzo distogliendo lo sguardo.
Carlo si maledì mentalmente rendendosi conto soltanto in quel momento di aver ferito Alessio esattamente come avevano fatto i suoi ex.
Gli aveva fatto credere di non ricambiare i suoi sentimenti, l'aveva convinto di provare un amore a senso unico, così come il ragazzo si era trovato costretto a vivere per tutto l'anno che si erano lasciati alle spalle; come se i suoi sentimenti non fossero all'altezza dell'uomo che amava, come se non fosse meritevole di essere ricambiato.
Guido aveva ragione, si era comportato da stronzo e lo era stato più del tatuatore che di Daniele: perché era proprio da stupidi far soffrire qualcuno così profondamente quando i suoi sentimenti, in vero, erano ricambiati.
Aprì la bocca pronto a dire qualcosa... anche se non aveva idea di cosa, ma Alessio lo interruppe. Sgranò appena gli occhi ed impallidì:
-Adesso devo andare. Ti auguro buona fortuna. Ciao- e sparì prima ancora che l'altro ricambiasse il suo saluto.
Lo vide attraversare di corsa la strada stringendosi il borsone nero che teneva a tracolla contro un fianco e, per la prima volta, gli parve che anche nel camminare Alessio sembrasse muoversi in punta di piedi, con la leggiadrezza di una piuma cullata da un alito di vento.
-Pensavo aveste chiuso- disse Javier e Carlo serrò gli occhi dandosi mentalmente dello stupido: doveva immaginarselo, altrimenti, perché Alessio sarebbe scappato via a quel modo proprio mentre la loro conversazione sembrava si stesse per fare più intima e sincera?
Carlo aprì gli occhi e si voltò nella direzione del giovane, lo squadrò dalla testa ai piedi trovandolo perfetto e studiato persino nella sua posa di disappunto.
-Ci siamo incontrati per caso- rispose l'uomo:
-"Per caso" è difficile se ti fai trovare davanti la scuola di danza in cui insegna-
-Ci insegni anche tu- ribatté Carlo e Javier sgranò gli occhi sorpreso:
-Eri venuto per me?- domandò e l'altro annuì con poca convinzione.
Il giovane batté le mani mentre la rabbia sembrava sciogliergli i muscoli illuminandogli il viso:
-Oh che bello! Che cosa romantica!- esclamò buttandogli le braccia al collo per poi baciarlo fugacemente sulle labbra.
Carlo si irrigidì: non era ancora abituato e, forse, non era ancora pronto per lasciarsi andare a tali manifestazioni d'affetto in pubblico.
Cercò di sciogliere l'abbraccio di Javier, ma l'altro gli si strinse ancora di più contro:
-Andiamo da me?- gli sussurrò contro le labbra con voce suadente e, nonostante tutti i "sé" ed i "ma", Carlo sentì quella voce come accendere di colpo il suo desiderio rendendogli la pelle bollente ed il cuore riprese a battergli frenetico.
Era amore anche quello?
O era la lussuria a muoverlo come se fosse una marionetta tra le braccia di Javier?
Non ne aveva idea.
Sospirò, strinse una mano dell'altro in una delle sue e presero a fare strada in direzione dell'automobile di Carlo.
Alessio allontanò lo sguardo dai due ed alzò gli occhi al cielo.
"È persino venuto qui per lui" pensò: "Ha sacrificato ore del suo riposo pomeridiano per passare un po' di tempo con lui... quando si ama qualcuno davvero, certi sacrifici, piccoli o grandi che siano, chissà perché... finiscono per diventare tanto leggeri ed insignificanti... chissà se... esiste qualcuno così anche per me".
Si strinse nelle spalle e si allontanò dal suo nascondiglio improvvisato all'interno di un vicoletto senza uscita, scuotendo appena la testa e liberando i capelli dall'elastico: danzarono per qualche secondo davanti al suo viso, ma tanto bastò a nascondere, ad occhi indiscreti, un sorriso un po' triste ed una stupida, ribelle lacrima.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top