NELLA TANA DEL LUPO

L'amore è come la guerra: facile da iniziare, ma molto difficile da fermare.
(Henry Louis Mencken)


La casa di Harry è enorme. È una villa di tre piani in stile vittoriano. Le grandi finestre sembrano quasi occhi di strane creature. È decorata da colonne bianche e da alcune statue che rappresentano figure mitologiche. Per entrarci bisogna attraversare il giardino che c'è di fronte e al centro del quale si trova una grande fontana. Mi era capitato di andarci una volta da bambina, quando lui mi aveva spintonata, strappato l'abitino e buttata per terra. Sembra passata una vita. Mi chiedo se lui se lo ricordi. Da bambini non ci sopportavamo, anzi, avevo il forte sospetto che lui addirittura mi odiasse.

Harry mi precede e apre il grande portone della villa. –Entra- si fa da parte.

Entro. Mi sembra di entrare nella bocca di un mostro. Mi ritrovo in un corridoio, con il pavimento di marmo e decorazioni sulle pareti. Sirene, ninfe, fauni. La mitologia è il tema principale. Individuo quello che potrebbe essere il ratto di Persefone. Una ragazza dai lunghi capelli castani che viene trascinata sotto terra.

-Sto gocciolando- dice Harry, arrivandomi alle spalle.

Siamo al buio. Un attimo dopo la luce del grande lampadario viene accesa. –Lo ricordavo più grande- mi sfugge dalle labbra.

-Il corridoio?- mi chiede Harry –Se ricordo bene l'ultima volta che ci sei venuta eri una bambina, è normale che lo ricordi più grande... ti garantisco che le pareti non si sono spostate dall'ultima volta in cui sei stata qua- aggiunge sarcastico.

Mi sfugge una risata. –Perché le tue pareti hanno le gambe?- chiedo e improvvisamente mi rendo conto del significato nascosto delle sue parole. Lui si ricorda di me da bambina e questo m'imbarazza molto.

-Potrebbero averle- dice ironico, poi torna serio –sei bagnata?-

Scuoto la testa. In realtà ho i pantaloni un po' bagnati, ma non voglio che si proponga di metterli in asciugatrice.

-Ottimo, vieni- mi precede e io lo seguo in un grande salone con il parquet marrone scuro e divani rossi di velluto. Un enorme cammino troneggia su tutto, decorato con disegni in ferro battuto che hanno come soggetto delle donne.

-Siediti- mi dice Harry –mi cambio e torno subito-

Mi lascia in quel salone enorme. Incuriosita mi avvicino a un comò sul quale ci sono diversi soprammobili. Una piccola barca azzurra. La statuetta di una dama di porcellana con l'espressione assorta e un bellissimo vestito turchese. Una rosa rossa dentro un vaso. Mi fermo a osservare la rosa rossa. Non è vera, ma profuma come se la fosse. Sfioro i petali. Sembrano di velluto. Alla fine deciso di andarmi a sedere, non è educato vagare per una casa non propria.

Harry arriva dopo circa dieci minuti. Indossa una maglia nera e un paio di jeans. È perfetto. Mi si siede affianco. Sorride, un sorriso che promette guai.

-Ti ricordi quando sei stata in questa sala l'ultima volta?-

-Lo ricordo molto bene- mormoro –qui mi hai preso l'abito e me lo hai strappato, poi io sono corsa fuori e tu mi hai fatta cadere- lo dico tutto d'un fiato, rendendomi conto di quanto quell'episodio sia ancora vivo in me.

-Lo sai come sono fatti i maschietti da bambini, fanno i dispetti alle bambine che li piacciono-

Quelle parole mi sorprendono. Mi volto verso di lui e lo fisso con attenzione. Cerco la bugia sul suo viso, una bugia che non trovo. Io però so che mente. Lui non poteva essere innamorato di me. Non lo era mai stato.

-Un comportamento odioso, ma inevitabile- continua.

-Non che tu sia cambiato molto- borbotto.

Ride. –Vuoi dire che mi comporto male?- si avvicina così tanto che posso sentire il suo profumo. Un brivido mi percorre. Siamo soli in una villa deserta, fuori piove, lui mi è così vicino. Arrossisco pensando a ciò che potrebbe succedere. Poi il suo braccio si appoggia sulle mia spalle. Restiamo in silenzio, sento solo il rumore della pioggia che batte sul tetto. E poi Harry parla di nuovo. –Allora? Mi comporto male?-

-Ogni tanto-

Ride e mi bacia. È un bacio che arriva quasi imprevisto, anche se lo avevo molto desiderato. Mi spinge indietro e cado sdraiata sul divano. Lo cingo con le braccia. Lui affonda i suoi denti nelle mie labbra, le mordicchia, le accarezza con la lingua. Il cuore mi batte così forte che sono quasi certa che esploderà. Mi apre la camicetta, sbottonandola velocemente. Ci siamo solo noi due e la pioggia. È un momento perfetto.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Come vi è sembrato questo capitolo.

A domenica ❤

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