62° Capitolo: Alex
A volte è solo questione
di un attimo!
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Era notte fonda, molto probabilmente avevamo passato la mezzanotte e io ancora non riuscivo a dormire. Mi rigiravo in continuazione sul divano e non era perché era scomodo. Il motivo era che sopra, al primo piano, c'era una ragazza troppo orgogliosa che faceva di tutto per sembrare ai miei occhi una donna. Si trovava lì, tutta da sola e il bello era che lei era la mia fidanzata. Certo, non riuscivo ancora a crederci che una ragazza così bella, così strana, era mia. Ero felice, ma allo stesso tempo frustrato perché anche se stavamo insieme i nostri litigi non erano cessati, anzi erano raddoppiati. Quella ragazza era davvero fuori dalla mia portata, non sapevo mai cosa fare con lei.
Non riuscivo a stare fermo, pensavo anche alle minaccie di mio fratello, chissà cosa avrebbe architettato. Ero preoccupato, non volevo che per colpa mia qualcuno dei miei amici pagasse al mio posto.
Così non riuscendo a dormire, decisi di salire le scale, dovevo andare in bagno e chissà, forse Angelica vedendomi mi avrebbe fatto dormire con lei.
In punta di piedi arrivai alla porta della stanza della mia ragazza, era avvolta nelle coperte e dormiva profondamente, poi andai a sbirciare Daniel e lo vidi che piangeva tenendo forte una foto, molto probabilmente era la sua ragazza. Mi faceva una pena assurda, sapevo benissimo cosa stesse provando e per questo non trovavo le parole giuste, avevo il timore che se gli avessi detto qualcosa lo avrei fatto sentire peggio, quindi preferivo stare zitto. A volte il silenzio era meglio delle parole. Così sconfitto, andai verso il bagno e mi ci chiusi. Dopo alcuni minuti sentii bussare.
«Alex, sei tu in bagno? » mi domandò Angelica parlando a bassa voce.
«Sì, un attimo» risposi, buttai il mozzicone e tirai lo sciacquone. Quando ero nervoso fumavo qualche sigaretta, sapevo molto bene che faceva male, ma in quel momento era l'unico modo per rilassarmi e andare a dormire. Aprii la porta e la vidi in tutta la sua bellezza, anche se indossava un orrendo pigiama di lana con degli odiosi orsacchiotti. Eravamo quasi a Natale e faceva un gran freddo e non potevo biasimarla se indossava quel coso che non si poteva nemmeno chiamare pigiama.
«Ehi! Come mai alzata? » Le domandai sorpreso di trovarla sveglia ripensando a pochi minuti prima come stesse dormendo beata nel suo letto.
«Non riesco a dormire e poi dovevo andare in bagno. » Rispose veloce tenendo basso lo sguardo. Era sicuramente arrabbiata con me, lo era sempre. Ogni volta riuscivo con i miei modi bruschi a deluderla, anche se in fondo non volevo.
Eravamo in silenzio: lei ferma a fissare un punto indefinito del corridoio, mentre io mi trovavo tra lei e la porta del bagno.
«Angelica... mi dispiace. » Finalmente le bisbigliai a un orecchio per non disturbare Daniel. Volevo farmi perdonare a tutti costi per come mi ero comportato prima con lei, ero uno stronzo e questo ormai lei lo aveva capito. Eravamo fidanzati da poco e già io le avevo fatto cambiare idea e tutto questo non mi piaceva affatto. Magari se Daniel non si sarebbe trovato in quella terribile situazione avrei potuto chiedere consigli a lui, ma ovviamente non era il momento adatto.
«Fammi andare in bagno Alex, parliamo dopo.» Sospirò alzando gli occhi e incastrandoli con i miei.
«Emh... sì certo, fai pure.» Le dissi uscendo dal bagno. Ero indeciso se aspettarla o scendere le scale e andarmene di corsa a dormire. Però, mentre stavo ragionando quale delle due opzioni era la migliore, Angelica uscì dal bagno e mi spinse nella sua stanza. Chiusi la porta e anche se eravamo immersi nel buio, riuscivo comunque a osservare il suo viso che era illuminato dalla luce lunare. Era ferma di fronte a me, con le braccia conserte, aspettava sicuramente di sentire cosa avessi da dirle: «Angelica, davvero mi dispiace, perdonami se puoi. So benissimo che sei spaventata e triste perché dei criminali sono entrati a casa tua e hanno distrutto la tua preziosissima chitarra, ma...»
«Ma ovviamente hai le tue ragioni se non te ne sei preoccupato troppo, vero?» Mi interruppe posando un dito sulle mie labbra e io d'istinto glielo baciai. Arrabbiata lo ritrasse subito.
«Angelica ti sbagli, certo che mi sono preoccupato, ma in quel momento ho avuto altro più importante a cui pensare.» Mi giustificai per la mia insensibilità, ma sapevo che non era sufficiente.
«E qual è questa urgenza peggiore che dei delinquenti sono entrati a casa mia distruggendo le cose a cui tenevo di più? Dici che mi devo fidare di te, ma se mi nascondi le cose come posso farlo?» Sbuffò nervosa picchiettando incessantemente il piede sul pavimento. Aveva perfettamente ragione, non potevo negarlo, ma non ero altrettanto certo che dirle la verità fosse la soluzione giusta.
«Allora? Sto aspettando una risposta!» Sbottò spazientita.
«Angelica, calmati ok?» Le risposi facendola sedere sul letto. Mi guardava furiosa ma allo stesso tempo confusa. Sapevo che non me la sarei cavata facilmente.
«Ok va bene parlerò, ma tu promettimi che non ti agiterai. Ho tutto sotto controllo.» Sospirai buttando giù tutta quell'aria che mi stava opprimendo i polmoni.
«Bene dimmi, ti ascolto.» Il suo sguardo si addolcì, ma la sua preoccupazione era salita.
«Poco fa mi è arrivata una minaccia da mio fratello. Molto probabilmente è stato lui a entrare a casa tua.» Le spiegai facendo di tutto per non tremare davanti a lei. Mi sedetti anch'io sul letto e la guardai profondamente negli occhi.
«Perché? Cosa voleva?» Mi domandò confusa.
«Voleva te.» Sospirai amareggiato. Avevo quasi le lacrime agli occhi, ma dovevo essere forte.
«Oh...» esclamò sconvolta lasciando andare le braccia involontariamente. Dopodiché si alzò e accese la luce. Mi guardai intorno e notai che aveva sistemato il casino che quei delinquenti avevano fatto, ma i resti di quella chitarra erano ancora lì. Un grande macigno si posizionò sul mio petto: se quel strumento era distrutto, era solo colpa mia. Non sapevo per quale motivo ora ero con lei. Al funerale di mia madre mi ero giurato di allontanarmi da lei, di non coinvolgerla nella mia vita e invece adesso, era lei l'obbiettivo di mio padre.
«La chitarra la butterò domani con la luce del sole. Sono troppo stanca sta sera e poi devo ancora riprendermi dallo shock.» Mi disse, ma quella situazione non mi piaceva per niente, eravamo di nuovo troppo distanti; lei sulla soglia della porta e io sul letto. Non potevo tollerarlo, dovevo fare di tutto per avvicinarmi di nuovo a lei e quella volta tenermela stretta però.
«Bene, sì, è meglio.» Balbettai non sapendo cosa dire.
«Davvero Alex, tutto questo mi sembra così assurdo.»Sospirò venendosi a sedere di nuovo sul letto e appoggiando la sua testa sulla mia spalla. Quel suo gesto mi rese felice inspiegabilmente.
«Già, mi dispiace Angelica.»La guardai pieno di sensi di colpa.
«Basta Alex! È da quando ti ho visto nel corridoio che mi chiedi scusa, ormai è tutto risolto, ti ho perdonato.» Mi sorrise prendendomi il viso con entrambe le mani e mi baciò. Un calore improvviso partì dallo stomaco e arrivò dritto al cuore. Ne ero certo: solo lei era in grado di uccidere i miei demoni interiori. Le nostre labbra combaciarono perfettamente, era come se entrambi fossimo la metà mancante dell'altro. Il bacio, come in quelle stupide fan fiction da quattro soldi, sapeva di tabacco e di menta e le nostre lingue si unirono in un meraviglioso valzer. Ero pieno di passione e di desiderio, dovevo farla mia in quella stanza e in quel letto. Avevo aspettato troppo, non resistevo più e sapevo che anche lei lo voleva.
«Davvero? Mi perdoni?» Le domandai prendendola per i fianchi e posizionandola sotto di me. Sapevo già la risposta, ma vederla annuire con gli occhi chiusi, mi fece sentire mille volte meglio. Così, preso di coraggio la baciai di nuovo, adoravo quella sensazione così familiare ma allo stesso tempo sconosciuta e agognata. Poi scesi ancora lentamente sul collo premendo e succhiando incessantemente una piccola parte di pelle fino a quando non divenne più rosa, quasi violacea. L'avevo marchiata, quel segno indicava che era mia ed era solo compito mio darle quel piacere che in quel momento stesse provando.
«A... Alex!» La sentii chiamare il mio nome.
«Sì piccola, sono qui, sono tuo.» Le sussurrai in un orecchio.
«D...dammi di più.» Balbettò guardandomi con gli occhi lucidi e pieni di desiderio. Io non aspettavo altro. Le sfilai l'orrendo maglione e iniziai a succhiare il capezzolo destro, e con la mano libera stringevo forte quello sinistro, mentre lei mi passava le dita tra i capelli. Poi scesi ancora sul suo ventre e gli lasciai una scia di caldi baci.
«Alex, ti prego non ce la faccio più» sbottò lei ansiosa di cadere nel tunnel del piacere.
«Eccomi piccola, sto arrivando.» Le dissi sfilandole i pantaloni, le diedi un bacio sul suo pube, poi le tolsi le mutandine e le infilai due dita, era già bagnata per me. Le leccai il clitoride volevo farle avere un orgasmo soltanto con la mia lingua. Stava impazzendo, muoveva il bacino avanti e indietro seguendo i miei movimenti.
«Sei pronta piccola?» Le chiesi togliendomi i jeans e i boxer.
«Sì Alex, non aspettavo altro.» mi rispose prendendo in mano il mio pene facendo su e giù. Dopo misi il preservativo e con un colpo di anche entrai dentro e lei gridò dal piacere.
«Piccola non gridare o sveglieremo Daniel.» Le tappai la bocca con la mano e lei diventata rossa dall'imbarazzo, annuì con la testa.
Continuammo fino a quando entrambi non arrivammo all'orgasmo e ci addormentammo abbracciati.
Spazio autrice
Buona sera, ho il telefono rotto quindi il prossimo capitolo lo pubblicherò a settembre. Mi dispiace per l'inconveniente, ma purtroppo sono sfortunata, però questa storia la concluderemo non vi preoccupate.
Votate e commentate come sempre un bacio.
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