5°capitolo:una bella litigata!

Mentre tornavo a casa lunghe scie di lacrime iniziarono a rigare il mio volto arrossandolo. Alex poteva essere odioso, stupido e ai miei occhi insignificante, ma non potevo non stare male per lui. Per me era facile immedesimarmi nel suo dolore e farmi soffocare da esso. Arrivata a casa aprii la porta ed entrai, la chiusi alle mie spalle con le lacrime che continuavano a sgorgare senza freno. Entrai e scorsi mia madre sdraiata sul divano intenta a guardare la televisione. Tutto a un tratto si accorse di me e dello stato in cui mi trovavo e si alzò allarmata.

«Angelica che cos'hai? É successo qualcosa? »mi appoggiò una mano sulla spalla.

«Niente, non é successo niente! E comunque finiscila, lo so che di me non ti importa nulla, non sono stupida! » Esclamai acida. Lei non c'era mai tutto il giorno, mi lasciava sempre sola a risolvere  i miei problemi e non si interessava mai della mia vita, perche adesso fingeva di preoccuparsi? Ero furiosa, a quel punto preferivo che fosse stata lei a morire al posto della madre di Alex. Era un pensiero orribile, lo sapevo benissimo, ma io non la sopportavo!

«M...ma cosa stai dicendo?»Il viso di mia madre divenne paonazzo per la sorpresa.

«La verità, non ti è mai importato nulla di me! Ora perché mi stai dando tutta questa attenzione non richiesta? L'unico che veramente teneva a me era papà, ma tu egoisticamente lo hai allontanato non solo dalla tua vita, ma anche dalla mia!» Gridai puntandole il dito contro. Erano cinque anni che non vedevo mio padre, mi mancava terribilmente.

Mia madre rimase pietrificata sul posto con l'espressione ferita. Le mie parole l'avevano colpita, ma non ero riuscita a trattenermi, tutto ciò che avevo tenuto nascosto nel mio animo stava venendo fuori.

«Ti odio per avermi portato via l'unica persona che mi capiva veramente!» Conclusi salendo velocemente le scale, prima che potesse trovare delle scuse da rifilarmi.

«Lo so, mi dispiace. Non dovevo divorziare da tuo padre, ma sai benissimo anche tu che io e lui non andavamo più d'accordo. Se avessimo continuato, avrei rovinato sia la mia vita che la sua. Ma come puoi pensare invece che non mi preoccupo di mia figlia?»Mi bloccò afferrandomi per un braccio. Le parole erano interrotte dai singhiozzi.

«Non m'importa, è tutta colpa tua, mi hai portato via una parte della mia felicità! » La lasciai lì, a riflettere sulle mie parole, mentre io andai nella mia stanza e chiusi la porta con tutta la rabbia e la forza che avevo in corpo.

«Angy, ti prego perdonami, apri la porta.» mi supplicò piangendo.

Avevo esagerato, lo so.
La mia bocca aveva parlato a sproposito, ma non m'importava, era vero quello che avevo detto. La odiavo terribilmente per tutto quello che mi aveva fatto patire in tutti quegli anni. Mia madre era sempre lì, dietro la porta che continuava a supplicarmi di perdonarla, ma io non la volevo ascoltare, così andai in bagno, aprii il rubinetto della vasca e mi feci un bel bagno rilassante.

Avevo proprio bisogno di dimenticare anche solo per un attimo tutti i miei problemi. Successivamente uscii dalla vasca e indossai il mio pigiama preferito, era blu con tanti piccoli fiorellini. Mi avvicinai al mio letto e presi da terra la chitarra che mio padre mi aveva regalato per il mio decimo compleanno, era la cosa più preziosa che possedevo, era stata personalizzata da lui  con un disegno che rappresentava un fiore rosa e con le sue foglie intrecciate formava un cuore e dentro c'era una dedica: " alla mia piccola rock star ". L'accarezzai come se fossi ipnotizzata e poi  iniziai a cantare la prima canzone che lui mi insegnò. La adoravo, era la mia preferita e ogni volta che ero triste o nervosa bastava cantarla e tutto dopo riprendeva colore, anche il mio umore.

Dopo scesi giù per cenare anche se non avevo proprio voglia di farlo. Quella litigata mi aveva chiuso lo stomaco, ma avevo bisogno di uscire dalla mia stanza. Mentre scendevo le scale sentivo mia madre singhiozzare, le mie parole l'avevano ferita, sapevo benissimo che io non avevo nessun diritto di comandare la sua vita, se lei voleva vivere senza mio padre io non potevo dirle niente, però almeno avrebbe potuto farmi stare con lui, così non avremmo avuto nessun problema. A ogni passo fatto verso la cucina, il senso di colpa sembrava espandersi e divenire sempre più forte e consistente, avevo detto la verità sì, ma lei non mi aveva fatto nulla di male, anzi si era preoccupata di una figlia ingrata come me. Mia madre era impegnata ai fornelli, così sfruttai l'occasione per cingerla da dietro e abbracciarla scoppiando in un pianto liberatorio.

«Scusa mamma, mi dispiace, non so cosa mi sia preso, non volevo. » Singhiozzai. Il mio pianto si faceva sempre più rumoroso. Lei non rispose, si limitò a girarsi e ad abbracciarmi più forte, dandomi un bacio tra i capelli. Dopo un po', mi staccai dalle sue braccia e lei mi guardò pensierosa.

«Ti perdono solo perché ti voglio un gran bene, guai a te se pensi di nuovo queste cose su di me, è chiaro!» Mi ordinò con un tono severo, ma dolce allo stesso tempo.

«Sì mamma, non lo farò più te lo prometto.» le risposi asciugandomi gli occhi e soffiandomi il naso.

«Bene, adesso che ti sei calmata un pochino, potresti dirmi che cosa è successo?»si mise le mani sui fianchi.
Io non volevo risponderle, ma mi toccava dopo quello che avevo detto e fatto. Così glielo raccontai.

«Oh santo cielo! Povero ragazzo. » Sussultò, toccandosi una guancia con la mano e  mi domandò addolorata quando sarebbe stato il funerale.

«Domani alle quattro.» risposi guardando a terra.

«Capito, cosa farai? Domani ci andrai, vero?» Mi chiese guardandomi dolcemente.

«Sì certo, con Daniel e Annalisa. » affermai triste.

«Ho capito, fagli le condoglianze da parte mia al tuo amico. Bene, per ora non pensiamoci più, mangiamo dai!» Mi disse prendendo i piatti. La osservai un po' mentre ero lì con lei. Mia madre oggettivamente era una signora davvero molto bella: aveva dei lunghi capelli neri e ricci, con dei leggeri riflessi rossi, gli occhi color nocciola e un fisico che ancora faceva svenire gli uomini. Pensai subito che la bellezza nella nostra casa non mancava, l'avevo  ereditata da entrambi i miei genitori e ne ero immensamente grata, almeno una cosa positiva nella mia vita c'era stata.  Cenammo velocemente in silenzio e dopo andai nella mia stanza. Continuai a suonare per  un bel po'. Dopodiché guardai l'orologio erano già le undici, ero stanca, così posai la chitarra, mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi.


Spazio autrice:
Salve a tutti, ed eccomi di nuovo qua a scrivere un altro capitolo, spero che questo mio libro sia di vostro gradimento, perché negli altri capitoli la storia si farà più interessante.
Io intendo aggiornare un capitolo al giorno, ma se vi piace posso scriverne anche quattro o cinque al giorno. Quindi se vi piace commentate, a presto ciaoo!

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