48°capitolo: Angelica
E così ero scappata via, via da lui e da quella situazione ormai diventata terribile! Volevo morire! Non ce la facevo più.
Perché? Perché Alex mi aveva fatto questo?
E così correvo e mentre lo facevo, piangevo e ripensavo a quegli ultimi giorni passati con lui, erano stati i più belli, ma anche i più orribili!
Camminavo senza una meta e a un tratto capii che mi ero persa.
"Merda! Dove cavolo mi trovo?" Pensai spaventata.
Si era ormai fatto buio e io ero sempre più disperata, ero stanca e non c'era neanche un singolo posto dove sedersi e riposare senza che nessuno ti facesse del male.
"Mi sa che sono finita in un quartiere molto pericoloso." Pensai guardando il posto. Era sporco, buio e sentivo dei passi che mi seguivano.
«Ehi! Bella signorina, dove vai tutta sola?» Mi dissero due uomini molto più grandi di me, bloccandomi in un vicolo cieco e buio.
«Ni... Niente pe... Perché me lo chi...edete?» balbettai spaventata.
"Che bello! Due stupri in solo due giorni. Wow! Sono proprio fortunata" mi schiaffeggiai mentalmente.
«Però... Sei molto carina.» Rise quello a sinistra. Mi veniva da vomitare, entrambi anche se non riuscivo a vederli in faccia, erano ubriachi fino all'osso, la puzza si sentiva a chilometri di distanza.
«Allontanatevi immediatamente da quella ragazza! Fatelo! Ora!» Gridò a un tratto un ragazzo con la voce di un angelo.
«Ca...Capo! Che cosa ci fate... qui?» i due uomini spaventati come due conigli, scapparono via come due frecce. Da lontano riuscii a vederli meglio: erano grossi e brutti, mi faceva ribrezzo solo a pensare le loro viscide mani su di me. Che schifo!
«Tutto bene coniglietta? Devi scusare i miei uomini, sono affidabili, ma... stupidi come due asini e poi... è da molto tempo che non vedono una bella ragazza come te.» Mi sorrise con aria da sbruffone. Era bello, ma pericoloso. Aveva dei capelli grigi come il fumo e due occhi con due colori differenti: uno azzurro come il ghiaccio, mentre l'altro verde come le foreste immense e misteriose dell'Amazzonia.
Non sapevo cosa dire, non capivo se fosse un nemico o un amico, certo mi aveva salvata, ma era lui il "capo" di quei uomini.
«Gra... Grazie» balbettai spaventata.
«Non avere paura, piccola, io sono un tuo amico.» Mi accarezzò una guancia con l'indice destro. Come era freddo e morbido il suo tocco, mi fece sentire uno strano brivido lungo tutta la spina dorsale, mentre i suoi occhi strani, quasi assurdi, mi tranquillizzarono, ma allo stesso tempo mi misero paura, era una situazione un po' complicata da spiegare.
«Ah sì? Beh io non ti conosco e non so cosa tu voglia da me, ma non otterrai niente, quindi addio.» Sbottai presa di coraggio cercando di andare via da lui e da quel posto strano che trasmetteva solo inquietudine, ma sfortunatamente mi bloccò, stringendomi forte il polso.
Poi una chiamata ci interruppe.
«Ehi amico, come stai? Cosa? Sei qui? E non mi vieni a trovare? Ah stai cercando una biondina? Penso di sapere dove si trova, sì è qui con me, stiamo chiacchierando.» Mi guardava divertito mentre teneva il cellulare con il collo e con la mano destra mi stringeva il polso sempre con più forza.
«Sei di Milano coniglietta?» Mi chiese fissandomi serio.
«Sì perché?» Chiesi confusa, ma lui non mi rispose.
«Sì è lei, cosa? Stai arrivando? Va bene.» Dopo chiuse la chiamata. Cercai di pestargli un piede e di andarmene, ma lui come se non gli avessi fatto niente, non lasciò la presa.
«Dove vai? Se scappi un'altra volta quello mi ammazza, ne sono sicuro.» Mi sorrise dolcemente, non era arrabbiato, il suo sorriso mi fece sentire al mio agio.
«Cosa? Ma si può sapere chi sei?» Gli domandai acida.
«Sono il boss di questo quartiere... Non si era capito?» Mi disse gonfiandosi il petto.
«Emh... Dal tuo comportamento no guarda, non si era per niente capito, sai? Ma cosa vuoi farmi? Vuoi sciogliermi nell'acido?» Gli dissi ironica.
«Cosa? No, tranquilla non sono come quei tipi che disegnano nella televisione, grosso, brutto e cattivo... Mi faccio lo stesso rispettare, ma non faccio cose orribili che tu immagini. Mio padre lo faceva, però adesso ci sono io e sono un'altra generazione.» Mi spiegò continuando a ridere.
«E chi è allora quello che ti ammazzerà se io me ne vado?» Mi venne da ridere anche a me la situazione era diventata comica e tutta la tensione che sentivo fino ad alcuni attimi prima era scomparsa.
«Il mio socio che adesso è da tanto che non vive più qui, perché si è trasferito a Milano purtroppo, lasciandomi da solo.»
Mi rispose con una nota di amarezza nella voce.
"Che tenero gli manca il suo socio." Pensai guardandolo teneramente.
"Aspetta... Cosa? È un criminale non devo assolutamente crederci! Perché mi attraggono solo persone pericolose? Non possono piacermi quelli normali?" Mi schiaffeggiai mentalmente, ero così patetica.
«E chi sarebbe questo tuo socio?» Gli domandai sospettosa.
«Emh... Sta arrivando cinque minuti e vi presento, anche se credo che vi conoscete già.» Rise a crepapelle.
Quella sua affermazione mi fece venire tanti piccoli brividi, forse avevo capito chi fosse, e non avevo tanta voglia di vederlo. Non dopo quello che avevo sentito.
Passammo alcuni minuti a parlare di noi e a conoscerci meglio.
Scoprii molte cose su di lui: si chiamava Giorgio, era un ragazzo molto intelligente, ricco, ma anche molto pericoloso, lui era il boss di un gruppo di criminali che comandava gran parte dei quartieri del paese. Però non sembrava cattivo, come poteva esserlo? Amava l'arte, i libri, la letteratura e anche le lingue, mi disse che conosceva cinque lingue differenti, era davvero un ragazzo eccezionale.
Dopo una macchina azzurra, che conoscevo molto bene, suonò il clacson facendoci girare.
«Eccoti finalmente, ti ho trovata! Si può sapere perché te ne sei andata?» Mi disse Alex avvicinandosi a me.
«Non ti avvicinare "Signorino dei miei Stivali"! Tu sei l'ultimo ragazzo di questa Terra che vorrei vedere in questo momento... Vattene!» Esclamai mettendomi dietro il ragazzo biondo.
Giorgio ci guardava divertito.
«Dai Angelica non fare la bambina!» Sbuffò lui irritato.
«No! Vattene!» Urlai cercando di sparire via, lontano da lui e da quel suo mondo così strano e che non mi apparteneva.
«Angelica aspetta, ti prego, non potrei tollerare di perderti un'altra volta...il mio cuore non reggerebbe.»Mi prese per un polso guardandomi intensamente negli occhi.
«Ma smettila, non dire sciocchezze... da quando io sono importante per te? Tu non hai fatto altro che ferirmi e umiliarmi, quindi ti prego lasciami in pace e per sempre questa volta.» Sbottai acida.
«Ti prego Angelica perdonami.» Mi supplicò con voce tremante.
«Perché dovrei perdonarti? Per essere di nuovo umiliata da te? No, grazie. Sono stufa, rifiuto l'offerta e vado avanti.» Sbuffai esausta. Non volevo più cascarci.
Ogni volta era sempre la solita storia, io consegnavo il mio cuore ad Alex e lui poi me lo schiacciava facendomelo sanguinare, ma adesso basta, non avevo più sangue a disposizione per lui.
«Angelica per favore almeno dammi la possibilità di spiegarti.» Mi strinse a sé molto forte, come se avesse paura di perdermi.
«Che cosa Alex? Che tu, come tuo fratello, pensate solo a voi stessi e a nient'altro? Che vi divertite a fare del male alle persone solo per il vostro divertimento? Perché? Perché ti piace così tanto rendermi la vita un inferno?» Gli chiesi per la centesima volta, ormai ero stufa di ripetere sempre la stessa domanda, ma io avrei continuato anche fino all'eternità, fino a quando non avrei avuto una risposta da lui.
Giorgio era lì che ci guardava impassibile, era come se fosse abituato a quelle situazioni strane e senza senso che io e Alex creavamo solo per noi.
«Giorgio scusami, mi avrai presa sicuramente per pazza, ma ti assicuro che normalmente non sono così, o almeno è quello che penso.» Iniziai a piangere e mentre entrambi erano zitti fissando il pavimento senza riuscire a dire una singola parola, scappai via.
Mi sentivo uno schifo.
«Angelica, aspetta per favore!» Alex corse insieme a me.
«No vattene! Non sei tanto diverso da Vincent!» Gli dissi cercando di essere fredda e decisa.
«Ti sbagli.» Esclamò con la voce tremante.
«Ah sì? E allora quello che ti ho sentito dire a quella donna cosa era?» Gli risposi liberandomi da un grande peso, cosa che però doveva rimanere per sempre dentro di me e sprofondare, ma non ci riuscii, era più forte di me.
«Aspetta... Cosa? » Mi domandò confuso.
«Lo sai benissimo cosa! Ho sentito tutto quello che hai detto, io non sarò mai niente di importante per te e inoltre volevi sbarazzarti di me il prima possibile!Che cosa credi? Che io sia solo spazzatura? Che puoi gettarmi via quando ti pare? » Gli urlai piangendo a dirotto e puntandogli il dito contro. Lo odiavo con tutto il mio cuore, era solo uno stupido montato, che pensava di avere tutte le donne ai suoi piedi, ma non aveva fatto i conti con me: Angelica
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