45° capitolo: Addio per sempre?

Nessuno nota la tua tristezza,
Nessuno nota le tue lacrime,
Nessuno nota il tuo dolore.
Però tutti notano i tuoi errori!

Daniel

« Dani! Svegliati! Papà ha preparato la colazione!»
A un tratto una piccola voce stridula, mi svegliò. Era mia sorella Lucia, una dolce e pestifera bimba di undici anni. Le volevo bene, ma a volte era davvero una rompi scatole.

«Sì, sì.» Mugugnai qualcosa di incomprensibile. Mia sorella non rispose, così credetti che finalmente mi avesse lasciato in pace, ma purtroppo non fu così.

«Ah! Daniel.» Urlò la piccola peste, facendomi cadere dal letto spaventato.

«Che c'è? Cosa è successo?»
Le chiesi guardandomi intorno. Lei a stento trattenne una risata e io già non la sopportavo più.

«Dani è bellissimo! Lo regalerai a Isa?»
Mi chiese prendendo dal cassetto del mio comodino una piccola scatola blu che conteneva un grazioso anello d'argento.

«Lucia! Quante volte ti ho detto di non frugare tra le mie cose?»
La sgridai irritato, odiavo quando mia sorella toccava le mie cose, non lo sopportavo.

«Ok, ok scusa, volevo solo sapere se quell'anello fosse destinato ad Annalisa o qualcun'altra».
Mi guardò maliziosamente con i suoi grandi occhi verdi. Certe volte neanch'io riuscivo a credere che mia sorella fosse solo una bambina di undici anni, era troppo intelligente per i miei gusti e mi chiedevo da chi avesse preso. Era molto diversa da me: aveva dei lunghi capelli castano chiaro, un piccolo nasino a patata ed era molto magra, sembrava uno scheletro.

«Non sono affari che ti riguardano e ora fila via, prima che perda la pazienza».
Le ordinai adirato, sbattendole la porta in faccia. Non capivo perché mi ero comportato così con lei quella mattina, mi sentivo nervoso e non avevo per niente voglia di dare retta a una pestifera bambina di undici anni.

Mi ero svegliato tutt'altro che felice e la domanda di Lucia non mi aveva migliorato la mattina, anzi, l'aveva peggiorata. Non ero più sicuro se quell'anello volevo ancora regalarlo ad Anna, perché da quando aveva litigato con Angelica non era più la stessa, era già da una settimana che non ci vedevamo, ogni volta che la chiamavo trovava sempre una scusa per non uscire con me e per questo io soffrivo, non sapevo più cosa fare, forse dovevo lasciarla.

Con poca voglia andai in bagno, mi lavai la faccia e mi guardai allo specchio sorpreso, non riuscivo più a riconoscermi, quella persona che fissavo non ero io, ma un'altra.

Ero stanco e arrabbiato di quella situazione, non ero più felice, mi sentivo solo, i miei amici mi avevano abbandonato, era come se mi avessero tagliato fuori dalle loro vite.

Successivamente iniziai a vestirmi, aprii il mio armadio e indossai dei jeans, un maglione color grigio topo, delle scarpe da tennis e un cappellino nero con la scritta "NY".

Dopodiché scesi giù, salutai mio padre e mi sedetti a tavola per fare colazione.

Mio padre era un bravissimo cuoco, adoravo i suoi manicaretti. Del resto era uno chef con quattro stelle ed era anche molto conosciuto a Milano, il suo ristorante era frequentato anche dai vip.

«Buongiorno, figliolo, hai dormito bene?» Mi sorrise porgendomi una tazza di caffè e latte.

«Bene, anche se il risveglio non è stato uno dei migliori a causa di una piccola rompi scatole» risposi guardando male mia sorella, mentre rideva sotto i baffi.

«Ok, io vado, ci vediamo dopo, ciao famiglia!»
Diedi un bacio a mio padre e a mia sorella e andai verso la porta.

«Ciao, figliolo, salutami Isa!» Mi disse sorridendomi.

Io non risposi, chiusi velocemente la porta e andai a scuola.

«Buongiorno, ragazzi, questa l'ultima settimana di scuola e poi ci saranno le vacanze di Natale, vi raccomando studiate in questi giorni perché quando ritorneremo inizieranno le interrogazioni».
Ci raccomandò la professoressa di italiano, ma io l' ascoltai poco e niente perché quello che mi interessava di più in quel momento erano i miei amici che non c'erano. Erano già passate due settimane e Natale era alle porte. Non sapevo dove fossero e la loro assenza mi provocò un grande vuoto nel petto, guardando quei banchi vuoti mi tornarono alla mente le risate di Angelica e della mia ragazza che ogni giorno spettegolavano su qualcosa e stranamente mi mancavano anche gli sbuffi seccati di Alex. Mi sentivo inutile, il mio meraviglioso gruppo di amici si era distrutto e io non potevo fare nulla per rimediare.

Non appena finii la scuola ritornai a casa.

«Papà sono tornato!» Urlai dal corridoio per farmi sentire.

«Dani! Ciao, che bello sei tornato!» Mi disse Lucia dandomi un bacio sulla guancia destra.

«Ciao, piccolo pericolo ambulante!» L'accarezzai scompigliandole i capelli.

«Daniel! Sei tornato, vieni che devo parlarti.» Mi guardò cupo, era strano quel giorno. Che cosa era successo?

«Dimmi, papà, cosa è successo?» Gli domandai iniziando a preoccuparmi. Non ci voleva, già quella mattina era iniziata male, non volevo altri problemi.

«Tranquillo, niente di male, almeno penso.» Abbassò lo sguardo a terra. Perché non riusciva a guardarmi in faccia? Ero decisamente spaventato.

«Che vuoi dire?» Gli chiesi perdendo la poca calma che avevo.

«Mamma è tornata!» Rispose Lucia all'improvviso interrompendo nostro padre.

«Cosa?» Sbottai irritato.

«Calmati Daniel, oggi mi è arrivata una sua telefonata, vuole vedere sia te che tua sorella.» Sospirò, era come se finalmente si fosse liberato da un grande peso dal petto.

«Tu cosa le hai risposto? Di no, vero?» Esclamai infastidito.

« No, Daniel, devi capire che lei è vostra madre e ha tutto il diritto di vedervi, io non posso impedirglielo.» Mi appoggiò entrambe le mani sulle spalle.

«Lasciami! Sai benissimo che dopo quello che ha fatto, lei per me è morta, io non voglio vederla, hai capito?!» Gli specificai togliendomi di dosso le sue mani e me ne andai sbattendo forte la porta di casa, presi il motore, e sfrecciai via.

Non potevo crederci, dopo otto anni che non si faceva vedere, adesso pretendeva di incontrarmi? Ah! Che cosa ridicola.

Da quando ci lasciò per seguire il suo amante, lei per me non esisteva più.

Ero solo un bambino di nove anni e quel giorno rimase impresso nella mia mente per sempre. "Come ha potuto abbandonarci?" Pensai furioso, la odiavo con tutto il mio cuore.

OTTO ANNI PRIMA

«Mamma dove vai?» Chiesi a mia madre stropicciandomi gli occhi.

Era quasi l'alba e non capivo perché stesse facendo rumore nella sua stanza, ma quando la vidi capii: stava facendo le valigie.

«Dani! Cosa ci fai alzato a quest'ora, è ancora molto presto, vai a letto.» Mi sorrise dolcemente accarezzandomi i capelli.

«Non posso ho fatto un brutto sogno, tu dove vai?» Iniziai a singhiozzare.

«Vado in un posto con un signore e poi vengo, promesso» mi abbracciò stretto e mi scompigliò i capelli.

«Quale signore? Voglio venire anch'io con te». La strinsi più forte.

«Tu non puoi venire Dani, Lucy ha bisogno di te, se vieni con me, chi baderà a lei fino a quando io e papà non torniamo?» Mi disse guardandomi intensamente negli occhi.

A quei tempi Lucia aveva solo due anni, e mia madre quando nacque mia sorella ebbe una crisi e cadde in depressione. Dopo un anno lei si riprese, ma non come volevamo, infatti si innamorò di un altro uomo e scappò con lui, lasciando mio padre con due figli piccoli.

In quel momento ero sulla mia moto, mi sentivo libero, adoravo sentire il vento sulla pelle, era una sensazione fantastica.

Sfrecciavo senza limiti sull'asfalto caldo delle strade che ricoprivano Milano, la mia città, avevo tanti bei ricordi lì.

A un tratto passai in un vecchio parco vicino la scuola, era un posto magico per me e per i miei amici. Ricordai che il mio primo "ti amo" lo dissi lì ad Annalisa, l'unica ragazza che aveva rubato il mio cuore, l'unica che amavo veramente, ma adesso me lo stava solo calpestando.

Così deciso le mandai un messaggio: «Ho bisogno di parlarti, ti prego vieni nel nostro posto segreto».

Aspettai alcuni minuti, però niente, da lei non arrivò nessuna risposta, ma non potevo stare fermo con le mani in mano, dovevo andare da lei a chiarire.

Arrivai davanti alla sua reggia, una grandissima villa con piscina che io odiavo tantissimo.
Non avevo scelto Annalisa per la sua ricchezza, ma per la sua bellezza e se non fosse stato per il mio amore incondizionato nei suoi confronti non mi sarei mai messo con lei, non sopportavo i ricchi!

Suonai il campanello e ad aprirmi non fu Isa, ma la sua domestica.

«Signorino Daniel, che sorpresa vedervi». Mi salutò un po' perplessa.

«Ciao Maria, posso entrare? Voglio vedere la mia ragazza!» Le dissi poco cordiale.

«Mi dispiace signorino, ma la signorina non torna a casa da due giorni».Quando sentii quelle parole il mio cuore perse un battito. Annalisa era in pericolo?

«Cosa? E dove è andata?» Sbottai irritato.

«Non saprei, non ha detto nulla a nessuno» rispose anche lei preoccupata.

«Va bene Maria, grazie lo stesso» me ne andai di corsa da lì. Forse sapevo dove si trovava.

Dopo alcuni minuti raggiunsi un vecchio edificio, era una vecchia locanda dei bassi fondi di Milano, si trovava nel quartiere più pericoloso della città.

Aprii la porta e un odore nauseante arrivò dritto alle mie narici, il posto era sporco, vecchio e pieno di persone losche. Non capivo perché quando Isa si sentiva sola amava venire in quei postacci. Mi girai in torno per qualche secondo e poi la vidi, era lì che stava bevendo quello che sembrava essere il settimo bicchiere di birra e inoltre rideva e parlava insieme a dei ragazzi, era decisamente ubriaca.

Annalisa

«Cosa stai facendo?! Ma ti vuoi davvero così male?!»Mi urlò Daniel contro. Io non sapevo cosa rispondere, mi vergognavo troppo di come ero diventata.

Ci guardammo per alcuni secondi negli occhi, i suoi erano pieni di dolore e rabbia, i miei erano senza emozione.

«Non è come credi!» Sbottai nervosa.

« E allora com'è? No, dai, avanti dimmelo perché ciò che vedo mi sembra evidente, sei sparita da due giorni e dico da due giorni da casa! Mi hai fatto preoccupare, credevo che ti fosse successo qualcosa e invece ti trovo qui a fare l'ubriacona e provo solo a immaginare cos'altro tu possa aver fatto con questi tizi! Sinceramente mi stai facendo schifo!»
Continuò a dirmi alzando sempre di più il suo tono di voce fino a raggiungere una nota acuta e mi guardò con un'aria di disprezzo stampata in volto.

«Adesso che fai? Non rispondi?» Disse iniziando ad avvicinarsi sempre di più a me, stava iniziando a spaventarmi seriamente.

«Adesso vieni con me, ti porto a casa!» Mi prese il polso e me lo strinse forte.

«No! » esclamai. Non volevo assolutamente tornare a casa.

«Cos'hai detto?» Mi domandò trasformando il suo disprezzo in rabbia.

«Hai sentito benissimo, io non vengo da nessuna parte con te! Ho una moto e poi tu sei come tutti gli altri, non ti importa niente di me!» Gli risposi tenendo il tono il più calmo possibile.

« Io sarei come gli altri? Scusa, ma da quale pulpito?! Tu sei solo una stupida ragazzina ricca e viziata, ti importa solo di te stessa! Ma sai che ti dico? Visto che sono come gli altri, allora trovati un altro che ascolti i tuoi problemi perché io ne ho abbastanza di tutto questo!»

«Cosa?» biascicai con un filo di voce .

«Hai capito benissimo, è finita!» Detto questo mi guardò un'ultima volta dall'alto verso il basso e poi si voltò per andarsene. In quel momento volevo solo scoppiare a piangere, infatti non mi feci scrupoli e dalla mia bocca uscirono solamente singhiozzi. Poi lui si girò un'ultima volta e mi disse: «Sappi che sarò il tuo più grande rimpianto.» Posò una strana scatolina blu sul tavolo e se ne andò per sempre via dalla mia vita. Non ce la facevo più, venni accecata da un attacco d'ira e prima che mettesse veramente piede fuori da quel Bar, gli tirai il mio bicchiere di birra ormai vuoto. Dopo presi quella scatola e l'aprii, guardai dentro e vidi un anello, era bellissimo.

«Fantastico!» Gridai disperata. Quell'anello era il simbolo del nostro amore, dimostrava tutto quello che Daniel provava nei miei confronti e io ero stata troppo stupida per capirlo in tempo.

Ormai la mia esistenza aveva perso ogni significato. Lui era la mia unica ragione di vita e per colpa della mia codardia e del mio scappare dai problemi l'avevo perso, proprio come avevo perso tutti gli altri.

« Basta! Non ce la faccio più!» sbottai esausta. Non volevo più stare in quel postaccio, perciò presi la mia borsetta, uscii da lì e salii sulla mia moto.

Iniziai a pensare a tutti i miei errori, al dolore che provavo, alle disgrazie che mi erano accadute, che probabilmente mi ero meritata e per ogni mio pensiero acceleravo sempre di più, finché non vidi una macchina che mi venne addosso e...

"Addio per sempre Daniel!"

Nota autrice:
Amatemi! Ho aggiornato subito! Spero che questo capitolo vi piaccia e niente a presto con un nuovo capitolo.

Ps: aggiorno soltanto se arriviamo a 15 stelline! :)

Ditemi cosa ne pensate di questo capitolo, magari potrei aggiornare anche domani, se vi piace!

Ps: anche questa volta sto partecipando a un concorso, invito tutti coloro che amano scrivere di parteciparvi.

Questo è il concorso taggo:

Beautiful-world Annabeth024

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