3°capitolo:A casa di Annalisa (riscritto)

Era pomeriggio presto, a casa non c'era nessuno e io mi trovavo nella mia stanza a finire i compiti. Mi rimaneva soltanto da scrivere un testo argomentativo assegnatomi dalla prof di italiano che come tema trattava l'amore. Non riuscivo a trovare le parole giuste, era come se avessi il cosiddetto "blocco dello scrittore". Non conoscevo molto quel sentimento, per me quell'argomento era sconosciuto, nei miei sedici anni di vita non ero mai stata fidanzata.

Mi appoggiai allo schienale della mia sedia a riflettere un po'. Alzai gli occhi sulla parete verniciata di rosa che avevo di fronte e mi soffermai a guardare le foto appese che ritraevono me, Alex e i miei due amici. In particolare fissai l'ultima fotografia in basso a destra. L'avevamo scattata per il mio quindicesimo compleanno, dove Dani teneva stretta Isa per i fianchi, mentre lei era messa di lato accanto a me ed entrambe sorridevamo.

Era una coppia davvero molto felice e sinceramente li invidiavo molto, litigavano raramente, ma comunque non restavano mai troppo a lungo separati perché entrambi cercavano sempre un compromesso affinché combaciassero le loro idee.

Ricordai che quel giorno mi sentivo tremendamente in imbarazzo, odiavo essere al centro dell'attenzione e volevo che mia madre si sbrigasse a premere quel maledetto pulsante per timore che la torta gelato si sciogliesse e di conseguenza fare un' orribile figuraccia. Notai anche che Alex, come al suo solito, aveva il broncio e mi stava a un metro di distanza, infatti il suo corpo venne tagliato, si vedeva solo la sua brutta faccia.

Sorrisi nel vedere raggruppati tutti i nostri momenti più belli trascorsi insieme. Non mi faceva sentire sola e osservando l'amore che trasmettevano i miei amici, mi venne l'ispirazione per concludere il mio compito.

Quando finii posai i quaderni nella libreria posizionata vicina al balcone, pulii con un panno la mia scrivania color panna e mi sdraiai sul mio soffice letto di una piazza e mezza.

Mi girai verso il lato del muro e iniziai ad accarezzare le farfalle bianche che erano affrescate; e sorrisi ripensando il giorno in cui vennero dipinte. Avevamo da poco comprato la casa, in quel periodo avevo appena compiuto sei anni e mio padre, come regalo di compleanno, mi fece trovare la stanza con tutti i miei giocattoli e mobili nuovi e poi sulla parete accanto al letto questi meravigliosi insetti che volavano liberi. Ero immensamente felice e stupita da quella fantastica sorpresa.

Annoiata presi le mie cuffie e iniziai ad ascoltare la musica.

A un tratto mi arrivò una telefonata da Isa:«Angy sei libera?»

«Ho appena finito i compiti, perché?»

«Devo andare a scuola di danza, mi fai compagnia?» mi chiese in modo supplichevole.

«A che ora è?»

«Alle quattro e mezza».

«Sì va bene, mi preparo e arrivo da te.» accettai con un sorriso, anche se lei non poteva guardarmi e dopo riattaccai la chiamata.

Andai in bagno e mi feci una doccia rilassante per poi dirigermi nella stanza di mia madre, aprii il suo enorme armadio color nocciola e scelsi dei jeans blu e una maglietta nera. Io e lei avevamo quasi lo stesso fisico per questo prendevo in prestito molto spesso i suoi vestiti, lei non si arrabbiava mai per mia fortuna. Indossai quello che avevo scelto, presi i miei trucchi e iniziai la mia trasformazione da pesce lesso in delfino.

Non appena fui pronta, presi il mio giubbotto e raggiunsi la mia amica che non abitava molto lontano da me.

Appena arrivata, Isa mi salutò abbracciandomi e insieme ci dirigemmo a danza.

«Su ragazze, più in alto quella gamba!» ordinò l'insegnante facendomi rabbrividire, quella donna era proprio odiosa. Ma osservare Annalisa ballare, per me, ogni volta era una cosa magica. Vestita con quel tutù rosa, i capelli legati in uno chignon disordinato e quegli occhi azzurri che si illuminavano a ogni posizione, mi rendevano orgogliosa della mia migliore amica. Una lacrima mi solcò la guancia e velocemente l'asciugai cercando di non farmi notare, ma a Isa non sfuggì, mi guardò perplessa e anche un po' preoccupata. Così scossi la testa per farle capire che non era niente.

A fine lezione entrambe con un grande sorriso e legate a braccetto, uscimmo dalla struttura dritte a casa sua, dove ci aspettava impaziente Daniel, che quella sera sarebbe stato il nostro cuoco personale.

«Sono stata brava allora?» mi chiese sorridendo e stringendomi forte la mano.

«Certo, sei stata fantastica, infatti mi è scesa anche una lacrima» le specificai subito cancellando in lei ogni dubbio.

«Ah ecco perché piangevi, e io che pensavo che stessi soffrendo per colpa di un ragazzo con cui hai sempre un certo feeling. » mi diede una gomitata divertita e io la guardai scioccata.

«Cosa? Io e Alex abbiamo un certo feeling? Questa sì che è bella.» risi a crepapelle alla battuta stupida della mia amica.

« Ma io non ho nominato Alex» mi spense con voce maliziosa.

«Vedi che non è una battuta, sappi che dall'odio nascono le storie d'amore più belle e più forti. » continuò avvisandomi veramente troppo seria.

«Non è il caso nostro, siamo troppo e dico troppo, diversi.» chiarii sicura di me al cento per cento.

«Sì, certo, certo. Sono convinta che prima che finisca il liceo, io vi vedrò insieme» dichiarò sognante. Mi sembrava una cosa così assurda che, in un certo senso, poteva perfino accadere.

«Comunque... il saggio sarà a giugno, verrai vero?» mi domandò cambiando discorso.

«Ma certo! Sarò lì a fare il tifo per te, mi troverai perfino nei primi posti!»

«Addirittura il tifo? Non è una partita di calcio, lo sai vero?» rise di me e per la mia sciocchezza.

«Lo so, ma sono la tua migliore amica e farò sempre il tifo, per ogni cosa che farai, perché sono orgogliosa di te» le confessai cercando di non piangere. Mi sarei sentita troppo in imbarazzo se fossi scoppiata in un patetico piagnisteo senza motivo.

«Oh! Ma così mi commuovi!» esclamò sventolando una mano vicino agli occhi per non cedere anche lei.

«Siamo davvero due pazze!» ridemmo insieme e ci abbracciammo forte. Ero davvero fortunata ad averla.

«Ciao Dani!» salutammo il biondino che, ormai da troppo tempo, ci aspettava fuori davanti alla porta.

«Finalmente, ma quanto ci avete messo?»

«Eravamo a piedi amore» spiegò la mia amica al suo ragazzo.

«Perché non hai chiamato il tuo autista?» pronunciando quell'ultima parola sulla bocca di Daniel si formò una piccola smorfia di disgusto. Lui odiava i ricchi, ma comunque si era innamorato di Annalisa, che strana contraddizione vero? Però l'amore ti colpisce sempre senza preavviso, quindi non li potevo mica biasimare per quella strana accoppiata.

La mia amica non rispose, si limitò solo a baciarlo sulle labbra e ad aprire l'enorme cancello della villa dei signori Ferrari.

«Isa dove si trova il telecomando?» chiesi non appena mi accorsi che i due fidanzatini si stavano dileguando in cucina.

Venne da me, si guardò intorno e dopo cinque minuti mi porse il telecomando.

«Grazie mia splendida padrona di casa.» le feci un finto inchino e lei con una smorfia tornò in cucina ad aiutare Daniel a preparare la cena.

"Ah! Mi si scioglie il cuore." pensai mentre ero seduta sul divano a guardare la televisione. Le pareti erano di un blu scuro, aveva una bella cucina all'americana e accanto a essa c'era il salotto dove si trovava il televisore da cinquanta pollici. L'enorme scala di legno portava al piano superiore, dove c'erano le camere da letto e la sua stanza personalizzata per ballare, in poche parole, aveva una piccola scuola di danza a casa.

Dietro di me, invece, c'era lo studio di suo padre e accanto, uno dei tanti bagni che aveva quell'abitazione gigantesca.

A un tratto il mio amico uscì dalla cucina indispettito, si posizionò davanti a me e con le mani sui fianchi urlò: «Cosa diavolo stai facendo? Vieni a darci una mano, serve qualcuno che tagli le cipolle e le patate».

Saltai dallo spavento, ero assorta nei miei pensieri mentre facevo zapping con il telecomando e non mi aspettavo un Daniel furioso a ordinarmi di tagliare degli stupidi ortaggi.

Sospirai sconfitta: per colpa sua i miei piani di essere solo una brava invitata saltarono. Conoscevo bene il biondino davanti a me, se non aiutavo non mangiavo e preferivo cento volte tagliare quelle patate che morire di fame.

Dopo un' oretta finimmo di preparare: il pollo cucinato con tanta fatica, era quasi pronto e io guardavo sofferente  il mio sfortunato dito che aveva ottenuto un cerotto e un taglio molto doloroso a causa del coltello che non centrò bene il pezzo di cipolla.

Isa dopo qualche minuto sfornò il pollo e Daniel iniziò a tagliarlo e io già con l'acquolina in bocca presi i piatti e li porsi ai miei amici.

Subito corsi dalla felicità a sedermi a tavola. Adoravo la cucina di Daniel, era un ottimo cuoco, d'altronde come suo padre, non poteva essere da meno.

«Wow!» Esclamai stupita, quelle patate erano così invitanti che mi vennero perfino le lacrime. Ci sedemmo tutti e iniziammo a cenare. Però, mentre mangiavamo, mi salì un brivido lungo tutta la schiena: mancava Alex! Quel posto di fronte a me che di solito era riservato a lui, quella sera era vuoto e stranamente mi sorpresi.

«Isa, ma dov'è Alex? Come mai non è ancora arrivato?» Domandai incredula.

La mia amica si girò verso Daniel e lui ci rispose: «Non so dove sia quello stupido, ho cercato di chiamarlo al telefono, ma non mi risponde! Non so cosa dirvi, mi dispiace».

« Strano, di solito ci avvisa se cambia idea... E se gli fosse successo qualcosa?» suppose la mia amica sorpresa quanto me dell'assenza del corvino.

«Non vi preoccupate, si sarà addormentato, semmai si dovesse ricordare di noi, ci raggiunge dopo» Ci tranquillizzò il biondino.

Dopo quel discorso, non pensammo più ad Alex per tutta la serata.

Finito di mangiare, non avevamo proprio voglia di uscire, così decidemmo di guardare un film horror.

Io odiavo quei tipi di film, ma, per mia sfortuna, ero in minoranza: Daniel e Annalisa amavano gli horror e quindi non potevo parlare. Benché fossi stata quasi costretta a guardarlo da sola perché quei due erano seduti sul letto a baciarsi, fregandosene di me e del film.

L'unica che mi teneva compagnia era la mia amatissima bottiglia di sambuca che bevevo ogni qualvolta che quei due si baciavano.

"Ah! Chissà se anche io prima o poi avrò qualcuno che mi farà perdere la testa come sta succedendo alla mia amica." pensai un po' invidiosa della loro felicità.

A metà film, rotta di guardarli pomiciare, mi alzai, accesi la luce e spensi il televisore.

«Vi sembra il momento e il luogo per darvi da fare voi due? Io mi annoio, che ne dite di giocare un po'?» proposi guardandoli con le braccia conserte.

«Oh Angy, quando anche tu avrai un fidanzato capirai che ogni momento è giusto per sbaciucchiarti con il tuo lui» rise la mia amica fissandomi per alcuni minuti per poi tornare a baciare Daniel.

«Amore, penso che Angelica abbia ragione. Dai Angy che gioco ci proponi?» Chiese il mio amico interrompendo il bacio della sua ragazza, sedendosi a terra sul tappeto. Feci lo stesso mettendomi accanto a lui.

«Non lo so, che giochi hai Isa?» La mia amica sbuffando scese dal letto e prese un vecchio scatolone del Monopoly.

«Era il mio gioco preferito quando ero piccola, non fate domande.»

«Va bene, tanto è anche il mio preferito»
Le dissi sorridendo con molto entusiasmo, proprio come farebbe una bambina.

Giocammo diverse partite e io bevevo la mia amata bottiglia ogni volta che perdevo. Dopo un po' Daniel se ne andò via e Annalisa, vedendomi mezza ubriaca, mi invitò a dormire da lei e io accettai.

Come era bella la camera di Isa! Aveva uno splendido balcone da dove si vedeva uno spettacolare paesaggio. La sua stanza era piena di mobili molto costosi e aveva perfino il bagno in camera, per fortuna, perché non appena Daniel uscì dalla porta andai a vomitare perfino le interiora.

"Quella maledetta Sambuca, è stata una pessima idea berla." pensai dopo aver vomitato anche l'anima in bagno.

«Angy, tutto bene?»Mi domandò preoccupata la mia amica.

«Sì, sì, una meraviglia!» Sbottai io sarcastica e con le lacrime agli occhi.

«Ok, lavati la bocca e vieni a dormire.» mi rispose un po' infastidita e dopo che si accertò che stavo dicendo la verità, se ne andò a dormire. Mi ripetevo ogni volta che bevevo che sarebbe stata l'ultima volta, ma come sempre, invece, non mantenevo la promessa e mi riducevo peggio di uno straccio, avevo seri problemi nel contenermi.

Dopo che fui sicura di aver eliminato ogni traccia di alcool, mi lavai i denti con il mio vecchio spazzolino, che avevo lasciato da lei un paio di settimane prima, indossai un pigiama che mi prestò la mia amica e caddi in un sonno profondo.

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