19° capitolo : Angelica


Erano le sette, ero appena tornata a casa, dopo essere uscita con Annalisa.

Mi ero proprio divertita con la mia amica, quel giorno lei era molto diversa dal solito, più disponibile, più gentile insomma una vera amica. Salii le scale, mi spogliai e andai a fare una doccia, finii che erano le sette e mezza e mentre ero sul divano a guardare la televisione, suonarono alla porta, io credevo che fosse mia madre o la vicina e quindi aprii senza guardare dallo spioncino e feci il più grosso errore della mia vita.

«Alex! Che cosa ci fai qui?» Urlai spaventata. Era ubriaco, la puzza di alcool si sentiva da chilometri di distanza.

Lui mi sorrise in maniera inquietante. Terrorizzata cercai di chiuderlo fuori, ma lui mi spinse e mi gettò sul divano, mi prese i polsi e li tenne stretti con le sue mani con così tanta forza da immobbilizzarmi completamente.

Adesso eravamo vicini a pochi centimetri di distanza, lui sopra di me e io sotto, ero spaventata, iniziai a piangere come una bambina avevo paura.

Mi dimenai, cercai di scappare dalla sua presa, ma non appena i nostri sguardi si incrociarono lui smise di ridere, divenne serio, si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò:«Come sei bella Angelica, adoro tutto di te!»

Prese una ciocca dei miei capelli e li annusò, sembrava una scena di un film dell'orrore.
Dovevo fare qualche cosa o sarei finita male.

Piangevo, ero paralizzata e non riuscivo più a dire neanche una parola. A un tratto sentii Alex scoppiare in una grande risata, così la mia paura si trasformò in rabbia e disprezzo. Mi lasciò andare e io colsi l'occasione per tirargli un bel ceffone e lo colpii con tutta la mia forza, cercai di dargliene un altro, ma stavolta riuscì a bloccarmi tenendo stretto il mio polso: «Eh no! Adesso basta schiaffi, altrimenti mi fai andare a letto con il mal di testa!» Iniziò a ridere come un matto.

«Ti odio Alex, sei davvero un pervertito, mi fai schifo! Vattene da casa mia o mi metto a urlare!»
Sbuffai sonoramente indignata, ero adirata, volevo ucciderlo. Era stato un altro dei suoi scherzi di cattivo gusto, ma quella volta aveva superato il limite.

«Tranquilla piccola, non potrei mai violentarti, tutto, ma non questo».
Lui mi sorrise maliziosamente toccandosi la sua folta chioma che sembrava zucchero filato da quanto fosse morbida. Poi si avvicinò a me, mi prese fra le sue braccia e mi diede un bacio sulle labbra.
Era più caldo e più intenso rispetto a tutte le altre volte, forse era l'alcool, ma sta di fatto che mi regalò un bacio indimenticabile, uno di quelli che solo un ragazzo tra mille ti faceva provare un'emozione così forte da farti quasi svenire.
Ero furiosa, ma allo stesso tempo anche al settimo cielo.

Dopodiché io non capii più niente, mi prese per mano e mi portò nella mia stanza, mi gettò nel letto e iniziò a darmi piccoli baci sul collo, era incredibile quanto piacere stessi provando in quel momento.

"No, non posso crederci, mi piace quello stronzo?" Pensai con il cuore in gola. Ero immobile sul letto e lui era lì che mi fissava con i suoi occhi di ghiaccio.

Era bello, ma impossibile.

"Alex, ti odio! Vai via dalla mia vita!"
Era quello che avrei voluto dirgli, ma l'attrazione era più forte di ogni altra cosa, perfino dell'odio! Lo desideravo davvero tanto, ma non potevo cedere o avrei fatto sicuramente il suo stupido gioco. Lui mi odiava non poteva di certo amarmi...

Lui continuava a farmi sentire piccoli brividi lungo tutto il corpo, era incredibile quanto mi sentivo viva quando stavo con lui. Avvertivo una scarica di energia mai avuta prima di allora. Mi alzò il busto per farmi togliere la maglietta e il reggiseno e iniziò a succhiare un capezzolo, mentre con la mano libera mi accarezzava l'altro seno. Ero inebriata del suo tocco delicato, ma allo stesso tempo passionale. Poi mi tolse i pantaloni da tuta, mi scostò le mutandine e con un movimento circolare del dito mi stava dando un piacere immenso. All'improvviso entrò il dito dentro di me e anche se all'inizio mi diede fastidio e cercai di allontanarlo, dopo non riuscii a fermarlo.

Volevo qualcosa di più, non mi bastava solo il suo dito.

«Alex hai il preservativo?» gli sussurrai a un tratto, con un filo di voce. Avevo la gola secca e le guance arrossate.

Lui si fermò immediatamente come se fosse stato scottato.

«Cosa? No piccola, io non voglio fare sesso con te.» mi chiarì dandomi un doloroso colpo basso. Ci ero rimasta davvero male, Alex come sempre riusciva ad umiliarmi e io ero così ingenua da lasciarlo fare.

Avevo le lacrime agli occhi, ma non dovevo cedere davanti a lui, era quello che voleva; adorava farmi soffrire, vedermi debole.

Non riuscivo a dire una parola, ero immobile a fissarlo e l'odio per lui si stava espandendo sempre di più togliendo lo spazio all'amore che provavo per un ragazzo così meschino.

Alex sospirò e poi mi guardò confuso.

«Aspetta Angelica, non è come pensi... volevo dire che per te è la prima volta no? Voglio andarci piano, volevo solo farti capire che Vincent non è l'uomo giusto.» mi chiarii guardandomi fisso negli occhi. E io che fino a quel momento ero paralizzata, mi sentii ribollire il sangue: come sempre lui pensava a immischiarsi nella mia vita. Se volevo lasciare il mio ragazzo, era solo una scelta mia e in quel momento non avevo proprio voglia di farlo. Vincent era mille volte meglio di lui, ne ero sempre più convinta.

«Togliti Alex, come sempre ti dimostri lo stronzo senza cuore che sei. Hai rovinato questo momento e non ho cambiato idea su tuo fratello, io lo amo e non lascerò mai solo perché me lo dici tu!» Gli urlai adirata. Lo guardavo con disprezzo e velocemente mi rivestii. Provavo un grande rimorso non solo perché avevo tradito il mio ragazzo, ma anche perché mi ero lasciata toccare da Alex. La mia prima esperienza l'avevo passata con lui e mi vergognavo peggio di un verme.

«Angelica, per favore, non capire sempre e solo quello che vuoi tu!» mi disse cercando di non alzare la voce, ma non ci riuscì. Mi prese e mi scaraventò al muro. Mi prese i polsi e li tenne fermi, mi guardava serio e anche un po' arrabbiato. Era sempre così, io e lui non potevamo andare d'accordo, neanche per cinque minuti.

«Smettila Alex! Mi fai male!» lo supplicai spaventata.

«È l'unico modo per parlare seriamente con te.» mi spiegò dispiaciuto e subito mollò la presa. Tuttavia il suo corpo era ancora schiacciato contro il mio.

«Scusami, non volevo farti male.»

«Non cambiare discorso, cosa volevi dirmi.»

«Non è come hai capito tu Angelica, non ho fatto tutto questo per farti lasciare Vincent. Non capisci quanto io...» si fermò immediatamente guardando da un'altra parte rendendomi nervosa. «Cosa?» gli chiesi turbata.

«Niente, lascia stare...»

«No adesso devi dirmelo!» gli ordinai autoritaria. Quella situazione stava andando oltre ogni limite.

«Che mi attrai molto ok? Ogni volta che ti vedo ti vorrei fare mia, ma poi tu ti comporti come una che ha la puzza sotto il naso e mi dà fastidio tutto questo!» mi dichiarò lasciandomi senza parole. Cosa mi aspettavo? Che lui mi confessasse che mi amava? Che stupida.

«Beh... tu non mi piaci per niente...» mentii più a me stessa che a lui.

«Non è vero, si vede che stai mentendo e ti capisco, io ti tratto sempre male e hai ragione, dopotutto sono solo uno stronzo, giusto?» mi disse sarcastico. Ed era vero? Cioè, davvero lui era solo uno stronzo? Sì, lo avevo sempre considerato tale, ma adesso non ero più sicura di quello che pensavo.

"Accidenti a te Alex, mi rendi instabile ogni volta che ti vedo". Pensai maledicendomi.

Perché mi faceva questo? Io non lo capivo. Rimasi in silenzio, non sapevo cosa rispondergli.

«Ok basta, mi dispiace per il male che ti ho fatto, ho esagerato. Non so cosa mi sia preso oggi» concluse spostandosi da me e io non sentendo più quel contatto mi sentii mancare il respiro. Non sapevo cosa c'era tra me e il corvino, ma qualsiasi cosa c'era tra di noi non era per niente sano. Avevamo un rapporto malato, eravamo attratti l'una dall'altro, però ogni volta era destino che uno di noi doveva dire all'altro solo cattiverie e quella situazione non mi piaceva affatto. Ero stanca, dovevo cambiare il nostro rapporto o non sarebbe andata a finire bene. Se avessimo continuato così, ci saremmo distrutti a vicenda.

«Alex non capisci vero? Ogni volta va a finire sempre così e io sono stanca» finalmente presi parola e gli dissi quello che volevo dirgli da tanto tempo ormai.

«Lo so, guardaci cazzo! Siamo un disastro, quanto ancora deve andare avanti questa storia? Ogni volta che voglio chiudere con te, tu torni insistentemente nella mia vita, sono stufo ma non posso fare niente per cambiare.» mi rispose con la voce spezzata.

«Cambiare? Non possiamo cambiare, è impossibile!» sbuffai cercando di convincere più me che lui.

«Lo so perfettamente. Io odio cambiare, non essere più come sono, la mia vita mi va bene così com'è, ma dammi lo stesso una possibilità, una sola, e se sbaglierò di nuovo allora sparirò per sempre dalla tua vita, te lo prometto.» Ribattè disperato. Io non volevo cascarci, però mi sembrava davvero sincero.

«Ti prego!» mi supplicò ancora non sentendo nessuna risposta da parte mia.

«Va bene, proviamo a essere amici, ok?» gli proposi scettica.

«Amici?» mi domandò triste e sorpreso da quella mia proposta che non rientrava nei suoi schemi.

«Sì Alex, io sono fidanzata!» gli precisai ancora una volta.

«Va bene, però niente mi impedisce di provarci con te, giusto?»

«Non lo so, per ora devi stare calmo e darmi spazio.»

«Ok, ci sto» acconsentì, superando del tutto le mie aspettative.

«Va bene, che ne dici se ordiniamo una pizza e ci guardiamo un film?»

«Posso restare qui stasera?»

«Sì, dopotutto hai bevuto peggio di un cammello»

«Ok, grazie "Amica"» mi fece un sorrisetto divertito e scendemmo in cucina.

Era mattino presto, avevamo passato una bella serata: avevamo riso e scherzato per tutto il tempo senza dirci niente di cattivo e tutto questo mi rese davvero felice e fiera di avergli proposto la mia idea.

Eravamo entrambi nel mio letto, ovviamente creai con i cuscini una barriera che mi divideva dal corvino e anche se lui protestò per tutto il tempo, alla fine vinsi io.

A un tratto, il cellulare di Alex squillò. Pensai delusa che fosse una delle sue tante galline, ma dovevo stare calma, in fin dei conti eravamo solo amici.

Tuttavia mi sbagliai:«Pronto? Papà sei tu, che cosa vuoi?» biascicò ancora assonnato.

«Cosa?! Va bene sto arrivando!»
Chiuse il telefono e lo lanciò con tanta violenza da rompere lo schermo.

Lo guardavo, ero sia spaventata che dispiaciuta e poi balbettando gli chiesi: «A...Alex! Posso sapere cosa è successo sempre se...»

«Angelica scusami, mio padre è nei guai devo andare!»
mi interruppe prevedendo quello che gli volevo chiedere. Prese le sue cose, mi accarezzò una guancia e scese le scale velocemente. Io però lo bloccai:«Aspetta Alex! Voglio venire con te!»

Iniziai a sudare freddo, avevo paura che mi avrebbe potuto fare del male poiché Alex diventava molto scorbutico quando si parlava di suo padre, era come se si vergognasse di lui.

Il suo volto diventò cupo, il suo respiro si fece ancora più pesante, credevo che mi avrebbe urlato come faceva di solito e invece: «Angy, sei sicura di voler venire con me? Mio padre è un uomo terribile, non è un bravo genitore, ti avverto!»

Sospirò mettendomi le sue calde mani sulle spalle e mi guardò con i suoi grandi occhi nocciola.

«O...okay, non preoccuparti, mi sono abituata a te, quindi lui non sarà un problema» balbettai tesa.

«Va bene allora, su andiamo»,
mi sorrise sollevato. Sembrava che volesse davvero che io venissi con lui, era come se non aspettasse altro, solo la mia richiesta.

Salii sulla sua macchina com'era bella, era pulita e sistemata e nello specchietto aveva quegli aggeggi che fanno odore, infatti si sentiva un profumo di vaniglia la mia essenza preferita.

Dopo un po' arrivammo in ospedale. Alex in modo brusco chiese informazioni di suo padre a una infermiera e prendemmo l'ascensore.

Avevo il cuore in gola, stavo immaginando gli scenari più raccapriccianti che sarebbero potuti succedere varcando quella porta e soprattutto pensavo ad Alex che oltre ad aver perso sua madre, in quel momento, doveva perfino affrontare un padre conciato male e chissà come avrebbe reagito vedendo me, una stupida ragazzina che della vita non sapeva proprio nulla.

Non appena l'ascensore si fermò, Alex mi prese per mano e me la strinse forte. Aveva bisogno di me, lo avevo capito e anche se mi riempì il cuore di gioia, allo stesso tempo soffrivo come soffriva lui, sentivo tutto il suo dolore, finalmente io e lui eravamo una sola cosa.

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