Prologo

Scusate se il libro conta qualche piccolo errore di battitura ma sapete scrivo dal cellulare e viene difficile correggere tutti gli errori. Innanzitutto vi ricordo che dal 5 Settembre cominceranno gli aggiornamenti quotidiani come promesso (ci sono eccezioni eh!) Nel mentre volevo ricordare che la storia non è al cento per cento una Fanfiction, i personaggi rappresentati nel cast sono coloro a cui mi sono ispirato, perciò non scrivete nei messaggi "Ah, io odio le Fanfiction!" perché è un romanzo vero e proprio. Fatta questa piccola premessa voglio augurarvi buona lettura, spero che la storia vi piaccia!

P.s: Appena la storia sarà terminata e tutti i capitoli scritti rivisiterò la prima stesura e comincerò a lavorare con la casa editrice! Così da poter aver anche il cartaceo del libro. Tutto questo solo grazie a voi.

Quando cerco di spegnere la sveglia poggiata sul comodino accanto a me è ormai troppo tardi. Non mi sono mai preoccupata di usarla, tantomeno di spegnerla.

Ma stamattina è un giorno importante e mamma sa che fare tardi in queste occasioni non è mai d'aiuto.

Il fatto è che non sono mai troppo pignola come secondo i miei dovrei essere. Sono il tipo di genitori a cui interessano più i voti a scuola che il tuo stato emotivo.

E per mia sfortuna, non li ho scelti io.

Il suono della sveglia è assordante, non voglio usarla mai più. Preferisco che sia mia madre a svegliarmi ogni mattina.

Ma ripeto, stamattina è un giorno importante.

Trasferirmi è sempre stato il mio sogno nel cassetto, finché non ho compiuto dieci anni e i miei sogni si sono frantumati in un attimo.

Parlare di sogni adesso è parecchio complicato, probabilmente perché non so più distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Vorrei tanto non essere me.

Una volta che la sveglia ha cessato mia madre piomba subito in camera mia. Il suo volto sembra sereno, spensierato, senza preoccupazioni. Aspettiamo che si sveglino anche gli altri componenti della famiglia, non sono certa di ritrovare quell'espressione.

Decido di alzarmi dal letto e di cominciare a preparare le valigie. Avrei dovuto farlo ieri sera, quando sono venuti a trovarci parenti e vicini. Ma come ho già detto io sono io, anche se vorrei tanto non esserlo.

«Hai già preparato le valigie?» noto una certa somiglianza con me nella voce di mia madre stamattina, sarà che non ci ho mai fatto caso.

«Ehm...faccio adesso, mamma.» dico uscendo la grossa valigia che da anni era incastrata dentro l'armadio.

Non viaggiamo molto. Papà dice che non ce ne bisogno e che la nostra vita è perfetta così. Ma adesso, che il lavoro scarseggia, abbiamo bisogno di cambiare casa, e con essa anche città.

Comincio a riempire la mia valigia di tutte le cianfrusaglie che contiene il mio armadio. Scorgo piano piano tutte le cose che hanno fatto parte della mia infanzia.

«Sai che devi prendere solo il necessario, giusto?» dice mia madre.

«lo so, mamma.» rispondo

Non ho voglia di gettare le cose che per parecchio tempo hanno fatto parte della mia vita. Mi sentirei in colpa, e come se lasciassi una parte di me.

Decido di prendere le cose necessarie. Infilo tutto dentro la valigia e poi la chiudo velocemente, non voglio che mia madre veda.

«Vado a svegliare tuo padre e tua sorella, tu preparati okay?»

Mi sono completamente dimenticata di essere ancora in vestaglia da notte, l'idea di partire deve avermi preso un po' la mano.

Corro a vestirmi. Cerco di mettermi qualcosa di decente non voglio mostrarmi impreparata.

Penso a me, alla mia vita dopo la partenza, ai miei amici, alle cose che mi hanno fatto stare bene per sedici anni. E poi penso alla città che sto per lasciare New York City.

Mi mancheranno i grattacieli, le proteste per strada, le campagne elettorali, i barboni che si nascondono nei vicoli stretti. Sembra strano da affermare; ma sì, mi mancherà, e anche tanto.

Ma poi ripenso: come sarà Los Angeles? Mettere piede nella città di Hollywood, vedere le star girare con le loro lamborghini e vedere il mare; questa mi mancava.

In effetti non l'ho mai visto. Non so se le foto nei libri di scuola valgono lo stesso e se le figure su dei vecchi libri possano davvero farmi capire cosa vuol dire affossare i piedi nella sabbia bagnata. Non so cosa vuol dire vedere le onde sfiorare le mie caviglie.

Ho sempre vissuto in città. I grattacieli hanno sempre fatto parte della mia vita, insieme alle insegne pubblicitarie e agli spot divertenti. Ho paura, ho paura perché la giornata non promette niente di buono, ho un cattivo presentimento, e ciò non mi garba affatto.

Metto velocemente le mie scarpe. Penso al giorno in cui le ho comprate, alla competizione con altre paia e alla prima volta che le ho indossate, l'anno scorso. Non so se portarle a Los Angeles sia una buona idea, è difficile tenere lontani i ricordi quando li indossi.

Ma a me non importa, sono cocciuta, testarda, menefreghista. E me ne vanto, perché almeno sono me stessa la maggior parte delle volte, o forse.

Questo è quello che mi ripete sempre Jess, la mia migliore amica. Lo dice perché non mi vuole vedere giù di morale. Ma io adoro essere giù di morale, è così eccitante come cosa. Di solito quando rispondo così lei mi lancia una cattiva occhiata e chiede ha se stessa il perché ha un'amica così idiota, in effetti, non ha tutti i torti.

Dice che odio troppo me stessa, le miei abitudini, i miei difetti, la mia vita. E so che odiare tutte questa cose è sbagliato ma non mi preoccupo perché oggi la mia vita cambierà completamente, per sempre. Adoro la parola sempre perché ti da certezza, e la certezza è proprio quello di cui ho bisogno, seguita da un po' di fortuna.

La mia valigia è pronta, io sono pronta. Le gambe mi tremano. Scorgo piano piano ogni singolo posto della mia casa, non voglio dimenticarla, dimenticare è da stupidi. Affaccio la testa dalla porta della mia finestra e vedo mia sorella Jody correre in fretta e furia nella speranza di trovare qualche vestito, ha nove anni.

Tutti i membri della mia famiglia devono essersi svegliati, compresi papà e Max, il mio fratellone alto quasi due metri. Ha diciannove anni e ama lo sport, dice che Los Angeles lo aiuterà con la sua carriera di giocatore di Baseball.

Io sono la pecora nera della famiglia, o almeno è così che mi sento ogni volta che sono in presenza dei miei familiari, mi sento diversa, non compatibile.

In camera mia è già tutto tolto, i poster degli One direction, i miei adesivi di Hello Kitty (avevo dieci anni quando glieli ho appiccicati) e tutta la collezione delle mie bambole di pezza. È diversa, adesso. Faccio il letto per l'ultima volta, è difficile credere che questa casa rimarrà abbandonata per molto tempo, è difficile credere che io stia per partire.

Decido di mandare un messaggio a Jess. Digito "Dove sei? Tra un po' devo partire per l'aeroporto" aspetto che visualizzi, ma niente. Deve venire, ho bisogno di un suo abbraccio. Ci siamo conosciute parecchi anni fa, quando per errore il mio punch si verso sul suo vestito durante una recita scolastica. Mi ricorda spesso quel giorno, mi ricorda il modo in cui mi sono scusata e poi sono scoppiata in lacrime, ero piccola, molto piccola.

Riprendo il cellulare, mi ha risposto. Trattengo il respiro per un attimo e poi espiro. Rivedrò Jess, anche solo per poco tempo. Leggo il messaggio, recita "Sto arrivando" e lascio ancora una volta che l'aria fuoriesca dalla mia bocca velocemente. Per un attimo ho avuto paura di non rivedere più Jess, per un attimo il mio cuore ha cessato di battere, se ce l'ho un cuore.

Sono sopra il mio lettone adesso. Mia madre irrompe subito in camera mia, di nuovo.

«Sei pronta?» dice guardando l'orologio che tiene al polso. È un regalo di papà.

«Che ore sono?» chiedo buttando un grosso sbadiglio.

«Le nove e mezza, l'aereo parte alle due Selena.» scorgo il diverso adesso nel suo sguardo, lo avevo già detto prima, la serenità dev'essere scomparsa. «gli altri sono pronti, aspettatiamo solo Jess, ok?» continua.

Ho chiesto io di vedere Jess adesso. Perché voglio vivere ogni attimo con lei, fino alla fine. Perché non la rivedrò per molto tempo e mi mancherà tanto, ho solo lei, non so se Pip valga come amico, è solo il mio amorevole cagnolino di due anni.

Sento il campanello suonare e le mie mani cominciano a tremare, dev'essere Jess, pronta a salutarmi per sempre.

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