25. SULLA SCOGLIERA

Lovie

Lugh è in bilico sulla scogliera, le braccia spalancate, la testa gettata all'indietro, i capelli umidi per la salsedine spinti dal vento. È tanto immobile da sembrare una statua. Ha qualcosa d'irreale. Non mi stupirei se scoprissi che è tutto un sogno. Magari sono ancora al villaggio con Sarah che gioca a darmi consigli. Quando chiudo e riapro gli occhi però sono ancora davanti alla scogliera con Lugh che rischia di cadere.

Mi avvicino. Ma come ha fatto ad arrampicarsi fin lassù? –Rischi di cadere

Si stringe nelle spalle.

Non posso stare qua sotto mentre lui è in bilico sul nulla, anche se un po' se lo meriterebbe. Beh, se lo meriterebbe molto visto il casino on cui mi ha cacciata. -Ehi, mi senti? Devi scendere- mi aggrappo agli scogli e comincio a salire. Le suole delle ballerine slittano. Menomale che non ho messo i tacchi alti. –Perché non mi hai mai parlato della tua famiglia?

-L'ammasso di stronzi che pensano solo al denaro e con cui condivido parte del mio patrimonio genetico?- una risata spacca l'aria.

-Sì, quelli- uno scoglio appuntito mi si conficca nel palmo. Ritraggo la mano e rischio di cadere. Stringo i denti. Devo stare più attenta. Riprendo la salita.

-Come potevo dirtelo? Tu mi hai sempre considerato sbagliato...

-Non è vero- pondero la possibilità di avvicinarmi ancora. Per raggiungere il punto in cui sta Lugh però gli scogli sono più scivolosi. Me ne sto in bilico dove sono.

-Sii sincera

-Se avessi saputo questo, beh, ti avrei considerato in modo diverso

-Avresti avuto compassione per me?- non riesco a vedere la sua espressione, ha il volto rivolto verso il mare. Darei qualsiasi cosa per poterlo guardare. Per capire cosa sta succedendo.

-Ti avrei compreso

-Non ho bisogno di essere compreso- ride, ed è una risata scomposta, piena di spine. Capisco, con una fitta allo stomaco, che ha davvero bevuto più di quanto pensassi. È ubriaco. –Me la cavo da solo, no?- altre risate. Si dondola avanti e indietro. E se cadesse?

-Non devi per forza cavartela da solo

La risata diventa un gorgoglio. –Ti faccio pena?

-Per niente, non ti voglio aiutare perché mi fai pena, ma semplicemente perché voglio- faccio un passo, attenta a non perdere l'equilibrio. Sento una ballerina perdere aderenza sullo scoglio scivoloso. Allargo le braccia per mantenere l'equilibrio. Il cuore sussulta. Non devo guardare giù. Ricomincio ad avanzare, cauta. Uno schizzo di acqua salata mi colpisce l'occhio che va a fuoco. Batto le palpebre.

-Sei in tempo per andartene, prima di rimanere invischiata in qualcosa di più grande di te

Sono vicina a lui. -Siamo una squadra, no?- allungo una mano per cercare la sua. La trovo. La pelle è ruvida, ma di una ruvidezza che mi trasmette un senso di sicurezza. È bagnata e fredda. La stringo nella speranza di trasmettergli del calore.

Le sue dita ricambiano la stretta. -E se...

-Che cosa?

-E se prendessimo la barca e fuggissimo su un'isola deserta?

-Sei proprio ubriaco- vorrei ridere, ma qualcosa mi frena. Perché sono sempre così confusa su cosa fare con lui?

-Non abbastanza- piega indietro la testa.

Mi ritrovo a fare lo stesso movimento e i miei occhi incontrano il cielo. È scuro, tempestato da minuscoli brillanti. Sembra che un'ampolla d'inchiostro si sia capovolta versando ovunque il proprio contenuto. Le stelle fanno uno strano effetto in questo spettacolo. Sono enormi e sembrano sul punto di cadere.

-Qui le stelle sembrano più grosse- ride -l'ho sempre pensato

-È perché non ci sono molte luci artificiali, giusto?

-Da piccolo credevo che i miei genitori fossero così ricchi da potersi permettere un accesso facilitato al cielo

-È un pensiero carino- qualcosa che si scosta con l'immagine che ho di Lugh. Un Lugh bambino, con grandi sogni e un'enorme fantasia. Un Lugh diverso. Che gli è successo?

-È il pensiero di un bambino ricco... un bambino viziato che crede di avere il mondo in mano- Lugh fa un passo di lato.

Già lo vedo crollare giù, schiantarsi sugli scogli, finire in mare. Devo agire in fretta. Gli lascio la mano, lo cingo con un braccio e, consapevole di non avere abbastanza forza per sostenerlo, sposto il peso indietro.

Mi sbilancio e, con un gemito soffocato tra le labbra, cado sulla schiena. Il dolore mi fa boccheggiare. Scintille mi esplodono davanti agli occhi. Lugh mi piomba addosso, gli occhi sgranati, e mi avvolge nel suo profumo di cocco. Il suo volto è tutto il mio mondo e il  petto spinge contro il mio. Il respiro mi si schianta in gola.

-Che casino- mormora. Sposta la testa e le sue labbra mi accarezzano l'orecchio. -Scusa- si spinge indietro, ricade in avanti, ansima. -Okay, forse sono un po' ubriaco

-Molto ubriaco- premo una mano sullo scoglio. È viscido. La ritraggo. -Riesci a tirarti su?

-Penso di sì, non sono proprio un rottame- si sposta di lato, una ciocca nera gli finisce nell'occhio azzurro. -Grazie per quello che stai facendo, è molto importante per me

Le guance mi bruciano. -Che ne dici di andare in camera?- perché la vicinanza di Lugh mi fa bruciare la pelle. È come mettere la carne vicino al fuoco. Anzi è come buttarla direttamente fuoco. La incenerisce.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Come state?

Come vi sembra questo confronto tra Lugh e Lovie?

A venerdì!

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