37. Il paradigma dell'obiettività













Costanza si avvicina al divano sul quale sono rimasta seduta e si accomoda accanto a me, dove poco fa vi era Leonardo. Cammina piano piano, senza eccedere con la velocità, sapendo in cuor suo che una rovinosa caduta dettata dall'ubriachezza sarebbe stato meglio evitarla. Posa delicatamente il calice di vino cosparso di ditate sopra il tavolino davanti a noi, infine sospira.

Nonostante la palese sbronza che si sta riversando su di lei, la vedo che prova a intavolare un discorso quantomeno sensato, a tratti intelligente e senza incappare in una ridarella irrefrenabile. Un po' complicato dopo che ti sei scolato numerosi bicchieri di bevanda con alto tasso alcolico, parlo per esperienza personale, per cui apprezzo il suo tentativo.

Appena si siede riesco ad analizzare ancor meglio il disastro della sua canottiera — la spallina è letteralmente strappata, un danno da considerarsi irrimediabile e di conseguenza un capo d'abbigliamento da buttare via. Sarei arrabbiata anche io fossi stata al posto suo.

Costanza volta il capo verso il mio viso prima di parlare. La scopro a corrugare la fronte incorniciata da ciocche di capelli dall'aspetto non troppo lucente e al contempo ad assottigliare gli occhi in strette fessure.

«Da vicino sei ancora più bella. Fanne tesoro di queste parole, perché quando sarò sobria col cavolo che le ripeterò» farfuglia a voce non troppo alta, ma comunque riesco a sentirla perfettamente.

La Queen Bee del Classico mi osserva con curiosità, inclinando percettibilmente il collo. Pare stia analizzando un quadro dentro la sala di un museo.

A discapito della situazione, con il pensiero proiettato all'esterno della casa su Leonardo che discute a tu per tu con Olivia e sul mistero che aleggia intorno alla figura di Laira, abbozzo un sorriso. Non accade tutti i giorni che una come Costanza Notai ti faccia un complimento, normalmente ne è sempre avara; soprattutto visti gli indirizzi ai quali apparteniamo. Ma forse, in questi ultimi tempi, la cosa sta diventando più naturale e normale del previsto.

«Me ne ricorderò. Ti ringrazio» le dico con sincerità, sistemandomi più comodamente sopra il cuscino del divano, ignorando la chat di Laira ancora aperta sul mio cellulare bloccato di proposito.

Il suo messaggio è arrivato un tantinello troppo tardi tuttavia non gliene faccio una colpa, se avessi risposto soltanto a una delle sue telefonate magari avrei potuto gestire questa circostanza diversamente. Però ciò non è avvenuto, ero troppo impegnata a concentrarmi su colui che ora non è qui, dunque sono più in errore io di lei.

Costanza distoglie lo sguardo dalla mia faccia, incominciando ad alzare gli angoli della bocca verso l'alto e a gesticolare con le mani. Sbatte le palpebre lentamente assuefatta dai fumi del vino. Una certa aria rilassata si dipinge sul suo volto, dando l'idea che i propri nervi siano distesi e non propensi a scattare al minimo cenno di allarme, anzi, sembra quasi che voglia continuare a parlare.

«Oltretutto... so per certa che disponi di elevato intelletto e generosa arguzia, misto il tutto ad un alto tasso di empatia. Un mix letale per far perdere la testa a qualcuno e fargli dimenticare la sua vecchia fiamma...» dichiara sforzandosi di spiccicare parole consone, cercando di non balbettare e di non ridere, «Olivia non ti arriva nemmeno alle caviglie. È sicuramente bellissima, per carità, confermo io stessa, ma è dannatamente superficiale, estremamente ingenua e fin troppo vuota, quasi che mi ricorda la Duchesse de Langeais. Si è fatta infinocchiare persino da una come Viola, e Viola rasenta il minimo della furbizia e il massimo dell'abietto, roba che potrei spazzarla via anche solo con lo sbattere delle ciglia. Pensa che non provo un minimo di pietà per Olivia! Quasi che ne godo» commenta infine Costanza stringendosi nelle spalle ed esplodendo in una sadica risata, finalmente, non riuscendosi più a trattenere. Come il villain di qualche film.

Addirittura provo un briciolo di paura verso di lei — dura un instante, però percepisco la sensazione. Insomma, è colei che mi ha giurato vendetta verso Claudio, ha un carattere piuttosto forte e al Classico tutti quanti la rispettano, non c'è un singolo studente che mostri insolenza nei suoi confronti, e veramente una sua smorfia in senso negativo può marchiarti fino alla fine della tua carriera scolastica!

Confesso che la vedrei bene nell'Upper East Side di Gossip Girl con Blair e Serena ai suoi lati. O magari nella casata dei Lannister, seduta vicino a Tywin Lannister intenta a osservare da capo a piedi qualsiasi individuo si prostri ai suoi occhi.

Oh sì, è un'immagine molto vivida: lei con i capelli dorati come l'oro sfarzoso delle corone dei re – anziché castani – e intrecciati come si addice a una lady, vestita di un ricamato e stupendo abito scarlatto, e dipinta sulla faccia un'espressione di pura tracotanza accompagnata da un sorriso sbieco.

È molto imponente la figura di Costanza e lo sta dimostrando anche ora, anche dopo che ha appena pronunciato un discorso in piena ubriachezza degno di essere presentato ai Golden Globe.

Tuttavia mi ritrovo a emettere un lungo sospiro, in parte dettato per l'improvvisata di Olivia, in parte per via della mia attuale compagnia, soprattutto nell'ultimo posto in cui mai avrei pensato di mettere piede. Alzo il mento mandando i ciuffi rosa all'indietro, oltre le spalle, guardo un punto preciso della stanza prima di dar fiato alle corde vocali, non osservando niente di particolare. Lo faccio perlopiù per un sottinteso gesto di sfida ne confronti della sua affermazione.

«Credevo fosse tua amica...» le faccio notare usando quel tono che in genere regala quella sensazione di perfetta incoerenza al diretto interessato.

Costanza riporta immediatamente gli occhi puntati su di me, li fa saettare nel vero senso della parola.

Wow, è ubriaca ma ha tutti i cinque sensi eccezionalmente connessi.

«Mi sembra di averti già detto che io ho tanti amici, punto primo. Punto secondo, se ben ricordi, ti dissi che non tutti mi stanno simpatici, anzi, qualcuno lo detesto persino. Ma sai qual è una qualità che mi piace tanto in una persona? La superiorità. Adoro essere superiore a tutti, adoro essere indecifrabile. E poi tutti sono utili e nessuno indispensabile, condivido un sacco la prima frase, mi piace quando qualcuno si rivela utile in qualcosa che devo fare» replica leccandosi le labbra, assaporando gli ultimi rimasugli del vino.

«Eppure, guarda caso, mediti vendetta contro Claudio» le rinfresco la memoria di proposito, esibendo un sorriso sghembo, «questo è un po' contro il tuo ideale di superiorità».

A Costanza le si illuminano gli occhi di una strana luce oscura e sinistra, quanto tanto di... gioia? Appagamento?

«Altra qualità che mi piace, la vendetta» espone sogghignando, marcando ancor di più il senso della frase, «tutti, a modo nostro, siamo vendicativi. Non si salva nessuno».

«Ne parli come se fosse un qualcosa di cui vantarsi» le faccio notare.

«Diciamo che applico parecchio il metodo "occhio per occhio, dente per dente". Se nessuno osa farmi un torto io sono la persona più amabile e tranquilla di tutte, forse non troppo amabile. Ma se qualcuno prova a umiliarmi allora non ci saranno scuse, buoni propositi, etica, cose politicamente corrette che mi faranno restare amabile e tranquilla. Magari è proprio per questo che ho così tanti amici, perché mi temono» spiega Costanza alquanto soddisfatta di sé, poggiandosi con tutta la schiena sul divano.

«E a te sta bene così?» le domando del tutto incuriosita dalla sua risposta.

«A me non interessa» è ciò che dice mettendosi a ridere, e poggia il capo sopra la spalliera, «è un problema degli altri. Costanza pensa per Costanza, gli altri pensano per gli altri».

«Eppure tu mi hai aiutata questa sera e mi vuoi addirittura aiutare per la faccenda di Claudio» proferisco compiaciuta.

«Non lo faccio per te, lo faccio perché mi annoio. E comunque, se mostro verso di te anche solo un briciolo di tolleranza e comprensione è solo perché ti reputo intellettualmente superiore e perché sei schifosamente bella. Sei come una miniera d'oro» recita Costanza ritornando seria di colpo, seppur senza abbandonare quell'alone di sorrisetto.

«A me non serve la tua comprensione, nemmeno la tua tolleranza» sottolineo mentre faccio per alzarmi dal divano, dislungando le gambe, anche se non posso fare a meno di sentirmi lusingata dalle sue parole, «a me basta solo un pizzico di umanità. E quello chiunque è in grado di darlo».

Ruoto il collo, sgranchendolo, e ravvivo la chioma rosea per poi mettermi a camminare alla volta dell'esterno.

«Dove stai andando?» sento che mi chiede la ragazza alle spalle.

Mi fermo e mi volto per guardarla, proprio sulla soglia della porta.

«Non è ovvio? Vado a mostrare un pizzico di umanità. Vado ad aiutare Leonardo con Olivia» le tolgo il dubbio allargando le braccia.

«Vengo con te» borbotta Costanza, alzandosi anch'ella e aggiustandosi al meglio quella spallina strappata.

«E cosa vieni a fare? Hai detto che Olivia non smuove nemmeno un briciolo della tua pietà» osservo inarcando un sopracciglio e mi accorgo che sto riempiendo di evidenti frecciatine la Queen Bee del Classico.

Già, lo sto facendo pure di proposito; forse voglio dimostrare a Costanza che la consapevolezza di essere stronzi non rappresenta tutto nella vita, che l'empatia è un qualcosa di doveroso verso gli altri, simpatia o non simpatia. E soprattutto che fare la cosa giusta a volte non è sempre la via più facile. Ma penso sia una lezione che abbia capito: l'aver rivelato il suo orientamento sessuale è una di quelle.

«Vorrei imparare» dice ignorando il calice di vino sopra il tavolino, venendo spedita verso di me e incrociando le braccia al petto, sostenendo il mio sguardo, «inoltre Leonardo è veramente un mio amico, vengo insieme a te ad aiutare lui».

«Ottima risposta!» convengo mentre afferro la mano di Costanza per poi riprendere a marciare.

Non le lascio nemmeno il tempo per farle replicare qualcosa di senso compiuto, la trascino via con me attraversando l'area vuota e "silenziosa" da dove sono passata prima, ritornando nel grande salone dove sono beatamente stravaccati quasi tutti quelli del gruppo di Leonardo e dove Costanza è venuta a darmi il benvenuto.

Superiamo la folla danzante di giovani studenti sul patio e ci ritroviamo immediatamente all'esterno della villa. Evitiamo con maestria – anzi, io le faccio evitare con maestria – pestoni vari e gomitate molteplici.

La ragazza non si azzarda a lasciare la mia mano, rimane incollata con la sua lievemente sudata e scivolosa. Quasi che sembriamo Harry e Ron al secondo anno quando viaggiano alla volta di Hogwarts con la macchina volante, e ovviamente Harry quasi che finisce per schiantarsi contro l'Espresso.

Mi guardo intorno cercando di scorgere qualche familiare e alta figura dalla testa bionda, e Costanza mi imita facendo lo stesso.

«Dove potranno mai essere?» esclamo provando a sovrastare l'alto volume della musica, rimasto invariato da quando sono arrivata.

«Non saprei... poco fa Olivia è venuta direttamente sul patio, vicino al tavolo del buffet... sai, io ho dovuto prendere una boccata d'aria dopo che ho traumatizzato Camillo con il bacio che ti ho dato e l'ho vista per caso» ridacchia Costanza al ripensare alla scenetta gentilmente offerta da entrambe, «non si aspettava che giocassi nella sua stessa squadra!».

«Immagino la sua sorpresa» riconosco senza smettere di guardare a destra e manca, alzandomi persino in punta di piedi.

«Ha detto che sono una grande perdita per il genere maschile...» asserisce lei portandosi teatralmente la mano libera davanti alla bocca, fingendosi sbigottita.

«In compenso sarai un guadagno per quello femminile» continuo a darle corda, lanciando un'occhiata veloce anche verso l'entrata, più precisamente vicino a una piccola struttura in mattoncini e dall'aspetto antico, che molto probabilmente rappresenta o una mini-dépendance o un grande ripostiglio per gli attrezzi da giardino. Oltrepasso con l'attenzione una splendida pianta di limoni quando un qualcosa, o meglio, un qualcuno decide di afferrarmi quest'ultima.

«Eccoli lì!» grido scorgendo prima Leonardo per via della sua spiccata altezza, e infine Olivia, assai più bassa rispetto a lui, andandoli a indicare con tanto di braccio disteso e dito ben puntato.

Entrambi stanno parlando a quanto realizzo, a quattrocchi, vicini, molto vicini. Tuttavia la festa sembra stia procedendo senza intoppi e senza improvvisate di alcun tipo, nessuno fa caso a Leonardo e a Olivia intenti a discutere un po' animatamente. Nemmeno Diego pare stia a guardarli, anzi, è del tutto impegnato a starsene sbracato su un divanetto di vimini e morbidi cuscini vicino alle pareti del patio, e alle prese con la negatività universale, pare che sia del tutto assente il ragazzo. Accanto a lui vi è seduta Midorin indaffarata a sproloquiare di chissà cosa, ma tanto Diego non è nelle esatte condizioni di poter ascoltare alcun tipo di discorso, sfido io.

Marta invece è letteralmente svanita. Da quando è entrata da sola non ne ho avute più di sue notizie. Dissolta come la nebbia. Non che io e Diego siamo stati chissà quanto presenti d'altronde...

«Allora andiamo, che aspettiamo» bofonchia Costanza stavolta anticipandomi e muovendo le gambe prima di me.
Entrambe ci avviciniamo al cospetto di Leonardo e di Olivia senza farci notare fin troppo, e poi i nostri passi vengono dominati dal volume della musica, non percepiscono niente.

Man mano che azzeriamo la distanza che separa noi da loro riesco a rilevare ogni singolo movimento che lei esterna verso di lui. Olivia cerca di appigliarsi in tutti i modi a Leonardo, prova ad afferrare le sue mani, le sue braccia, prova a circondare il suo collo, prova ad accostarsi sempre di più, soprattutto alle labbra, pericolosamente. Ciononostante un dettaglio non mi passa inosservato, ovvero la sua palese euforia. La ragazza ride sguaiatamente e piagnucola con tanto di lacrime agli occhi; c'è qualcosa che non va nei suoi comportamenti, sono alquanto insoliti. Ha un certo velo di paranoia calato sopra i suoi movimenti, intrisi oltre dello sconforto più totale.

Almeno è così che li interpreto.

«Lui ha detto di venire qui... ha detto che ti avrei trovato» biascica velocemente Olivia con un certo tono spiritato, riprendendo a ridacchiare sognante.

«Lui chi?» le domanda Leonardo tentando di tenerle immobili le braccia, un'impresa un po' delicata contando le attuali condizioni con chi sta avendo a che fare.

«Leo» lo richiama Costanza infine, dopo che ci siamo accostati a loro quello che serve, per sentire e assistere a qualunque tipo di scenario, «serve un supporto morale?».

«A me servirebbe un supporto medico, altro che morale!» sentenzia l'altro accorgendosi soltanto ora della nostra presenza e, nel frattempo, per spostare la sua attenzione su di noi, abbassa la guardia con Olivia. Che ne approfitta seduta stante per oltrepassare il suo "muro" di blocco e avvinghiarlo come se avesse due tentacoli al posto delle mani.

Gli salta letteralmente addosso, afferrando saldamente i suoi zigomi, per poi stampargli un bacio bello e buono.

Spalanco le palpebre all'ennesima potenza appena realizzo che cosa dannazione sta succedendo esattamente davanti a me, un tale spettacolo degno di nota e non ho nemmeno pagato il biglietto.

«Mi è mancata la tua bocca» sussurra Olivia poco dopo che Leonardo se la stacca di dosso, un po' in ritardo vista la sua improvvisata. L'espressione di lui sembra quasi il riflesso della mia.

Senza poterlo controllare avverto ancora una volta, ahimè, il morso pungente della gelosia, più forte di quello di Ariadne, più forte di quello della sconosciuta al Madama Butterfly.

Olivia rappresenta in tutto e per tutto la sua ex ragazza, con lei ha fatto determinate cose, ci ha passato determinati momenti della sua vita, è chiaro che la cosa non mi stia bene, non mi stia bene affatto! È davvero paragonabile a un morso che ti colpisce nel punto esatto dello stomaco, un punto focale per poi farti irradiare la sensazione in tutte le parti del corpo; compreso il cuore, compresa la mente.

Di conseguenza, siccome non posso eseguire azioni spropositate dettate da essa, l'unica cosa che mi è possibile fare è quella di stringere la presa sulla mano di Costanza, fregandomene di farle del male, magari.

«Ha detto di aver sniffato cocaina e che poi è stata accompagnata qui, ma ancora non so da chi» dichiara Leonardo serio, ritornando ad afferrarle le mani per tenerla ferma.

«Razza di inetta» sibila crudele Costanza, «che fastidio immane mi danno le persone facilmente manipolabili».

E siccome Olivia non è propensa ad arrendersi per quanto riguarda il volerlo sbaciucchiare ancora, decido di agire. Mi distacco da Costanza, lasciando la sua mano, e mi metto letteralmente davanti al volto di Olivia.

La prima cosa che mi salta all'attenzione sono le sue pupille dilatate, per cui non sta mentendo, ha detto la verità, ha proprio fatto uso di droga.
Comunque non perdo tempo, senza smancerie divido le grinfie della dolce donzella dalle spalle di Leonardo e vado ad afferrarle le guance con entrambi i palmi, bollenti sotto il mio tocco. Mi fa un effetto così strano averla sotto tiro a questo modo dopo la conversazione avvenuta nei bagni della scuola stamattina.

Adesso ce l'ho completamente alla mia mercé.

«Olivia» la richiamo appellandomi a una santa pazienza, deglutendo rumorosamente.

Dopotutto è pur sempre sotto effetto di sostanze stupefacenti, è del tutto inerme e sarebbe inutile prendersela con lei adesso. Ormai ha fatto quello che ha fatto.

"Eppure anche tu eri inerme quella sera... ma a lei non è importato un accidente", sussurra uno dei miei mille pensieri, tutti i torti non li avrebbe.

«S-sei t-tu...» piagnucola Olivia abbattuta.

Si sarà anche comportata di merda nei miei confronti, però vederla in queste condizioni alterate mi fa sentire quasi... colpevole. I suoi capelli sono un ammasso incomprensibile di sudore e ciocche annodate, la sua bocca è tremante e le sue gote arrossate, gli occhi ormai nemmeno hanno più quella luce che tanto contraddistingue Olivia e la sua altezzosità.

«A-ancora esisti? Credevo di averti cancellata» singhiozza con vere lacrime che le vanno a rigare il viso. Tuttavia la ignoro, devo rimanere impassibile, sarebbe controproducente cadere nella spira dei rimorsi in questo momento.

«Olivia, chi ti ha accompagnata... fin qui?» chiedo decidendo di omettere intenzionalmente il nome di Leonardo, preferisco essere più divagante possibile.

«Io... io... sono venuta qui con Claudio» confessa con un filo di voce, stringendo le palpebre come se le bruciassero, «abbiamo passato la serata insieme con una ragazzetta, non so nemmeno quanti anni avesse. Insisteva di voler provare a "volare" e alla fine l'abbiamo esaudita. Abbiamo tirato e poi Claudio ha continuato a dirmi che il mio Leo aveva organizzato una festa senza di me, che dovevo raggiungerlo e che sarebbe stato scortese farlo aspettare».

«Quel figlio di puttana...» proferisce Leonardo mordendosi un pugno ben stretto.

«A quanto pare hai "volato" solo tu, Olivietta» fa notare Costanza beffarda, «Claudio ti ha fatto un bel lavaggio del cervello».

«Quel ragazzo ha dei seri problemi!» esclama invece l'altro camminando nervosamente avanti e indietro.

«Fin lì c'eravamo arrivati» ringhio senza volerlo.

«Cosa sperava di ottenere facendola drogare e portandola a casa mia?» continua Leonardo senza smettere di muoversi.

«Non saprei ma di certo non è un atto d'amicizia» asserisco digrignando schifata le labbra.

Poi Olivia, a dispetto delle sue guance zuppe di lacrime e dei suoi occhi arrossati, riprende a ridere, e con parecchio trasporto addirittura. Si allontana dalla mia presa scivolando via maldestramente e incomincia a fare piccole piroette, agitando la sua rigogliosa chioma di capelli ramati.

«Io Leonardo non te lo lascio» canticchia beatamente.

Okay, ora sì che devo mantenere la calma sforzandomi come Ercole di fronte alle dodici fatiche.

Socchiudo le palpebre, scacciando quell'orrido pensiero che quella "ragazzetta" in questione menzionata da Olivia sia Laira.

Non può essere Laira, non deve essere Laira!

«Dobbiamo riportarla a casa sua» annuncio stringendo le mani a pugno e mandando un sacco di maledizioni a Claudio Patriarchi, sperando che almeno una di esse gli arrivi dritta in fronte.

«Lasciarla drogata a casa sua con molto probabilmente i suoi genitori all'interno? Non la vedo come un'idea geniale» interviene Costanza tossicchiando.

«E dove la scarichiamo? Sotto Ponte Vecchio?» replico velenosa, il risultato di tutta questa immane tensione.

Esattamente la cara Costanza dove intende portarla? All'ospedale dove poi le faranno svariati esami e la scopriranno positiva al test anti-droga? Per quanto possa essere la soluzione più ragionevole non la vedo come la più adatta.

O forse intende riportarla direttamente fra le braccia di Claudio? La perfetta reincarnazione di Ade?

«La portiamo da me», è ciò che propone la Queen Bee più seria che mai. Lasciando basiti sia me, sia Leonardo. Entrambi sbarriamo gli occhi dallo stupore.

«Che cosa?!» esclamiamo all'unisono.









L'interno della Volvo di Leonardo è caldo e accogliente, ci voleva dopo essere stati all'esterno per tutto quel tempo. Confesso che mi si erano congelate le gambe. È come essere in un rifugio dopo aver brancolato nel bel mezzo di una tormenta.

La radio della vettura, a differenza del riscaldamento, è spenta. Dovrebbe vigere il perfetto silenzio se solo Olivia la smettesse di sproloquiare a caso, andando a ricordare un lamento di morte più che dei discorsi sensati.

Leonardo è ben concentrato a guidare, io sono seduta nel sedile del passeggero accanto a lui – a differenza di Olivia in tombale mutismo – e Costanza occupa i sedili posteriori con Olivia incollata a sé, contro la sua volontà aggiungerei.

Prima di andare via da villa Aspromonte, Leonardo ha lasciato le redini della festa e della casa in sé ad Alberto, che stranamente era in compagnia di una DarthMart in evidente imbarazzo.

Siccome erano sobri entrambi, la vigilanza sarebbe stata raddoppiata. Indubbiamente non sono servite spiegazioni per la situazione di Olivia, è bastato un solo sguardo e Marta ha capito tutto.

E questo è il bello dell'aver scoperto le carte in tavola, finalmente, le carte di entrambe che fino a ora ci eravamo talmente impegnate a farle rimanere voltate, segrete. I pro del dire la verità senza nascondersi dietro un dito.

Anche se adesso scommetto che Marta abbia qualcosa da raccontarmi, ho leggermente intuito dalla sua espressione che Alberto deve averle sganciato la bomba. Sicuramente adesso lei sa. Sa quello che io e Leonardo già sappiamo.

Adesso sta a Marta come servirsi di quell'informazione e io c'è ben poco che possa fare.

Alla fine questa festa non solo è stata una svolta epocale nell'ambito della nostra rinomata "guerra scolastica", non solo ha tecnicamente unito Classico e Artistico – facendo sperare in un futuro più roseo e tranquillo al Caravaggio – ma ha messo alla luce tutto quello che era ancora ostinato a essere tenuto sotto le ombre del buio, proprio tutto. Anche se non tutti quanti noi eravamo d'accordo.

Presumo che sarebbe dovuta andare in questa maniera, in un modo o nell'altro.

Leonardo, Costanza, Marta, Alberto, Diego, Thalìa, Olivia, Claudio, Laira, io... Ognuno di noi stanotte ha rivelato e scoperto un qualcosa che con ostinazione ignorava, di proposito.

«Io sono solo innamorata» si lamenta Olivia dai sedili posteriori, con la bocca contro la spalla di Costanza. La sua è un frase del tutto strascicata. «È forse un reato?» continua a mugugnare con tono afflitto.

«Voi due siete in debito con me!» sibila Costanza quasi pentita della sua proposta avanzata mezz'ora fa, rivolgendosi ovviamente a chi siede davanti.

«In debito? Ma se è stato Claudio a creare questo casino!» ribatte prontamente Leonardo piccato, lanciando una rapida occhiata allo specchietto retrovisore.

«A Claudio intendo fargliela pagare doppiamente ora più che mai» ringhia l'altra piuttosto incollerita e satura di veleno, assottigliando le fessure sembrando un serpente, «e tu sei in debito perché questa è la tua fottuta ex ragazza, non la mia!» e indica con l'indice verso Leonardo, «Mentre tu perché gliel'hai rubato!» e stavolta, so di meritarmelo, indica me.

Costanza ha tutta la ragione, guardiamo in faccia la realtà. Mi sono messa in mezzo io, dopotutto.

«Sono con te» sospiro e scuoto il capo chiudendo gli occhi, senza stare a far caso alla sua osservazione più che oggettiva, «per Claudio». E nemmeno Leonardo osa dire una parola a sua discolpa.

«Lascia fare a me» conclude lei esibendo un ghigno malefico e che ora conosco bene, allontanando poi con poca grazia e tatto il volto di Olivia lontano dalla sua spalla, fin troppo stufa di quel contatto troppo ravvicinata.

Annuisco obbediente ritornando a concentrarmi sulla strada che sfreccia dinanzi a noi, non proseguo con l'argomento. Anche perché in testa ho un solo pensiero: voglio sperare che quella ragazzina che stasera era con Claudio e Olivia non fosse Laira.

Per favore, fa che non sia lei.











«Colloqui? Cazzo, doppio cazzo, triplo cazzo!» esclama T1 con la circolare di quest'ultimo stretta in mano, dopo averla letta da cima a fondo davanti all'intera classe.

«Non c'è bisogno di dire parolacce come "cazzo", "doppio cazzo" e "triplo cazzo", Cavallacci» sentenzia il professor Geronimo Del Gaudio – che peraltro ha lo stesso cognome di mia madre ma la parentela è praticamente assente –, nostro insegnante di filosofia, seduto dietro la cattedra e con le mani incrociate sopra di essa, e con occhi pieni di goduria, «prendila con filosofia. Magari la prossima volta potresti studiare di più».

Il professor Del Gaudio ricorda parecchio il dottor Cox di Scrubs, il senso dell'umorismo e la bastardaggine vanno a braccetto con lui. Per non parlare dello sguardo, è praticamente identico e incute il giusto timore.

A parte ciò, lui va di pari passo con la sua materia, la filosofia, riflette la maggior parte del tempo sull'essere umano in sé e sul mondo che ci circonda, pensa fin dove possono arrivare i limiti della conoscenza – e anche della stupidità umana spesso – ed è un grandissimo seguace di Aristotele. Lui non crede in Dio, dice di credere in Aristotele.

Oltretutto è molto propenso all'ironia, roba che da del filo da torcere ai due Tommasi. Un po' come in questa seconda ora del lunedì, dopo che Doppia C ha consegnato la circolare dei colloqui imminenti che si terrano la settimana prossima, il 1 dicembre.

T1 lancia un'occhiata per niente divertita al professore, riponendo il foglio con l'avviso sopra la cattedra e sbuffando di seria preoccupazione. E come biasimarlo... Tommaso Cavallacci, esattamente come Tommaso Vinci, non è che abbiano un andamento scolastico chissà quanto promettente, considerando che questo è l'ultimo anno poi...

«Bene, ora che hai gentilmente letto questa circolare ai tuoi compagni neanche fossi tu il Rappresentante di classe, gradirei continuare con la mia lezione. Sai com'è, la filosofia non si spiega da sola come magari starete pensando tutti, no, la filosofia la può spiegare soltanto una persona che respira e parla, ma se questa persona che respira e parla viene interrotta allora mi dici come può insegnare la materia della filosofia? Magari potrei tentare con la psicologia inversa» dichiara con quella voce sarcastica Del Gaudio, inarcando un sopracciglio e senza riprendere fiato.

«Può continuare, persona che respira e parla» borbotta contrariato t1, scuotendo la testa senza speranza.

«Potrei anche ringraziarla, signor Cavallacci, caro ragazzo, ma poi realizzo che debba essere lei a ringraziare me dato che sto spiegando Hegel senza dare di matto e senza dover andare in terapia!» continua il prof. fingendo di scoppiare a ridere in una risata meccanica.

«Che lunedì del cazzo» sussurra Tommaso ritornando a occupare la sua sedia, gettandosi di peso.

«Che lunedì del cazzo davvero» conviene Marta sbuffando vicino al mio banco, «quando mia madre scoprirà che vado di merda nella materia di Lunanuova e della Occulti mi vieterà anche di respirare, per di più con Lunanuova è nulla di fatto e per di più ora c'è anche una nuova piaga, Alberto! Non riesco a reggere a tutto quanto...».

«Io ancora devo parlare con Laira» proferisco ripensando a quanto l'abbia cercata stamani nel cortile della scuola e per i corridoi, «a ricreazione è tutta mia».

«E Olivia?» mi domanda Marta stropicciandosi le palpebre prive di trucco.

«Olivia non è venuta a scuola oggi, così mi ha detto Costanza» le spiego rimettendo mano alla penna per prendere appunti.

«Wow, tu che ti confidi con Costanza, allora dopo sabato le cose al Caravaggio sono davvero cambiate. Magari vedremo Diego che si taglia a zero i suoi dreadlocks e che viene a scuola con i mocassini» dice l'altra con un velo di sarcasmo, «magari tu riprenderai il colore naturale dei tuoi capelli e ti vedremo passeggiare per i corridoi con Apollo... magari io... magari io nemmeno so cosa».

«Magari niente, Marta, siamo sempre noi, siamo sempre uguali a prima, forse con la consapevolezza di essere migliorati un po'» sentenzio roteando gli occhi, «sii obiettiva».

«Obiettività...» ripete carezzando con cura la parola, «fa quasi strano vederla applicata qua dentro».

«Soltanto noi stessi possiamo metterla in atto, no?» faccio presente.

«Uhm, non credo di esserne tanto portata. Mi servirà del tempo» conclude stiracchiandosi le braccia e ritornando con l'attenzione sul paragrafo che Del Gaudio ci sta cortesemente spiegando, «come mi servirà del tempo per accettare di saperti con... lui. Non fraintendere, non sono contro di te, devo solo metabolizzare».

«Devo metabolizzare anche io, onestamente» ridacchio a bassa voce pensando a questa "cosa" che c'è fra me e Leonardo, meglio non farsi sentire da il Cerbero Sarcastico.

«All'intervallo verrò con te a cercare Laira» m'informa Marta guardandomi con intendimento.

«Grazie» le sussurro con sincera gratitudine.











«Assolutamente dovete venire con me! Sì, esatto anche tu!» esclama Costanza piombandoci addosso come una meteora, afferrando la mano sia a me che a DarthMart. Proprio nel bellissimo momento in cui io e la mia migliore amica stiamo andando verso la sezione di Laira con una foga degna della guerra di 300.

Ebbene, adesso i nostri piani sono del tutto cambiati, l'arrivo di Costanza ha mandato in fumo il nostro assalto ben concepito.

«Scusa?» le fa Marta alquanto – e dico alquanto! – stranita, lanciando occhiate non proprio amichevoli alla mano di Costanza stretta alla sua.

«Dovete venire con me e silenzio» ripete la ragazza camminando velocemente dandoci le spalle, e la cosa penso che irriti parecchio la mia amica, non troppo abituata ad avere a che fare con qualcuno del Classico, soprattutto con la Queen Bee.

«Carissima Costanza, devi ancora essere sbronza dalla festa di sabato, sai che non è tanto conveniente che trascini una come me per i corridoi neanche fossi un sacco di iuta privo di patate?» esclama infatti Marta cercando di divincolarsi ma senza successo, Costanza è proprio imperterrita e non facilmente cedevole, «Non sono una delle tue amichette».

«Chiudi quella tua graziosa bocca, Brunori, sei peggio di Ilda» ribatte spazientita e ben poco consona alle proteste.

«Ilda? Chi è Ilda?» domanda DarthMart smarrita.

«Matilde non te l'ha detto? È mia sorella» è ciò che dice Costanza.

«Come se me ne fossi ricordata!» esclamo punta sul vivo. Ovvio che un dettaglio del genere, dopo tutti gli ultimi eventi, mi fosse sfuggito.

«La Ilda del teatro?» esclama Marta a bocca aperta, non guardando nessuna delle due in particolare.

«Proprio lei, la mia dolcissima sorellona» conferma ostentando finto amore.

«Per tutto l'esercito di Stormtrooper...» borbotta la mia migliore amica presa decisamente contro piede, portandosi una mano alla fronte appena ha realizzato l'ovvio.

«Adesso lasciate stare mia sorella, non è il momento!» rimbecca Costanza conducendoci entrambe oltre le grandi rampe di scale del Caravaggio, oltre il corridoio del Classico, oltre l'ingresso, finendo infine all'esterno, nel cortile.

«Mi vuoi dire che cosa sta succedendo, Costanza? Io avrei dovuto parlare con Laira! Forse era lei la ragazzetta insieme a Claudio, quella che intendeva Olivia» esclamo piuttosto isterica.

«Non era Laira» dichiara Costanza senza giri di parole, abbattendo subito il dubbio che mi ha accompagnata per tutto il week-end dal momento che ho scelto di affrontare Laira a voce, di persona, e non per i messaggi o le chiamate di un cellulare.

Sto quasi per replicare ma, finalmente, l'arrivo a destinazione mi toglie ogni punto di domanda, almeno gran parte.

Costanza ci conduce nel retro della scuola, esattamente dove quel mattino avevo affrontato a viso aperto Olivia, distruggendola, esattamente nell'area del campo da basket. Dove sono attualmente presenti Leonardo, Alberto, Claudio e... Celeste. La sorella minore di Ludovico.

Okay, questo proprio non me l'aspettavo.

È lei, la riconosco. Visino acqua e sapone, capelli scuri e lunghi, occhi da cerbiatto e quell'espressione perennemente candida e pura e intimidita. Troppo pura per essere finita nelle spire di Claudio. Claudio, quel ragazzo così emblematico nel ruolo di cattivo tentatore, con il sorriso a fior di labbra costantemente annoiato dal mondo e dalle sue dinamiche, sempre alla ricerca di quel qualcosa di più, sempre pronto a osare, a sfidare chiunque. Persino Leonardo, suo amico – così è in apparenza –, persino un componente del suo stesso indirizzo.

Le iridi azzurre di Leonardo scrutano con tenacia quelle di Claudio, provocatorie e torve. Alberto rimane fedelmente al fianco del suo migliore amico, quasi a sfiorare il suo braccio, pronto a venire in suo aiuto al minimo cenno.

Celeste, la piccola e indifesa Celeste, è in un angolino leggermente distante da tutti loro, chiusa nella gabbia dei suoi capelli e con il capo chino verso il basso. Tiene la proprie mani intrecciate, tremanti. Non riesco a scorgere se stia piangendo.

«Leo» fa Costanza con un pizzico di fiatone, tuttavia l'unica attenzione che cattura è quella di Giuda.

Claudio sposta gli occhi sopra di noi, allargando ancor di più il ghigno, esibendo persino i denti quando nota che presente ci sono anche io.

«Guardami in faccia quando ti parlo!» urla Leonardo facendo sussultare persino me, riprendendo con sé l'attenzione di Claudio.

«Dannazione, amico, come sei insistente e soprattutto noioso» dice con quell'aria di indifferenza alzando le sopracciglia, allargando appena le braccia.

«Rispondi alla mia domanda, sto aspettando. Perché l'hai fatto?» continua inesorabile l'altro, la mascella gli si contrae con evidenza e capisco che è in balia di una collera immacolata quanto deleteria.

«Hai già avuto la mia spiegazione, Leo, siccome non sono stato invitato alla tua festa, e nemmeno Olivia, ho pensato che un po' di sano divertimento e di cruda trasgressione delle regole non avrebbe fatto male a nessuno. E poi Celeste la vedevo così sola e così abbattuta, sai che le sue compagne di classe la bullizzano? Sono stato molto gentile a chiederle di passare il sabato con noi, i reietti. Ho fatto un'opera pia. Mi ha raccontato un sacco di cose, la piccola Celeste, mi ha detto che la vita a scuola è inferno, che suo fratello rende la vita familiare ancor peggio, per questo voleva staccare la spina per qualche attimo. Mi ha detto che il suo animale preferito è il pettirosso, voleva "volare" come lui lontano da tutti i problemi, libera. L'ho accontentata» è la spiegazione di Claudio, e la espone con una semplicità disarmante, come se avesse fatto un qualcosa di assurdamente normale.

«Che cazzo hai drogato a fare Olivia per poi spedirla a casa di Leonardo?» chiede con una calma glaciale Alberto, gli occhi blu incendiati.

Al che Claudio sorride di nuovo, un sorriso a metà.

«Le ho fatto un favore. Anche lei aveva il cuore spezzato per colpa del suo Leonarduccio. Ho fatto un'opera caritatevole anche con lei».

«Sei solamente un sociopatico, Claudio, non ti sai adattare agli standard etici, mi sembra chiaro. Sei incapace di provare rimorso o quantomeno un senso di vergogna. E sei terribilmente disonesto» mi faccio avanti abbandonando la mano di Costanza, avvicinandomi alla sua figura. Non lo temo. Non ho paura. Provo solo ribrezzo e senso di disgusto.

«Ma quale sociopatico, impavida Atena, io ho fatto dei favori a chi ne aveva bisogno e in più mi sono organizzato una serata diversa dalla vostra, siccome siete stati talmente ipocriti da organizzare una festa senza uno del vostro gruppo. Ancora stento a crederci, invitati i Rappresentanti dell'Artistico e non io, non uno di voi. Leonardo stai diventando una barzelletta» espone mettendosi a ridere, «e comunque la disonesta sei tu» si rivolge a me, sfrontato, «piuttosto incoerente visto che ora te la fai con colui che dicevi tanto di odiare. Avete già scopato per caso?».

«Non sarai sociopatico, ma qualche problema ce l'hai eccome, di sicuro» esprimo con gli occhi sbarrati e il tono di voce neutro, non mi faccio intaccare dalle sue offese contando che il soggetto è nullo, «se vuoi posso passarti il numero del mio psichiatra, è molto bravo, potrebbe aiutarti. Potresti parlargli di come i tuoi genitori se ne freghino bellamente di te, potresti dirgli di quanto sia insoddisfacente la tua vita sessuale, ammesso che ce ne sia una, potresti parlargli di come venivi schernito alle elementari o alle medie, potresti parlargli di come sai mal gestire il tuo ego, divenuto talmente grande che nemmeno ci entra più dentro il tuo scheletro. Oppure potresti confessargli di come ti senti oscurato dalla figura di Leonardo, di come mette quasi sempre in ombra la tua, inutile, ignava, non chissà quanto indispensabile. È illuminante una seduta con lui, garantisco io stessa».

Sottolineo con forza, con ostinazione, ogni punto che non ho mancato di elencare, maledendomi mentalmente per averne di sicuro dimenticato qualcuno. La dose avrei voluto fosse stata più cara possibile.

Però non posso essere del tutto insoddisfatta dal momento che sto dimostrando una calma senza precedenti e un rigore gelido e rigido che mai mi sono vista usare. Sto superando me stessa.

Ho il viso di Claudio a pochi centimetri dal mio, posso percepire il suono del suo respiro, posso percepire il calore del suo corpo, posso percepire l'odore del suo profumo. Lo sto fronteggiando anche in nome di quel colpo basso quale la sua malsana idea di scattarmi una fotografia in uno dei miei momenti peggiori. Magari posso farne a meno della vendetta di Costanza, magari posso cavarmela da sola.

«Hai voglia di fare atti caritatevoli anche tu?» sogghigna Claudio guardandomi dall'alto e squadrandomi, «Non ho bisogno della tua pietà, Atena, dovresti riversarla verso di lui, verso il venerato Apollo. Da quando se la fa con voi Fattoni ha bisogno di tutta la pietà di questo mondo».

Il vociare degli studenti che si rilassano grazie all'intervallo arriva lontano alle nostre orecchie, si sentono unicamente il frusciare del vento e i singhiozzi soffusi di Celeste, segno che la scia degli eventi è troppo da sopportare per una come lei.

«Allora vattene affanculo, che ci stai a fare ancora qui?» sibilo avvicinandomi ancor di più alla sua faccia, se devo essere provocatorio tanto vale esserlo fino alla fine, «Perdi tempo con persone così indegne?» ammorbidisco volutamente la voce, arricciando le labbra come appunto farebbe una bambina, «Allora te ne devi andare, Claudio. Vai. Vattene».

«Vattene» proferisce come un robot Alberto.

«Vattene» interviene anche Costanza, con un tono ben più adirato.

«Vattene» è la volta di Marta, che ha seguito lo spettacolo in rispettoso silenzio e metabolizzando.

«Vattene. Io e te non abbiamo più nulla da condividere» è l'ultima frase che spetta a Leonardo, inflessibile come uno scudo, freddo come la neve.

«A quanto pare ci avete preso gusto a formare il gruppetto degli "sfigati", passatemi il termine» Claudio esplode a ridere come un mentecatto.

«Abbiamo preso gusto a formare il gruppetto di coloro che hanno abbracciato l'obiettività, termine a te sconosciuto» recito imperturbabile, facendo un passo indietro e alzando il mento senza alcun briciolo di vergogna. «Vattene. Sei ancora qui?».

Claudio continua a guardarmi come se volesse dirmi quel qualcosa di più che però gli sfugge, come se non trovasse le parole adatte. Magari ha qualche problema con me e ha provato a girarci intorno con tutti questi sotterfugi, magari ha paura di dirmelo apertamente.

«Claudio» apro bocca ancora, come se ci avessi provato gusto. Sbatto le palpebre lentamente, lascio che il vento mi soffi fra i capelli, facendoli volare dappertutto. Un altro passo indietro. «Vattene via o spiffero tutto a Ludovico, suo fratello. E considerando le dimensioni di Ludovico ti consiglio di emigrare fuori dall'Italia per sicurezza».

«Tsk. Siete degli insani. Dei dannati stolti» sputa acido Claudio prima di girare i tacchi e andarsene via come da un po' gli sto intimando di fare, ma non senza aver dato una spallata a Leonardo. Una pesante spallata, il cenno che sancisce la fine dell'amicizia fra i due.

Leonardo si porta entrambe le mani sulle guance, premendo i polpastrelli sopra la pelle, come a voler scacciare un qualcosa che non si vede.

«Adesso capite perché vi ho portato qui?» s'interpone Costanza, «Perché a quanto pare i traditori li abbiamo anche nelle nostre stesse fazioni. Cosa saggia è quella di unire le forze e giocare nello stesso lato».

Costanza ha ragione, i traditori li abbiamo anche nelle nostre stesse fazioni.

È vero, insieme a Claudio c'era Celeste... eppure perché continuo a credere che anche da parte dell'Artistico c'è qualcuno che non la racconta giusta? Ancora c'è il mistero di Laira, che sapeva esattamente di Olivia. Ancora devo parlarne con lei.

«Intendi far abbassare spade e asce?» domanda Marta priva di qualsivoglia emozione.

«L'idea sarebbe quella. Però prima devo fare una cosa, altrimenti non rimarrò in pace con me stessa un minuto di più» sentenzia Costanza annuendo, «Celeste, vieni con me! Anche tu, Matilde! Ora andiamo a dirne quattro a queste maledette oche giulive, infedeli del loro stesso indirizzo! Ora gli faccio vedere cosa significa far incazzare Costanza Notai».

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