CAPITOLO 5 - Centrale

Non riusciva a smettere di pensare a Luca.

La primavera inoltrata esaltava la valle dell'Adige, le montagne sembravano cullare ed agevolare il corso del fiume. Le piccole fermate del regionale, circondate da vigneti erano immagini veloci, che scorrevano sugli occhi di Bianca.

Un treno la stava riportando lentamente verso Milano e lei desiderava che quel viaggio potesse non finire mai. Il suo vagone era molto affollato e lei non sopportava d'aver tanta gente intorno.

Faceva molto caldo quella domenica e l'aria proveniente dal finestrino sembrava una benedizione divina.
Non aveva risposto a nessun messaggio o chiamata di Luca, erano passati ormai due giorni.

Le sue emozioni erano un misto di sensi di colpa ed egoismo. Si sentiva così superficiale.

<<Perché non riesco a combattere per lui? Possibile che non riesca a metterlo davanti a tutto per una volta?>>. I pensieri disturbavano la sua mente come il rumore di una radio che non prende.

<<E se Luca avesse ragione, forse non so amare o forse non amo lui, non lo amo abbastanza>>.

La testa sembrava ormai esploderle e non vedeva l'ora di tornare a casa.

Il treno era stranamente in ritardo di mezz'ora ma questo non sembrava preoccuparla.

"Ciao bella!Come va il viaggio?" era un sms da Sabrina.

"Ciao Sabry! tutto bene, sono quasi a Verona. Come stai? Sei a lavoro anche oggi?".

L'amica lavorava alla Rinascente e spesso le toccavano i turni durante i weekend.

Pochi minuti dopo il cellulare di Bianca vibrò: <<Pronto pulce? Ahm si, sono in pausa ora ma alle sette stacco. Indovina chi e'passato in negozio? Aspetta che te lo passo, vuole parlare con te!>>.

La comunicazione fu interrotta, il treno aveva imboccato un lungo tunnel poco prima di Verona.

Scese nella stazione per cambiare il treno e fu molto dispiaciuta di non poter fare un giro nella città dell'amore.

I messaggi di Luca continuavano ad arrivare.

Un sms in coda era però di Sabrina e diceva: "Ti aspetto al solito posto alle sette e trenta, non provare a dirmi che non verrai perché hai la valigia con te o perché sei in tuta. Non si accettano scuse".

Bianca sorrise e ripose il telefono nella borsa. "ok" pensò.

Ogni volta che scendeva alla stazione centrale di Milano, rimaneva incantata; si chiedeva sempre quante persone passassero di lì ogni giorno. Osservava i passanti rapita da un'infinità di domande. 

"Dove sono diretti? Quali sono i loro segreti, le loro gioie, le loro sconfitte? Chissà se sono dei paurosi come me"

L'immaginazione le apriva la mente, lasciandole quella sensazione di leggerezza che ogni volta che arrivava avrebbe voluto tenere in ostaggio. Non si sa mai, un pò di magia fa sempre bene al bisogno. "Come una mela al giorno".

Trascinava il suo trolley con molta calma, in coda ad una lunga folla. Una scritta fatta con la bomboletta su uno dei muri della stazione aveva attirato la sua attenzione: "se una cosa dura per sempre, vuol dire che non ti è servita a niente".

Bianca avrebbe voluto abbracciare la persona che aveva compreso la sua natura mutevole.
Controllò il suo orologio rigorosamente sul polso destro. Cambiò improvvisamente direzione e s'incamminò verso la libreria della stazione.
Non esisteva per lei nessun posto più bello di una libreria o di una biblioteca.
L'odore della carta stampata e rilegata. Milioni di pagine piene di storie vere e romanzate.

<<La vita e'un racconto>> disse una voce maschile accanto a lei mentre sfogliava uno dei libri di Baricco.

<<Tutto è racconto, anche ciò che descriviamo del nostro passato>> la voce era di un uomo sulla sessantina che teneva fra le mani un libro di Fromm proprio accanto a lei.

<<Come scusi?>> chiese Bianca con un misto di curiosità e paura.

L'uomo non esitò a continuare, ignorando le parole della ragazza, posando finalmente lo sguardo su di lei.

<<Punti di vista e descrizioni sono personali e mutano in continuazione come del resto il narratore stesso>>.

Decise di stare al gioco.

<<Quindi non esiste una verità oggettiva degli eventi>>.

L'uomo misterioso fece una breve pausa e con aria rassegnata disse: <<Temo di no>>.

Quelle frasi avrebbero scavato dentro Bianca per molto tempo.

<<Non ci avevo mai pensato>> disse lei con aria innocente.

<<Quando le capita provi a fare un esercizio, pensi a quando ha incontrato il suo ragazzo la prima volta. Prima di ufficializzare la relazione ed ovviamente perdutamente innamorata di lui, avrà sicuramente descritto il vostro primo incontro come "pazzesco" ; ecco ora provi a pensare se avesse dovuto descrivere lo stesso episodio dopo che lui l'ha tradita o dopo che vi siete lasciati>>.

Bianca aveva la strana sensazione che qualcuno avesse mandato quell'uomo a dirle cose di cui lei avrebbe dovuto far tesoro. La sensazione di pace che trapelava dal tono di voce del signore con gli occhiali in stile John Lennon era una droga.

<<E'un ottimo libro quello che ha fra le mani; lasci che le consigli anche questo>>.

"L'arte di amare" diceva il titolo.

<<Va bene, li compro entrambi>> disse lei con la sensazione di aver appena ricevuto un altro regalo divino.

L'uomo con cui stava parlando aveva i capelli grigi, di una lunghezza che non sapeva definire perché erano raccolti in un codino da samurai. La sua giacca era piuttosto sgualcita ed i suoi occhiali da vista sebbene avessero una montatura piuttosto moderna, sembravano molto usurati.

<<Io sono Bianca>> disse lei senza sapere perché e porse la mano destra allo sconosciuto sebbene come sempre, avesse voluto porgere la sinistra.

<<Io sono Giovanni, piacere signorina Bianca, è di Milano?>>.

<<Studio qui a Milano ma sono di origini trentine. E lei invece?>>.

<<Io vivo qui>> si affrettò a rispondere lo sconosciuto.

><Ah, bene quindi lei è di Milano>>.

Lui fece una breve pausa: <<No, non ha capito, io vivo qui, in stazione, ma sono originario di Bologna>>.

Bianca rimase piuttosto stupita. Il signore sembrava un misto fra un medico ed un giornalista e sebbene i vestiti che indossava fossero un po'sgualciti mai avrebbe pensato che potesse essere un clochard.

<<Scusi se l'ho importunata, non volevo sembrare uno di quei vecchi che ci provano con le ragazze giovani, le auguro una buona serata Bianca>>.

<<Grazie Giovanni>>.

Guardò l'uomo appena conosciuto uscire dalla libreria e sparire fra il via vai di anime.

Era arrivato il momento di chiamare Luca, non poteva ignorarlo per sempre; il telefono squillò pochissimo, il suo ragazzo doveva aver trascorso gli ultimi due giorni con il cellulare in mano.

<<Bianca ... oddio ma allora ci sei, ti prego perdonami. Non pensavo tutte quelle cose, lo sai che quando sono arrabbiato non mi contr...>>

Con tono pacato lo interruppe.

<<Shh.... Non dire più nulla. Va bene così, non pensiamoci più. Luca, questa è l'ultima volta che voglio litigare in quel modo con te. Impara a controllarti>>.

Avrebbe voluto attaccare con le solite frasi per farle notare che la colpa dei litigi era di entrambi ma fece finta di nulla per non rovinare la conversazione. Ripiegò con un: <<Stai bene? Sei arrivata a Milano?>>

<<Si sono arrivata, sto bene e tu? Sei riuscito a dormire?>>

Una lunga pausa le confermò che non aveva dormito le due notti precedenti.

La ragazza finalmente sorrideva, seduta alla fermata della metro, con le gambe incrociate sul suo trolley.

Parlarono a lungo, lui era di buon umore e lei si era lasciata stregare dal suo fascino inimitabile.

I treni che le erano passati davanti erano ormai tre o quattro.

Sorrideva come se si sentisse parte di qualcosa, come se la voce di Luca finalmente la rassicurasse, la proteggesse. Mentre chiacchieravano si fermò a guardare un orologio appeso sopra di lei.

Le sette meno dieci.

"E' tardi. Sabrina mi sta aspettando" pensò senza ascoltare le parole di Luca.

<<Hei piccola, ci sei?>>

<<Si scusami, ero distratta, Lù devo andare ora, incontro Sabrina prima di rientrare a casa, facciamo un veloce aperitivo, poi stasera ti richiamo>>.

<<Va bene>> disse impegnandosi a trattenere tutta la sua gelosia, <<Non farti troppo carina, qualcuno potrebbe pensare di portarti via>>.

<<Smettila! Vorrei che tu fossi qui>>.

<<Pure io, buona serata bambolina>>.

Riattaccò sentendosi in pace con se stessa. Le cose sembravano essersi calmate almeno per un pò.

Le stradine di Brera erano qualcosa d'incantevole, non aveva mai visto un luogo così bello custodito nel cuore di una città.

Le persone che si lasciava alle spalle sembravano essere spensierate e leggere reduci da una domenica meravigliosa.

Giunse alla chiesa di Santa Maria del Carmine, nella piccola piazza si trovava il posto preferito di Sabrina. I tavolini erano circondati da piccoli alberelli pieni di lucine e delle vecchie lampadine penzolavano da lunghi fili sopra ai tavoli.

Si trattava di un locale molto alla moda.

Anche quella domenica le persone erano molte, le ragazze sembravano tutte delle modelle professioniste e Bianca si sentì in imbarazzo in legghins, scarpa da ginnastica, felpa e trolley.

Prese coraggio quando in lontananza vide Sabrina che la stava salutando.

Vicino a lei due ragazzi in completo, molto alti.

Il profumo avvolse Bianca quando si avvicino' a loro, fu molto sorpresa quando realizzò che i due erano Jack e Marco, i ragazzi che avevano conosciuto alla sfilata.

<<Sei pronta per i Caraibi che hai portato la valigia con te?>> Disse Jack dando due baci a Bianca per primo.

<<Non scherzare troppo che potrei partire ora!>>

Sabrina salutò Bianca, era bellissima come sempre. Indossava un tacco nuovo Guess ed un vestito bianco lunghezza ginocchia decorato con dei fiori di stoffa. 

<<Sabry mi avevi detto che sarebbe stato solo un aperitivo sobrio, invece qui mi sembra di stare ad un matrimonio>> sussurrò Bianca all'orecchio dell'amica.

<<Lo pensavo anch'io, ma poi i ragazzi mi hanno detto che sarebbero passati a prendermi e non ho resistito all'idea di mettermi qualcosa di carino!>>

"Perfetto" pensò Bianca, "perfetto".

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top