CAPITOLO 4 - Bottiglia di ferro

La stanchezza aveva preso il sopravvento, un brivido freddo percorreva tutto il suo corpo, i suoi pensieri pulsavano senza sosta nelle tempie. Prendeva lunghi respiri con la testa appoggiata al sedile.

Girò le chiavi della macchina nella sua direzione e l'unica luce ad illuminarla da quel momento in poi fu quella del lampione di un affollatissimo parcheggio.

Inspirò forte per l'ultima volta prima di prendere coraggio e scendere dalla macchina.

Camminava lentamente, come se non volesse mai arrivare a destinazione, il cuore le batteva forte e quello che provava era così intenso da farle perdere la lucidità.

Il sorriso che aveva tanto allenato ad essere sempre presente sul suo viso, si era arreso ad una profonda malinconia.

Non voleva scappare, scappare avrebbe fatto troppo rumore, sarebbe voluta scomparire silenziosamente, con leggerezza, senza incidere sulle vite degli altri. Fluttuare ed esplorare la propria vita, senza conseguenze, senza ferire nessuno.

Bianca non amava prendersi le proprie responsabilità, soprattutto se riguardavano le sue scelte di vita, legate al benessere interiore.

Qualcuno le aveva ripetuto troppe volte che la ricerca di se stessi, della propria serenità, era per nobili, per chi non lavora, per chi perde tempo, per chi ha troppe fantasie nella testa.

"Eh si cara, la vita è dura!" una voce vecchia ed avida ripeteva nella sua mente.

Il "Tondo" era una voliera tutta in vetro, un locale molto in voga in Trentino in quel periodo. Fuori dall'entrata le persone erano già molte, ammassate a chiacchierare e fumare.

Era ormai la fine di aprile e molti indossavano già le maniche corte.

Inspirò un'altra volta prima di avvicinarsi al posto.

Quell'aria di primavera fu l'unica cosa a sollevarle l'animo.

Bianca aprì la porta del disco pub e fu subito fermata da conoscenti che volevano sapere come stava e come le andavano le cose.

Mosse il viso di poco mentre fingeva di ascoltare una ragazza, si sentiva osservata.

Con la coda dell'occhio lo vide, si scambiarono uno sguardo fisso, carico di emozioni confuse, uno sguardo pieno di parole.

Bianca si diresse verso di lui interrompendo le voci confuse dei conoscenti , senza dire una parola, senza salutarli.

Lui fece lo stesso.

S'incontrarono faccia a faccia in mezzo al locale, fra la musica pop e la calca di persone.

Si scambiarono un bacio pieno di nostalgia, un bacio che sapeva di dipendenza.

La malinconia ormai annebbiava totalmente la mente di Bianca.

<<Ciao bellezza>> , disse Luca spostandole i capelli dal viso.

<<Ciao Lù>> Bianca si abbandonò fra le braccia di Luca, le luci blu del locale nascosero le sue lacrime.

<<Hei, ti senti bene?>> disse Luca cercando il volto di Bianca.

Lei scosse la testa e si diresse verso il bagno.

"Perché mi sento così triste, perché mi sento morire dentro ..."

Si asciugò le lacrime e si fece coraggio, sussurrando qualcosa alla sua immagine riflessa nello specchio: "Non puoi pensare ora a tutto il trambusto che hai dentro, esci fuori , rilassati e basta".

L'aspettava appoggiato al bancone del pub, aveva ordinato qualcosa per lei, il suo sguardo era fisso verso la porta del bagno.

Bianca provò un certo imbarazzo quando appena uscita, incrociò gli occhi del ragazzo fissi su di lei.

Luca le passò il bicchiere, invitandola a brindare.

<<Sono ore che ti aspetto in questo posto>> Bianca si sforzò di sorridere: <<scusami, mi sono fermata a parlare con mio padre, erano settimane che non tornavo a casa>>.

<<Tornerai qui per le vacanze estive o rimarrai a Milano?>> chiese lui con tono pacato.

<<Ancora non ci ho pensato>>.

Luca prese il drink mezzo pieno di Bianca, lo appoggiò sul bancone e la prese per mano.

Fecero l'amore in macchina, senza dirsi nulla, come due persone che sanno tutto l'una dell'altra. Il tempo che trascorsero in silenzio abbracciati sembrò infinito.

Erano ormai le tre di mattina, uscirono dalla macchina e camminarono mano nella mano per una stradina di campagna.

Il rumore dell'acqua si faceva sempre più forte e Bianca sapeva dove la stava portando.

In breve tempo arrivarono al fiume, dove c'era un piccolo parco.

I tavoli e le panche in legno erano sotto dei vigneti, <<durante il giorno qui, dev'essere bellissimo>> disse Bianca.

<<Se non fossi dall'altra parte del mondo, potresti venirci tutti i giorni>> replicò con aria scherzosa.

La scultura di ferro a forma di bottiglia era come Bianca se la ricordava.

Leggermente inclinata verso il fiume, come se il vino potesse esserne un affluente.

Bianca si sedette su uno dei tavoli e Luca la raggiunse.

Lo sguardo di lei era fisso sulla bottiglia ma perso nel vuoto, Luca l'abbracciò:

<<Bià... su dimmi che c'è>>.

<<Non lo so Lù...>> disse cercando il suo sguardo.

<<Non ti riconosco più, credo che questa Milano ti abbia dato alla testa bellezza>>.

Bianca si alzò in piedi. Non sapeva cosa dire.

<<Insomma Bianca diciamoci la verità, se hai incontrato qualcun'altro dimmelo>>.

Bianca si diresse verso il fiume, dando la schiena a Luca.

"Perchè l'unica cosa che riesce a pensare è che ho un altro, perché non riesce ad accettare che forse ci sono mille cose di mezzo", pensò poco prima di rispondere: <<Non ho incontrato nessuno Lù! smettila di ripetermi questa cosa>>.

Luca iniziò ad innervosirsi e la ragazza sapeva bene a cosa stava andando incontro.

<<E allora perché non mi chiami più come prima, fai fatica a rispondere ai messaggi e sembra che mi fai un favore quando torni a casa. E francamente non lo fai molto spesso da un pò di tempo a questa parte>>.

Non sarebbe riuscita a formulare nessuna frase che potesse evitare un litigio: <<Potresti venire tu ogni tanto a trovarmi!>>.

Esplosero, liberando una rabbia repressa da mesi.

Rimarcavano sempre le stesse frasi, senza riuscire a capire come sistemare le cose: sottolineavano le falle, fino a scavarne buchi maggiori.

Bianca usciva sempre distrutta dalle discussioni, lui era molto bravo a gettarle addosso le cose più negative.

<<Mi spiace, ora vado a casa>>. Disse lei dirigendosi verso la macchina.

<<Brava Bianca, scappa, scappa da tutto come sempre, questa è l'unica cosa che sai fare. Sembra che non vedi l'ora di trovare i difetti nelle persone per avere una scusa valida per liberartene>>.

Ci furono pochi attimi di silenzio, Bianca si voltò a guardarlo: "devo calmarmi e parlare con lui" pensò fra sé e sé ma istintivamente, girandosi, riprese il suo cammino.

Luca gridò forte, di una rabbia piena d'amore e di gelosia: <<tu non hai la minima idea di che cosa significhi amare! Tu non mi ami e non riuscirai mai ad amare nessuno>>.

Lanciò questa frase come una maledizione su di lei, nella speranza che forse, tutte le sue esperienze potessero fallire e che di conseguenza la riportassero sempre a lui.

Bianca salì in macchina piangendo, mise in moto e partì, dirigendosi verso casa di suo padre.

Il ragazzo non poteva credere ai suoi occhi. Se n'era andata senza di lui.

La via lungo casa fu lunghissima, e dopo pochi minuti di cammino si era già pentito di averle detto cose tanto orribili.

La polizia stradale fermò Bianca ad un posto di blocco. Era ormai quasi l'alba e nonostante la stanchezza non sentiva più l'esigenza di dormire.

La casa del padre di Bianca era a mezz'ora di macchina da quella di Luca.

<<Buonasera signorina, dove sta andando?>> chiese l'agente.

<<Buonasera, sto andando a casa>> disse lei frugando nella sua borda alla ricerca dei documenti.

<<E sentiamo... dov'è stata? ha bevuto?>>

Il suo tono si fece scortese ed un filo arrogante, odiava tutta quella trafila di domande: <<sono stata in un locale ed ho bevuto mezzo drink!>>.

<<Va bene signorina, questo lo vedremo. Scenda. Facciamo l'alcool test>>.

Scese dall'autovettura pensando a quella serata come ad uno scherzo divino: "perfetto! dovevi mandarmi pure questi stasera?" disse fra sè e sè dirigendo lo sguardo verso il cielo.

<<Le avevo detto che era solo mezzo drink>> disse lei rivolgendosi all'agente come se fosse un bambino imbranato.

<<Bè scusi se mi permetto ma la sua faccia sembrava non dire la verità signorina>>.

Chiuse lo sportello e si guardò nello specchietto retrovisore. Il suo viso era mostruosamente scavato: le due grosse occhiaie la facevano sembrare vecchia ed ubriaca.

<<Guidi piano verso casa mi raccomando>> disse l'uomo in divisa mentre era intenta a specchiarsi.

<<Grazie agente, lo farò. Buonanotte>>.

Che altro doveva succedere quella notte.

Lo schermo del suo telefono si illuminò, era Luca.

Mise il cellulare in borsa fingendo che lui non esistesse. Che non fosse qualcuno pieno di sentimenti di cui preoccuparsi.

Quando si sentiva ferita non riusciva a controllare la sua freddezza. Si alzava dentro di lei un muro d' indifferenza.
Il suo orgoglio riusciva a seppellire ogni singolo sentimento.

Questo suo atteggiamento andava smussato o in cuor suo era chiaro che col passare del tempo sarebbe peggiorato. Ma era una sfida troppo difficile da raccogliere in quel momento, le nuove esperienze che stava vivendo le facevano credere che tutto sarebbe migliorato e mutato.
Era convinta che ciò che risiedeva dentro di lei di vecchio e mal funzionante andava buttato.

Non sopportava l'idea di poter avere difetti ed avrebbe fatto di tutto per nasconderli.

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