CAPITOLO 27 - Qualcosa per te


<<Lui chi é?>> il movimento veloce del suo mento dall'alto in basso lasciava trasparire la sua gelosia.
<<Non pensare che non abbia notato il bracciale... non sono così scemo, conosco ogni centimetro di te>> disse lui attirandola verso di sé.
<<anche se te lo dicessi, non capiresti>>
<<come faccio a fidarmi di te, miss segreti?>> sospirò come se prendesse fiato per ripetere l'ennesimo comcetto a lui chiaro: <<Vedi, il problema fra di noi é proprio questo: io adoro scavare fra le cose nascoste e tu non vedi l'ora di posizionarle nel luogo più oscuro. Somiglia più ad un gioco che ad una relazione. E ti prego, non fare quello sguardo da donna arrivata, non spaventi nessuno. Io voglio la verità sempre, non posso vivere senza sapere le cose>>.
Aveva detto tutto, in poche frasi concise. Le veniva quasi da sorridere per l'imbarazzo di un argomento sul quale non era pronta a far luce. Non pensava che a godersi le cose un po' come sono, seguendo l'istinto. Giocava a fare la grande, ignorandone il significato.
<<L'ultima cosa che voglio é ferirti, quindi, se non te la senti possiamo finirla qui>>
<<perché ti limiti a fare quella che ripete: "io sono così e se tu mi ami fai un po' come ti pare, zitto e fallo". Io non sono un cane e tu ti stai abituando troppo bene. Cos'é, hai paura forse della solitudine? Cos'é che vuoi?>>
Abbassó lo sguardo, il suo sedere era appoggiato al tavolo, i suoi palmi premevano sul bordo e lei dondolava il suo corpo avanti e indietro staccandosi di poco.
<<io... non lo so>>
<<questo è tutto quello che sai dire>>
<<smettila di essere così severo... lasciami tranquilla>>
<<Bianchina, non puoi scappare per sempre che sia da me o da te stessa, prima o poi il conto da pagare arriva>>
<<Puoi accompagnarmi ora?>>
Si fece più nervoso: <<certo che ti accompagno, lo so che non pensi altro che ad arrivare ed andartene il più presto possibile. Vorrei che capissi quanti sacrifici faccio interiormente per tentare di tenerti vicino a me>>.
Calò il silenzio, era vero. Non vedeva l'ora di andarsene. Quei discorsi erano tanto veri quanto esasperanti.
Improvvisamente Luca prese il cellulare e mise un pezzo di Ghemon: "qualcosa per te".
Le prese le mani e lui iniziò ad oscillare, aprendo le danze ad un momento romantico. Bianca rilassò le spalle e la tensione si fece più lieve, si strinse forte a lui, seguendone i movimenti. Il ragazzo le sussurrava il pezzo della canzone all'orecchio:
<<mille giorni ci dividono, l'infinito si fa piccolo, ogni goccia mia fa parte di te, puoi sentirla quando il mare non c'é>>.
La ragazza continuò per lui: <<mille passi ci dividono, l'universo si fa un minimo, la mia bocca saprá ancora di te, puoi scaldarti quando il sole non c'é>>.
<<Ti prego, resta ancora un po', lo so quanto sono pesante e crudo alle volte, ma non dimenticare quanto ti amo>>.
Rimase abbracciata a lui e nel silenzio fece una serie di piccoli si con la testa, affondandola nel suo petto.
Rimasero nello studio discografico che Luca ed il suo gruppo di amici avevano affittato e che condividevano da diversi mesi.
Bianca si tolse la giacca e si diresse nel piccolo cucinino <<Immagino che ci voglia del caffé>>.
Lui sorrise, felice di averla intorno.
C'erano tre sale di registrazione molto grandi, una di esse fornita di tastiere e batteria.
Un corridoio collegava le stanze ed era zeppo di vecchi vinili nelle rispettive copertine, appesi ai muri. Si respirava un'aria leggera, di poesia, d'arte. Un piccolo mondo segreto nascosto in un grande capannone poco fuori la città di Trento.
Nel bagno c'era anche una jacuzzi ed un soppalco faceva da stanza per tutte le persone che si volevano fermare a dormire durante le produzioni.
Si sentiva felice quando lui era intento a registrare e lei leggeva o passava il suo tempo a studiare nella sala dei comandi.
Trascorsero un altro giorno da soli, concludendo la giornata mangiando cinese d'asporto.
<<potrebbe essere sempre così tra noi lo sai?>> disse lui fra un sorso e l'altro della sua birra.
<<attento che potrei abituarmici>>.
Si alzò di fretta e prese il cellulare, lui la osservò come se fosse pronto ad incassare l'ennesimo attimo di gelosia.
<<ho scordato di avvertire Sabri che non sarei rientrata>>
Scrisse velocemente il messaggio e si accorse di averne uno in coda da un numero sconosciuto.
"Sono bravo a ricordarmi le cose, ho passato una bella serata. Ci siete stasera per un drink?"
Rimise il telefono in borsa senza visualizzare il messaggio.
<<Andiamo a dormire?>>
<<Si, andiamo>> disse lei baciandolo teneramente.
Lo osservò dormire per diverse ore e lui di tanto in tanto se ne accorse. Era così attento a lei: come se sapesse ogni istante cosa le stesse accadendo, come se ci fosse una connessione telepatica fra i due: <<ehi piccolina, dai vieni qui. Dormi>> la strinse a lui ma lei non riuscì a prendere sonno.

<<Ciao bambolina, ti aspetto>>
La baciò come chi non é sicuro se l'altro tornerá.
<<Grazie Lú, con te il tempo sembra fermarsi>>
<<É perché viviamo fuori dal tempo quando siamo insieme>>.
Fu l'ennesimo treno che avrebbe lasciato qualcosa indietro ed avrebbe fissato qualcos'altro dentro ai loro cuori.
Lo osservò dal finestrino sapendo che di lí a pochi km lei non sarebbe più stata quella che era insieme a lui. Le succedeva sempre, forse aveva ragione quando le aveva detto che Milano l'aveva cambiata.
Prese posto in un vagone poco affollato e non poté fare a meno di osservare i sedili vuoti accanto a lei ed immaginarsi la figura di Giovanni.
Sul cellulare c'era un altro nuovo messaggio dal numero sconosciuto che questa volta visualizzò.
"A che ora arrivi in stazione?"
Ormai era sicura che il numero fosse di Samuel.
"Come fai a sapere che sto tornando?"
La risposta arrivò immediatamente: "se te lo dico poi ti devo uccidere".
Sorrise alla battuta ed un energia positiva le portò l'umore alle stelle, velocemente. Come se sentirsi corteggiata o importante per qualcuno fosse l'unica cosa che la rendesse felice.
"Alle nove dovrei essere in stazione".
Qualche ora più tardi si sentì nuovamente confusa: "forse non avrei dovuto scrivergli".
Si ricordò del discorso sulla leggerezza fattogli da Giovanni qualche mese prima e provò nostalgia nel ricordare il tono della sua voce. "Leggera Bianca, leggera>>.
"Chissá se la leggerezza di cui parlava combacia con il non prendere troppo sul serio qualsiasi situazione".
Fece una pausa lunga, osservando il controllore venire verso di lei.
Chissà se invece l'avvertimento che le aveva fatto durante il viaggio di andata era quello importante da seguire.
<<Signorina biglietto per favore>>
Il capotreno sembrava un uomo molto annoiato e confuso, forse dal tipo di lavoro strano che faceva ogni giorno.
"Che soddisfazione si può trarre alla fine della giornata nell'aver solo controllato biglietti o nel discutere mentre si scrivono delle multe".
Si affrettò a prendere il biglietto dal suo libro, trovava più comodo infilarli fra le pagine, cosicché potesse essere uno slancio per leggere.
<<Ecco, prego>>
Il controllore le sorrise e passò oltre.
Si ricordò delle note che aveva scritto sul libro.
Rilesse velocemente la sua scrittura pressoché illeggibile visto che si era sbrigata ad annotare tutto in uno stato di dormiveglia.
Fu curioso quando alla fine del testo vi lesse un indirizzo.
Lo ignorò per un istante, pensando di averlo segnato tempo prima: era sua abitudine annotare informazioni quá e lá.
Si sforzò molto di ripercorrere il loro dialogo ma non riuscì a ricordare il momento in cui Giovanni poteva averle lasciato un indirizzo di qualche tipo.
Riprese a leggere il libro dal piccolo triangolino di carta che aveva piegato su una delle pagine, ma le parole di Giovanni risuonavano nella sua testa, senza tregua.

Si preparò all'arrivo alla stazione centrale: aprí una zip laterale della borsa e ne uscirono due spalline: tolse la tracolla dai ganci e la inserì in una delle tasche per indossarla come uno zainetto.
Quando scese dal treno avvolse intorno al collo la sua sciarpa gigantesca che le copriva gran parte del busto.
Si accese una sigaretta e si avviò lungo il binario in direzione della metro. Una figura a lei familiare attirò improvvisamente la sua attenzione. Il ragazzo teneva due caschi fra le mani ed un biglietto scritto col pennarello che diceva: "Bianca".
Quando realizzò che il biglietto era per lei ne fu felice.
Si tolse una delle cuffiette lasciandola penzolare sulla sua sciarpa ed il pezzo di Ainé "Parlo piano" continuò a farle da sottofondo musicale.
<<Hai fatto buon viaggio?>>
Bianca non esitò ad accennare un si perplesso con il volto.
<<Aspetti me?>>
Non poteva credere che fosse lí per lei davvero.
Fece sventolare il biglietto facendole notare la scritta su di esso e poco ci mancó che uno dei due caschi cadesse a terra.
<<Preso!>> disse lui fiero.
S'intuiva dal modo in cui muoveva il capo che era in imbarazzo, provava a spostare i capelli un pò schiacciati con dei piccoli cenni.
<<ti va di fare un giro? Ho portato anche un giubbotto in più, forse sentirai freddo alle gambe ma non ci metteremo molto>>
Bianca fissò il pavimento per qualche istante, dondolandosi leggermente sui piedi. Pensava a Luca, a loro due che poche ore prima ballavano lentamente sussurrandosi cose profonde.
"Non c'é nulla di male se accetto" disse a sé stessa. In fondo io e Samuel siamo conoscenti.
Perché dovesse trovare tante giustificazioni nella sua testa non le era chiaro.
<<accetto, solo se prima mi porti in un posto>>
Prese una penna dallo zaino e sul cartello di Samuel vicino al nome "Bianca" scrisse:
"Piazza Paolo Vl"
Gli occhi neri del ragazzo si fecero grandi e curiosi.
<<accetto, andiamo signorina>>
Si diressero verso l'uscita laterale della stazione, palesemente in imbarazzo.
<<perché vuoi andare in quel posto?>>
<<se te lo dico ti devo uccidere>> replicò lei scrutandolo, cercando di capire se avesse colto l'ironia.
<<Ah ma allora sei simpatica!>> disse lui porgendole il giubbotto.
<<Su, metti questo Pulce e chiudi bene lo zaino>>
<<comandi capitano! Posso tenere il biglietto?>>
Si voltò dopo aver indossato il casco: <<certo che puoi Bianca, c'è il tuo nome scritto sopra>>.
Le sistemò il casco e si assicurò che fosse agganciato correttamente e sufficientemente stretto. Poi le diede due colpetti sulla parte superiore sorridendole.
<<pronti>>
Lei sorrise a quel gesto tenero e salì in groppa alla Monster di Samuel.
<<conosci già il posto?>> disse lei sporgendosi un poco in avanti, sentendo il suono della sua voce assorbito dall'imbottitura del casco.
<<ma per chi mi hai preso?>>
Il buio era già calato sulla città che Bianca pensava di conoscere sufficientemente bene, eppure Milano, da quel punto di vista era ancora più bella. Percorrevano lentamente le vie della città e lei poteva godersi la vista ed il vento: fra le strade, le piazze, i palazzi ed i parchi illuminati.
Per un momento ebbe voglia di appoggiare la sua testa alla schiena di Samuel che guidava in tranquillità, assicurandosi che la ragazza si godesse quel momento.
Si raddrizzò e disse a sé stessa che non poteva farlo, imponendosi di fare la seria.
<<Siamo quasi arrivati>> disse lui quasi gridando, fra il rumore del traffico.
<<Senti freddo?>>
<<Sto bene>> disse lei non riuscendo a vedere Samuel negl'occhi.
La moto svoltò in un insieme di stretti viottoli e la ragazza ebbe paura di toccare le mura laterali delle case.
Sbucarono in una piazza dove al centro vi era una chiesa in mattone rosso: la ragazza sgranò gli occhi dallo stupore: era sempre una sorpresa quella città, fra le mille strade ed incroci si nascondeva sempre qualche tesoro.
Era emozionata, sapeva che Giovanni non poteva essere lontano.
Il ragazzo parcheggiò la moto davanti all'entrata della chiesa, in quella piazza vuota ma ben illuminata.
<<bene, che cerchiamo?>>
<<proviamo ad entrare, l'indirizzo é questo>> disse lei sicura.
Provarono ad aprire il portone principale ma senza troppe sorprese, la chiesa era chiusa.
<<possiamo sempre tornare durante il giorno>> disse Samuel osservando la ragazza.
Senza proferire parola, Bianca iniziò a passeggiare attorno alla chiesa, in cerca di qualche traccia di Giovanni.
Samuel si accese una sigaretta e si diresse verso il lato opposto, trovò una panchina e vi si sedette in attesa di un segnale, con le orecchie ben alzate.
Il suo sguardo era fisso nel vuoto ma in direzione della parete della chiesa. D'improvviso come svegliatosi da un sogno, gridò: <<Bianca! Da questa parte, vieni a vedere!>>
La ragazza ci mise poco ad arrivare, i due rimasero immobili e rapiti dalla magia di quello che stavano vedendo.
Alla parete esterna della chiesa erano appese delle fotografie in bianco e nero, incorniciate in quadri di vetro. Erano accuratamente distanziate e sembrava un vero capolavoro di arte contemporanea. Chi le aveva appese si era premurato di installare delle piccole luci sopra ad ognuna.
<<É per questo che siamo venuti?>> disse Samuel con un'aria piuttosto sbalordita.
<<spero di si>> disse lei senza staccare gli occhi dalla parete.
<<riconosci qualcuno?>>
<<putroppo no, nessuno di loro mi é familiare>>
Gli scatti che ritraevano i volti di quattro persone di età diversa, non erano l'unico elemento presente. Sembrava che sotto la parete avesse vissuto qualcuno fino a poco tempo prima: Bianca sorrise pensando che quello poteva essere stato il rifugio temporaneo di Giovanni, che aveva arredato proprio come una casa.
"Quanta cura ha quell'uomo in ogni cosa che fa, può far diventare l'esterno di una chiesa più bello di un soggiorno"
A terra vi era un materassino arrotolato, una piccola scatola di cioccolatini e qualche piccola candela ormai consumata.
<<Bianca no, non toccare!>> il ragazzo la riprese, quando lei provò ad afferrare la scatola di cioccolatini.
<<ah non fare il delicato!>>
<<e tu non essere incosciente, potrebbe esserci qualsiasi cosa all'interno!>>
<<sei proprio un agente, comunque a me più che altro sembra vuota!>>
L'agitò vicino all'orecchio per sentirne il contenuto. La fece scivolare nello zaino senza aprirla e rimase ancora un po' a fissare quella meraviglia, nella speranza che Giovanni si facesse vivo
<<Torniamo domani quand'é giorno. Il mio collega é di turno la mattina presto da queste parti, posso chiedergli se può fare un salto e controllare se c'é qualcuno>>
La ragazza sembrava non averlo sentito ed aveva quell'espressione dispiaciuta di chi era sicuro di essere ad un passo dal raggiungere qualcosa che stava cercando da tempo.
<<su pulce, ti porto in un posto prima di andare a casa>>.
<<va bene Samuel, andiamo>>.
Scattò una foto prima di lasciare quel luogo, con la paura che nel tornarci non avrebbe trovato più nulla.

<<Sembrava un'opera di "street-art">>, disse lui aprendo con l'apribottiglie la sua birra e la coca cola di Bianca.
<<Era bellissima vero? Com'é il tuo panino?>>
Lui sorrise <<vuoi provare? É davvero buono>>.
Fu troppo timida per accettare, le sembrava sconveniente. <<Ha riprodotto il salotto di una persona normalissima in uno spazio aperto>>.
<<Ma la domanda Bianca é: perché avevi quell'indirizzo e chi stai cercando?>>
<<É una lunga storia e se te la racconto mi prenderai per pazza>>
<<Non può esserci nulla di normale in qualcuno che studia moda, beve poco e cerca qualcuno nel cuore della notte>>
Raccontò tutto di Giovanni: la loro amicizia, la sua vita nella stazione, la sua scomparsa, fino al loro ultimo incontro sul treno.
<<sembra un mistero da risolvere, ed io sono la persona giusta per aiutarti. Farò una ricerca su di lui, non dev'essere difficile trovare delle informazioni>>
<<Grazie Samuel, anche per avermi offerto la cena. Questo posto é fighissimo, come hai detto che si chiama... Speedy?>>
<<Ottima memoria! Mi piace il fatto che hanno solo panini farciti ed ogni volta puoi sceglierne uno diverso>>.
<<anche se devo ammettere che la mia cosa preferita é stata dover scrivere la comanda personalmente>>
Lui si fece serio e la osservò per qualche istante.
<<che c'é? Residui di cibo nei denti?>> disse lei in completo imbarazzo.
Samuel scoppiò a ridere di botto: <<ma che dici, no! Stavo solo pensando... non sei curiosa di vedere il contenuto?>>
<<della scatola dici?>>
<<si, magari Giovanni ha voluto lasciarti qualche altro indizio>>
<<onestamente muoio dalla voglia di guardarci dentro>>.
Le passò lo zaino spostando i caschi che aveva accuratamente posizionato sulla panca.
Era una scatola piuttosto piccola e l'apertura a scorrimento rivelò quello che sembrava un minuscolo libretto di carta: una decina di filtri in cartoncino attaccati insieme.
<<il mistero s'infittisce>> disse lui con tono pacato ma entusiasta.
Provò a scorrere quelle che sembravano delle minuscole pagine e dopo le prime vuote vi trovò qualcosa.
<<ferma, ferma>> disse lui.

Nigredo

Albedo

Citrinitas

Rubedo

Su ogni pagina vi era scritta una parola e sull'ultima era stato disegnato quello che sembrava un obelisco con delle stelline abbozzate tutti'intorno: come se ognuna fosse stata disegnata senza staccare la penna dal foglio.
<<Confesso che il tuo amico é davvero un uomo curioso e pieno d'iniziativa>>
<<mi chiedo se sia solo una burla o ci sia del serio dietro a tutto questo>>
<<non sai se essere impaurita o elettrizzata quindi?>>
<<esattamente>> confermò lei, stupita da quanto il ragazzo riuscisse a comprenderla.
<<se ti può aiutare, spesso le due cose coincidono quando si fanno delle cose piuttosto avventurose. Però adesso torniamo a casa Bianca, domani hai lezione e lavori. Un uccellino mi ha anche informato che vi hanno accettate per scrivere degli articoli sulla rivista:"I love shopping">>.
<<Davvero?>> disse lei senza troppo entusiasmo, ma dopo quella che fu una breve pausa di silenzio: <<Oddio... veramente? Mi ero completamente scordata di aver aderito a quel concorso!>>
<<Dai su! rimetti il casco, ti riporto nella gabbietta dorata>>.
Sfrecciarono per il centro con i pensieri impregnati di energia esaltante.
<<Sono contento che tu abbia condiviso con me questa cosa>> disse lui senza scendere dalla moto e senza togliere il casco.
<<Ci aggiorniamo. Grazie a te Samu... e vai piano>>.
Appoggiò il suo viso sulla parte laterale del casco, simulando quello che sarebbe stato un bacio sulla guancia.
Aspettò che la ragazza chiudesse il cancello per dirigersi verso casa.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top